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domenica 13 aprile 2025

Dream Theater - Distance Over Time

#PER CHI AMA: Metal Progressive
Melodicamente powerful ("Paralyzed" e "Untethered Angel") e quasi interamente privo delle sempre più colossali e colloidali epiche ultraprog-supermetal generate algoritmicamente (ma qui ci sono la leggermente ipertrofica lenton-suite "At Wit's End" - ma 'The Best of Times' era un'altra cosa - e caratterizzata dal fading più assurdamente lungo dell'intera discografia, rintuzzato da un altrettanto ispiegabile reprise pseudonatalizia, e la conclusiva e pesantemente ipertrofica "Pale Blue Dot"), per attitudine e durata dei brani, questo 'Distance Over Time' è senz'altro l'album più punk della band, che a tratti, induce persino la comunque evanescente sensazione di essersi, scusate la bestemmia, divertita. Come nel caso della groove-beatlesiana "Room 137" o della bonus track "Viper King", sorta di progmetallico ragtime tard(issim)o-purple-iana. A confronto col riffone neomelodico filoscrotale di "Barstool Warrior", quello di "November Rain" vi sembrerà più un grugnito lunedì-mattiniero di uno Ian Scott in hangover e la jammosa "S2N" integra apprezzabili reminescenze Rush-iformi mentre "Fall Into the Light", l'episodio compositivamente più completo e originale, è caratterizzata da un antinomico groove thrash-maideniano, sempre che tutto ciò abbia un senso, e chiusa da una dantesca scala a scendere oltraggiosamente "petrucciana". Opinabilissimamente, il miglior album dell'era-Mangini. (Alberto Calorosi)

(Inside Out Music - 2019)
Voto: 75

https://www.facebook.com/dreamtheater

martedì 27 settembre 2022

Dream Theater - The Astonishing

#PER CHI AMA: Progressive Metal
Nel 2285 l'oppressivo Impero del Peto Preponderante, comandato dal fetido tiranno Na-fart avrebbe vietato tassativamente i rutti, se non fosse che il dotato Gabri-burp salverà il mondo portando clandestinamente in tournée un musical intitolato This is ruttosound! (leggetevi la sinossi nella wiki-pagina inglese di 'The Astonishing' prima di insultarmi, dopodiché pensate come se la riderebbe un Frank Zappa che immaginereste ancora seduto ancora là, a sbronzarsi nel garage di Joe con un paio di quarts-a-beer). Tecno-tarabaccolamenti disseminati ovunque ("Descent of the Nomacs", "The Hovering Sojourn" o "Digital Discord"), una pompo-spettrale "Dystopian Overture" in realtà più simile a un pre-cog medley dei temi poi sviluppati (ma quello che accade un po' prima del secondo minuto ha del ridicolo). E poi, davanti a voi, una colossale distesa di prog-ballad tipo ritagli di, boh, "Forsaken" ("The Answer", "When Your Time Has Come" e tre quarti del resto) ammonticchiate le une sulle altre a mo' di discarica sonora, interpretate con la consueta professionale convinzione dal buon FiatelLaBrie ("Act of Faythe"). E poi applausi, chiacchiericci, rumori assortiti, estemporanee sortite (le trombette tardomedievali di "A Saviour in the Square", le cornamuse di "The X Aspect", il finale di "A Better Life" che trasmuta in una sorta di tango interstellare) e un desolante sahara creativo a comporre la più ponderosa, tronfia, pretestuosa e sfrangiata collezione di scarti della storia del rock. Stupefacente, sì. Esattamente. (Alberto Calorosi)

(Roadrunner Records - 2016)
Voto: 50

https://www.facebook.com/dreamtheater/