#PER CHI AMA: Metalcore/Post-hardcore, Bring Me Horizon |
“L’italia s’è desta, de l’elmo di Scipio s’è cinta la testa…” Orgoglio italiano. Si, perché con i Living Corpse posso tranquillamente affermare che il gap con gli Stati Uniti è stato colmato anche in ambito musicale, più specificatamente nel metalcore e già con l’iniziale e apocalittica, nei suoni ribassati e nel riffing meshugghiano, “Human Conception”, mi rendo conto di avere fra le mani un piccolo gioiello. L’aggressione ai nostri timpani è evidente già da subito, se non fosse per un chorus assai strano (sembra si tratti di ragazzini), che funge da break alle mitragliate onnipotenti dei nostri. Poi l’apoteosi con una sorta di solo conclusivo con il chorus quasi pink floydiano (“The Wall”) che si ripete. Neppure il tempo di rifiatare e il sestetto nostrano ci attacca al muro con “Smile to the Victory”, song che produce un riffing abbastanza convenzionale, ma che tuttavia si lascia ricordare per la comparsa di una voce femminile e di sonorità addirittura vicine all’electro music. Ebbene, per chi come me che aveva le orecchie sature di questo genere di suoni, parlo dell’ormai sterile metalcore, sembra che i Living Corpse abbiano trovato il modo per poter ridare vita ad un movimento che consideravo ormai morto. Vuoi anche perché il metalcore dei nostri si sporca con sonorità post (hardcore e metal) e djent, fatto sta che non posso negare di essere stato conquistato immediatamente dal sound dei Living Corpse. Gli ingredienti del genere ci sono tutti: oltre al riffing massiccio ma stracarico di suoni catchy e ricolmi di groove, ritmiche serrate e stop’n go, non manca infatti il dualismo vocale fra il growling arrabbiato (ma in taluni tratti anche cibernetico) e quello pulito e ammiccante , del duo Lorenzo Diego Carrera ed Erik Castello. Ovvio che le linee melodiche e un po’ ruffiane di chitarra non manchino, cosi come pure delle aperture malinconiche e atmosferiche (ascoltare “Set me Free”) appaiono a sprazzi nel disco, ma soprattutto ottimi, i brevi assoli che chiudono il più delle volte i brani. Sono al quinto pezzo e non posso esimermi dallo scuotere la testa, colto da un raptus improvviso di headbanging sfrenato in un pezzo, “The Light of the Answers” che si dipana tra sonorità squisitamente post hardcore e qualche fraseggio alla Dark Tranquillity. Strano ma vero. Ottima e piena la produzione, ad opera di Ettore Rigotti (Disarmonia Mundi), cosi come pure elegante il digipack scelto. “Nothing” è un bell’intermezzo strumentale di un paio di minuti, che si scosta dal resto dell’album e introduce “How the Hell Are You Gonna Pay Your Dues” che ha un attacco quasi thrash, prima di spezzare il proprio riffing con la classica ritmica di scuola Meshuggah; ma i nostri sono indemoniati e la matrice della ritmica alla fine acquisisce connotati death metal. Bel pezzo tosto, che mette in luce le notevoli doti tecniche dell’ensemble italico. Le song scivolano via che è un piacere, attraverso pezzi brevi che si stampano immediatamente nella mia testa e il più delle volte mi fanno sussultare per alcune trovate che esulano dal genere, dando pertanto maggior vigore, impeto ed originalità, all’interno di una scena ormai povera. Si insomma, per una volta non metto sotto torchio una band metalcore, quasi un miracolo per il sottoscritto e questo non fa altro che andare a incensare la proposta dei Living Corpse e a riempirmi di orgoglio nazionale. Le mie ultime segnalazioni vanno al pianoforte che chiude “How Rise the F**k Up!”, al chorus piacevole di “Forgetting” che si stampa su una ritmica quasi brutale e alla splendida chiusura strumentale di “Ax”, che sancisce l’abilità, la freschezza di idee e la tecnica di un combo, che deve avere assolutamente il destino segnato, quello della vittoria… (Francesco Scarci)
(Coroner Records)