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mercoledì 12 novembre 2025

Funeral Baptism - In Solitude

#PER CHI AMA: Black/Death
C'è qualcosa di inevitabilmente esotico nel pensare al black metal che arriva dall'Argentina, un paese dove il genere si tinge di un'austerità quasi monacale, lontana dai clamori europei. I Funeral Baptism sono la creatura di Damien Batista, personaggio oscuro della scena underground di Buenos Aires, attivo dal 2012, ma ora trasferitosi in Romania, e qui supportato da Stege. I nostri propongono un suono che mescola black a venature più atmosferiche e death oriented. Il loro nuovo album, 'In Solitude', uscito via Loud Rage Music, che arriva ben otto anni dal debutto 'The Venom of God', riprende là dove aveva lasciato, ma con una maggior consapevolezza, una migliore cura nei dettagli, abbandonando quindi quell'approccio lo-fi degli esordi, e privilegiando una produzione più pulita e potente, in grado di spingere la musica del duo verso livelli qualitativi più maturi, sebbene la proposta non abbia nemmeno un 1% in fatto di originalità. Ma ormai questa è la norma della maggior parte delle uscite discografiche che ogni giorno vedono la luce, pertanto la mia non vuole essere una discriminante di un prodotto scadente, anzi. Credo semmai che ci troviamo di fronte a un album onesto e diretto, che in soli 26 minuti liquida la pratica, tra sonorità sparatissime sul versante black (l'incipit della title track non lascia alcun dubbio a tal proposito), coadiuvate tuttavia da una discreta vena melodica, un uso delle vocals interessante (a metà strada tra screaming e growl), al pari dei rallentamenti doomeggianti, di cui godremo da poco meno di metà brano, fino al termine. E questo pone appunto l'accento sulle qualità e l'estetica di una band, che pur non inventando nulla, riesce comunque a sopperire ai propri gap, con buone doti tecniche e una quasi raffinata ricerca della melodia, che si palesa attraverso parti atmosferiche, come accade per l'opener "Scarring Silence". Poi, spazio a ritmiche stratificate, pezzi mid-tempo (la mia favorita è "The Brink of Ruin", con un piglio alla Cradle of Filth nella sua componente vocale), impennate di furiosa rabbia con blast-beat impazziti, un interessante bridge in "Exsequiae", ottimi assoli un po' ovunque e qualcos'altro che rende comunque l'atto di ascoltare 'In Solitude', semplicemente dovuto. (Francesco Scarci)

(Loud Rage Music - 2025)
Voto: 65

Doom Cult Commando - Das Erwachen der Schlange

#FOR FANS OF: Raw Black
The older, the uglier. I guess this hits quite perfectly when it comes to aging and also to Doom Cult Commando, at least if you consider that Desaster boss Infernal K. is part of the band.

To be honest, 'Das Erwachen der Schlange' (The Awakening Of The Snake) has almost nothing to do with the typical thrash Desaster has been performing for many decades now, but much more with some raw black metal like Impiety on their masterpiece 'Skullfucking Armageddon' (especially the sound of the instruments). Also, the vocals are quite different from everything concerning Desaster. The vocalist Doom Cult sounds a lot like Attila from Mayhem when he is practicing his demonic chants and praises.

This combination offers a very intense, brutal atmosphere with some super fast and sinister songs on that demo. What is remarkable is that the sound quality differs from song to song. I guess that the guys didn’t record them in a single session; otherwise, I cannot explain the fluctuation in the quality. If you compare the opener "Wie die Fliege zum Licht” with the next track “Geist ist Alles,” you will clearly notice the increase in quality in the recording. Although I like both recordings, to be honest, raw black metal doesn’t have to have a Dimmu Borgir sound, does it?

The sickest track on the demo is probably “Menschenmüll” (Human Waste), which has some very deep growled vocals (does anybody remember the fabulous demo “…by the Force of Sacred Magic Rites” by Darklord?). With a running time of 2:50 minutes, this one is by far the shortest and also the fastest track. And if you listen carefully, you can hear Infernal’s love for punk songs, too.

'Das Erwachen der Schlange' is a really nice demo for everybody who likes war and raw black metal. Let’s hope that the guys will release a full-length soon. (Michael Baier)

(Nomad Snakepit Productions - 2025)
Score: 75

martedì 11 novembre 2025

Dodengod - Heralds of a Dying Age

#PER CHI AMA: Black/Death
Se non avessi saputo la provenienza dei Dodengod (si ringrazia sempre Metal Archives per questi dettagli), avrei pensato che il trio fosse originario della Svezia, per quella loro proposta all'insegna di un death dalle chitarre super ribassate, che mi ha evocato band come Unleashed o Grave. In realtà, i nostri arrivano dal Belgio e questo 'Heralds of a Dying Age' è il loro secondo album. Un lavoro che ci schianta immediatamente in faccia la loro efferata violenza. Fatto salvo per l'intro "In Darkness", le successive "The Grinder Feeds on Hate" e "Breathe Deep the Dark", mi investono con una sezione ritmica debordante, fatta di tonalità oscure e asfissianti. Non c'è un barlume di luce nelle note di questi 10 pezzi. Anzi, l'atmosfera si fa addirittura più cupa in un pezzo come "The Adversary", grazie al suo piglio doomish, che sfocia, per alcune acuminate linee di chitarra, anche nel versante black, ma che sorprende al tempo stesso, per alcuni ghirigori in tremolo picking che ne amplificano la melodia. E non è certo una novità, visto che già le precedenti tracce avevano palesato rallentamenti doom, con una fortissima predilezione per melodie quasi psichedeliche (e ripenso al finale di "The Grinder Feeds on Hate"). Questo per dire che alla fine i Dodengod non sono dei veri e propri picchiatori, o che propongano unicamente un genere monolitico e da lì non si spostano di un millimetro. Direi che seguono un canovaccio, che vede spesso cominciare i brani con una ritmica piuttosto robusta per poi disorientare l'ascoltatore con trovate atmosferiche, lisergiche, sempre inattese. E anche un pezzo come "Devouring Fires" mostra lo stesso comportamento, tra derive psych, accelerazioni deflagranti, un rifferama potente, tagliente e brutale, ma poi ecco che suoni spettrali si palesano in un sottofondo che ha molto spesso da regalare qualche inusuale sorpresa. E sta qui la forza dei nostri, che altrimenti avrei etichettato come l'ennesima band che voleva fare il verso ai mostri del passato. E se ci aggiungiamo anche una buona perizia strumentale, un ottimo gusto nella sezione solistica, le contaminazioni black (spaventosa la ritmica della title track, ma anche quello screaming che talvolta si affianca al growl) e doom (ascoltate la successiva "Born"), potrete intuire anche voi come questo album non debba essere frettolosamente scartato come mera copia dei grandi act del passato. La mia traccia favorita? La diabolicamente sinistra e di scuola Altar of Plagues, "No Distant Flame Ahead". Insomma, per concludere, 'Heralds of a Dying Age' è un lavoro estremo, davvero violento, ma con una sorprendente voglia di stupire con trovate melodiche sempre interessanti. (Francesco Scarci)

