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venerdì 17 febbraio 2023

ACOD - Cryptic Curse

#PER CHI AMA: Symph. Death/Black
Non ho fatto in tempo a recensire 'Fourth Reign Over Opacities and Beyond' che mi ritrovo per le mani un nuovo lavoro dei marsigliesi ACOD. Era ottobre 2022 quando recensivo quel disco, eccomi qui oggi a distanza di solo qualche mese a parlarvi di questo EP intitolato ‘Cryptic Curse’. Il nuovo arrivato contiene giusto tre song che sembrano tuttavia richiamare in tutto e per tutto ‘Fourth Reign…’ e dare una certa continuità al percorso intrapreso dai nostri, ossia quel black/death orchestrale che avevo trovato davvero convincente, pur senza rinnegare un passato dalle tinte thrash. Lo si evince dalle roboanti trame ritmiche dell’iniziale "The Hourglass Slave" per poi proseguire con eccellenti risultati anche nelle successive "The Mask of Fate" e nella title track. Oggi, a differenza della precedente recensione però, manca forse per me quell’effetto sorpresa che avevo avuto modo di saggiare all’epoca, ma non posso certo nascondere la bellezza di alcuni assoli, del prestante growling del bravissimo Fred o dell’oscure linee di chitarra che Jérome sciorina nella seconda traccia, tutti elementi che, affiancati ad un’ottima preparazione tecnica, ad un ricercato gusto per le melodie e ad una perfetta registrazione da parte di Tony Lindgren ai Fascination Street Studios, rendono questo breve (17 minuti) capitolo della saga ACOD, di un certo interesse. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2023)
Voto: 73

https://ladlo.bandcamp.com/album/cryptic-curse

Il Wedding Kollektiv & Andrea Frittella - 2084

#PER CHI AMA: No-wave/Alternative/Electro/Avantgarde
La collaborazione tra Il Wedding Kollektiv e Andrea Frittella, giovane fumettista romano, porta alla realizzazione di questo nuovo lavoro della band di Alessandro Denni, di cui abbiamo già recensito i precedenti due ottimi lavori. Questa volta l'opera si adorna, sia nella versione cd che in quella in vinile, di un booklet illustrato da Mr. Frittella, con otto tavole originali a tema, per ogni brano del disco, cosa che contribuirà certamente a rendere l'album, una preda ambita dagli amanti di materiale sonoro, unico e originale da puro collezionismo. A livello di sound poi, la band italiana traslocata da tempo a Berlino, si destreggia con le sue solite carte vincenti. Scarna new wave teutonica, new jazz, elettronica e avanguardia, sono delle armi affilate che Il Wedding Kollektiv sa usare perfettamente. Inoltre, troviamo un'attenzione particolare verso i testi e la bella voce di Tiziana Lo Conte, la quale, rende tutto così attraente, con un fascino retrò sempre proiettato in un futuro surreale. Si parte con "Quando i Residents si Tolsero le Maschere", e già il titolo si fregia di una fitta rete di avanguardia, poiché i Residents, vengono citati a parole ma anche nell'atmosfera del brano, con degli splendidi fiati sintetici e una vena di moderna musica neoclassica, che richiama davvero l'astrattismo di certe opere della mitica band statunitense. "Noi che abbiamo visto il volto dei Residents, crediamo solo negli anfibi ai nostri piedi..." recita il testo alla fine del brano, sottolineando quanto questo progetto sia concettualmente proiettato in avanti, anche nella forma compositiva dei testi. "Tentacoli" è un brano più no-wave che mette insieme molte anime come fosse una rivisitazione delle intuizioni del Forward Music Quintet nei lontani anni '80, e anche qui, compare verso la conclusione del brano, in un contesto quasi alla 'The Catherine Wheel' di David Byrne, ovviamente reinventati in chiave attuale, una frase che recita: "L'architettura sociale disegnava i nostri comportamenti, i sorveglianti sono sempre impuniti..." e credetemi, è una frase che fa molto effetto. Parlare di musica intelligente e non nominare il brano intitolato "Il Modello di Sviluppo", che con il suo incedere da ballata elettro/space/ambient, dal testo veramente riflessivo ed impegnato, con uno sguardo a ciò che la civiltà sta diventando, sarebbe una carenza imperdonabile. La chiusura di questo disco è affidata a "Tra il Futuro e l'Incendio", che all'inizio si avvale di un vago richiamo a "L'Astronomo", brano presente nel precedente lavoro 'Brodo', con un cantato soffocato in uno stralunato e velocissimo intro jazz, per poi lasciare la scena ad un'elettronica più sofisticata, vicina ai Portishead ma con un'ottica rivolta al minimalismo elettronico d'avanguardia, colto e mirato nei particolari. Ottimo l' artwork di copertina e il parallelo del titolo, '2084', con il libro di Orwell, '1984'. Come dissi per il loro debutto, se questa fosse la musica che primeggia nelle classifiche pop italiane, l'Italia sarebbe un paese assai diverso. Gran bel disco. (Bob Stoner)

