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sabato 4 ottobre 2014

Eldjudnir - Angrboða

#PER CHI AMA: Black/Doom
La Danimarca ultimamente sta riscoprendo il verbo nero del black metal. Dopo il recente debutto di "Miss" Myrkur, ecco vedere finalmente stampato dalla cinese Pest Productions, il full length dei Eldjudnir che vide in realtà la luce nel 2012 sotto forma di cassetta e che oggi finalmente gode di una più larga distribuzione (e migliore produzione) grazie all'etichetta di Shanghai, ma soprattutto, il formato è quello giusto (almeno per il sottoscritto), il cd. 'Angrboða' consta di cinque pezzi che si aprono con la dirompente title track che mette in chiaro immediatamente come stanno le cose: il quartetto di Copenhagen ci scatena contro un black ammantato di sonorità nere come la pece che trovano fortunatamente la brillante idea di concedere un certo spazio anche a momenti più epici e dal flavour vichingo. Non è infatti un caso che il nome dei nostri si rifaccia alla tradizione nord europea, cosi come i titoli dei brani richiamino creature della mitologia norrena. Con la seconda traccia, "Jörmundgandr", a fronte di un rallentamento della sezione ritmica, c'è da segnalare una maggior cupezza nelle atmosfere, quasi catacombali, ad opera del 4-piece danese. Un sound sordo, al confine con lo sludge/doom, che trova comunque modo di vivacizzarsi con qualche pestilenziale sfuriata black e qualche chorus epico. Il disco avanza sinuosamente con "Hel", la dea degli Inferi, figlia di Loki (dio dell'inganno) e di Angrboða, una gigante il cui nome significa "presagio del male", che abbiamo già incontrato all'inizio del disco. Il suono malefico del brano, il suo incedere lugubre e spettrale, va molto vicino nel dipingere la figura negativa della divinità; ciò che mi colpisce maggiormente nella traccia è un break centrale quasi tribale che lo rende assai più interessante. Arriviamo a "Bundinn" e le atmosfere apocalittiche (ma dall'approccio decisamente più melodico) a tratti litaniche, la fanno da padrone, conducendoci mentalmente dinanzi a un rito sacrificale che si teneva durante le cerimonie vichinghe. La song conclusiva, "Fenris", si presenta come la più infernale e completa dell'intero lotto, in cui blast beat, screaming vocals, ritmiche convulse, frangenti etnici e macabre atmosfere oscure, coesistono in una lunga traccia della durata di più di 11 minuti. In conclusione, 'Angrboða' è un lavoro che pur non inventando nulla di nuovo, lascia intravedere qualche buono spunto da parte degli Eldjudnir, anche se dopo una carriera decennale, probabilmente era lecito attendersi qualcosina in più. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2014)
Voto: 65

