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domenica 2 agosto 2020

Oneiric Celephaïs - The Obscure Sibyl

#PER CHI AMA: Techno Death, Obscura, Death
Direttamente da Firenze, ecco arrivare gli Oneiric Celephaïs, quartetto in giro dal 2015, che non ha nemmeno una pagina metal archive e quella bandcamp è aggiornata al 2016, mah. Mi giunge pertanto come un fulmine a ciel sereno il loro EP di debutto dalla Imperative PR: 'The Obscure Sybil' è un 4-track dedito ad un death metal iper tecnico che chiama in primis in causa gli Obscura come serratezza delle ritmiche, ma se ascoltate bene "The Aeon Death" che segue l'intro acustica, capirete come siano i Death l'influenza principe per i nostri. I giri di basso, cosi come quelli di chitarra sono infatti di chiara scuola Chuck Schuldiner & co., complice una struttura ritmica assai complessa che si avvale di una stratificazione delle chitarre accompagnata da un riffing piuttosto cervellotico, di sicuro di non facile impatto, complice una dissonanza nelle linee melodiche che si palesano anche nelle successive "From Beyond" e "Voluspà", due tracce risalenti al 2016. Ancora una volta, nell'incipit efferato della prima delle due song, è l'influenza degli Obscura ad emergere, ma nella progressione della traccia, quello che io sento più marcata è quella dei Death, ma anche dei Necrophagist soprattutto a livello solistico con una pioggia di note che scendono copiose, saturandoci le orecchie di scheggie impazzite davvero interessanti, soprattutto a livello tecnico. L'ultima traccia si segnala per un lungo arpeggio in apertura con tanto di female vocals eteree che mi fanno credere di avere un altro lavoro per le mani. Poi si torna a viaggiare su ritmi forsennati e schizoidi, con ottime ritmiche, un elegante assolo di chitarra, prima che a prendersi la scena sia il basso di Francesco Fambrini con un lungo stacco in compagnia della sola chitarra acustica di Federico Giusti. Insomma, 'The Obscure Sibyl' è un biglietto da visita sicuramente interessante, su cui lavorare per un futuro full length ove sarebbe meglio lavorare in un'ottica di incremento dell'originalità e un maggior controllo della violenza. Questa ovviamente la mia personalissima opinione. (Francesco Scarci)

(Gore House Productions - 2020)
Voto: 70

https://www.facebook.com/therealmofoneiricelephais

Mørknatt - Icarus

#PER CHI AMA: Swedish Black
Con un moniker del genere, mi sarei aspettato una provenienza nordica e invece i Mørknatt arrivano dalla Catalogna con il loro carico di odio e black metal, per un sound che ancora una volta mi avrebbe ricondotto in Scandinavia, visti anche i contenuti lirici a base di misantropia e satanismo. Invece dall'assolata e martoriata Tarragona, ecco piombarci addosso questo 'Icarus' e una quartina di tracce che non lascia decisamente scampo. Si parte con "Heir of Pests" e di fronte ci troviamo acuminate ritmiche lanciate alla velocità della luce, coadiuvate da una discreta vena melodica e dal classico efferato cantato in screaming. Ecco delineata a sommi capi la proposta del malvagio trio catalano che nelle successive song non sembra assolutamente cambiare registro, rischiando quindi di sprofondare nell'anonimato di un genere che sembra ormai aver perso ogni ispirazione. "Hymn for the Goat" sembra qualcosa che forse avrebbe avuto presa un quarto di secolo fa e che ora francamente suona ridicola e obsoleta. Capisco il desiderio di inneggiare al Diavolo o al satanismo ma cerchiamo per lo meno di farlo con intelligenza. Non nego la volontà dei nostri di esprimere il proprio punto di vista attraverso gli estremismi di un sound che chiama in causa il black scandinavo, ma purtroppo trovo che la proposta dei Mørknatt risulti vetusta e alla lunga noiosa. Clamorosamente bocciati. (Francesco Scarci)

