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#PER CHI AMA: Prog/Techno Death |
È interessante appurare come i Rivers of Nihil stiano facendo progressi a vista d'occhio, album dopo album. E cosi, questo nuovo lavoro omonimo, che rappresenta il quinto in studio per la band americana, segna un bel passo in avanti rispetto al precedente 'The Work', che era uscito nel 2021 e aveva diviso non poco la critica. Il quartetto di Reading, Pennsylvania, prosegue anche qui quel percorso iniziato ai tempi di 'Where Owls Know My Name', ossia coniugare un progressive techno death con derive jazz ed elettroniche, per cercare di recuperare la strada perduta nei confronti dei Kardashev, che pur essendosi formati tre anni dopo rispetto ai nostri, sembrano essersi consacrati più velocemente, grazie alla performance del loro cantante. Comunque, a parte questi convenevoli, devo ammettere che questo nuovo disco è parecchio impressionante nelle sue parti più sperimentali (e mi riferisco all'opening track "The Sub-Orbital Blues") o laddove i nostri passano dalla brutalità del loro techno death primordiale con tanto di growling vocals, a manifestazioni canore pulite di chiara estrazione Kardashev, che rimangono a mio avviso, il vero punto di riferimento per la band di oggi. Per questo, pur non rinunciando a una bella dose di violenza, i Rivers of Nihil amano ammorbidire le loro tracce con un'altrettanta dose di melodia: fantastica, e la mia preferita, "Despair Church", in cui compare anche il sax di Patrick Corona dei Cyborg Octopus e il violoncello di Grant McFarland dei Galactic Emprire. E poi c'è "Water & Time", lo ammetto, potrebbe sembrare un po' costruita a tavolino per piacere, ma in tutta onestà me ne sono innamorato. Tra vocals pulite, fughe jazzistiche di sassofono, inserti growl e linee di chitarra semplicemente favolose, è difficile non lasciarsi trascinare. Il disco in questo modo si fa apprezzare enormemente anche se non manca qualche sbavatura di cui avrei fatto volentieri a meno, come la debordante "Evidence", che sembra richiamare, nelle parti eccessivamente selvagge, gli esordi un po' troppo chiassosi della band, per quanto la produzione cristallina esalti comunque l'intensità sonora data da un egregio lavoro al basso, da sempre precise linee di chitarra e qui, da ben cinque backing vocalist. Forse però è troppa carne al fuoco, soprattutto in un brano che finisce con un fade-out davvero troppo brusco. Tante belle idee, ma non ancora perfettamente calibrate, serve l'ultimo step. Ultima chicca: la traccia che dà il titolo al disco e che lo chiude, con Stephan Lopez dei Cavum al banjo (già sentito nella terza traccia "Criminals"). Un tocco che suggella un album importante, maturo, coinvolgente. A volte forse un po' sopra le righe, ma che può davvero rappresentare un nuovo punto di partenza per i Rivers of Nihil. E farà sicuramente la gioia di tutti quelli che amano le sonorità alla Kardashev e Gojira.. (Francesco Scarci)
(Metal Blade Records - 2025)
Voto: 77
https://riversofnihil.bandcamp.com/album/rivers-of-nihil
Voto: 77
https://riversofnihil.bandcamp.com/album/rivers-of-nihil