(Pest Records - 2025)
Voto: 70

domenica 2 novembre 2025

Aduanten - Apocryphal Verse

#PER CHI AMA: Melo Death/Black
Gli Aduanten risultano essere il side project di Obsequiae, Vex, Panopticon e Horrendous, eppure sul rinomato sito Metal Archives, non trovo traccia di membri di Panopticon e Horrendus, ma vedo semmai citati i Ruins of Honor. Comunque, a parte queste sciocchezzuole, 'Apocryphal Verse' è il secondo EP della band texana, che dovrebbe proporre un death black melodico, come testimoniato dalla lenta e graffiante "Cerulean Dream", una song che chiama immediatamente in causa, una band svedese a me cara, che agli esordi, si muoveva nei paraggi di un melo death, sebbene oggi siano decisamente più black oriented. Quindi, andando a delimitare il perimetro degli Aduanten, direi che ci troviamo nei pressi di un death melodico mid-tempo, che troverà tuttavia modo di aumentare la propria ferocia sul finire del brano. Niente di nuovo all'orizzonte ma la prova del batterista, come spesso accade, è sicuramente da premiare. Avrei gradito un bell'assolo in chiusura, ma niente da fare, è già tempo di "Decameron", un altro esempio di death melodico che non ha granché da chiedere, e che trova nello stridulo del cantante e in un ritmo, a un certo punto e per pochi secondi vicino al post black, le soli componenti black, peraltro alquanto innocue. Un arpeggio apre "Grace of Departure", ma quello che mi pare continui a mancare, è un qualcosa che coinvolga l'ascoltatore, un bridge, un assolo (qui solo un accenno), una parte melodica che rimanga impressa nella testa, insomma un qualcosa che mi faccia pensare che questo lavoro abbia realmente un suo perchè, visto che anche con la conclusiva "The Weakening Sovereign", il trio di Austin non riesce a uscire dalla propria zona di comfort e finisce per spegnersi su una banalissima accelerazione black e un giro di chitarra abusatissimo. Insomma, troppo poco per esaltarne la performance. Attenderò impaziente il full length d'esordio per decretare il mio supporto o meno ai nostri. (Francesco Scarci)

(Nameless Grave Records - 2025)
Voto: 60

venerdì 31 ottobre 2025

Hulder - A Beacon From Darkened Skies

#PER CHI AMA: Black/Folk
Una semplice cassetta (tra l'altro disponibile anche in una ritual edition) con sole due tracce, per tutti gli amanti dell'oggettistica vintage. Per chi ama il digitale invece, la pagina bandcamp degli statunitensi (ma in realtà originari del Belgio) Hulder, vi darà modo di ascoltare il loro ultimo EP, 'A Beacon From Darkened Skies'. Noi, la one-woman-band l'avevamo già recensita in passato, sottolineando come fosse avvezza a un certo tipo di black atmosferico, piuttosto grezzo. Non posso far altro che confermare le parole del mio collega Alain e sottolineare come la polistrumentista belga, ora basata nello stato di Washington, e qui aiutata da altri due musicisti, Vrolok e Necreon, si muova nell'ambito di un genere estremo che affonda le sue radici nel black scandinavo. Lo dimostra subito la title track, con chitarre ultra tirate e screaming vocals, spezzate da un break più atmosferico. Non posso invece dire altrettanto della seconda "Zonnesteen", una song che richiama sonorità folk in stile Wardruna/Ivar Bjørnson & Einar Selvik, guidate da una chitarra acustica e da un drumming tribale, nonché dalla calda voce pulita di Hulder e dalle oscure backing vocals di Necreon, per un esperimento sicuramente ben riuscito. (Francesco Scarci)

(Self/Medieval Darkness - 2025)
Voto: 66

venerdì 24 ottobre 2025

Zorn - Schwarz Metall

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Dalla Germania, una band che, si è formata nel 2000. Prima uscita ufficiale questo 'Schwarz Metall', un violento black metal, tenebroso e cupo (Darkthrone e vecchi Gorgoroth sono dei chiari punti di riferimento per i nostri), che pesca dal vecchio black metal norvegese. Un ritorno ai primi anni '90, le radici, lo stile è quello. Sembra di ascoltare un cd di quel decennio. Black metal, nessuna sperimentazione progressiva o altre fantasiose idee, semplice e diretto black metal, la rinascita di un sound oscuro e crudele. Queste otto tracce, suonate nell'arco di 30 minuti, sono nella loro semplicità, quello che spesso molti avranno avuto voglia di ascoltare, senza doversi sorbire arrangiamenti barocchi più adatti sicuramente ad altre cose. Nessuna menzione particolare, ogni componente della band fa quello che gli spetta nel modo più onesto possibile; il cantato, in tedesco, è al limite dello stridulo, ma è veramente efficace. Tutto l'odio di questa band è concentrato in queste tracce, il risultato è un' aggressione sonora devastante. Che dirvi di più, per un cd che si intitola Black Metal?

