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lunedì 16 maggio 2022

Vaina - ✥ FUTUE TE IPSUM ✥ Angel With Many Faces

#PER CHI AMA: Black Sperimentale
Il buon Stu Gregg, mastermind della Aesthetic Death, prosegue con la ricerca di band "particolari" da inserire nel proprio roster. Dopo Goatpsalm e Horthodox recensiti dal sottoscritto, non del tutto felicemente qualche mese addietro, ecco un'altra stramba (giusto per non cadere in aggettivi più disdicevoli) creatura per l'etichetta inglese. Si tratta dei finlandesi Vaina, una band che fa del "non sense" musicale (giusto per citare anche il titolo di un loro vecchio brano) la propria filosofia musicale. Dopo 'Purity' del 2019, un EP ('Futue Te Ipsus' incluso in questo stesso disco) ecco la nuova proposta della one-man band guidata dallo stralunato Santhir the Archmage, uno che a quanto pare, si è svalvolato il cervello durante il suo primo e unico concerto live, decidendo fondamentalmente di non dare più alcun riferimento stilistico alla propria proposta. Pertanto '✥ FUTUE TE IPSUM ✥ Angel With Many Faces' segue queste regole, decidendo di partire con "Oppenheimer Moment", una song tra l'ambient e il drone, su cui possiamo tranquillamente sorvolare. Con "I1" le cose si fanno più strane ma al contempo interessanti: si tratta infatti di un pezzo black acido, originale, ritualistico, con una base melodica affidata ai synth davvero evocativa, sommersa poi da vocals urlate ed altre declamate. La pseudo normalità dura però solo tre minuti degli otto abbondanti complessivi della song, visto che poi l'artista finnico imbocca una strada tra l'esoterico, il dungeon synth, l'ambient e per finire una bella dose da cavallo di sperimentazione sonora (con suoni sghembi di scuola Blut Aus Nord) che sembra nascere da un'improvvisazione estemporanea. "HCN" ha le sembianze dell'intermezzo orrorifico, consegnata quasi esclusivamente a synth e tastiere. La tappa successiva è affidata a "Yksikuisuus", un pezzo che cresce musicalmente su basi tastieristiche oggettivamente suonate male, ma comunque dotate di un'aura cosi mistica che sembra addirittura coinvolgermi. Non vorrei cascarci come l'ultimo dei pivelli, ma l'egocentrico musicista finlandese suona quel diavolo che gli pare, passando da delicati momenti di depressive rock/dark/post punk contrappuntato da una rutilante (quanto imbarazzante) drum machine che, inserita in questo contesto, trova comunque il suo filo logico, soprattutto in un epico e maestoso finale symph black. Questo per dire alla fine che Santhir the Archmage è davvero penoso a suonare, eppure tutto quell'entropico marasma sonoro che prova a coniugare in queste tracce, trova stranamente il mio consenso. Se dovessi trovare un termine di paragone con una band, citerei i nostrani Hanormale, con la sola differenza che quest'ultimi hanno fior fiore di musicisti. Il delirio musicale prosegue attraverso l'EBM di "About:Blank" (ecco la classica buccia di banana su cui scivolare) e il black avanguardistico di "Raping Yer Liliith" (assai meglio). "πυραμίς" ha un incipit stile 'Blade Runner' che perdura per qualche minuto prima di lasciare il posto ad una proposta indefinibile tra derive ambient burzumiane, deliri alla Abruptum e rimandi agli esordi malati dei Velvet Cacoon, ecco non propriamente una passeggiata da affrontare visti anche i quasi undici minuti di durata del brano. Esoterismo rap per "--. .-. . . -.", un'altra song davvero particolare che forse era meglio omettere per non toccare la sensibilità degli adepti dei Vaina. "Todestrieb" è un altro intermezzo noise che ci introduce alla conclusiva "Minä + Se", gli ultimi undici deliranti minuti di questo estenuante lavoro (un'ora secca). La song saprà inglobarvi ancora nel mondo disturbato e visionario di Santhir con suoni tra elettronica, black, drone, ambient, liturgico, sperimentale, horror, dark e tanta tanta follia suonata alla cazzo di cane ma sancita da un bell'urlaccio finale volto a Satana. Non ho ben capito se Santhir ci faccia o ci sia, fatto sta che questo lavoro meriterà altri ascolti attenti da parte del sottoscritto. (Francesco Scarci)

