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giovedì 16 novembre 2023

Wojtek - Petricore

#PER CHI AMA: Sludge/Hardcore
Li avevamo lasciati nel 2021 con 'Does This Dream Slow Down, Until It Stops?', li ritroviamo oggi con un album nuovo di zecca, 'Petricore', dietro al quale si cela una metafora legata alla sensazione olfattiva di quando la pioggia viene a contatto con la terra arida da tempo, metafora che evoca temi etici ben più profondi che vi invito ad approfondire. I veneti Wojtek, freschi di una rinnovata line-up, arrivano quindi con sei nuovi caustici pezzi che si muovono nei paraggi di uno sludge/hardcore, anche se l'opener "Hourglass" sembra dirci altro del quintetto patavino. Si parte con una galoppata al fulmicotone tra voci abrasive e ricami di chitarra che oltre ad affiancare un rifferama sferzante, danno una parvenza di melodia a un pezzo che potrebbe invece risultare alquanto indigesto. Invece, dietro alla furia velenosa dei nostri, mi sembra addirittura di percepire un tono malinconico, sia nelle linee delle sei corde che nella voce del frontman. La medesima sensazione l'avverto anche nella successiva "Dying Breed", song che palesa subito in apertura un chorus che va a confermare questa mia ipotesi, anche se poi il brano abbraccia influenze più post hardcore oriented, mostrando qualche tiepido rallentamento verso metà brano, da cui ripartire più ritmati che mai, e dove a mettersi in luce è il growling incisivo di Riccardo Zulato, grazie a degli urlacci ben assestati, coadiuvato poi da altri cori. "Now That You Are Gone" si presenta invece decisamente più intimista: le cupe atmosfere sono straziate dalla disperata voce del vocalist, le melodie si palesano in sottofondo in una progressione che porta le chitarre a gonfiarsi, l'aria a dilatarsi fino a lasciare le sole chitarre a ringhiare solenni nell'etere, prima che gli altri strumenti tornino a unirsi alle ambientazioni sludgy costruite dall'ensemble italico e sfoggiare sul finale, una specie di primordiale assolo chitarristico. "Giorni Persi" rappresenta il singolo del disco, rigorosamente cantato in italiano (una prima volta per la band questa), sembra essere una miscela tra punk, hardcore e ancora rallentamenti sludge, anche se il muro ritmico appare mutuato dal riffing possente degli IN.SI.DIA, periodo 'Istinto e Rabbia'. La song poi evolve, nella sua brevità, verso lidi emo/post hardcore. Si torna a durate più consistenti (stabili sempre tra i sei e i nove minuti) con la melmosa "Inertia Reigns" e un sound pachidermico che non fa troppi prigionieri nella sua psicotica progressione musicale che tocca il doom più ipnotico nel suo corso e che la suggellano a mia song preferita del disco. La chiusura è affidata al noise disturbato ed ipnotico di "Hail the Machine", costituita da un paio di riff che s'intersecano con una voce sempre più convincente e un drumming marciante, interrotto solo da un brevissimo break acustico, poi costantemente accompagnato dall'acidissima prova gutturale di Mattia Zambon e dai cori di Morgan Zambon e Riccardo Zulato, che chiudono una prova sicuramente convincente dei Wojtek, che potrebbe aprire a una certa internazionalizzazione della band nostrana. Bene cosi. (Francesco Scarci)

(Flames Don’t Judge/Fresh Outbreak Records/The Fucking Clinica/Dio Drone/Shove Records/Violence in the Veins/Teschio Dischi - 2023)
Voto: 74

https://diodrone.bandcamp.com/album/petricore

venerdì 27 ottobre 2023

Goatroach - Plagueborn

#PER CHI AMA: Death/Doom/Sludge
Usciti digitalmente a settembre 2022, i finlandesi Goatroach sono entrati nei radar della Sleeping Church che ne ha pubblicato fisicamente il disco un anno dopo. 'Plagueborn', debutto su lunga distanza della band di Kuopio, è pertanto pronto ad entrare nei vostri impianti stereo. Un bel tastierone apre la strumentale intro "Crawling Through the Apocalypse" e poi largo al marciume sonoro propinato dai quattro musicisti finnici in "Alone in the Universe", per un blending doppio malto, tra orrorifico sludge/doom ed una marcescente vena death. Niente di nuovo quindi all'orizzonte ma quanto proposto è comunque ben interpretato con tutti i sacri crismi e orpelli vari del genere. Un impianto di base asfittico fa infatti da contraltare al death doom old school che s'incontra nella terza "Of Guided Missiles and Misguided Men", una traccia ben ritmata, che comunque mi riconduce indietro nel tempo di quasi trent'anni, con quei suoi chitarroni belli profondi, le voci catarrose, un break atmosferico che esploderà anzi tempo, in una vertiginosa e mefitica scarica black. Che diavolo succede? I nostri ci illudono con un certo tipo di sonorità per poi colpirci a tradimento con qualcosa di più violento. E la medesima cosa accade anche nella melmosa "Rise Above the Primate", sludgy fino al midollo almeno fino al minuto 2.50, laddove ci ritroviamo sul dirupo, con vista infinito, e i nostri ci spingono giù con un'altra ritmica serrata e vorticosa che ci farà rotolare fino di sotto. Ancora suoni marci con "An Echo of Blood" e la successiva "Excarnated" che per certi versi, mi ha evocato un che dei primissimi Cathedral miscelato agli Autopsy più compassati. Interessante l'incipit di basso della psichedelica "Nykyhetki on Vain Huomisen Eilinen", accompagnato qui da un cantato pulito (e non solo) in lingua madre che ci accompagnerà attraverso contorti giochini di tastiera e dirompenti sferzate ritmiche fino alla conclusiva "Unworthy of a Grave", che chiude i 33 minuti di questo lavoro, all'insegna di sonorità fangose, pesanti e asfissianti di "neurosiana" memoria, che potrebbero di certo allietarvi la prossima giornata dei morti. (Francesco Scarci)