giovedì 9 febbraio 2023

Voyage in Solitude - The Isle of Death and Rebirth

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Li avevo recensiti a inizio 2021 in occasione dell'uscita del loro disco di debutto, 'Through the Mist with Courage and Sorrow'. Ora i Voyage in Solitude, il progetto della one-man-band di Hong Kong capitanata da Derrick Lin, torna con un nuovo secondo album, 'The Isle of Death and Rebirth'. Due anni fa avevo particolarmente apprezzato la proposta dell'artista originario dei Nuovi Territori dell'ex colonia britannica, dedita ad un post black atmosferico. Cinque nuovi pezzi oggi per il polistrumentista dell'estremo oriente con il lunghissimo incipit strumentale affidato alle melodie graffianti di "Set Sail for the Isle", che per nove minuti e mezzo ci delizieranno anche con atmosfere soffuse ed intriganti, e chitarre che, nel corso del brano, si paleseranno in modo assai simile alla forma in cui Burzum ci aveva abituato ai tempi di 'Hvis Lyset Tar Oss'. Non si tratta però di una ritmica cosi ferale, ma sicuramente tra un arpeggio e l'altro, di punti di contatto con l'artista norvegese ce ne sono parecchi. Con la seconda "Wrath of Nature" (singolo apripista per questo cd) la ritmica si fa decisamente più tirata e, finalmente, fa anche la sua comparsa il latrato animalesco di Derrick in un contesto feroce dal primo al quinto minuto, quando il frontman decide di tirare il freno a mano e, accanto al classico arpeggio di chitarra, proporre il raffinatissimo e deprimente suono di un violino che per quattro minuti ci coccolerà in eteree soluzioni atmosferiche prima dell'attacco frontale conclusivo che ci martorierà le orecchie per un altro minuto quando invece a fare la sua comparsa troveremo un altro drastico e repentino cambio di tempo. Suoni nord europei (chi ha detto Sarcasm?) si manifestano in "Miasma", un'epica cavalcata black che ricorda sicuramente anche i Windir ma che nel corso del brano, saprà palesarsi anche in modo più personale, con una ritmica stralunata, quasi di estrazione Blut Aus Nord. Il pezzo è tuttavia bello lungo e nei suoi 11 minuti avrà modo di investirci con le sue raggelanti melodie di scuola Dissection, prima di un folklorico break acustico e una successiva e più orchestrale porzione strumentale (quasi da colonna sonora) che conferma le eccellenti doti stilistiche del bravo Derrick. "Night Trek to Phoenix Mountain" è il pezzo più breve del lotto (quasi cinque minuti e mezzo) e forse anche quello più normale, vuoi anche la sua natura puramente strumentale, una sorta di ponte che ci condurrà al finale rappresentato da "And Meditate Through the Clouds", gli ultimi otto minuti e poco più, in compagnia del sound ricercato dei Voyage in Solitude. Credo sia un flauto quello che apre timidamente il pezzo, prima che la brezza chitarristica faccia il suo ingresso nella song, che meglio rappresenta la componente malinconica di Derrick, complice anche il tremolo picking delle chitarre e il suono (credo) di un violoncello che compensano la mancanza dell'ispirato screaming del frontman. Un peccato aver relegato la voce solo ad un paio di song, avrebbe meritato sicuramente più spazio. Alla fine, 'The Isle of Death and Rebirth' conferma quanto di buono avevamo già ascoltato in occasione del precedente lavoro; sono certo che se adeguatamente supportati, i Voyage in Solitude potrebbero regalare splendide perle in futuro. (Francesco Scarci)

Damnation Gallery - Enter the Fog

#FOR FANS OF: Death/Thrash/Horror
Quite a unique release from these guys first time ever hearing them and what their gig is like. They have some darn good riffs and the vocals are an acquired taste. But good! I'm surprised that they haven't been really reviewed before. I'm glad that they found me because they're looking for press. I believe that this one ('Enter the Fog') is their strongest release to date. They're totally dark musically and the sound quality is sub-par but I like the music on here. And do dig the vocals for what they're worth on this recording. It's moderate metal, moderate in the sense of heaviness. But the album is 51 minutes and I really think this band has a bright future.