(Last Episode/Asatru Klangwerke - 2001/2012)
Voto: 70

mercoledì 22 ottobre 2025

Kowloon - Invocation of Baekdu

#PER CHI AMA: Raw Black
Non potevo non scrivere una recensione su una band nord coreana, soprattutto alla luce della copertina ridicola del disco, di contenuti musicali al limite dell'indecenza, ma comunque di un fascino esotico sprigionato da una release che alla fine, non mi ha lasciato indifferente. Sto parlando dei 구룡 (che tradotto in inglese dovrebbe essere Kowloon, come il nome di una delle aree urbane di Hong Kong, chissà  poi se ci sia qualche attinenza) e del loro EP di debutto, '백두의 소환' (tradotto nell'inglese 'Invocation of Baekdu', dove quest'ultima rappresenta il nome della montagna sacra più alta della Corea del Nord). Il genere musicale proposto? Un raw black metal che sembra ricondurci indietro nel tempo di 35 anni, ai tempi delle prime uscite norvegesi di Mayhem e compagnia. Tre brani e nove efferati minuti di black metal crudissimo e registrato malissimo, con la band che ci tiene a sottolineare che lo studio di registrazione è stato utilizzato durante gli orari consentiti, rispettando rigorosamente le normative durante l'intero processo creativo e che le attrezzature sono di proprietà statale. Le chitarre sono invece taglienti e melodiche nel secondo brano, con un riffing acuminato che richiama Emperor e Dissection allo stesso tempo, e delle vocals straordinariamente buone. Ecco, se mettiamo da parte la copertina del disco, la pessima registrazione, la prima abominevole traccia, e il cantato in lingua madre, con questo secondo pezzo si assiste quasi a un miracolo. Con la terza song ci lasciamo infine braccare da un pirotecnico black/thrash strumentale che evoca ancora una volta gli spettri scandinavi degli anni '90. Chissà se alla fine questi Kowloon siano realmente un progetto nord coreano o una burla in stile Ghost Bath, fatto sta che andranno obbligatoriamente seguiti da molto vicino, giusto per capire se il regime li avrà nel frattempo eliminati per questo loro atto di ribellione nel rilasciare un disco black. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 61

lunedì 13 ottobre 2025

Malepeste - Ex Nihilo

#PER CHI AMA: Ritual Black Metal
Ci sono voluti ben dieci anni per veder il ritorno sulle scene dei francesi Malapeste, se escludiamo uno split album con i Dysylumn nel 2018. 'Ex Nihilo' è dunque il nuovo lavoro, il terzo per i nostri, che vede la luce grazie al supporto della sempre attenta Les Acteurs de l'Ombre Productions. Sei nuovi pezzi a testimoniare il processo evolutivo del quintetto di Lione, alle prese qui con un suono che bilancia tradizione e introspezione e che vede i Deathspell Omega come fonte di ispirazione per le strutture dissonanti che ci accolgono sin dall'iniziale "Ab Chaos", un pezzo breve che funge più da introduzione che altro. La musica dei Malepeste inizia infatti meglio a fluire dalla seconda "Quaestionis", un pezzo sicuramente obliquo per le sue linee ritmico-melodiche, che vedono i nostri muoversi su un black mid-tempo dotato di arrangiamenti stratificati con un uso minimale dei synth che servono a creare un velo atmosferico ritualistico al tutto. L'utilizzo delle vocals poi non è mai troppo efferato, passando da rauchi gutturali a urla strazianti e pulite, che per certi versi mi hanno evocato i Primordial. Il basso è lì, con la sua carica pulsante a guidare una musicalità che di estremo sembra aver ben poco, se non qualche fiammata di blast beat qua e là lungo il disco. Abbiamo citato i gods irlandesi nella seconda traccia, li citerei anche nella terza "Imperium", per i vocalizzi di Larsen che ricordano a più riprese, quelli di Alan A. Nemtheanga, anche se con un minor grado emozionale. La musica prosegue poi su ritmi mai troppo forsennati, sebbene nella seconda metà del brano, la ritmica si faccia decisamente più tellurica. "Stupor" si muove su dinamiche affini tra mid-tempo e una raffinata componente liturgica (scuola primi Batushka) che alla fine potrebbe essere quell'elemento che contraddistingue il sound del five-piece transalpino e che troverà maggior spazio nelle atmosfere più criptiche della successiva "Acceptio", un brano che vanta peraltro un'interessante componente solistica e una coda dal piglio solenne. In chiusura, ecco "Relapsus", il cui significato latino evoca la ricaduta, con il brano che sembra avere un andamento ciclico, come se tornasse su se stesso, ricreando la tensione iniziale e chiudendo il cerchio attraverso un suono che trova modo di esplodere in maniera definitiva, muovendosi sempre in bilico tra un black melodico dalle venature dissonanti e le ormai già citate, sonorità liturgiche. Insomma, un ritorno gradito, soprattutto per tastare lo stato di forma dei Malepeste e i segni di un sound in costante evoluzione. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 73