(Abyssal Sounds Records - 2020)
Voto: 50

https://morknatt.bandcamp.com/album/icarus

venerdì 31 luglio 2020

Vermilia - Keskeneräisiä Tarinoita

#PER CHI AMA: Folk Pagan Black, Myrkur, Dismal Euphony
Vi presento Vermilia, la one-woman-band finlandese dedita ad un folk pagan black. A distanza di un paio d'anni dal pluriacclamato debut 'Kätkyt', ecco ritornare la nostra eroina con un EP nuovo di zecca intitolato 'Keskeneräisiä Tarinoita'. Il disco, uscito autoprodotto, si apre sulle delicate note folkloriche di "Hauras, Kuollut, Kaunis" che funge da intro al platter. Un pizzicato di chitarra, degli archi e la suadente voce dell'artista finlandese e già mi sono perso tra le foreste incantate della Lapponia a ripescare dalla mia memoria i primissimi The 3rd and the Mortal e la principessa Myrkur. La sublime voce di Vermilia è puro incanto, e l'utilizzo della lingua madre ne aumenta la sua magia. Con "Taivas Hiljaa Huutaa" si comincia a far sul serio, con il classico pagan black dove la voce della polistrumentista nordica assume connotati leggermente differenti, spingendosi talvolta nell'utilizzo delle screaming vocals. La proposta si muove comunque nel mid-tempo, sebbene ogni tanto ci scappi qualche accelerazione black. Carino il chorus folkish sul finire del brano. La title track occupa il terzo posto in scaletta e l'inizio ha un che di colonna sonora cinematografica. Poi la canzone si srotola in un sound oscuro, lento e compassato, ove quasi in sordina, appare la voce della mastermind finlandese nella sua duplice veste, pulita e più rabbiosa. Ottimi gli arrangiamenti della traccia, peraltro al limite del sinfonico. La conclusiva "Pimeä Polku" è la song più ringhiante del lotto, spettacolare nello sprigionare un gran carico di energia malvagia, evocandomi per certi versi i Dismal Euphony di 'Autumn Leaves - The Rebellion of Tides'. Alla fine l'EP è ben riuscito, forse non quanto il debut album, ma comunque costituisce un buon viatico per un secondo lavoro che in molto attendono con curiosità. (Francesco Scarci)

giovedì 30 luglio 2020

Nile - In the Beginning

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Brutal Death, Morbid Angel, Obituary
Avevo proprio bisogno di bombardarmi il cervello ripescando un vecchio lavoro dei Nile, di preciso la ristampa di 'In the Beginning' che raccoglie in un'unica release (anche in vinile grazie alla Hammerheart Records), i primi due lavori della band statunitense 'Festivals of Atonement' e 'Ramses Bringer of War'. Cosa cambi rispetto agli originali mi è fatto assoluto divieto saperlo, forse l’unica novità è il fatto che appunto siano raccolti in un unico disco. Il combo statunitense è famoso per il quel death metal ispirato all’antico Egitto anche se in questo cd, tolti un paio di intro, di Egitto ce n’è ben poco, se non esclusivamente a livello di liriche. Il trio guidato da Karl Sanders è da sempre fenomenale nello scatenare l’inferno, rifacendosi in questo caso, ad act storici quali Obituary e Morbid Angel, non aggiungendo però granché di personale a quella musica estrema di metà anni ’90. Diciamo che 'In the Beginning' è solo una forma embrionale di quello che col tempo sarebbero diventati i Nile, anche se in una song come “Wrought” sono già udibili le influenze orientaleggianti, vero trademark della band nelle successive uscite. Se amate i Nile e non avete i primi lavori, sarebbe proprio un peccato non avere 'In the Beginning' anche se francamente tendo a preferire un lavoro come 'Annihilation of the Wicked' o l'ultimo 'Vile Nilotic Rites'. Un lavoro comunque che conferma fin dagli esordi, l’attitudine devastante dell’act statunitense. (Francesco Scarci)

(Megaforce Records - 1999/2006)
Voto: 68

https://www.facebook.com/nilecatacombs

Act of Gods - Maat

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Brutal Death, Morbid Angel, Deicide
Quest'act transalpino conferma ancora una volta le mie continue convinzioni su quanto sia scaduta nel corso degli anni la qualità della Osmose Productions, sebbene gli ottimi esordi. Quella degli Act of Gods, nonostante sia una release ormai datata, rivela come questo 'Maat' sia un album di brutal death metal totalmente innocuo e scontato: 37 minuti di musica selvaggia, fatta di chitarre zanzarose, growls animaleschi vomitati nel microfono, ritmiche indecenti (qui è stata utilizzata una batteria da cucina anziché una vera con tamburi e rullanti). L’unica cosa degna di nota, a parte una produzione potente e cristallina, sono gli assoli, che richiamano fortemente i Morbid Angel. Per il resto questa è musica vuota, senz’anima, senza sussulti, che non aveva senso di esistere nemmeno nel 2006 quando è stata rilasciata. Un’unica menzione per la traccia “Black Death Cemetary”, che nella sua scontatezza, devo ammettere che ho apprezzato per quei suoi assoli un po’ fuori dalle righe. Per il resto, pollice verso per i morituri. (Francesco Scarci)