domenica 15 maggio 2022

Au-Dessus - Mend

#PER CHI AMA: Post Black
I lituani Au-Dessus li seguo dal loro esordio, quell'EP omonimo uscito nel 2015. Ho comprato anche il loro Lp 'End of Chapter', che trovai all'epoca davvero convincente. Dal 2017 a oggi se ne sono perse le tracce, quasi a pensare che la band originaria di Vilnius si fosse sciolta. Fortunatamente, i quattro misteriosi musicisti tornano in sella sotto l'egida della Les Acteurs de l'Ombre Productions dandoci il proprio segno di vita con quest'altro EP, intitolato 'Mend'. Cinque i pezzi per saggiare le condizioni post pandemiche dei nostri, cinque schegge che esordiscono con la strumentale "Negation I", una lunga intro dronica che cede il passo ad un black storto e strambo come era lecito aspettarsi dai nostri. Poi ecco il via alle "danze" con la causticissima "Negation II" e le vocals viscerali di Mantas a collocarsi su di un tappeto ritmico infuocato e dissonante che farà la gioia di chi segue realtà ingarbugliate quali Blut Aus Nord e Deathspell Omega in primis, ma anche gente stile Kriegsmaschine o Mgła, se proprio volessimo spostarci dalla Francia alla Polonia. Con "Lethargy" si prosegue sulla stessa scia diabolica di post black che trova in furiosi blast beat contrappuntati da una discreta vena melodica, il punto di partenza del brano. "Epiphany" si muove su basi ancor più oblique, tra black mid tempo e sfuriate post che hanno il classico effetto destabilizzante. Poi i nostri ci mettono del loro, con continui cambi umorali a dar maggior enfasi ad una proposta non proprio facile da digerire. L'ultima "Alienation" è forse il pezzo più easy listening dei cinque: inizio lineare, grim vocals che poggiano su un rifferama compatto e potente, ma decisamente dotato di una maggior melodia a renderlo per questo più assimilabile rispetto alle precedenti. La seconda parte poi è dotata di un piglio quasi malinconico tanto da renderla il mio pezzo preferito di questo graditissimo ritorno sulle scene. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 72

https://au-dessus.bandcamp.com/album/mend

Barús - Fanges

#PER CHI AMA: Prog Death/Sludge
Ricordo di aver positivamente recensito i Barús in occasione del loro EP omonimo nel 2016, bollandoli come una versione più violenta dei Meshuggah. La band che ritrovo oggi mostra un rinnovato spirito che probabilmente è passato attraverso il claustrofobico esordio su lunga distanza rappresentato da 'Drowned' e che arriva oggi a questo nuovo e particolare EP di due pezzi intitolato 'Fanges', che mi restituisce, come dicevo, una band assai diversa rispetto al passato. Si perchè la title track che apre il disco, nei suoi 19 minuti, mostra un piglio decisamente compassato (in alcuni frangenti addirittura ambient) per quasi nove giri d'orologio, con un incedere ipnotico che trova sfogo in un post death metal a tratti sghembo e questo rappresenta un po' il punto di forza del quartetto originario di Grenoble. Le vocals si muovono poi tra equilibrismi death e altri più puliti, mentre le melodie oscillano tra ammiccamenti ai The Oceans e ingarbugliamenti catramosi che evocano Ulcerate e gli stessi Meshuggah d'inizio recensione. Il brano si arresta un paio di minuti prima dell'epilogo, lasciando spazio ad una parte acustica di cui francamente non ho ben capito la funzione, ma andiamo avanti e facciamoci investire da "Châssis De Chair", un pezzo decisamente più old style, essendosi affidato a sonorità più death oriented. Ma i nostri oggi amano contaminare il proprio sound con suoni più atmosferici, sludgy, riflessivi, storti e distorti, senza tralasciare il fattore imprevedibilità, tutte caratteristiche che eruttano nel corso del quarto d'ora affidato alla seconda song. I riffoni, di scuola polifonica, rimbombano nelle nostre casse con un'intensità ed una violenza davvero poco rassicuranti. I riff si confermano, anche nei momenti più ragionati, tortuosi dall'inizio alla fine della bagarre e vanno ad accompagnare le oscure growling vocals di Mr K. Insomma tanta carne al fuoco per sole due song a disposizione credo possa essere presagio di grandi cambiamenti in casa Barús. Staremo a sentire cosa ci riserva il futuro con maggiore curiosità. (Francesco Scarci)