venerdì 10 ottobre 2025

Lycan Rex - Black Fire and Vitriol

#PER CHI AMA: Raw Black
Non sempre sono cosi fortunato a imbattermi in album stratosferici, buoni o banalmente normali. Capita anche la volta che mi ritrovi ad ascoltare dischi, dai quali meglio tenersi alla larga. È il caso dell'EP di debutto degli statunitensi Lycan Rex, intitolato 'Black Fire and Vitriol', orribile già dalla sua copertina. Per quanto riguarda l'aspetto musicale poi, diciamo che la one-man-band originaria dell'Illinois, non è affatto agevolata da una produzione, qui alquanto approssimativa e da una proposta che abbraccia un black, a tratti cacofonico, che non lascia ben sperare. Sei i pezzi a disposizione, per quindici minuti di musica selvaggia, nuda, cruda, che ci rimanda a un raw black/thrash/punk di stampo anni novanta, con chitarre ronzanti, laceranti screaming vocals, un timido tentativo di creare atmosfere nebulose con tiepidi tastiere in sottofondo, e poco altro. Fatico a trovare un pezzo più interessante degli altri proprio perchè il livello è tendente verso il basso, e anche più basso e allora quindi, meglio skippare in avanti e lasciare questo lavoro a chi nutre il proprio cervello con sonorità estreme e nefande. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 45

giovedì 9 ottobre 2025

Mysthicon - Bieśń

#PER CHI AMA: Black/Death
Dieci anni di vita e due soli album (e un EP) all'attivo per questo quintetto polacco, nato dalla collaborazione di alcuni membri (ed ex) di Lux Occulta, Vader, Hate, Batushka e Karpathian Relict, per una band quindi, con un certo pedigree alle spalle. 'Bieśń' si configura quindi come un lavoro solido e sicuramente votato a sonorità estreme, visti gli interpreti coinvolti. Lo si evince immediatamente dall'esplosività di "Shapes", la traccia che apre il disco in modo piuttosto deciso, evocando però sin dai primi passaggi, echi dei primi Rotting Christ, a livello vocale, e dei Samael a livello atmosferico, anche se in certe rasoiate di chitarra, mi è venuto in mente addirittura 'Skydancer' dei Dark Tranquillity. Insomma, avrete già intuito che all'interno dei sei pezzi di 'Bieśń', tra cui una cover dei Lux Occulta ("Creation"), troviamo tutto quello che l'armamentario estremo ha da offrire: black, death, partiture atmosferiche e anche un pizzico di doom. Sebbene la produzione di 'Bieśń' sia un esempio di equilibrio tra crudezza e modernità, gli arrangiamenti sono stratificati e dinamici, con un uso prominente di chitarre che dominano attraverso riffs distorti ma sempre melodici, ben supportati da una batteria che varia da ritmi mid-tempo a blast beat sporadici, creando un contrasto tra aggressività e atmosfera. Il basso fa il suo, fornendo un fondale solido e pulsante, ma anche aprendo timidamente una song come "Unbearable Silence", in cui si assiste anche a un dicotomico utilizzo delle voci, pulite e strazianti (e in taluni casi anche growl). Lo screaming si palesa comunque con un timbro in grado di emanare un senso di disperazione viscerale, in una traccia che si muove in bilico tra sfuriate black e rallentamenti più ragionati, senza mai per forza rinunciare alla melodia. Tra i brani chiave citerei anche "We Are The Worms", un inno alla putrefazione, che si srotola con un rifferama groovy che marcia oppressivo, creando un contrasto tra il doom e un bridge black che accelera il tempo, e per finire, vocals piuttosto convincenti, soprattutto nella loro conformazione più graffiante. Buona e non esagerata la componente tastieristica che va a bilanciare le scorribande black in cui si lanciano i nostri, evocando, per certi versi, anche un che dei Lux Occulta, laddove emergono blande influenze dalle tinte sinfoniche. Certo, i Lux Occulta erano a mio avviso - ma io sono un loro grande fan - una spanna sopra nel creare possenti sinfonie, ma il tentativo di inseguire certi sperimentalismi, si confermano vincenti. Se da un lato ho trovato "Na Naszej Krwi" più trascurabile per la sua sterile e fine a se stessa veemenza, è invece su "The Storyteller" che mi soffermerei maggiormente. Qui è più evidente la ricerca di conferire maggior melodia e nel creare ambientazioni sinistre e orrorifiche, senza tuttavia strafare in termini di velocità ingaggiate, ma concentrandosi piuttosto su una narrazione oscura, coadiuvata da interessanti giri di basso e aperture atmosferiche. Chiudere con "Creation" dei Lux Occulta, estratta dal debut 'The Forgotten Arts', poteva portare i suoi rischi, invece il brano viene reinterpretato alla grande, con un approccio più pesante rispetto all'originale, godendo peraltro di una produzione mille volte migliore, e un esito finale, davvero positivo. Insomma, se siete amanti degli estremismi sonori black/death spruzzati di una buona dose di melodia, il nuovo disco dei Mysthicon, potrebbe fare al caso vostro. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 72