(Sleeping Church Records - 2023)
Voto: 70

https://goatroach.bandcamp.com/album/plagueborn-2

martedì 3 ottobre 2023

Kaal Nagini - Refracted Lights of a Blind God

#PER CHI AMA: Death/Grind
È sempre piuttosto facile recensire questo genere di lavoro, soprattutto se alle spalle c'è un'etichetta come la Iron Bonehead Productions, le cui produzioni sono spesso a senso unico. Fatto sta che questo 12", intitolato 'Refracted Lights of a Blind God' degli indiani Kaal Nagini, potrebbe essere la colonna sonora perfetta per una bolgia infernale, il classico gorgo da cui sarà impossibile fuggire. Si, perchè quando "Nameless Archetype of Pantheonless Antiquity" irrompe nel mio impianto stereo, la sensazione è quella di essere inghiottiti in un buco nero, in un wormhole spazio-temporale, in un maelstrom o in quel diavolo che vi pare, e la cosa più chiarà è da quel luogo ameno, dimenticato da qualunque dio esista, non ne verrete fuori perchè sarete smembrati, scorporati, dilaniati, squartati, fatti a pezzi da una tenaglia cosmica senza precedenti. È chiaro il concetto, credo di essere stato sufficientemente schietto e diretto per dirvi come i quattro pezzi inclusi in questo EP vi tormenteranno l'anima da qui all'eternità con i loro claustrofobici e annichilenti ritmi infuocati, per non parlare di quell'indecifrabile voce demoniaca che non farà altro che aumentare il vostro stato di disagio totale. La band di Kolkata ha preso gli insegnamenti di Altarage, Portal, Ulcerate, Gorguts, Abyssal e Disembowelment (per ciò che concerne le parti più rallentate, tipo nel finale di "Lord of the Two Doors and the Seven Portals"), e le ha portate ad un livello superiore o forse meglio dire inferiore, di nefandezza sonica. Pertanto, vi sentite realmente pronti per essere divorati dall'antro della bestia? Non dite poi che non vi avevo avvertito... (Francesco Scarci)

mercoledì 27 settembre 2023

Hell's Coronation - Transgression of a Necromantical Darkness

#PER CHI AMA: Black/Doom
Torna a soffiare il vento gelido dalla Polonia, torna la Godz ov War Productions con un'altra delle sue creature malvagie, ecco a voi gli Hell's Coronation, che con 'Transgression of a Necromantical Darkness', tagliano il traguardo del secondo Lp, a cui aggiungere poi quattro EP, quattro split ed una compilation. Non certo degli sprovveduti quindi i due polacchi di Danzica, uno dei quali è Skogen della band black omonima. La proposta del duo della Pomerania è comunque all'insegna di un black doom soffocante, votato all'occultismo, cosa che si evince peraltro dal negromantico titolo dell'album e dai sei pezzi qui inclusi. Fin dall'iniziale "Spirituality of Burning Black" poi, la band lascia aleggiare quell'alone di malignità nelle sue note e nell'arcigna performance vocale del suo frontman, mentre la musicalità del duo affonda le proprie radici in un black mid-tempo dalle tinte fosche e misteriose, che tuttavia latita dall'evidenziare picchi di sostanziale originalità, tanto meno palesare una spiccata inadeguatezza che spesso oggigiorno contraddistingue una miriade di band. I due musicisti si lanciano quindi in un ambito che in passato ha fatto breccia tra gli amanti del black ellenico, con act del calibro di Necromantia, Varathron e un che dei primi Rotting Christ, senza dimenticare gli albori dei Samael o in fatto di liriche, perchè no, l'esoterismo dei nostrani Abhor o dei Mortuary Drape. In definitiva, quello che mi ritrovo fra le mani è un disco genuino di black metal che non spinge assolutamente mai sull'acceleratore, ma che non vede nemmeno grosse variazioni al tema, che è comunque dotato di una discreta vena melodica e atmosferica, che poggia essenzialmente su una ritmica compassata, e cresce attraverso qualche breve effluvio solistico, con le grim vocals di Zepar (peraltro un factotum strumentale) e qualche trovata percussiva ("Primordial Wrath of Old Death"), che mette in mostra le abilità esecutive del buon Skogen o ancora, un'apertura tastieristica ("From His Blood" ad esempio), che va a mostrare un lato fin qui sconosciuto dei nostri. Per il resto, 'Transgression of a Necromantical Darkness' è un lavoro onesto, senza troppi grilli per la testa che potrebbe aver presa per gli adepti del black dell'ultim'ora. Per chi come me, che ascolta il verbo della fiamma nera da trent'anni, beh, non me ne vogliano gli Hell's Coronation, ma qui ho trovato poco o nulla che possa soddisfare il mio palato. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2023)
Voto: 65
 