(Aesthetic Death - 2021)
Voto: 75

https://barus.bandcamp.com/album/fanges-ep

Bloodthrone - Rust In Hell

#FOR FANS OF: Black/Death
This is a great album and INTENSE. Almost an hour of death/black metal. It sounds more black metal than anything else. I enjoyed the whole thing! The riffs were good and the vocals screaming alongside the music. That's what I admired the most from this one. The intensity is high! They really know how to make some quality metal. The whole way through it slays. Weird that they're just a 3-piece, but they sure did a good job at arranging the songs. The music is what I enjoyed the most. But I liked the raw sound, too. They for sure know how to make some good music. I'm surprised no one else has discovered this band.

The vocals don't really change throughout the release. They remind me (music and voice) of Marduk - 'Panzer Division'. The intensity that is. Though that release from Marduk is even more intense than this one. I'm surprised it took me so long to review this release. It just sat in the bin for a long while. I'm surprised that they didn't do a follow up from this one. They should, they're still active. And from Chicago (later). Cool that they're in my hometown. They really know how to make good music! I enjoyed every song on here. And I appreciated that they put out about an hour long release.

The production quality was a bit raw. But still deserves a "74" rating. They need to come out with some new music! They are unique and intense! Good for any type of metal fan, though may be intense for some...but that doesn't take away from the magic of the release. They sure as hell can play and scream, the backup vocals were good too. Again, this is more like a black metal release than a black/death album. But not to get caught up in genres, they made an outstanding effort here. I'm surprised that not one person contributed a review for this band. It's rather alarming because they need feedback!

I went ahead and bought this CD as they're definitely worth the money if you collect CD's. The main thing about this one though is the fact that it's raw and original. And they're in Chicago now. That's a plus. But I thought that I'd write about the album since there were no reviews posted on such a great platter. Everything about this was intense. Be sure to be blown away by some really great black/death metal. Support the band and buy the CD! You will not regret it as I didn't at all! Own it! (Death8699)


(Captorvision Records - 2016)
Score: 74

https://bloodthrone1.bandcamp.com/album/rust-in-hell

giovedì 12 maggio 2022

Déhà - Decadanse

#PER CHI AMA: Black Avantgarde
"Se non ci fosse bisognerebbe inventarla" citava uno spot di una famosa automobile parecchi anni fa. Ecco, applicherei la medesima formula anche ai Déhà, prolificissima one-man-band belga, il cui frontman, credo possa contare tra collaborazioni ed ex band, quasi 50 nomi, e se non è record questo, poco ci manca. E a proposito di record, 'Decadanse' è già il terzo album del 2022 (il secondo in ordine cronologico però), il 35esimo dal 2018 a oggi, se contiamo anche le collaborazioni e gli EP. Insomma, una fucina di idee (non tutte geniali per carità), il cui duro lavoro si concretizza quest'anno in questa nuova uscita targata Les Acteurs de l'Ombre Productions. Due nuovi pezzi, per tre quarti d'ora di musica pronti a condurci direttamente all'Inferno con un biglietto di andata/ritorno. La via per scendere negli inferi è quella offerta dalla criptica "The Devil's Science", e quel suo sound all'insegna di un black doom claustrofobico, compassato, oscuro e su cui si stagliano le urla dannate del frontman. In sottofondo, è un giochicchiare di effetti di synth, lugubri atmosfere, prima che lo stesso sound sfoci in cavalcate furenti di black privo di tanti fronzoli. Ma il sound estremo di Déhà fa dell'imprevedibilità il suo motto, ed eccoci risprofondare nelle viscere della Terra per altri frangenti di funeral doom apocalittico, pronto ancora una volta ad esplodere in derive industrial/EBM (addirittura rap) che rendono la proposta del mastermind di Bruxelles estremamente solida ed accattivante. Il viaggio di ritorno ce lo offre invece "I Am the Dead", un nome un programma: il pezzo si apre con nebulose melodie e ritualistiche voci in background. Poi anche qui si prosegue con atmosfere dal forte sapore funeral, da cui iniziare ad evolvere in primis, i vocalizzi (dallo screaming ad urlacci più nitidi, fino a clean vocals) e poi anche un sound che progredisce dapprima in un break acustico, poi tremebonde sfuriate grind (stile Anaal Nathrakh meets Dødheismgard) e ancora suoni epici, avanguardistici, il tutto in un divenire totalmente improvvisato e per questo meritante di tutta la vostra attenzione. Oramai il brano è un fiume in piena, che ha ancora da farci strabuzzare gli occhi con un assolo di synth, rutilanti ritmiche black/death, sprazzi elettronici o il banalissimo ma evocativo chorus indirizzato alla dea Kali. Un pot-pourri di generi che vi convincerà della bontà di quest'artista che se non esistesse, bisognerebbe semplicemente inventarlo. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 83