Nihili Locus - Semper

#PER CHI AMA: Black/Doom
Prima di recensire 'Semper', ho voluto riascoltare '...Ad Nihilum Recidunt Omnia', EP di debutto della band piemontese, per capire cosa mi fece scattare l'amore per questa band e se il nuovo lavoro, potesse ripristinare quell'interesse che era andato perduto con il precedente 'Mors'. Ebbene, una capacità emozionale non indifferente, una forte componente melodica e l'utilizzo delle voci femminili, resero quel breve dischetto una pietra miliare del black/death/doom italico. Ora, eccoci alla resa dei conti, a quasi 30 anni da quel lavoro, con una band che vede riproposta per 4/6, la sua formazione originale. 'Semper' esce per la My Kingdom Music e sembra già dal suo incipit, "Lugubri Lai", abbandonarsi ad atmosfere desolate, toni cupi e malinconici, che vogliono realmente restituirmi quei suoni che tanto avevo apprezzato a metà anni '90. È in effetti un tuffo nel passato il mio, quello che mi catapulta in un periodo che vide affacciarsi altre realtà del calibro di Cultus Sanguine, Necromass, Sadist, Novembre, Opera IX, per una scena che non ha mai dovuto invidiare altre nazioni. E cosi i Nihili Locus sono ritornati dopo un silenzio durato altri 15 anni (fatto salvo per un paio di compilation) con il loro black doom decadente, drammatico e decisamente oscuro, che farà la gioia di chi come me, è cresciuto e si è formato con queste sonorità. Certo, il primo commento che mi verrebbe da fare, è che io nel frattempo mi sono evoluto nei miei ascolti e nel mio essere esigente in fatto di musica estrema, mentre i Nihili Locus, appaiono ancorati a un sound vetusto, che necessiterebbe di un tocco più moderno. Ma non siamo di fronte a una realtà mainstream e quindi, ci sta che la band abbia mantenuto inalterata quelle peculiarità che li avevano contraddistinti a suo tempo. Durante l'ascolto del cd, ritrovo alcuni elementi del passato nelle note anguste di "Pensieri Nebulosi", song che ci avvolge con il suo plumbeo presagio di morte, forte anche dell'utilizzo della lingua italiana nei testi, che aumenta in un qualche modo la sinistra atmosfera che sprigiona il brano, al pari con l'utilizzo di inquietanti tocchi di tastiera. Il pezzo è buono, non una spada, ma il suo giro di chitarra sicuramente mostra un certo fascino. Lo stesso che emana la successiva "(Grida) La Notte Eterna", dove le liriche sono riconoscibilissime e la song si caratterizza per un incedere cadenzato e solenne, cesellato poi da melodici giri di chitarra che accompagnano una voce sgraziata ma incisiva, in un'atmosfera surreale che si farà man mano più oscura e angosciante. "Incolore Aberrazione" palesa nuovamente il binomio vincente tra la melodia della chitarra e la straziante componente vocale, in un pezzo un po' più complesso e meno lineare da digerire. In chiusura, "Il Tuo Sangue per i Miei Maiali" si presenta malvagia più che mai, una traccia che avrei visto bene in un film come The Blair Witch Project, ma che da metà in poi, rivela un'attitudine accomunabile ai primi lavori della band di Nichelino, quella che mi fece innamorare di questa band che a distanza di oltre 30 anni dalla sua formazione, rimane ancora ben radicata nell'underground italico. 'Semper' alla fine è un gradito ritorno, utile per saggiare lo stato di forma dei Nihili Locus, dopo tante interruzioni nella loro storia. Tuttavia, a mio avviso, il sound della band necessita ancora di un lavoro di sgrezzamento, indispensabile per poter stare al pari dell'infinità di band che oggi popola il mondo estremo. (Francesco Scarci)

(My Kingdom Music - 2025)
Voto: 70

martedì 7 ottobre 2025

Les Bâtards du Roi - Les Chemins de l'Exil

#PER CHI AMA: Medieval Black
Da Orléans, ecco i Les Bâtards du Roi (LBdR), che ritornano, a un anno di distanza dal precedente omonimo disco di debutto, con questo 'Les Chemins de l'Exil'. Un ritorno gradito quello del trio transalpino, da sempre concentrato a narrare eventi storici dell'epoca medievale, attraverso l'irruenza del black metal. E i nove pezzi qui contenuti proseguono infatti il percorso intrapreso lo scorso anno, proponendo un black melodico che riprende un po' le linee guida della Les Acteurs de l'Ombre Productions, sempre attenta nella produzione di band allineate al loro "credo". Abbiamo recensito i Darkenhöld a giugno e mi verrebbe da dire che i LBdR sembrano seguire il medesimo filone, forse con un briciolo di melodia in più e anche con un pizzico di freschezza in più, cosa che si era invece persa nelle ultime release della band nizzarda. E cosi il disco si apre con i soffici tocchi di "La Forêt" che lasceranno ben presto a un riffing potente e a seguire, a una parte ben più atmosferica, in cui il vocalist Regicide lascia andare il proprio screaming. Ma che l'approccio dei nostri verso gli aspetti melodici sia palese, si evince anche dalle linee di chitarra della seconda "L'Âme Sans Repos", un pezzo che nonostante un esplosivo incipit, si assesta successivamente su un mid-tempo ragionato, sorretto da una chitarra in tremolo picking e da un drumming davvero incisivo, che a tratti sfora nel post black. È tuttavia nella terza "Vers l'Étoile Solitaire" che ravviso una maggior voglia di sperimentare: forse in quel cantato pulito in lingua madre che apre il brano o ancora, nelle ottime linee melodiche e nel break semi-acustico nella seconda metà, seguito da bridge/assolo che contribuiscono a confezionare quello che sarà poi il mio brano preferito del lotto. Apprezzabile anche "Le Chevalier au Corbeau", che non sembra aver niente a che fare col black, almeno nel suo incipit: poi spazio a una bella cavalcata, voci che si alternano tra pulito e scream, momenti a tratti ruffiani, che contribuiscono comunque a rendere più accessibile la proposta dei nostri. E ulteriori conferme arrivano dalle aperture delle successive "Ord Vil Merdos " e "Le Val Dormant", quest'ultima addirittura melliflua nei suoi primi 90 secondi. E alla fine, questi si riveleranno tutti i punti di forza per i LBdR, per prendere le distanze da Darkenhöld e soci e da un approccio oramai troppo intransigente. Non siamo ancora su livelli eccelsi, ma la strada intrapresa, mi sembra quella corretta. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 73

lunedì 6 ottobre 2025

Visina - Ixia Vilenu

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
 #PER CHI AMA: Black/Gothic
Questo ennesimo progetto della Mediterranean Scene vede coinvolti: Diana alla voce, Lord Timpesta alla chitarra e l’immancabile Agghiastru (qui col alias Astru) alla chitarra, al synth e alla voce. Il demo è composto da quattro pezzi di buon gothic/black metal. Le idee sono tante e buone, le parti più lente ed atmosferiche sono ben bilanciate con le parti più veloci e pesanti, i brani sono ben sviluppati, ben sostenuti e resi più fascinosi da delle belle parti ritmiche elettroniche. L’unica nota negativa riguarda Diana: la sua voce non è ben svilluppata, è troppo approssimata, e purtroppo non si rivela all’altezza della situazione. Come sempre positiva la voce growl cavernosa di Agghiastru.