(Osmose Productions - 2006)
Voto: 50

https://www.metal-archives.com/bands/Act_of_Gods/12099

The Pit Tips

Francesco Scarci

Violent Magic Orchestra - Principle of Light Speed Invariance
Break My Fucking Sky - Blind
Together to the Stars - As We Wither
 

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Shadowsofthesun

Dearth - To Crown All Befoulment
Ulthar - Providence
Boards Of Canada - Music Has the Right to Children

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Alain González Artola

Acherontas - Psychic Death-The Shattering of Perceptions
Aversio Humanitis - Behold The Silent Dwellers
Carach Angren - Franckensteina Strataemontanus

mercoledì 29 luglio 2020

Thrawsunblat - Insula

#PER CHI AMA: Folk Black, Woods of Ypres
'Insula' credo che sia uno dei primi lavori nati e concepiti in pieno periodo di lock down. Scritto infatti tra il 23 marzo e il 20 aprile 2020, il disco nasce interamente per mano di Joel Violette, il fondatore dei Thrawsunblat. Il titolo si rifà ovviamente al latino isola e il frontman canadese lega il significato di questa parola al fatto che ognuno di noi fosse in un qualche modo intrappolato nel proprio isolamento, proprio come accade agli astronauti durante le loro missioni nello spazio. Da qui nasce l'ispirazione proprio all'astronauta Chris Hadfield e ai quattro punti da lui indicati per vivere bene l'isolamento sulla Terra e renderlo produttivo: comprendere il rischio reale, identificare l'obiettivo, tenendo presente i nostri vincoli e infine agire, l'isolamento quindi come opportunità di fare qualcosa di diverso, proprio come un'astronauta nello spazio. Fatte queste dovute premesse, per comprendere al meglio la filosofia che si cela dietro questo lavoro, esploriamone anche i contenuti musicali. L'EP si apre con "Spectres in Mist" e quel black melodico che affonda le proprie radici nel folk. Ottime le linee melodiche che fanno subitissima presa nella testa, cosi come le clean vocals dei cori che si contrappongono al rauco cantato del frontman, per una delle migliori canzoni partorite dal quartetto originario di Fredericton. Più lineare e aggressiva la seconda "Carry the Sun", una traccia che non vede grosse impennate emotive, se non in una seconda parte più ispirata della prima, decisamente un po' piattina. "Until Ebb the Waters" suona invece come la classica cavalcata di black epico, che vede comunque buoni rallentamenti e in generale un song writing sopra la media. La traccia di chiusura è affidata a "Heave the Oars", un pezzo ritmato, carino ma che francamente non aggiunge davvero nulla degno di nota alla discografia del combo canadese. Alla fine si percepisce che 'Insula' è un lavoro di pancia, non troppo studiato e nato proprio dall'urgenza di esprimere un messaggio che sarà bene si imprima nella mente di chiunque. (Francesco Scarci)

