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martedì 3 aprile 2018

Cucina Sonora - Evasione

#PER CHI AMA: Elettro sperimentale, Kraftwerk, Aphex Twin
A beneficio di eventuali languori auricolari, è opportuno sapere che la specialità della casa offerta dalla Cucina Sonora consta di evoluzioni a trazione pianistica architettate sull'insistente ripetizione di arpeggi oppure giri di accordi (prestate orecchio al senso di incombenza generato dal semplice mood poliritmico in apertura di "Rianimazione", destinata poi a decomporsi in un dissonante monologo pianistico, oppure alla sensazione tecno-barocca emanata, per esempio, dai bridge di "Ring"). Spetta all'elettronica il compito di stuzzicare ulteriormente gli appetiti, emanando fragranze pump-up-the-vintage (ad esempio nel singolo "Evasione"), spacey ("Stazione Lunare" naturalmente), a tratti indomitamente prossime ("Dissolution", "Ignoranza" e di nuovo "Ring") a certa elettronica danzereccia di prominenza europea (penso a J-M-Jarre, gli ultimi Kraftwerk e ai penultimi Tangerine Dream) o a certo (evitabile) dance-pampsichismo etnico novenove/zerozero alla Claude Challe individuabile nelle atmosfere dichiaratamente lounge di "Cocktail", ma anche in "Startup" e ne "La Danza delle Rane"). Bene: gradite un dessert? (Alberto Calorosi)

(Toys for Kids Records - 2017)
Voto: 70

https://www.facebook.com/cucinasonora/

Roommates - Fake

#PER CHI AMA: Post Grunge/Hard Rock
Un southern voluminoso ma ispido, senz'altro devoto studioso di storia antica (Lynyrd Skynyrd, qualcuno si ricorda ancora gli Atlanta Rhythm Section?), sì, ma analogamente prossimo al più recente nichilismo alcaloide germinato in quel di Seattle nel primo lustro dei novanta (ritroverete la disperata profondità di suono degli ultimi Alice in Chains di Staley nelle due canzoni che aprono l'EP, "Light" e "Blow Away"; quando parte "Fakin' Good Manners" non riuscirete a non canticchiarci sopra "Nothingman" dei Pearl Jam) ma anche a un certo highway-punk americano metà ottanta ("Black Man Guardian") e a cert'altro sofficissimo e confortevolissimo face-between-your-tits-rock ("Empty Love"). Osserverete che la copertina unisce (neanche troppo) curiosamente un'estetica biker-rock a un logo eminentemente death metal. Chissà poi perché! (Alberto Calorosi)

(Nadir Music - 2017)
Voto: 65

https://www.facebook.com/RoommatesRock

Job for a Cowboy - Genesis

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Brutal Death
Il debutto degli statunitensi Job for a Cowboy, 'Genesis', è stata una sonora mazzata nei denti. Era il 2007, quando la band di Glendale (Arizona) debuttò dopo l’EP d'esordio 'Doom', con un lavoro veramente cattivo. Dieci brevi tracce, per poco più di 30 minuti di musica, in cui i nostri cambiano rotta, dopo le sonorità deathcore degli esordi, purificando il loro sound in un ferale death metal tipicamente made in U.S.A. L’assalto sonoro comincia con “Bearing the Serpents Lamb” e prosegue attraverso tracce più o meno interessanti fino alla conclusiva “Coalescing Prophecy”. Abbandonata completamente l’influenza hardcore, il quintetto lancia un attacco violento, diretto e ultratecnico, palesando ad ogni modo un buon senso per la melodia (seppur estremamente limitata) unita ad una discreta dose d'imprevedibilità, in grado di conferire all’act americano una certa personalità, nonostante la giovane età. La produzione di 'Genesis', a cura del maestro Andy Sneap, è poi assai pulita e perfettamente bilanciata, fondamentale per donare all’intero lavoro quella potenza in più, a valorizzarne enormemente il risultato. La musica, mai banale o monotona, spinge che è un piacere, prodigando sfuriate death caratterizzate da una tecnica individuale di fondo superiore alla media: ascoltate la performance del batterista, oserei dire mostruosa, mentre la voce del vocalist si mantiene sempre su livelli growling simil cavernosi. Difficile identificare una band a cui il combo s’ispira, segno quindi di una maturità già raggiunta dopo un solo lustro di esistenza che preluderà alle grandi cose fatte poi nel futuro. (Francesco Scarci)