venerdì 3 ottobre 2014

Athanatheos - Alpha Theistic

#FOR FANS OF: Death Metal, Hate Eternal, Immolation
Finally getting settled on a definitive name after several incarnations, this debut offering is a wholly impressive collection of tight, brutal and modern-sounding Death Metal that has a distinctly unique approach. While this might not come in the form of its’ music, as this tends to utilize the same tight guitar lines throughout this that showcase furious rhythms and a sense of technically-complex arrangements that are nothing new, that works in its favor throughout this. Opting for a mix of brutality with some technically-complex arrangements while wrapped around a series of tight rhythm sections, pounding drumming and a wholly diverse approach that allows for hints of melody, Gothic-styled atmospheric interludes and even eerie-sounding chanting are all pushed together to make a loud, tight and overall pleasing blast of epic, scathing Death Metal that is pretty original and far better than it should be, especially for a debut. The problem with this is that the material is just too epic for its own good, often-times going on endlessly for no reason other than to throw in another atmospheric interlude section before going back to the guttural blasting that was a part of it all along, or just firing away at needlessly overdrawn progressive influences that really shouldn’t be there as it tends to meander around quite often in this extended running times that have no place in a Brutal Death Metal band. Even with those progressive influences, there’s no reason an album like this should contain seven-eight minute songs, much less a scalding epic over fifteen minutes in length as those tend to get quite overlong quickly and even lose some of their impact and energy at that length when it contains nothing but furious-paced blasting for several minutes to the point it tends to get repetitive and boring, and that doesn’t happen on the more traditional four-five minute pieces. That’s appropriate for this style and really tends to let the band utilize its talents in their best capacity, keeping the best tracks in that slot and never really having to worry about much else. Intro ‘Dawn of Genesis’ sets the stage immediately with raging drumming and tight guitar rhythms with frantic patterns and mid-tempo paces that runs through multiple riffing patterns to maximize the damage. Much like that, ‘Freedom Shall Never Come from God’ features dynamic tempo changes, varying riff arrangements and a slew of impressive atmospheres to make for a wholly engaging opus and one of the albums’ best. The short blaster ‘Everything That Is on the Earth Shall Perish’ is also pretty fast and intense, while ‘To Harden the Heart’ showcases the bludgeoning technicality better than anything else here for a wholly dynamic offering. The massive epic ‘Purification by Primordial Waters’ builds on the technicality into more progressive realms with varying tempos, alternating riffs and a slew of dynamic arrangements within the guitars and drumming to leave a slightly bloated and overlong feel for a brutal Death Metal track but still gets a lot of material right about it. ‘You Are Not’ thankfully gets back to the raging tempos and frantic arrangements that allow the brutality of the technically-complex arrangements to work rather well, while the dynamic ‘As Your Lord Was in the Storm’ starts off with a slow, plodding beginning before getting into faster-but-still-mid-tempo paces for a better finale. ‘Ghost and Chimera’ gets the blazing speed and furious rhythms back in full-force with a vicious, rabid assault here that has plenty of complex riffing and dynamic energies throughout. Finally getting to the massive epic ‘The Soul’s Congregation (Soul Injected Part II),’ it showcases almost every variety of arrangement and tempo pattern possible in a weighty, overlong epic teeming with impressive variations and dynamics which allow this a dignified grace that’s mostly missing from the rest of the album and scoring this one quite positively. Overall, this is quite surely a rather impressive effort. (Don Anelli)

(Self - 2012)
Score: 85

Wreck and Reference – Want

#PER CHI AMA: Experimental/Drone/Post Rock
È da un po' che tengo sott'occhio questa band statunitense, ma vuoi per un motivo, vuoi per un altro (l'aver pubblicato la precedente release solo in vinile ad esempio), non sono mai riuscito ad affezionarmene. L'uscita del nuovo 'Want' e la sua recensione mi danno finalmente motivo di avvicinarmi ai Wreck and Reference. La band si propone con una propria personale chiave di lettura del post black, come già fatto da altri ensemble del rooster Flenser Records, da sempre esempio di sperimentalismo sonoro. I WaR non sono da meno e ci offrono il loro lugubre sound: nessun assalto di stile cascadiano, nessun accenno folk, ma “solo” un tragico slow-mid tempo funereo, ricco di preziosi inserti dark e pompose melodie d'organo, con le vocals che si dipanano tra uno screaming disperato e uno pulito/sussurrato. “Stranger, Fill this Hole in Me” è una stravagante song in cui si unisce l'anima dannata dei nostri con inserti industrial/noise. L'ascolto della musica dei WaR non è quasi mai facile e la delicata (almeno musicalmente) “Bankrupt” ne è un esempio. Se non ci fossero le abrasive vocals del cantante, potremo parlare di sperimentalismi a la Radiohead ai tempi di 'Amnesiac' in un inedito connubio con i Massive Attack di 'Mezzanine'. Le atmosfere tenebrose di “A Glass Cage for an Animal” sembrano far pensare ai Fields of the Nephilim in una versione più catartica. Ma l'elemento caratterizzante la musica dei WaR e forse anche la componente che dona un certo estremismo sonoro alla band americana, è proprio quel demoniaco dualismo vocale che domina nelle song e che rende il sound dei WaR difficilmente etichettabile ma comunque di grande fascino. (Francesco Scarci)