(Inch productions - 2001)
Voto: 65

lunedì 29 settembre 2025

Mylingen - Svartsyn

#PER CHI AMA: Black/Doom
Un altro gruppo fuoriesce dalle nebbie scandinave. Si tratta del duo svedese dei Mylingen, al loro terzo capitolo in discografia con questo nuovo EP, 'Svartsyn', dopo un full length e un altro EP, quello di debutto. E dalle fredde lande della Svezia che attendersi se non un black dalle tinte melodiche, forse anche legato alla militanza di Viktor Jonas negli Apathy Noir. Il risultato che ne viene fuori è comunque assai confortante tra scudisciate black, arpeggi folk e partiture doom, che mi hanno portato a pensare ai nostri come la risposta europea agli Agalloch sin dalla title track che apre il dischetto. Fatto sta che la band mi seduce sin dal primo ascolto con la propria furia black controllata, che si palesa attraverso riff acuminati, i classici tremolo picking ad amplificare la componente melodica, break acustici (presenti un po' ovunque lungo tutto il lavoro), eterei passaggi tastieristici e uno screaming lacerante, che sa il fatto suo, a completare un lavoro che sembrerebbe già avere connotati di maturità di un certo tipo. "Hatets Avgrund" parte a mille per rallentare quasi immediatamente; ma è la parte centrale a colpirmi per le sue affascinanti melodie ancestrali, figlie probabilmente di un retaggio folklorico che ben va a braccetto con l'intermezzo acustico che segue e amplifica la portata emotiva del brano. La chiusura è affidata all'intensità alchemica di "Månens Kraft", un brano di oltre nove minuti, in cui ci ho sentito un che di viking nelle note iniziali, prima che cedessero il posto a chitarra acustica e keys in un suggestivo intermezzo malinconico, per poi lasciarsi sopraffare dall'asprezza delle chitarre che vanno a chiudere veementemente, ma anche con una certa eleganza, una release sicuramente intensa, tagliente, epica, e a cui concedere senza esitazione una chance d'ascolto. (Francesco Scarci)

(Self - 2025)
Voto: 75

3 - Antichristian Kaos

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Raw Black/Industrial
Già fidato collaboratore di Agghiastru, Kaos si presenta come l'unico artefice di questo entusiasmante progetto di black metal industriale. Non c’è il minimo calo d’intensita nei tre brani che compongono il demo, che nella versione su bandcamp in realtà, include tre bonus track addizionali (incluse nello split 'Mediterranean Scene Bonus Blood' con "Malamore" e il suo incipit di "dimmu borgiriana" memoria a palesare un sound decisamente più pulito e maturo): la chitarra si muove tra riff spezzati, altri relativamente melodici ed altri ancora più classici ma sempre coinvolgenti. Le parti di batteria, grazie ad una buona programmazione e a degli efficaci suoni industriali, sono costantemente presenti, ricche, pesanti, pazzescamente veloci, e dall’incessante ritmo distruttivo. Ci sono brevi parti di pura elettronica ("Infernal Sterminiu" è un esempio lampante); le tastiere sono sempre presenti e spesso con un ruolo primario nell’economia delle linee melodiche. La voce è uno screaming lancinante, effettato e malsano. Bisogno d’altro?

(Inch Productions - 2001/2014)
Voto: 70

giovedì 25 settembre 2025

Skyforger - Teikas

#PER CHI AMA: Pagan/Folk
Nel panorama del folk metal europeo, dove le tradizioni antiche si fondono con la furia del metal estremo, gli Skyforger rappresentano un pilastro indiscusso, una band che dal 1995 a oggi, ha portato con fierezza la voce della propria eredità culturale. 'Teikas" è il settimo album dell'ensemble lettone, che da sempre mescola pagan metal con elementi folk autentici, e ancora oggi mantiene un ruolo centrale nella scena, quasi come se fossero i custodi di un prezioso segreto. Il nuovo lavoro segna un gradito ritorno, dopo un preoccupante decennio di silenzio discografico. Il disco è influenzato dalle radici black metal dei primi lavori (e "Dieva Suss" già conferma questo spirito indomito) ma arricchito da un folk più maturo e narrativo, confermando i nostri come un punto di riferimento per chi cerca un metal che sia al tempo stesso brutale e culturalmente profondo, complici anche liriche che affrontano miti e leggende della tradizione lettone. Gli arrangiamenti poi sono stratificati e organici, con un uso di strumenti folk, mai invasivi, come cornamuse e flauti, che s'intrecciano a riff black/speed metal affilati e una batteria martellante, creando un contrasto tra aggressività e melodia epica. La voce di Pēteris Kvetkovskis al microfono alterna growl feroci a un cantato pulito. Per quanto riguarda i brani chiave, citerei "Spēlmanis", che palesa una certa vena speed metal, arricchita da lievi derive folkloriche. Ottima quella linea di basso potente che apre invece la più roboante "Spīgana", mentre "Mājas Kungs" si distingue per la sua tellurica intro, l'intensità epica, e un rifferama compassato che marcia, rutilante, alla stregua di un corteo funebre, e si muove tra porzioni atmosferiche quasi fiabesche, merito di un flauto che si guadagna la scena per la melodia che rilascia. Una chitarra poi ne raddoppia il suono per prenderne successivamente il posto e lanciarsi in un bell'assolo, elemento che di certo non scarseggia in questa release. E se l'incipit di "Rex Semigalliae" sembra uno dei vecchi pezzi acustici degli In Flames, di sicuro quando inizia a premere sull'acceleratore, fa capire come i nostri negli ultimi dieci anni, non si siano certo cullati sugli allori, ma accanto a quel sound che evoca anche i vecchi Annihilator e Skyclad, si divertono ancora a impreziosire il proprio sound con tutto l'armamentario folk in loro possesso e, ciliegina sulla torta, a piazzarci un altro fantastico assolo in chiusura. Le cornamusa aprono "Svētbirzs" e sembra quasi che la band ci voglia narrare qualcosa della storia del proprio paese, in un brano decisamente più controllato rispetto ai precedenti. E se "Velnakmens" lascia intravedere alcune reminiscenze di "Iron Maideniana" memoria nella linea delle chitarre, ecco che zampogne e zampognari, calano quegli elementi etnici per rendere il brano più peculiare. Il disco contiene 13 tracce e sarebbe delirante soffermarsi su tutte, cosi ecco che la conclusiva "Vecie Latvieši" chiude con un finale fatto di ancestrali melodie folk che chiudono un disco che brucia ancora come un fuoco antico. (Francesco Scarci)