They have some variations to their riffs some songs really slow or clean as a song called "Erased." What a gem that one is! But for the most part, this album is somewhat brutal musically. Just they change it up but the riffs are pretty slow distortion except for that one (outro track). The vocals were actually pretty clean. Reminds me a little bit of "Planet Caravan" by Pantera only female vocals.

These guys have a whole helluv a lot to offer the metal community. I wasn't convinced the first few songs I heard but this one grew on me. Not a great deal of lead guitar work and that's OK. I think their riffs are catchy and somewhat melodic. They knew how they wanted this to turn out and did a great deal to make it underground. These guys have a good career ahead of them. And again, I'm glad they reached out to me! I only have nothing but good things to say about this release. Loved the guitars and vocals. But I must warn you, it make take time to grow on you as it did to me. I appreciated this much more on repeated listens to.

Some good songs that I've found to be besides the one I mentioned above are "Angomarcia", "Never Say Goodbye" and "Fog." Interesting band and they're going to make one helluv a career in the metal genre! (Death8699)


Decrepit Birth - Polarity

#FOR FANS OF: Brutal Death
Very first hearing this band and what a monument! I love the technical aspect that they put into this album. It's totally surreal. Every track on here is good. I'm sure Archspire derived some influence from this band in terms of harmonies and overall musicianship. The riffs really speak to the listener and the vocals are just brutal. But not over-the-top brutal. It suited the direction they were taking to this release. I was blown away by the music on here. They really played from the heart with these songs. It isn't just one or two songs ok and that's it. This whole album is phenomenal. The music is what just took it away with me. These guys knew what they were doing with the recording. Such an amazing record and it seems as though they're still active, but on hiatus unfortunately.

From what's speaking to me are the guitar riffs. They put a lot of technicality into the mix, but the riffs are way melodic. That's what grabs me on here. There actually is an ever changing heavy rhythm guitar. What does it for me are the melodies and harmonies, as previously stated.

There aren't a great deal of technical death metal bands that I'm really into. Now I can say I'm a fan of this band after hearing 'Polarity'. They seem to put their heart and soul into the music. For an extreme band, they're not brutal for the sake of being brutal. I think that they put a lot of thought into their songwriting which is crucial to this genre.

Always positive things to say about this release. I thought that they covered all aspects of metal here with the vocals, guitars, and drums. The production was solid as well. There seemed to be some triggered drums though, they were just on hyperpaced mode. Everything fit together on here no complaints really. These guys know how to make good extreme music! I wish I didn't wait so long to check out this band. I figured that I hadn't heard much about them really until yesterday. What a great album! Don't wait around on this, it's worth looking into immediately if you haven't already! (Death8699)


(Nuclear Blast/Agonia Records - 2010/2019)