(Flenser Records - 2014)
Voto: 70

Grace Disgraced - Enthrallment Traced

#PER CHI AMA: Technical death metal, primi Death, Carcass, Morbid Angel
Dalla Russia con furore: i Grace Disgraced sono un potente quartetto di Mosca, che hanno debuttato con questo densissimo full-lenght 'Enthrallment Traced'. L’album è una sorta di concentrato del meglio del thrash-death anni ’90 (Death, Carcass, Morbid Angel), arricchito da una spaventosa attenzione alle ritmiche e alla tecnica. Niente è lasciato al caso, nessuna scelta è banale: i tempi cambiano spessissimo, i riff si inseguono in continuazione tra cambi repentini e accelerazioni, il tutto condito da tempi dispari, sfuriate di doppia cassa e la rinuncia quasi totale alla forma canzone tradizionale (strofa-ritornello-strofa-assolo e così via: ascoltate la opening “Prophecy Of Somnambulist”). E non parliamo di veloci pillole hardcore: la maggior parte dei brani supera i 6 minuti, e la finale “Orchids Of The Fallen Empire” sfiora addirittura gli 8 minuti di lunghezza. Una vera sfida, per un genere abituato a pezzi ben più sintetici. Il primo applauso va senz’altro al granitico Andrew Ischenko alle pelli: in certi passaggi mi ha ricordato il Paul Bostaph dei tempi d’oro, per la capacità di colorare in maniera sempre diversa ogni rullata e per l’ottima gestione di tempi sincopati, stop-and-go ritmici e spietati blast-beat. Ascoltate “To Autumn” o “Adzhimushkai”, con le improvvise accelerazioni, le pause e le cavalcate ossessive di doppia cassa. Il secondo applauso è invece per le capacità vocali della cantante: Polina Berezko, bionda e apparentemente innocua, gorgoglia e ringhia per tutta la durata del disco. È un cantato perfettamente allineato con i canoni del genere e più che sbalorditivo per una ragazza ma, personalmente, il suo ruggito piatto e invariabile alla lunga stona con l’enorme varietà musicale e ritmica proposta dal resto della band. 'Enthrallment Traced' è comunque un disco d’esordio di cui essere fieri: produzione, testi, artwork, arrangiamenti e tecnica musicale sono di altissimo livello. È perfetto per i nostalgici del thrash-death e per gli amanti del metal tecnico e brutale degli anni ’90: ma se cercate originalità, forse questo non è il disco adatto. I Grace Disgraced sono giovani: sarà un piacere scoprire se la loro evoluzione li porterà a soluzioni più personali e innovative. (Stefano Torregrossa)