(Metal Blade Records - 2007)
Voto: 80

https://jobforacowboy.bandcamp.com/album/genesis

venerdì 30 marzo 2018

Drone - Head-on Collision

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Thrash/Groove, Pantera, Fear Factory
Se non avessi letto la biografia, mai avrei immaginato che i Drone fossero tedeschi, dato che il loro sound richiama fortemente tutto il giro americano di band dedite al nu-metal, sporcato da un thrash molto "Panteroso". Egregiamente prodotti da Andy Classen, il quartetto teutonico ha rilasciato nel 2007 questo buon debutto: potenti ritmiche thrash metal costituiscono l’intelaiatura di 'Head-on Collision', accompagnate da sofisticati arrangiamenti e dall'eccellente voce (sia in versione clean che growl) di Mutz Hempel che, fatti suoi gli insegnamenti del vocalist dei Fear Factory, dà prova di essere un cantante già dotato di carisma e personalità. Tutti i pezzi mostrano una band dalle idee ben chiare, capace sia tecnicamente che dal punto di vista compositivo. Gli 11 brani hanno un elemento comune: oltre ad essere tutti belli incazzati, hanno una componente melodica, data da degli arrangiamenti, che stemperano questa furia e con le backing vocals di Marcelo e Martin che inevitabilmente ci invogliano a cantare con loro. Non posso non sottolineare poi la prova del batterista Felix, tecnico e fantasioso, abile a dettare i tempi per tutta la band e a garantire, con i suoi muscoli, un esito finale davvero soddisfacente. Se dovessi segnalare un brano, vi suggerisco “Jericho”, vero connubio tra la scuola thrash americana ed i suoni cibernetico-industriali dei Fear Factory. Dopo questo lavoro, la band sassone ha rilasciato altri tre dischi, che forse un ascolto lo meritano eccome. (Francesco Scarci)

(Armageddon Music - 2007)
Voto: 70

https://www.facebook.com/DroneMetal

Xiu Xiu - Forget

#PER CHI AMA: Experimental Electro Pop
Al di là del consueto elettro-trionfalismo industrial-messianico ("Queen of the Losers" e quasi tutte le canzoni successive) intriso di consueti white-rumorismi anni tardonovanta più ("Hey Choco Bananas") o meno ("Jenny Gogo") grattugiosi e dal consueto piagnucoloso vocione goth-wave ottantiano (ovunque, ma fin insopportabile in "At last, at Last" e "Jenny GoGo", la canzone che qualcuno in rete ritiene fantasiosamente dedicata alla fidanzata di Forrest Gump) non sempre (più precisamente quasi mai) opportunamente analgamati; al di là di tutto questo è possibile che gli sporadici momenti di attenzione siano catalizzati dai (consueti) sentori digital-softcore della introduttiva "The Call", (inconsapevolmente?) scanzonante i Prodigy e certi decadentismi dark-glam fine-novanta, e cantata da una specie di Mark Hollis con la faccia ficcata nel barattolo della maionese in duetto con una specie di Mark Hollis con la faccia ficcata nel barattolo della senape. Oppure dalla linea di basso indubbiamente badalamentiana, evidente reminescenza del precedente tributo a Twin Peaks, che introduce la canzone più intrigante e materica del disco, soprattutto per via del testo. Nell'opinione di chi scrive, il singolo "Wondering" ha la pretestuosità elettro-pop di una outtake dei Goldfrapp, ciò che dovrebbe fornire una precisa collocazione qualitativa, in considerazione della kelviniana opinione del sottoscritto nei confronti dei Goldfrapp. Ascoltate questo album e poi fate esattamente ciò che vi suggerisce il suo titolo. (Alberto Calorosi)

(Polyvinyl - 2017)
Voto: 50

http://www.xiuxiu.org/

Styx - The Mission

#PER CHI AMA: Hard Rock
L'ultimo album in studio degli Sty(ti)x (suvvia, il precedente 'Cyclorama' era del 2003) è un temerario sci-fi concept sulla prima missione umana su Marte, prevista, nell'opinione di Superpippo Shaw, nell'anno del signore 2033 (dilettatevi a individuare nei testi sbragonerie del calibro di "Hands on the wheel of my rocket mobile / and I'm a hundred million miles from home", dalla song "Hundred Million Miles From Home"). Quattordici stazioni narrativamente ultracanoniche a formare una specie di Via Martis motorizzata. Accensione dei razzi (una Asia/ticissima "Overture" power-prog), decollo (la Uriah-propulsiva "Gone Gone Gone", indovinato primo singolo), distanza da casa (il glam clap-clap di "Hundred Million Miles From Home"), paura di non farcela ("Trouble at the Big Show"), considerazioni (la gilmouriana "Locomotive"), cartoline dallo spazio profondo (i Queen-of-the-world ipermelodici di "Radio Silence"), esistenzialismo cosmico (la ponderosissima Queen-tale "The Greater Good"), un altro po' di esistenzialismo cosmico ("Time May Bend"), atterraggio/casini-col-motore/paura ("Red Storm"), no-ovviamente-è-tutto-a-posto ("All Systems Stable"), apertura del portellone ("The Outpost"), conclusioni/ faccenda-del-piccolo-grande-passo/ pippone-saluti/ ringraziamenti (una power-melo ancora più Asia/ticissima "Mission to Mars"). Il sedicesimo album degli Styx si colloca sulla rotta astral-melodic-hard-ruffianesimo tracciata tra il 1977 e il 1981 dagli alter-ego degli Sty(ti)x, i Prolyfix (quattro album in sei anni. Decollo: 'The Grand Illusion', atterraggio: 'Paradise Theatre'), senza utilizzare una singola molecola di propellente all'idruro di nostalgismo e destreggiandosi con consumata perizia e comprovata professionalità all'interno di una vera e propria tempesta di asteroidi del ridicolo. Vi pare poco? (Alberto Calorosi)