mercoledì 8 febbraio 2023

Batsalsa Experience - Astrea

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
Secondo album uscito per Grandine Records, della band bolognese Batsalsa Experience, che inaspettatamente suona più convincente del precedente, segnando un buon passo avanti per il quartetto. Chiarisco i fatti. Il primo album, seppur suonato molto bene, risultava leggermente più acerbo, mentre questo disco, intitolato 'Astrea', ha una omogeneità più concreta. Partendo dal cantato e dai testi, che sono molto interessanti e che riportano alla mente molte band del circuito punk/hardcore italiano di fine anni '80, dissacranti, disillusi e impegnati nella battaglia della vita quotidiana, dei veri inni da combat rock di strada, con l'accento tipico di provenienza, che ricorda piacevolmente gli Skiantos. Musicalmente, i nostri continuano con quest'originale e caratteristica sonorità, incentrata nelle sole ritmiche di basso e batteria, aiutate in alcuni frangenti, e in maniera minimale, da un synth, che poco cambia le sorti del sound globale, ma che fanno ben sperare per un'evoluzione del suono per il futuro della band. Il disco fila via veloce ed è interessante il senso da combattimento che il cantato infonde, come in "Aria", che è un vero e proprio inno, rapportato ai difficili tempi attuali, quelli che abbiamo passato e che stiamo passando, domande senza risposta e tanta rabbia e ribellione, in una forma poetica molto urbana e diretta. In tutto questo mi chiedo il motivo del come mai il quartetto emiliano non abbia ancora pensato di ampliare il range dei propri suoni con l'introduzione magari di una chitarra, ma non voglio giudicare la loro scelta come una lacuna, visto che in realtà il lavoro nella sua interezza, non mostra debolezze in nessuna delle sue tracce. Ovvio che il risultato sia un po' ostico, e che in alcuni momenti sembra di sentire certe ritmiche dei Rage Against the Machine senza Tom Morello, ma in fondo, lo speleopunk dei Batsalsa Experience, ha un suo motivo di esistere concepito così, ritmicamente esasperato, un sound ricercato, scarno e pulsante, a tutti gli effetti assai sanguigno. Musica di protesta sociale senza mezzi termini in chiave poetica e drammatica come in "Spitrock Maddafakka", oppure nella buia, "Ribellione". Musica dai temi forti e dal sound originale e particolare, violenta e ruvida, che comunque si lascia ascoltare, quel tanto da condividere gli intenti sovversivi di questi brani e farli parte della propria vita. Musica fatta con spirito d'altri tempi, che ha un suo valore intrinseco sempre e comunque, che non sarà di gradimento alla massa ma che infonde una grande voglia di gridare a squarciagola tutta la rabbia che ci teniamo dentro... in effetti, lo spirito continua! (Bob Stoner)

(Grandine Records - 2022)
Voto: 74

https://grandinerecords.bandcamp.com/album/astrea

mercoledì 1 febbraio 2023

Harvest Gulgaltha - Ancient Woods

#PER CHI AMA: Death/Black/Doom
Da Phoenix Arizona è in arrivo una tempesta di sabbia nera come la pece, pronta a oscurare il cielo. Colpa dell'enigmatico terzetto degli Harvest Gulgaltha che pur essendo in giro dal 2012, ne ignoravo l'esistenza. 'Ancient Woods' è il loro secondo album che esce a distanza di cinque anni da 'Altars of Devotion' e di otto da una compilation uscita nel 2014. La proposta dei tre misteriosi musicisti statunitensi è all'insegna di un black/death dalle forti tinte funeral doom che non inventa, al solito, nulla di nuovo, ma lascia lividi sul viso e anche nell'anima, complici cupe e dannate sonorità che s'insinuano profonde pronte a scavarci e alimentare paure ed insicurezze. Mi sarei aspettato un simile album rilasciato dalla Sentient Ruin Laboratories e vederlo per la Godz ov War Productions, non può che farmi piacere, essendo l'etichetta polacca per lo più attenta a sonorità tipicamente death/black. Il lavoro si snoda poi attraverso sette mefitiche tracce che dall'iniziale "From the Depths of Acosmic Light" arrivano alla conclusiva "Chaos Among the Dead (Will of the Flame Pt. 3)" in un percorso articolato, claustrofobico, negromantico e sepolcrale, che non vi lascerà ahimè scampo. Complice poi una registrazione lo-fi, voci che sembrano provenire dall'oltretomba, delle chitarre scarne ma profonde, 'Ancient Woods' potrebbe essere la colonna sonora ideale per un tour sull'Acheronte con il traghettatore di anime Caronte come vostro ospite. Mortiferi. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/ancient-woods 