(More Hate Productions - 2012)
Voto: 65

mercoledì 1 ottobre 2014

I Will Kill You – Extrema Putrefactio

#PER CHI AMA: Death/Thrash, Cannibal Corpse, Belphegor, Suicide Silence, Anima
La band siciliana degli I Will Kill You si presenta in ottima forma in occasione del full length di debutto (all'attivo un EP) e fin dal primo ascolto si capisce che gli intenti di ispirata perversione sonica sono parecchi. Uscito per la Inverse Records in questo 2014 e dotato di una bella copertina sanguinolenta, 'Extrema Putrefactio' sfodera il suo gusto noir con un'ottima verve da navigato serial killer. L'intero lavoro si regge su un magma sonoro avvincente, figlio dei deliri sonici stile Suicide Silence e Cannibal Corpse per impatto killer e una produzione di taglio death metal molto moderna che evoca i Dying Fetus. Di frequente si abbandona ad incesti black metal ibridi dal sapore molto maligno e lugubre sulla scia degli ultimi Belphegor. L'album è apprezzabilissimo e gode di una vena ispirata che sormonta, esalta e mischia una vena romantica di stampo acustico con innesti rubati a classici lenti strappa lacrime metal con effetto cristallino ("Die") ad una lacerata verve sudicia di marcio thrash/black metal carico di violentissimo macabro carisma. L'intero lavoro si avvale di una buona dose di potenza dal sapore horror, come suggerisce senza inganni il titolo e per anarchica scelta stilistica (anche se in realtà i brani riflettono più aree del metal estremo), ci piace accostarli per attitudine alla band tedesca degli Anima (quelli di 'Enter in a Killzone'). L'impatto è violentissimo e sostenuto da un drumming encomiabile e comunque anche se non tutto risulta originale, sicuramente i brani godono di grossa personalità, con l'intrusione mai scontata di chitarre pulite e persino di un brano guidato da un malinconico piano ancestrale ("Ante Mortem") che ben contrasta con l'aria distruttiva dell'intero box. 'Extrema Putrefactio' è un album fatto con passione e intelligenza, un lavoro che cerca in continuazione di stupire e mettere in sincronia l'arte malata del black metal con l'arte violenta e penetrante del death metal più claustrofobico, difficile da inquadrare ma facile da apprezzare ascolto dopo ascolto; un lavoro decisamente invadente e mai scontato che affascina e non delude affatto. Album da ascoltare a fondo, un gioiellino insanguinato!!! (Bob Stoner)

(Inverse Records - 2014)
Voto: 80

Byzanthian Neckbeard - From The Clutches Of Oblivion

#PER CHI AMA: Doom Stoner metal, Iron Monkey, Electric Wizard, Shape Of Despair
C’è un teschio spiritato e barbuto sulla copertina bianchissima di questo 'From The Clutches Of Oblivion'. E nonostante la pulizia del packaging (digipack in edizione limitata), il debutto dei Byzanthian Neckbeard è sporco, grezzo e oscuro come poche altre cose sentite ultimamente. Il quartetto arriva da una sperduta isola britannica nella Manica, dove praticamente tutti allevano una razza pregiata di bovini. Curioso quindi, che da un luogo così verde, bucolico e tradizionalista arrivino questi quattro giganti barbuti, che suonano con accordature letteralmente sottoterra e parlano di cadaveri, occultismo, fine del mondo e allucinazioni. Lo stile si rifà ai grandi del doom metal / sludge britannico: Electric Wizard, Iron Monkey e in parte Orange Goblin. Riff serratissimi (splendide l’opening “Doppleganger” e l’intera “The Ganch”), arrangiamenti intelligenti che mi hanno ricordato certi Paradise Lost, bpm quasi sempre lenti e ossessivi (“Plant of Doom”) salvo poche, misuratissime sfuriate. La voce ha molto in comune con gli Shape Of Despair: un pesantissimo growl di impronta death, che rende tutto ancora più oscuro. Un lavoro che meriterebbe un voto altissimo, se non fosse per due piccoli difetti. Il primo: pur in alcune scelte stilistiche originali (in certi incastri basso/chitarra, ad esempio, o in alcuni repentini cambi di tempo), il disco non aggiunge nulla di veramente nuovo a quanto non abbiano già detto band più illustri. Il secondo: l’unico strumento davvero equalizzato bene è il basso – bello, rotondo, presentissimo, distorto al punto giusto: ascoltatevi l’intro di “Indoctrinate The Priestess”. Tutto il resto poteva essere reso meglio: le chitarre mancano forse un po’ nelle frequenze più basse nonostante l’accordatura, e la batteria a tratti è addirittura ridicola (ascoltatevi i piatti: poca coda, suoni taglienti, poco adatti ad un genere come questo). C’è da concedere ai Byzanthian Neckbeard il beneficio del debut-album: se la linea resta questa, sono certo che il prossimo disco sarà un capolavoro assoluto. (Stefano Torregrossa)