(UMe - 2017)
Voto: 75

http://styxworld.com/band

The Pit Tips

Felix Sale

Rapture - Paroxysm of Hatred
Et Moriemur - Epigrammata
Exalter - Persecution Automated
 

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Francesco Scarci

Arkona - Khram
Ketha - 0 Hours Starlight
Rivers of Nihil - Where Owls Know my Name
 

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Alain González Artola

Profundum - Come, Holy Death
Three Eyes of the Void - The Moment of Storm
Minneriket - Anima Sola

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Five_Nails

Horn - Retrograd
Amon Amarth - Jomsviking
Drudkh - Їм часто сниться капіж (They Often See Dreams About the Spring)

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Alejandro Morgoth Valenzuela

Absu - Absu
The Antichrist Imperium - The Antichrist Imperium
Averse - The Endesque Chants
 

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Michele Montanari

Atomic Mold - Hybrid Slow Food
Hell Obelisco - Swamp Wizard Rises
Netherlands - Hope Porn

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Matteo Baldi

Dumbsaint - Another Scene
Porcupine Tree - Deadwing
Boris - Noise

mercoledì 28 marzo 2018

Profundum - Come, Holy Death

#FOR FANS OF: Symph Black/Death
Profundum is a rather new project formed in the southern American city of San Antonio, Texas. This band is a side project of R and LR, pseudonyms of two quite active musicians who have several projects, all of them related to the extreme scene. In fact, R whose real name is Ryan Wilson, has a very interesting band called The Howling Void, which plays symphonic funeral doom. Other projects are nevertheless, more related to death and black metal. Profundum represents a combination of their previous projects though it remains firmly rooted in the black metal sound, with a strong atmospheric touch and including some other influences.

After a promising EP entitled 'What no Eye Has Seen', R and LR focused their efforts in order to give life to their first full album. It didn’t take too long until 'Come, Holy Death' was released by the German underground label Heathen Tribes in 2017. Profundum´s debut came in a nice digipak, sadly without booklet, and with an eye-catching artwork, which fits perfectly well the album´s musical concept. Without having the lyrics, I can hardly decipher their meaning, but the song titles have a sinister touch dealing with creation, void and darkness in general. The listener will realize that both music and lyrics are perfectly compatible. Musically, the album can be tagged as atmospheric black metal with a generous presence of the keys, which play a major role. Apart from that, it seems that both members try to import some influences from other projects. The use of powerful growls by LR is a good example of the death metal influence. Anyway, he also uses classic shrieks which also sound quite competent. It’s interesting to point out that the growls are usually accompanied by some slow moments which sound quite death-doom esque, making a great contrast to the usual fast pace that the majority of tracks have. In those sections both vocal styles are usually used. The album opener “Sentient Shadows” is a nice example and clearly shows how the band combines both resources in a very well executed way. The combination of fast black metal sections and beautiful and mesmerizing keys, with slow paced doom-death metal sections is something very habitually used in this record, and it works fantastically well.

All the tracks maintain a very similar structure and level, which I must admit is quite high, but my personal favourite is “Tunnels to the Void”. The track has a slow start including as usual some majestic keys. This section is abruptly finalized when the drums change the pace to a much faster one, nevertheless the grandiose keys still lead the pack and they truly sound magnificent. I personally consider this song a truly majestic and hypnotic experience. Production wise that R and LR gave the album a certainly old school touch. Like in the 90s', the instruments sound like it they were recorded far from the microphones, especially the guitars and drums. On the other hand, vocals and keys have a greater presence in the mix making a great contrast between the hypnotic and atmospheric side and the most brutal one.

In conclusion, Profundum released an excellent debut, which is a great piece of atmospheric black metal seasoned with some death and doom influences. These influences make the album even more interesting. As I have already mentioned, the keys play a major role and they are truly excellent and grand during the whole record, being the best ones I have listened to since a long time. A truly great start! (Alain González Artola)