https://ladlo.bandcamp.com/album/decadanse

lunedì 9 maggio 2022

Foul Body Autopsy - Shadows Without Light, Pt​​.​​2

#PER CHI AMA: Melo Death, In Flames
Avevo recensito i Foul Body Autopsy in occasione della prima parte di questa trilogia denominata 'Shadows Without Light', non potevo esimermi dal recensire anche il secondo capitolo che si presenta con la medesima formula del precedente lavoro, ossia tre differenti versioni dello stesso brano, normale, la strumentale synth remix e la più catchy hybrid remix. "Shadows Without Light, Pt​.​2" conferma quanto avevo già sentito nella Pt.1, ossia un death melodico di scuola svedese (In Flames docet) senza troppi fronzoli, senza troppa ricercatezza sonora, solo tanta melodia messa a servizio di ritmiche vertiginose, piacevolissime da ascoltare, su cui si innestano i synth e le growling vocals di Tom Reynolds, la mente dietro a questo progetto. L'unico dubbio che mi pongo dopo aver ascoltato anche le altre due versioni della traccia, è se non si poteva mettere questo brano, il precedente e quello che sarà incluso nel terzo capitolo, della stessa saga, su uno stesso dischetto, un EP magari, o un cd, anzichè farne una chiavetta fredda e anonima? (Francesco Scarci)

Felvum - Fullmoon Mysticism

#PER CHI AMA: Black, Darkthrone
I Felvum sono un trio ucraino da poco formatosi (e mi domando come sia possibile data la situazione d'emergenza in Ucraina), dedito ad una primitiva forma di black metal. 'Fullmoon Mysticism' è un EP di quattro pezzi rilasciato ancora nella mitica cassetta, che si apre con "Forest Unknown", un brano che sembra catapultarci di 30 anni indietro nel tempo e collocarci geograficamente in quella Norvegia che vedeva spuntare come funghi band del calibro di Immortal, Enslaved, Darkthrone, Ancient e Burzum, giusto per darvi qualche connotazione stilistica. Si perchè quello del trio è un black fatto di ritmiche lineari e zanzarose, dotate di un pizzico di melodia, di un gracchiante cantato e poco altro. I riff si ripetono infatti dall'inizio alla fine del primo pezzo in modo quasi stereotipato, per poi riprendere nella successiva "Blooming", quasi un copia incolla della precedente. Ahimè, il medesimo giro di chitarra prosegue imperterrito anche nella title track, con lo screaming di Felnone a vomitare il proprio disprezzo per il mondo. Qui, una variazione al tema ce l'abbiamo anche con un riff thrash metal di derivazione darkthroniana che interrompe quell'ipnotico e quasi fastidioso incedere delle chitarre. A chiudere troviamo "Spell of Purity", l'unico pezzo che modifica quella ripetitiva e raggelante ritmica, regalandoci forse i tre minuti più originali del nastro. Un po' pochino. (Francesco Scarci)