(Self - 2014)
Voto: 70

A Flower Kollapse - S/t

#PER CHI AMA: Punk, Math, Hardcore
Macina Dischi e Shove Records si sono accaparrate un'altra interessante band, gli A Flower Kollapse (AFK), un quartetto originario della provincia di Treviso. La band nasce nel 2004 e da allora ha partecipato ad alcune compilation e split, arrivando infine a questo terzo album. Loro stessi dichiarano che suonano un mix di punk, math, hardcore, noise e progressive, a cui io aggiungo una cattiveria e potenza inaudita. Suoni ruvidi, freddi e riff velocissimi, il tutto condito da uno screamo dilaniante, a cui l'ascoltatore può solamente soccombere oppure trarne beneficio. Nove tracce per un totale inferiore alla mezz'ora, ma sufficiente per farvi capire quali pensieri contorti possano insediarsi dentro la mente di un musicista alla ricerca della propria espressione. Il tutto è contenuto in un semplice digipack di carta riciclata senza nessun colore e i testi sono scritti in modo da essere illeggibili a causa di un errore in fase di stampa. Delirante e geniale allo stesso tempo. "All Nature is my Nature" è tutto e niente, pura sensazione. A qualcuno potrebbe dare il voltastomaco oppure causare una crisi epilettica, ma se ci si immerge a capofitto nel brano, si riesce a cogliere cosa si celi dietro tanta rabbia. Un urlo in difesa della natura bistrattata (forse, difficile cogliere le parole o leggere i testi), melodia strumentale sapientemente nascosta dietro riff apparentemente inesistenti e poi velocità, tanta velocità. Chitarre al limite dell' autocombustione e sezione ritmica pulita ed ossessiva, il tutto miscelato a modo con suoni altrettanto azzeccati. "Mud" inizia con degli scricchiolii che accapponano la pelle quanto le unghie su una lavagna e poi li subentra la devastazione. Chitarre che fanno sempre da padrone con riff ipnotici che si alternano tra sequenze meno roboanti e scatti d'ira strumentali. Malessere esistenziale ed ansia vengono trasmessi dalla dita ai strumenti, come una pesante e scomoda eredità da padre in figlio. Le corde e le pelli dei tamburi vengono scarnificati ad ogni nota o battuta, il sudore si mescola alle lacrime ed ogni traccia vi lascerà sfiniti e ansimanti. Grazie al cielo durano poco, altrimenti rischiereste un attacco apoplettico Decisamente un album che non può lasciarvi indifferenti, o lo amerete o vorrete disfarvene al più presto. Il rischio che venga inserito incautamente nello stereo da un vostro familiare e che poi dobbiate dare delle spiegazioni, è abbastanza alto. Desumo che gli AFK diano il meglio di se in live, quindi inizia la mia ricerca del loro prossimo concerto. (Michele Montanari)

(Macina Dischi/Shove Records - 2012)
Voto: 70

The Pit Tips

Don Anelli

Puteraeon - The Crawling Chaos
Space Eater - Passing Through the Fire to Molech
Death - Spiritual Healing remastered
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Francesco "Franz" Scarci

Eternium - Repelling a Solar Giant
Azure Emote - The Gravity of Impermanence
Seasons - Lotus
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Kent

Carcharodon - Roachstomper
The Goddamn Gallows - 7 Devils
Modest Musorgkj - Pictures At An Exhibition
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Stefano Torregrossa

Fu Manchu - Gigantoid
The Glasspack - Powderkeg
Killer Be Killed - Killer Be Killed
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Michele "Mik" Montanari

Thom Yorke - Tomorrow's Modern Boxes
Luna Vulgaris - Singles
Bachi da pietra - Quintale
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Alessio Skogen Algiz

Mayhemic Truth - 96 (demo tape 1996)
Nattvindens grat - Dar svanar flyger (demo tape 1995)
Sorg - Mina Drommars Dal (demo tape 1995)
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Mauro Catena

J Mascis - Tide to a star
Earth - Primitive and Deadly
Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra - Fuck Off Get Free...