martedì 26 settembre 2023

Chorosia - Stray Dogs

#PER CHI AMA: Sludge/Doom
È un EP di una mezz'ora importante quella della multinazionale che risponde al nome di Chorosia (il cui moniker sul disco lascia intendere peraltro tutt'altro nome). Fatto sta che 'Stray Dogs' è un lavoro che arriva a due anni dal precedente - il secondo - Lp della band viennese (che include membri provenienti da Lussemburgo, Germania, Bosnia e appunto Austria), anche se l'anno scorso i nostri hanno rilasciato addirittura una Live Session di quattro pezzi. La proposta dei nostri si muove all'interno dei confini di certo post metal/sludge che chiama immediatamente alla mente i Neurosis per l'intelaiatura ritmica e le vocals un po' acide del frontman. Tuttavia la traccia d'apertura, nonchè anche title track, nei suoi oltre 10 minuti, palesa porzioni atmosferiche che si affiancano a sfuriate più brutali, senza perder comunque di vista una buona dose di melodia che si esplica in partiture dai toni mediorientali, che evidenziano quindi una certa ricerca musicale da parte dei nostri. Questo sarà ben evidente negli ultimi due giri di orologio di un brano complesso, ben strutturato e dotato di quella capacità di far collidere come sempre l'ossessività dello sludge con il groove dello stoner. Decisamente più thrash metal oriented è invece "The Shrike (Fire Assault)", costruita su un riffone d'annata su cui si inserisce la voce sporca del vocalist e un drumming non del tutto lineare. Fantastico però il cambio di tempo che porta all'assolo conclusivo che ci consegna una band in cui convive un'anima hard rock combinata con una stoner. "Tintinnabula" è il classico elemento acustico-strumentale che funge da raccordo tra la prima metà del disco e la sua seconda parte che include ancora "Reflections" e "Hands, Switchblades, and Vile Vortices". La prima delle due è un'altro pezzone di poco più di dieci minuti che si apre con atmosfere soffuse, un blando crescendo ritmico corredato da timide voci pulite che amplifica la sua veemenza verso il quarto minuto, irrobustendo il quadro ritmico e al contempo inacidendo le vocals, per completare il tutto con un bel vibrante assolo conclusivo che toglie le castagne dal fuoco dall'elevato rischio di intorpidimento mentale nel quale la band si stava infilando. Chiusura affidata infine a "Hands, Switchblades, and Vile Vortices", traccia decisamente più nervosa, rabbiosa e con una combinazione di riff che si dipana tra sludge, death-doom e sonorità oblique di dubbia natura, che chiudono un disco non troppo facile da assimilare, ma che farà comunque la gioia degli amanti del genere. (Francesco Scarci)

(Grazil Records - 2023)
Voto: 70

https://chorosia.bandcamp.com/album/stray-dogs

sabato 16 settembre 2023

Post Luctum - Covers EP

#PER CHI AMA: Death/Dark/Doom
Non so se siano finite le idee o cosa, ma in questo periodo mi sono capitati già diversi album ricchi di cover. Quello degli americani Post Luctum, lo trovo forse più affascinante, perchè suonare “A Forest” dei The Cure in una versione vicina ai Paradise Lost di ‘Icon’, è tanta roba. D’altro canto, la one-man band statunitense si cimenta nel death doom e quale brano migliore poteva stare in questo ‘Covers EP’, se non uno dei classici dei Cure più oscuri e darkeggianti? Perchè poi non fare meglio e coverizzare proprio un pezzo di Nick Holmes e soci, ossia quella “Joys of the Emptiness”, inclusa in quel meraviglioso ‘Icon’ che, per quanto mi riguarda, rappresenta l’apice della band di Halifax. La riproposizione è perfetta, fedele all’originale, anche a livello vocale. Che spettacolo riascoltare un brano che ha contribuito alla mia crescita di metallaro. Nel frattempo si arriva al termine di questa breve cavalcata di cover che ci porta a “Lucretia, My Reflection” dei Sister of Mercy e a una band che ha permesso a band, i Tiamat giusto per fare un esempio, di diventare grandi. E il cantato sofferente e sussurrato del vocalist, qui non potrà non evocarvi quello di Johan Edlund in ‘A Deeper Kind of Slumber’. Poi il brano dei Sister of Mercy dovreste anche conoscerlo, con quel basso pulsante iniziale, sonorità post punk anni ’80, qui riproposte in una versione più attualizzata, corredata peraltro da growling vocals, in linea con la proposta dei Luctum. Insomma, una decina di minuti per riassaporare vecchi brani del passato. (Francesco Scarci)