(Thunderforge Records - 2025)
Voto: 74

martedì 23 settembre 2025

Vigljós - Tome II: Ignis Sacer

#PER CHI AMA: Raw Black/Psichedelia
Dalla Svizzera con furore. È proprio il caso di dirlo. Gli svizzeri Vigljós tornano con un nuovo album, dopo il debutto dello scorso anno intitolato 'Tome I: Apidæ'. Quanto contenuto in questo 'Tome II: Ignis Sacer' è un feroce black metal che vede come tematica principale la vita delle api, si avete letto bene, il cui senso metaforico è da rapportarsi però ai cicli di vita e di morte della società. Per quanto riguarda gli aspetti puramente musicali, la band fonde la freddezza del black metal con elementi più psichedelici (ascoltate la seconda metà di "A Seed of Aberration" per capire meglio la proposta del quartetto di Basilea) e medievali (l'intro "Sowing" o "Fallow - A New Cycle Begins" sono alquanto emblematiche a tal proposito). Quindi se da un lato la proposta nuda e cruda di un rozzo black metal potrebbe suonare alquanto abusata, tra deliranti grim vocals, blast-beat impazziti e chitarre taglienti più di una lama di rasoio, è in realtà poi il contorno ad arricchire una proposta, che rischierebbe di passare totalmente inosservata. E fortunatamente, il risultato non è affatto male, con le ritmiche incendiarie che rallentano in "The Rot", mentre la voce di L, continua a urlare sgraziatamente, e in sottofondo si palesa un po' ovunque, l'eco di un mellotron. Chiaro che non ci troviamo di fronte a chissà quale proposta innovativa: forse l'idea di fondo era quella di mantenere la ruvidezza del black, con giusto una spolverata di elementi psichedelici. Diciamo quindi che ci sono cose apprezzabili, il tentativo di miscelare raw black con elementi esoterici appunto, mentre altre, quelle più puramente ancorate a una tradizione di stampo '90s, che francamente iniziano un po' a stancare (dae un ascolto a "Claviceps" o "Delusions of Grandeur", con quest'ultimo pezzo che puzza addirittura di black'n'roll, ma che per lo meno sfodera interessanti divagazioni dal sapore settantiano). "Decadency and Degeneration" ha un piglio che richiama ancora il black'n'rock, ma le chitarre in sospensione, il vortice di furia incontrollata che si palesa dopo 90 secondi, e quello screaming, alla lunga fastidioso, la ricolloca nei ranghi, dopo poco. Un altro tentativo apprezzabile lo ritroviamo nel sound compassato di "Harvest", che in sottofondo sforna visioni oniriche di doorsiana memoria. Insomma, l'avrete capito, c'è ancora da lavorara affinchè il sottoscritto diventi un fan della band elvetica anche se, devo pur ammettere, di apprezzare il tentativo di portare nuove idee a un genere quasi in fase di stagnazione. E allora serve più coraggio se si vuole fondere tradizione e innovazione e i Vigljós porebbero anche averlo. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2025)
Voto: 64

lunedì 22 settembre 2025

Ellereve - Umbra

#FOR FANS OF: Dark/Folk/Post Rock
Ellereve is an Austrian solo project whose mastermind is the German artist Elisa Giulia Teschner. Since her debut effort, 'Heart Murmurs', this project has represented the collision of two forces: one delicate and melancholic, showcasing the most introspective side of the artist, and the other full of force and intensity. The palette of different influences, such as dark folk, doom metal, post-rock, and some blackish touches, forms an enriching number of layers that define what Ellereve offers to the avid listener seeking something soulful and unique.

The latest offer, entitled ‘Umbra’, is another step in Ellereve’s faultless career, a step further into darker realms as the compositions have a heavier, darker, and more intense feeling. The compositions of this album explore complex concepts related to emotions and inner conflicts. Elisa’s hypnotic and deeply emotional voice is undoubtedly the star here, a beautiful yet pale and delicate star surrounded by a vast, gloomy sky. ‘Umbra’ deepens the influences coming from post-metal and doom, even adding some blackened textures. Even though there is no break from what we knew of this project, it presents a more intense musical depiction of her vision. The contrast between the calmest and heaviest sections is a very common, yet always tastefully used resource in this album. "The Funeral" has plenty of these moments, where Elisa’s absolutely stunning and touching voice explores different levels of intensity and tones, while the heavy riffs and solid drums accompany the ups and downs in strength in a very adequate way.