Toehider - I Have Little To No Memory of These Memories

#PER CHI AMA: Prog/Opera Rock
È decisamente singolare la scelta dei Toehider di rilasciare un album con un'unica song della durata di 47 minuti e 47 secondi che nel minuto e mezzo iniziale sembra essere una sintesi dei Queen di "Bohemian Rhapsody", tra cori e suoni che evocano la famosissima hit della band britannica. Terminata la messinscena, parte il lavoro che non ti aspetti, ma a dire il vero, noi la one-man band australiana la conosciamo fin dal 2012, quando recensimmo 'To Hide Her' e già sottolineavamo le eccelse qualità del geniale progetto di Michael Mills. Qui non possiamo far altro che confermare tutti gli aspetti positivi di quella che è a tutti gli effeti un moderna opera rock, che percorre 50 anni di musica prog rock e metal, narrando la storia di un uomo, una donna, un enorme pennuto, uno stupido alieno e due barche modificate per un confronto spaziale. Tutto chiaro no? Ecco, se queste sono le basi liriche di questo album, potrete immaginare anche quanto possa essere imprevedibile il contenuto musicale, tant'è che l'artista australiano ha previsto addirittura due finali alternativi dell'opera, uno su cd e l'altro nel vinile. Un fottuto genio. Un genio che sarà in grado di coinvolgerci in un viaggio sonico che farà sicuramente la gioia di tutti quelli che amano sonorità alla Devin Townsend o che adorano gli Ayreon, senza dimenticare poi le assonanze vocali con certe cose dei Queen e ancora, echi retrò alla Yes, colonne sonore, rimandi a Ronnie James Dio (minuto 18, ditemi che ne pensate), ruffianate di ogni tipo, passaggi folk, garage rock, tuffi in un passato davvero lontano, omaggi vari agli anni '80, riffoni djent sorretti da orchestrazioni sinfoniche, techno death (con tanto di voce growl) e ancora, una serie infinita di mash-up che inglobano appunto 50 anni di musica di ogni tipo e che mi spingono semplicemente ad invitarvi a mettervi comodi, indossare le cuffie e lanciarvi in questo viaggio nel tempo e individuare poi il finale che più vi aggrada. (Francesco Scarci)

Poly-Math - Zenith

#PER CHI AMA: Jazz/Prog/Math
Un bel basso ipnotico apre la title track degli inglesi Poly-Math (un moniker, un manifesto programmatico direi) e del loro disco 'Zenith', un incredibile viaggio (ahimè strumentale) nei meandri più stravaganti del progressive/jazz/math rock. Tutto questo lo si evince dall'iniziale "Zenith", a prescindere dai flyer informativi allegati a questo lavoro. I nostri ci prendono per mano e ci fanno assistere alla loro improvvisatissima jam session, dove i vari strumenti si muovono in modo imprevedibilmente elegante, tra riffoni belli tosti, bruschi cambi di tempo, assoli di sax e una ricerca raffinata di suoni, vorticosamente arrangiati uno sopra l'altro. E questa sensazione di essere inghiottiti nel mondo imponderabile dei Poly-Math, prosegue anche nell'ubriacante "Velociter" che ci regala un corposo rifferama interrotto da porzioni di delirante jazz e da un assolo conclusivo da urlo. Molto più meditabondo l'incipit di "Charger", atmosferico e in grado di farci rilassare dopo il duro attacco iniziale. C'è tempo quindi per riflettere nelle note (parzialmente) suadenti della song (occhio infatti alle sfuriate ritmiche), che ha modo di mettere in luce ancora una volta il carattere stralunato del sax che riempie con audacia la proposta sonica della band originaria di Brighton. Con "Canticum II" si riprende a correre sui binari dell'improvvisazione sonora, tra partiture prog, esplosioni jazz, divagazioni psichedeliche e chi più ne ha, più ne metta. Non c'è nulla di scontato nell'ascolto di questo disco, mi duole solo ammettere che forse una voce o un urlaccio qua e là, probabilmente l'avrebbero reso ancor più interessante, ma d'altro canto si sa, "de gustibus non disputandum est". Lasciamoci sopraffare ancora dalle sonorità malinconiche, oserei dire anche mediterranee, di "Canticum I", quasi un tributo al folk italico. Il tutto ovviamente prima che riesploda in un avvicendamento di suoni math rock che sembrano rievocare il pezzo precedente. Ancora una manciata di pezzi che ci portano sulla più sghemba e laterale "Provaus", forte di un break centrale decisamente stravagante. E poi "Mora", una sorta di mix tra jazz, prog e spaghetti western. E a chiudere, ecco "Metam", per la classica ciliegina sulla torta che chiuderà il viaggio interspaziale a bordo dell'astronave Poly-Math. Cosmici. (Francesco Scarci)

(Nice Weather For Aistrikes - 2022)
Voto: 76

https://wearepolymath.bandcamp.com/album/zenith