Blasphemous Fire – Beneath the Darkness

#PER CHI AMA: Death/Doom
I portoghesi Summon hanno cambiato la loro denominazione per problemi di omonimia e si presentano oggi con un nuovo nome, un nuovo logo ed un nuovo album che, a mio avviso, merita il massimo rispetto, visto il salto di qualità sfoderato all'interno del disco. Senza togliere ai precedenti lavori della band di Lisbona, il nuovo corso a nome Blasphemous Fire, risulta essere decisamente più claustrofobico e mai come in questo caso il titolo, 'Beneath the Darkness', fu meglio indicato per esporre i belligeranti e oscuri intenti del combo lusitano, verso il pubblico metal più estremo. Il suono è cavernoso e odora di reminiscenze occult doom, al contempo offre un death metal che non si risparmia in sfuriate e cambi di velocità e si avvale di una certa maestria molto vicina alle doti di Mortician, Mortiferum e Ulcerate, nelle loro opere più buie. Usando chitarre affilate come lame di rasoio, i nostri riescono a dipingere tele macabre e lugubri, atmosfere surreali nerissime, servendosi di un drumming potente che colpisce fin dal primo brano, "The Eclipse and Birth". Tutto il corpo sonoro è pulsante, splendidamente naturale, rude e drammatico ed affascinante al tempo stesso, la sua putrida indole è un'anima che caratterizza l'intero album. Un disco, carico di malsana atmosfera, che sviscera istinti animaleschi e oscuri, (come poteva essere nel suo genere 'Casus Luciferi' dei Watain), un sound grave, perfettamente interpretato da una performance vocale eccellente, gutturale e realisticamente sinistra. Le chitarre sono magistralmente suonate in una forma sonica che dona un'atmosfera plumbea ed omogenea, ed è sufficiente ascoltare l'inizio di "The Pale Colours", con le sue sei corde elettriche urlanti in sottofondo, per capire come la band abbia le carte in regola per ritagliarsi un posto ben in vista nel panorama della musica estrema che conta. La claustrofobia ed un sound pesantissimo e altamente percussivo, donano all'opera un'identità assai originale e ricercata dove ci si può perdere in un viaggio nell'oscurità più profonda. Nessuna lacuna frena il procedere del disco, che trova in "Allowed Wishes", un'ottima cadenza doom, intervallata da elaborate evoluzioni compositive, e cambi di tempo che mi ricordano il mitico album 'As Heaven Turns to Ash' dei Warhorse, anche se, per i Blasphemous Fire, la scelta stilistica è meno sludge e più heavy, pregna di un'aura devastatrice primordiale. Il corso del disco è scritto nel suo titolo (anche l'artwork di copertina è molto bello) e fin dal brano iniziale, si percepisce che si è di fronte ad un'opera nera, che offre un ascolto al di sopra della media, per intensità, cura e dinamica dei brani, il cui suono, con mio immenso piacere, risulta ricercato, reale e caldo, in grado di mantenere un'attitudine infernale inalterata e costante per tutta la durata del disco, mostrandosi così lontanissimo da certe scelte sonore più mainstream che si possono trovare in lavori anche più celebri e blasonati. Devo dare grande merito a questa band, che con un sound che premia la qualità ma che non si slega dalla sua appartenenza all'underground più profondo, ha forgiato con la giusta alchimia un album intenso, potente, elaborato e cupo come pochi altri, di cui è assolutamente consigliato l'ascolto. (Bob Stoner)

lunedì 4 settembre 2023

Mahira - Under Cover Of Darkness

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black/Doom
Questo demo non è male però non mi convince del tutto. Diciamo che si tratta di una sorta di black melodico (però non alla svedese) che a tratti sfocia in un black doom, volendo anche suggestivo. Sono perplesso perché a soluzioni interessanti ed a riffs efficaci, si accostano momenti banalotti e poco convincenti. Un buon pezzo è il quarto “Marte War’s King”, ed anche la successiva ed ultima title-track presenta giri validi e bastardi, nonché velocità più sostenute. Lasciamo, quindi, a questo punto il quartetto siculo che in futuro potrebbe sfoderare del materiale interessante e che parte comunque dal punto a favore meritato per aver evitato di scopiazzare idee altrui.

giovedì 31 agosto 2023

Innumerable Forms - The Fall Down

#PER CHI AMA: Death/Doom
Da Boston – Massachusetts fanno ritorno, dopo nemmeno un anno dall’ultimo ‘Philosophical Collapse’, i death doomsters Innumerable Forms, con tre brani dalle tinte assai fosche. Il quintetto statunitense rilascia questo ‘The Fall Down’, un dischetto denso di contenuti, che si muovono dal classico rifferama stile primi My Dying Bride a bordate death metal di scuola americana (Autopsy per intenderci). Questo almeno quanto ci racconta la prima traccia dell’EP, “Impenetrable”, una song che non aggiunge grandi novità a quanto già detto in passato dal quintetto. Anche la title track si muove su coordinate simili, sebbene la band dia qui meno spazio al lato più aggressivo della propria proposta, preferendo piuttosto addentrarsi nei meandri di un suono più funeral, ove a primeggiare saranno le vocals cavernose del frontman Justin DeTore e il riffing possente del duo d’asce formato da Jensen Ward e Chris Ulsh. Come detto, ampio spazio è concesso ai suoni claustrofobici, ma nel finale, i nostri ci deliziano con furenti cinghiate sulla schiena, ammorbidite solo da una melodica linea solistica che rende il tutto decisamente più palatabile. L’ultimo brano è “Satori Part 3” (non ho però trovato le precedenti due parti nella discografia della band), una breve e assai ritmata song strumentale di doom, scuola Candlemass che funge da outro a questo piccolo regalino che consiglierei ai soli fan degli Innumerable Forms. (Francesco Scarci)

Altarage - Cataract

#PER CHI AMA: Death/Doom
È tempo di tempeste nere come la pece, è tempo di ire funeste e giorni oscuri. Per questo ci piove sulla testa il nuovo EP (un vinile 12”) dei baschi Altarage, ‘Cataract’, apripista del full length ‘Worst Case Scenario’ in uscita a settembre. Il sound della band di Bilbao la conoscono un po’ tutti, ossia un muro di riff dissonanti e caotici in grado di inglobarci in una sorta di gorgo infernale, spezzato da ipnotici rallentamenti claustrofobici (“Cataract”), da cui ripartire più violenti e incazzati che mai con “Sacrificial Annihilation”. La pesantezza e l’obliquità delle ritmiche, unite alle solite laceranti vocals, rendono la proposta dei nostri musicisti disturbanti sempre assai ostica da digerire. Ma se siete fan dei Morbid Angel o di altri pazzi scalmanati come Portal o Aevangelist, non avrete certo grossi problemi ad affrontare il delirio sonoro imperante in questo entropico dischetto che vede in chiusura, la presenza di quella che sarà la title track del prossimo disco, “Worst Case Scenario” appunto, un brano di ben sette minuti di inopportuni suoni (un riff e una flebile batteria) ripetuti in un loop infinito. Speriamo bene. (Francesco Scarci)