The aforementioned layers of Ellereve’s music are present in another top-notch composition like "Irreversible", where the heavy burden of untold feelings storms the listener in the form of excellent guitars, whether they are heavier or have a more fragile and atmospheric touch. The single "Crawl" certainly deserves to be highlighted, as it is one of the best compositions and probably the catchiest. It contains excellent harmonies that irreparably stick to your head and soul. It was indeed a great choice by Ellereve, as it rightly represents what ‘Umbra’ offers. In any case, I could spend lines and lines describing each song, as all of them have a great amount of work behind them. The approached concept may be the same, but the enriching diversity and excellence in Elia’s vocal lines, the tasteful work in the guitars, and the always variable structure in the compositions create an album that requires many listens to be fully appreciated.

To summarize it in a couple of lines, 'Umbra' by Ellereve is like a stormy day in spring. The intensity and darkness of the storm are accompanied by peaceful moments when even the sun can appear and enlighten us. 'Umbra' is an emotionally intense musical experience, where the singer’s delicate yet powerful voice finds its counterpoint in the powerful riffs, even though all the instruments can adapt their fierceness to what the composition requires. (Alain González Artola)

(Eisenwald - 2025)
Score: 88

martedì 9 settembre 2025

Mellom - The Empire of Gloom

#PER CHI AMA: Black/Death
In un panorama metal dove l'oscurità è spesso un'arma a doppio taglio, i teutonici Mellom irrompono con 'The Empire of Gloom', debut album uscito a inizio 2025, un disco che trasforma il black/death metal in un monolito di piombo fuso, pesante come un sudario di cenere che si deposita lenta ma inesorabile. Questo duo originario di Francoforte, costituito dai musicisti David Hübsch e Skadi, emerge dalle nebbie dell'underground come un'entità che non urla solo la propria rabbia, ma la sussurra attraverso corrosivi strati di black metal atmosferico. Radicati in una tradizione black metal dal piglio scandinavo, i Mellom non reinventano di certo la ruota, ma la ricoprono sicuramente di una ruggine stridente, con un lavoro che pesa sull'anima senza bisogno di artifici di alcuna sorta. La produzione, affidata a un approccio diretto e senza troppi fronzoli, sembra essere il vero collante di questo impero di tenebre, in cui gli arrangiamenti si mostrano minimalisti ma stratificati, con l'incedere sonoro che si muove tra serrate scorribande black ("Rules of the Universe" e a ruota, la successiva "The Last Dance") e frangenti più mid-tempo oriented (ascoltatevi "Burden", la title track o la più doomish "Feed the Machine", in cui ho sentito qualche eco dei Rotting Christ nella marzialità delle sue chitarre). Alla fine, quello che ne viene fuori è un disco sano e onesto che, come detto, non scopre certo l'acqua calda, ma trasforma il metal estremo in una terapia oscura e senza compromessi, con il caustico screaming di Skadi ad accompagnare un riffing glaciale, a tratti disturbante, con linee melodiche non troppo catchy, ma comunque presenti. Il disco è sicuramente ostico da ascoltare, complici le laceranti vocals della frontwoman, ma anche l'assenza di certi picchi melodici, a cui recentemente il black ha aperto. Ciò non toglie che per chi è un fan di certe sonorità "old fashion", 'The Empire of Gloom' potrebbe rappresentare un'alternativa ai vecchi classici. Prima di chiudere, vorrei citarvi un ultimo brano, "Beyond the Endless Waves", che con il suo melodico tremolo picking, e le sue clean vocals, potrebbe rivelarsi il pezzo più accessibile del lotto, sicuramente il mio preferito, emblema di un disco che presenta al mondo questi nuovi Mellom, che con qualche aggiustamento in futuro, potrebbero essere anche una paicevole sorpresa. (Francesco Scarci)

lunedì 11 agosto 2025

Cultus Sanguine vs Seth - War vol III

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Black/Doom
Questa “guerra” fu un esperimento molto interessante perché oltre a rifare due pezzi loro, le due band, Seth e i nostrani Cultus Sanguine, dovevano coverizzare un brano dell'altro gruppo, e infine, entrambe dovevano proporre una cover scelta in comune. Iniziamo con i Cultus Sanguine che propongono qui un vecchio pezzo, "My Journey is Long But My Time Is Endless", tratto dal debut mcd. Questo brano acquista una forza e un impatto veramente coinvolgente, cosa che nel passato, per una pessima registrazione non aveva; come ospite in questa canzone c’è peraltro Steve Sylvester. Di seguito troviamo una versione remixata di "We Have No Mother", che sinceramente non mi piace per niente perché si è persa la vena triste e depressiva che aveva, manipolandola con vari effetti sintetici. Il pezzo dei Seth ("L'Hymne au Vampire") rifatto dai milanesi ricalca appieno l’aria che si respira ascoltando un album dei Cultus Sanguine, molto bella. Infine "Behind The Wheel" dei Depeche Mode, musicalmente è ipnotica e sofferta ma non trova un valido appoggio nella voce di Joe, forse non proprio a suo agio in questo contesto non metal. E ora tocca ai Seth: due brani sullo stile dello scorso 'Les Blessures de l’Ame', pieni di pathos e tristezza con le parti di piano molto accattivanti. Per quanto riguarda la canzone dei Cultus, "The Calling Illusion", rifatta dai francesi, ascoltiamo un cambiamento radicale di alcune parti, rese qui veloci e violente. A essere sincero, non avrei mai pensato di sentirle in questa veste, è stata una bella sorpresa. L’ultima song è arrangiata in modo completamente differente dal modo in cui era stata concepita dai Depeche Mode, decisamente una versione metal irriconoscibile. Non so quanto possano essere d’accordo gli estimatori dell'electro-dark su questo stravolgimento, comunque, esperimento riuscito.