Circle of Chaos - Forlorn Reign

#PER CHI AMA: Death Metal
Se Atene rappresentò la culla della cultura, Stoccolma può senza ombra di dubbio essere definita la culla del death metal. La città ha infatti dato i suoi natali, tra gli altri, ad Entombed, Bloodbath e Dismember e proprio dalla capitale svedese arrivano anche questi Circle of Chaos. Il genere? Manco a dirlo è death metal nudo e crudo, dotato di una discreta vena melodica. 'Forlorn Reign', la terza fatica del quintetto scandinavo, che conta nelle sue fila ex componenti di Carbonized ed Abused, ci spara in faccia a mille all'ora la propria onesta proposta di death old school, che vede pochi tratti di originalità sia chiaro, ma che da un punto di vista tecnico-compositivo-distruttivo, sembra alquanto ispirato. Questa almeno l'impressione che ho avuto durante l'ascolto della roboante "Fires of Armageddon", un brano che ci prende a schiaffoni tra un riffing serrato e compatto, un growling incisivo, un drumming dirompente ed una componente solistica davvero con le palle, che con le sue derive melodiche (di scuola statunitense), rende più accessibile il pezzo. Non si può dire altrettanto della successiva title track che, minacciosa e torva, assembla tuttavia nella sua ritmica un'inaspettata sezione acustica che sembra richiamare più un pezzo hard rock che di metal estremo, il che cattura definitivamente la mia attenzione, grazie anche a ritmiche sghembe, ululati del vocalist in bilico tra scream e growl ed un finale caotico che mi ha rievocato "Raining Blood" degli Slayer. Si continua a correre veloci sui binari del death senza compromessi con "The Great Rite", un'altra traccia al fulmicotone che non fa certo prigionieri. Tuttavia, la band è abile nel cambiare repentinamente il proprio mood, passando da ritmiche selvagge a momenti più ragionati che in questo caso mi hanno ricordato lo straordinario 'Once Sent from the Golden Hall' degli Amon Amarth (peraltro un'altra band di Stoccolma, guarda caso). Il disco alla fine si muove su queste stesse coordinate anche nei successivi brani mettendo in fila momenti di grande devastazione ad assoli di un certo spessore. Ci provano i nostri a partire in modo più atmosferico in "Embracing Chaos", tra l'altro con una sezione ritmica piena, tortuosa e tonante, a cui dare seguito poi con un mid-tempo più compassato. Complice forse una durata più significativa (quasi sette minuti), che non consentirebbe la sopportazione di cotanto dolore inferto. Quando i cinque vichinghi decidono di pestare sull'acceleratore però, non ce n'è per nessuno e ci spazzano via con cotanta furia, accarezzandoci poi nuovamente con una raffinata sezione solista che a più riprese emerge dal caos primordiale costruito dalla band. Efferato l'attacco di "Spectral Disease" e siamo solo al giro di boa, visto che ci sono altri sei pezzi ad attenderci con altrettanta determinazione atta a frantumarci le ossa, tra potentissime ritmiche, acuminati assoli e spaventose vocals. Ci sono anche le song in lingua madre, la graffiante "Förödelsens Tid" con un assolo da paura e "Óveður", dove sperimentare ancora partiture acustiche, a dare risalto alle qualità dei nostri. Un intermezzo strumentale, "Age of Chaos" e si arriva all'epilogo affidato a "New Order", l'ultimo veemente atto di questo 'Forlorn Reign': qui il frontman si diverte a giocare con l'effettistica della voce, mentre le chitarre tratteggiano ancora una volta ritmiche forsennate e assoli taglienti come rasoi, a sancire l'eccelso lavoro fatto dai nostri a livello strumentale. Sull'originalità poi ribadisco, c'è ancora spazio al miglioramento. (Francesco Scarci)

(Satanath Records/The Ritual Productions - 2022)
Voto: 70

https://satanath.bandcamp.com/album/sat346-circle-of-chaos-forlorn-reign-2022