(Doomentia Records – 2023)
Voto: S.V.

https://altarage.bandcamp.com/album/cataract-ep

mercoledì 9 agosto 2023

The Lumbar Endeavor - You Destroyed All That I Was

#PER CHI AMA: Sludge/Hardcore
L’acidissima band di Portland torna con un nuovo EP (il quarto in questo 2023, a cui aggiungere anche due full length) di quattro pezzi, per raccontarci la loro personalissima lotta interiore. Lo fanno attraverso ‘You Destroyed All That I Was’, un dischetto che sottolinea ancora una volta come i The Lumbar Endeavor siano profondi debitori di un doloroso sludge, stoner, doom multisfaccettato. Il risultato non è affatto male e in pochi minuti si passa dalle sinistre, tetre e angoscianti atmosfere di “An Ancient, Dark Ghost”, corredata dalle caustiche voci del factotum Aaron DC, alle più movimentate atmosfere di “The Stars. The Stripes. The War Drums.”, un brano decisamente nervoso nel suo incedere. Con “I’m Your Lighthouse”, le ritmiche si fanno ancora più tese grazie ad un retaggio punk/hardcore che emerge bello chiaro e potente. Ovviamente, non sto raccontando nulla di nuovo, la creatura del buon Aaron, l’uomo delle quasi 50 band, la conosciamo e apprezziamo da 10 anni. E continuiamo a farlo anche con la più ritmata “Battle-Axe”, il pezzo più compassato del lotto, ma anche quello che preferisco (sarà perché si tratta di una cover dei Deftones), perchè forse più ricercato, soprattutto a livello delle melodie di chitarra che sembrano stamparsi più facilmente nella testa. Ribadisco, nulla di innovativo o originale, come era lecito aspettarsi, ma musica comunque suonata con una genuinità palpabile. (Francesco Scarci)

sabato 5 agosto 2023

Nattehimmel - The Night Sky Beckons

#PER CHI AMA: Epic/Pagan Black
Non potevo fare finta di niente, gli In the Woods... sono stati una parte importante nella mia crescita di metallaro essendo state una delle band che più ho amato a metà anni ’90 e vedere che oggi si sono formati sono altre spoglie, rispondendo al nome di Nattehimmel, non può che rendermi felice. I fratelli Botteri (menti anche dei Green Carnation) sono tornati e questo ‘The Night Sky Beckons’ è il loro demo del 2022 che ha anticipato l’uscita di quest’anno, ‘Mourningstar’. Lo stile dei norvegesi si avvicina molto a quello di ‘Light of Day, Day of Darkness’ dei Green Carnation con l'aggiunta alla voce di J. Fogarty, un altro che non ha bisogno di troppe presentazioni, vista la sua militanza negli Old Forest, Ewigkeit, ex voce degli In the Woods... e The Meads of Asphodel. Un gruppo ben assortito di musicisti che lungo queste tre tracce, ci delizieranno con il loro prog pagan doom che in alcune parti, sembra trovare sfiati black metal, come nel black cosmico dell'iniziale "Astrologer" o nel riffing marcescente a metà di “Mountain of the Northern Kings”, laddove la voce di Mr. Fogarty assume sembianze screameggianti anzichè palesarsi in un formato epicamente pulito. La musica del quintetto anglo-norvegese si conferma di assoluto valore, con sterzate stilistiche tra parti doomish e stilettate black (in stile In the Woods…) come avviene nell’ultima e anche title track, che non fa altro che confermarci come i fratelli Botteri siano ritornati alle loro origini, e a quella speciale forma di black misticheggiante che mi aveva totalmente rapito ai tempi di ‘Heart of the Ages’ nel lontano 1995. Ora non mi resta altro che ascoltare il nuovo album. (Francesco Scarci)

(Hammerheart Records – 2022)
Voto: 74

https://hammerheart.bandcamp.com/album/the-nigh-sky-beckons 

martedì 25 luglio 2023

Druid Lord - Grotesque Offerings

#PER CHI AMA: Death/Doom
Definitely death/doom of a vibe throughout. They're a killer boon to the metal industry offering something quite unique. I really like how the guitars are with such low distortion alongside eerie tones on top of the low burly licks. They don't speed up too often in the songs. They're mostly just slow thick songs with vocals that are also burly. It all goes with this epic vibe Druid Lord has potentiated. I am totally digging it because there's not a lot of bands that choose these two genres all into one. The sound quality was good as well. This is like something that comes out of a horror movie. It's creepy in a way.

The album is about an hour long and they show the listener some dark and spooky sounds all along the way. These guys don't fool around in terms of the doom that they portray throughout. I wouldn't even say this is death metal that it's more doom metal than anything else.

The guitars are the most noteworthy elements along with the vocals. These tempos don't seem to get fast at all throughout. They are death like and totally underground. I liked the leads too! There were some elements of faster tempos but most of this album is doom metal kind of like in the vibe of older Draconian. But the guitars are thick and chunky. They don't fluctuate throughout they keep from going too fast. The vocals are low and at some instances shriek like. I'd have to say that this whole release was definitely fulfilling. And they keep you in the know with doom metal variability.