Arabs in Aspic - Madness and Magic

#PER CHI AMA: Psych/Prog Rock
Nasce con lo speciale titolo di 'Madness and Magic' l'ultima fatica del gruppo norvegese degli Arabs in Aspic e a conti fatti, dopo ripetuti ascolti, le aspettative non vengono proprio disilluse. La follia divampa a colpi di psichedelia e rock progressivo che si manifestano con gran classe in un sound sofisticato, figlio dei suoni che vissero a cavallo tra la seconda metà degli anni sessanta e la prima degli anni settanta. Orchestrati da un ottimo gioco di suoni e voci, variegati e multiformi, la band è animata da scelte musicali che riescono ad esaltare proprio la parte magica di un certo prog folk rock corredato da una buona dose di "Sgt Pepper" e da qualche giravolta presa in prestito dal 'Magical Mystery Tour' dei fab 4. Durante l'ascolto, si ha la costante sensazione di essere davanti a composizioni tanto ragionate, complesse, dalla cadenza efficace, come potevano essere quelle di 'A Trick of the Tail' dei Genesis, con sfumature, dettagli e aperture, tutte da scoprire, frutto di una peculiare ricerca di un suono caldo, intenso e appunto incantato. La tonalità della voce mi ricorda, in una forma più consona al genere, il vocalist degli Sheavy, Steve Hennessey (anche se lo spettro di Phil Collins rimane comunque sempre dietro l'angolo), sebbene lo stoner non esista in quest'album dall'artwork peraltro splendido (la band di Trondheim ha una cura maniacale di suoni e immagine). Qui si parla di musica intellettuale con evoluzioni colorate che esplorano i terreni di battaglia dei National Health e Missing Link. Terre di musica senza confine che in alcuni casi diventano cosmiche (piccoli intrecci pink floydiani sparsi qua e là), in altre cupe, alla maniera teatrale dei Black Widow, come nella conclusiva e lunghissima "Heaven in Your Eyes", dove gli Arabs in Aspic mostrano il lato più introverso del loro sound, inserendo fraseggi esotici e un wah wah pesante che per qualche istante riporta alla mente niente di meno che le chitarre di 'Dirt' degli Alice in Chains. Subito dopo si torna come sempre alle variazioni elaborate e rigorosamente prog. Praticamente questo ultimo brano potrebbe essere considerato un EP dentro l'album, con tutte le varianti di tempo e genere che ci sono nel ricordo dei maestri Gentle Giant in primis. Il disco, uscito per la coraggiosa e visionaria etichetta Karisma Records, è alla fine piacevolissimo, immerso in un'atmosfera magica assai originale, fatto da musicisti capaci e abili manipolatori della materia progressiva. Un'ottima produzione ne avvalora poi le varie sfaccettature ed il tutto risulta una ghiottoneria per gli ammiratori di questo tipo di sonorità. Difficile dire quali brani emergano poichè la poliedricità dell'ascolto è così ampia che tutto suona sempre fresco ed inaspettato, cambiando pelle nota dopo nota. Una vera gemma musicale a mio avviso è rappresentato dalle due parti di "Lullabye for Modern Kids", non chiedetemi il motivo perchè mi sarebbe difficile spiegarlo, provate ad immergervi nelle sue atmosfere e sono certo che rimarrete spiazzati da quanta roba potrete trovarci al suo interno. Un album magnifico! (Bob Stoner)

(Karisma/Dark Essence Records - 2020)
Voto: 80

https://arabs.bandcamp.com/album/madness-and-magic

Pazuzu - Revenant Of Blasphemies

#PER CHI AMA: Death/Doom Old School, Autopsy
Da non confondere con gli omonimi austriaci nonostante una eterea intro acustica, i Pazuzu di quest'oggi sono in realtà una band proveniente dal Costa Rica e dedita ad un death doom di vecchia vecchissima scuola, ricordate i Winter? 'Revenant Of Blasphemies' non è però il loro nuovo album bensì il demo di debutto del 2017 ristampato qui dalla teutonica Dunkelheit Produktionen. Parlavamo di death doom old school (sottolineato peraltro da una registrazione piuttosto casalinga) anche se il movimento scatenato da "Trascending the Emanating Filth from the Fathers of the Christian Church" potrebbe essere più vicino a quello di un death punkeggiante, scuola Autopsy, ma anche Darkthrone, sebbene nel corso della song non manchino ovviamente i rallentamenti tipici del doom, cosi come pure le sfuriate tipiche del death. "The Splendour of His Holiness" puzza di suoni stantii persi nel tempo ormai da una ventina di anni a star molto molto stretti. Gli ingredienti sono quelli di sempre: sfuriate death metal con riffoni basicamente lineari, qualche frangente a rallentatore e il classico vocione growl. Un filo di melodia poi avvolge la sulfurea proposta del quartetto di San Josè, che completa la propria proposta con "The Fallacy of the Cursed Empire", una traccia tremebonda più in linea con quanto fatto agli albori dai My Dying Bride, quelli di 'Towards the Sinister'. A chiudere la classica outro acustica, un altro clichè di vecchia scuola a sancire l'obsolescenza di tale uscita. (Francesco Scarci)

(Dunkelheit Produktionen - 2017/2020)
Voto: 55

https://dunkelheitprod.bandcamp.com/album/revenant-of-blasphemies