The guitars throughout were slow and depressing. I think that there's only a select few instances where they play fast. This is just so down of an album you cannot listen to it if you're in a depressive state. It's totally awesome but the whole thing just puts you in a frail state. I think however that I like this album more than their newer release because it carries with it the utmost sense of morbidity and misery. The guitars are continuing to sound low throughout the album and the riffs are slow for most of the songs. I think the leads are quality. I would just characterize this band as a doom metal band because the death metal portion isn't too prevalent. Be sure to check this out! (Death8699)


Into Dark - I.Glance

#PER CHI AMA: Black Melodico
Da Rzeszów, Polonia, ecco arrivarmi tra le mani il nuovo EP degli Into Dark, quartetto che torna sulle scene a ben sei anni di distanza dal precedente 'Tone​.​Death​.​Memories'. La proposta dei nostri si muove su coordinate stilistiche in apparenza vicine ad un certo black melodico scandinavo. Si parte sparati a mille con "Brooding Wings", song dotata di una buona vena melodica, sebbene la ritmica inizialmente sia paragonabile alla contraerea di Baghdad nelle notti della guerra irachena. Il growling sembra nascondersi nelle retrovie e ampio spazio viene quindi concesso ai giochi di chitarra che l'armigero Nevervil mette abilmente in mostra. Quello che si può captare poi è un senso di malinconia che permea le sonorità dei nostri, soprattutto in quei suoni quasi dissonanti di chitarra che paiono voler abbracciare anche influenze derivanti da Blut Aus Nord e Deathspell Omega. Certo, manca la classe dei due mostri sacri francesi, però non è da sottovalutare quello che gli Into Dark hanno da proporre. "A Prose of Death" parte altrettanto violenta, lo screaming di Skiborg ha il suo perchè, ma quello che continuo ad apprezzare, oltre alle belligeranti frustate di batteria di Pietrov, è l'ottimo lavoro delle chitarre che si concretizza in un break centrale atmosferico e in un lavoro costante di cesellatura in fatto di ottimi riff. È un crescendo, non c'è che dire, che sembra chiamare in causa in questo secondo pezzo una band del calibro degli Unanimated. "Odezwa" è l'ultimo pezzo che compone questo EP, in attesa di ascoltare un album vero e proprio. Si tratta di un black mid-tempo in cui ancora non posso che apprezzare la voce del frontman (in duplice formato, growl e scream), un ottimo assolo, i chiaroscuri melodici che qui vogliono richiamare addirittura il death doom dei Saturnus e metterci quindi una certa animosità addosso nel voler ascoltare quanto prima un nuovo full length di questi promettenti Into Dark. Peccato solo per una pessima copertina, questo lavoro avrebbe meritato sicuramente meglio, ma almeno musicalmente, siamo sulla strada buona. (Francesco Scarci)

domenica 23 luglio 2023

Hateful - After the Last Breath

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Techno Death
Primo lavoro ufficiale per questa band emiliana dedita ad un death piuttosto claustrofobico e doomish. Il death degli Hateful è ben suonato e registrato in queste quattro tracce per una durata di oltre 20 minuti di materiale. Tra le influenze potrei citare sicuramente la scuola americana, bands come i Death e qualcosa dei Pestilence, poi molti richiami al metal classico (soprattutto per le parti soliste) e così via. Provate a immaginare 'The Fourth Dimension' degli Hypocrisy suonato con uno stile un po' più americano, ma con lo stesso feeling doom e pesante, e magari potrete rendervi conto di come potrebbe suonare questo demo. Ottime le linee di chitarra e la voce con tutti gli arrangiamenti, il tutto suona davvero efficace e potente. Il materiale più recente ('Set Forever On Me' è l'ultimo lavoro uscito nel 2020 per la (Transcending Obscurity Records) segna l'incremento delle parti parti più aggressive, dategli un ascolto e intanto ascoltiamoci queste quattro vecchie tracce.

sabato 15 luglio 2023

Saturnus - The Storm Within

#FOR FANS OF: Death/Doom
Saturnus is undoubtedly one of the biggest names in the doom/death scene. Formed in Denmark, back in 1993, the band has built a flawless career full of top-notch albums. The band’s opus, entitled 'Paradise Belongs to You', remains as one of most iconic masterpieces of the genre, and was the first of the exclusively five albums which have been released during its 30 years of existence. This clearly shows the amount of time that Saturnus has taken to create each of these albums, which I think it explains the high level of each of them. From the inception of the project, only the bass player Brian and the singer Thomas remain, as numerous line-up changes have affected the band’s pace to release new works. In any case, the passion and commitment of both members have thankfully made possible to still enjoy Saturnus easily distinguishable music until these days.

As the doom/death metal genre itself, Saturnus musical approach has remained quite stable during its existence. There have indeed been some little evolutions in these three decades of existence, but no one will deny the fact that from that first album to the newest opus 'The Storm Within' Saturnus trademark sound is still there. The new album is a clear proof that when passion and quality coexist, there is no need to make great changes in a band’s style. In the hands of this band, doom/death metal sounds particularly melodic and captivating, mainly thanks to the superlative guitars' work, which are the shining stars of this opus. All the seven compositions of this album have many inspired harmonic riffs which are simply delightful. Pace-wise the album hasn’t great changes, but it is undeniable that some tracks have a remarkably slow pace, very distinctive of this genre, and even a stronger sombre tone. The album opener duo "The Storm Within" and "Chasing Ghosts" are fine perfectly examples of this. The longest tracks of the album give the necessary room to display all the slowness and atmospheric beauty that Saturnus can offer. The melancholic, yet beauteous, guitar melodies are accompanied by the profound and guttural voice of Thomas, being this duo, the iconic portrait of what Saturnus has offered during its career. Clean vocals are minority in this album, but some spoken lines appear, for example, in "Chasing Ghosts", which give a theatrical point to the composition that fits perfectly well with this genre. I have already said that tempo changes are not very common and strong in this album, but this doesn´t mean that we won’t find them. "The Calling" can be defined as a slightly faster track with a tremendously catchy main melody that immediately sticks to your head. This one is for sure one of the highlights of the album and a clear proof that you can add some variety in a doom/death metal album, at least if you want. Another nice example of composition with a livelier pace, if this term can be used in this genre, is "Breathe New Life" which follows a very similar pattern. It’s a shorter track with a very additive main melody, even though I personally consider "The Calling" a superior track. The rest of the tracks are more similar to the gloomier first tacks of "The Storm Within". However, there is song which stands out because it is quite distinctive, and it is "Even Tide", as it could be defined the ballad of the album. It’s a very melancholic track with a delicate and beautiful piano playing the main role. It is accompanied by clean vocals in the form of spoken lines, but also sung parts in a very sweet and sorrowful way. It is indeed a composition that evokes the profound sadness for a forgotten beloved one.

'The Storm Within' is definitively another inspired moment of Saturnus perfect career. Any fan who listens to this album will immediately feel this warm sensation of being in a well-known and appreciated place. The tasteful guitar melodies are our guide through this melancholic journey, and I honestly consider that fans will be eager to embark themselves in this sea crossing more than once. (Alain González Artola)


martedì 20 giugno 2023

Megalith Levitation - Obscure Fire

#PER CHI AMA: Stoner/Doom
Li avevo già recensiti un paio di volte e non mi avevano mai convinto. Chissà se questo nuovo ‘Obscure Fire’, nuova fatica dei russi Megalith Levitation, saprà questa volta colpirmi in positivo. Detto che il precedente split in compagnia dei Dekonstruktor non mi aveva fatto impazzire, questo nuovo lavoro, che consta di cinque tracce, prosegue su quella linea sottile tra stoner e doom, caratterizzato da un rifferama pesante, da atmosfere oscure e da una combinazione di voci litaniche e melodie dotate di una certa intensità. Quel liturgico cerimoniale che appariva nei precedenti album, si palesa anche nell’introduttiva title track, una lunga traccia surreale, psichedelica, sulla scia di mostri sacri quali Sleep e primi Cathedral. Il tutto giocato ovviamente su dilatazioni soniche, delay chitarristici, tonnellate di fuzz e la riproduzione fedele degli insegnamenti dei maestri Black Sabbath, questa volta con un esito più che convincente. Chiaro, la band non sta inventando nulla di nuovo, considerato poi che il disco è permeato da dettami che coprono cinquant’anni di musica e più. Le distorsive aperture di chitarra, la solidità della ritmica e il salmodiante cantato del frontman, iniziano a rappresentare il vero marchio di fabbrica dell’ensemble originario dei monti Urali, che mi colpisce favorevolmente con la seconda “Of Silence”, un pezzo che per quanto, ribadisco, non sia manifesto di originalità, mostra quel carisma che forse era mancato in precedenza ai nostri, attraverso oltre dieci minuti di suoni che scomodano anche paragoni con i My Dying Bride in più di una linea di chitarra, tanto da rendermi dubbioso sul fatto che se la band non decolla, forse il problema debba essere ricercato in una componente vocale forse fin troppo monolitica. Perchè poi per il resto, il terzetto sembra migliorare ulteriormente con il successivo trittico di pezzi che, dall’interlocutoria e funerea “Descending”, sino alla conclusiva, claustrofobica e quasi estenuante (per la sua ridondanza di fondo) “Of Eternal Doom”, passando dalle incursioni stoner-space rock di “Into the Dephts”, riescono in un sol boccone, a sciogliere i miei ultimi residui dubbi. Il terzetto russo è tornato e questa volta con un album più convincente che mai, pronto a sublimare in un multistratificato approccio psichedel-catartico. (Francesco Scarci)

mercoledì 7 giugno 2023

Lethvm - Winterreise

#PER CHI AMA: Post Metal/Sludge
La scena post metal belga sembra godere di ottima salute. Dopo gli Amenra e gli Stake, ecco farsi strada i Lethvm con il terzo album della loro discografia, 'Winterreise'. L'album, consta di sei tracce, e si prefigge di mettere in musica sentimenti quali rabbia, malinconia e solitudine, articolati utilizzando poesie del XIX secolo scritte da Wilhelm Müller e peraltro già musicate da Franz Schubert nel 1827 nel ciclo di composizioni 'Viaggio d'inverno'. Il disco ha un incedere fin dai primi minuti parecchio saturnino, in un'intelaiatura metallica che comunque chiama in causa mostri sacri, Neurosis su tutti, senza tralasciare gli Amenra stessi degli esordi. L'iniziale "Blank" lo certifica appieno con quel suo sludge doom dai tratti quasi ossessivi che per i primi 60 secondi incendiano l'aria, prima di lasciare il posto ad un sound più ritualistico, quasi lisergico, con le vocals di Vincent Dessard, anche in chiave pulita, in un incedere cadenzato a dir poco inquietante e sul finale quasi malvagio, complice il growling nefasto del frontman. La successiva "Pretence" ha un incipit decisamente più etereo, cosa che mi ha evocato peraltro l'esplorazioni musicali dei nostrani At the Soundawn ai tempi di 'Shifting'. La voce del frontman qui tocca apici di pulizia che potrebbero addirittura ricordare Dave Gahan, prima di spostarsi in territori più animaleschi, al pari della musica, che sprofonda in lidi infernali in bilico tra post metal e funeral doom, in una traccia dall'andatura comunque flemmatica, ma al contempo estremamente melodica, che ammicca nel finale, anche ai Cult of Luna. Con "Torrents", la malinconia sembra palesarsi nei giri di chitarra e nei vocalizzi puliti del cantante. Poi spazio al classico scardinante chitarrismo post metal e alle vocals corrosive del bravo Vincent, ma un certo avanguardismo sonoro s'incunea nella matrice sonora dei Lethvm a creare un subbuglio sonico, che terrei più presente in future produzioni. L'asprezza delle ritmiche, accompagnate ad una voce sempre più tagliente (occhio però ai continui inserimenti della componente clean), chiudono un brano davvero particolare. Nella successiva "Carved" torna prepotente l'influsso dei Cult of Luna nella compattezza ritmica, cosi come pure nella splenica componente vocale. Ma la proposta dai Lethvm ha il pregio di offrire un certo vigore emozionale nelle note atmosferiche di un break da brividi, da cui si dipanano successivamente splendide melodie corredate da ispiratissime vocals, in grado di mettere d'accordo chiunque ami i gods svedesi o i conterranei Amenra. Pezzo sublime. Un po' meno dicasi di "Mournful", song che vede fortunamente l'ospitata delle vellutate corde vocali di Elena Lacroix al microfono, in una traccia davvero ostica da digerire, precariamente in bilico tra post e sludge, stemperata appunto dagli eterei vocalizzi della vocalist che mi ha per certi versi evocato i The 3rd and the Mortal degli esordi. La conclusiva "Night", brano da cui è stato peraltro estratto un video visionario, chiude con catartica emozionalità un disco convincente sotto tutti i punti di vista, che lascia intravedere ampi margini di crescita per il terzetto belga, sulla scia di quanto già fatto da Magnus Lindberg e soci. (Francesco Scarci)

(Dunk! Records - 2023)
Voto: 77

https://lethvm.bandcamp.com/album/winterreise 

martedì 23 maggio 2023

Mesmur - Chthonic

#PER CHI AMA: Funeral Doom
Il funeral è già un genere piuttosto complicato da digerire. Se a suoni catacombali e voci cavernose aggiungiamo poi delle dissonanze abbastanza allucinate, potrete immaginare come l'approccio a simili sonorità possa risultare alquanto ostico. È il caso del nuovo album dei Mesmur, una realtà internazionale (U.S., Italia e Australia) che conosciamo assai bene qui sulle pagine del Pozzo, che torna con il quarto capitolo della loro discografia, 'Chthonic'. Il lavoro dura 48 minuti e consta di sole cinque tracce. Se considerate che il preludio e la coda fanno sette minuti, sarà facile intuire quanto possano durare le altre tre, circa 41 minuti di suoni estenuanti, di cui la sola "Passage", ne occupa 19. Quello che subito balza all'orecchio, è una proposta che si conferma abbastanza ancorata al passato, con un death doom che ammicca palesemente agli esordi dei My Dying Bride e dei primissimi Anathema, ma anche ai mostri sacri del funeral, quali Esoteric e Skepticism. Quello che mi spiace tuttavia constatare è una certa staticità a livello di suoni, che non preludono a nulla fuori dall'ordinario almeno nelle due tracce "Refraction" e "Petroglyph", forse eccessivamente ortodosse nel loro approcco al genere; e per questo intendo le classiche chitarre abissali, le atmosfere lente, lugubri, asfissianti e claustrofobiche, con i tipici vocalizzi growl di Chris G a condire il tutto. Quello che regala un tocco di fascino all'album rimangono però le partiture tastieristiche a cura di Jeremy L che, insieme a qualche breve galoppata black, ne movimentano l'ascolto, conferendo quel pizzico di dinamicità ad un disco che forse alla lunga rischierebbe di annoiare. E la già citata "Passage", con la sua durata davvero al limite dello sfibrante, giunge in supporto regalandoci fraseggi atmosferici che alterano il ritmo fin troppo cadenzato di 'Chthonic'. Per il resto, vorrei dirvi di andarvi a leggere le mie precedenti recensioni alla, il canovaccio musicale infatti di quest'album lo troverete piuttosto simile ai vecchi lavori, inclusa la presenza di viola e violoncello, qui a cura di Brianne Vieira, senza dimenticare poi gli organoni sublimi di Kostas Panagiotou (Pantheist, Landskap). Per il futuro mi aspetto però qualcosa di più, che sappia catalizzare maggiormente la mia attenzione. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2023)
Voto: 70

https://mesmur.bandcamp.com/album/chthonic

lunedì 22 maggio 2023

Bewitched - Somewhere Beyond the Mist

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Heavy/Doom
I Bewitched sono una band cilena omonima di quella svedese, e questa volta è quest'ultima che sembra aver avuto poca fantasia nello scegliersi un nome, visto che questi cileni hanno una discografia che parte dal 1991. Saltando queste divagazioni, mi ritrovo a parlare di un lavoro che non mi è piaciuto. Una band che avrà anche avuto una progressione a livello tecnico/compositivo dal black metal degli esordi, dovuto soprattutto al radicale cambio di line-up, ma che in fondo propone una musica davvero noiosa. Prendete come punto di partenza i peggiori Candlemass (una grandissima band), che tra l'altro viene anche coverizzata su questo cd, aggiungete a caso chitarre con pesanti influenze heavy metal, parti doom, tastiere, voci femminili, arrangiamenti neo classici, un po' di tutto insomma e il risultato è la completa anonimia di questo album. Potrà piacere a chi ama atmosfere sognanti e pompose di un certo metal, ma sinceramente credo che anche in tal caso ci siano gruppi migliori.

(Conquistador Records - 2001)
Voto: 55

https://www.facebook.com/Bewitched.chile?fref=ts