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mercoledì 6 novembre 2013

Wormlust - The Feral Wisdom

#PER CHI AMA: Black, Aborym, Deathspell Omega
Della furia iconoclasta degli islandesi Wormlust, sentirete parlare a lungo. “The Feral Wisdom” è un disco di quattro lunghi pezzi che si apre con la feralità intransigente di “Sex Augu, Tòlf Stjörnur”, un assalto di dieci minuti fatto di urla disumane, ritmiche completamente impazzite che violano le leggi della fisica in fatto di velocità (menzione d'onore ai blast beat infernali) e atmosfere che oscillano tra la glacialità, il terrore e l'incubo. Se dovessi trovare un termine di paragone per il sound dei nostri, penserei agli Aborym più estremi e schizoidi che fanno una jam session sulla scena di un film di Dario Argento. Difficile però dare una definizione più specifica al genere proposto da H.V Lyndgal, la mente malata che si cela dietro il monicker Wormlust. Potrei sicuramente parlare di unhortodox black metal, ma anche di sperimentazioni industrial-noise che si palesano nella matrice tissutale di questo apocalittico viaggio senza speranza. Con “Djöflasýra” il ritmo, per lo meno inizialmente, si mantiene più compassato, anche se i vocalizzi del musicista islandese, sono veramente inquietanti, spaventosi e assai originali, con la musica del combo nordico (ampio merito va alle linee di chitarra totalmente deviate e dissonanti) che propaga folate di odio come mai avevo sentito prima d'ora. Fortunatamente, un quanto mai inatteso break centrale tra l'ambient e l'etereo, mi concede il tempo di rifiatare e ghermire lo scudo prima di un nuovo assalto furibondo dei nostri. Tali sonorità sono una novità per me, mai avevo provato un cosi grande senso di inquietudine durante l'ascolto di un disco, ma dovete credermi che “The Feral Wisdom” rappresenta un episodio unico nella mia sconfinata discografia. Come prevedevo dopo la quiete la tempesta, ed ecco scatenarsi l'inferno sulla terra con vocalizzi non di questo mondo terreno e suoni che solo il diavolo in persona può aver musicato. “Á Altari Meistarans” mi conduce direttamente tra le anime dei dannati: l'atmosfera è sulfurea, la temperatura molto calda e il ritmo molto lento e seducente, anche se in lontananza si percepisce la sofferenza di quei condannati all'eterno dolore. Chiude questo enigmatico disco “Idur Úti” altro pezzo che esordisce con un ambient criptico a cui segue una breve sfuriata black prima del conclusivo e bestiale inno al maligno. Menzione finale per lo splendido artwork dell'opera e per l'azzeccata scelta, ancora una volta, da parte della Daemon Worship Productions, di mettere nel proprio roster questi pazzi visionari. (Francesco Scarci)

(Daemon Worship Productions - 2013)
Voto: 80

https://www.facebook.com/wormlust

martedì 5 novembre 2013

The Water Witch - The Heavens in Traction

#PER CHI AMA: Black Avantgarde, Blut Aus Nord, A Forest of Stars
Ero curioso di capire che strada avesse preso Jon Cumiskey dopo la dipartita dai “suoi” Forest of Stars, band che ho adorato sin dai suoi esordi. Ebbene, la nuova reincarnazione, The Water Witch, non tradisce assolutamente le mie aspettative, muovendosi fra sonorità black e puro e sano sperimentalismo sonoro. Non avevo dubbi a tal proposito e quando ad aprire il disco “Winter's Burden” si muove, danzando tra crepuscolari atmosfere e un riffing serrato e malefico, non posso che godere come un riccio. Il buon Jon è tornato per spaccare culi come al suo solito, frastornando le nostre menti con suoni deliranti ma sempre esaltanti, in cui ad emergere oltre a taglienti linee di chitarra, vi è un maligno basso e delle vocals di grande impatto sia in formato scream che pulito. Il risultato è eccellente sotto tutti i punti di vista e la pelle d'oca che si manifesta sul mio corpo al termine della prima traccia ne è la riprova. Godo, non lo nascondo. Inizio acustico per “The Soul of the World” (inizialmente intitolata “Illuminance”) e poi scariche grondanti di cupa e scura elettricità che toccano terra seminando terrore, disperazione e paranoia. La seconda traccia è un esempio di black mid tempo in cui a mettersi in mostra è nuovamente il basso slappato e l'incredibile voce di Jon, in una song dal forte ritmo claustofobico. “Akasha Aflame” è un intermezzo noise che ci prepara alla title track, gemma di un black d'avanguardia, assai sperimentale che richiama la vecchia band del carismatico e talentuoso leader inglese e in cui mette a ferro e fuoco il nostro ascolto, ormai incredulo. Non posso far altro che osannare la bravura del combo albionico e sottolineare la prova dei nostri sotto tutti i punti di vista: compositivo, lirico e concettuale. La melodia scorre a fiumi in questo lavoro, mantenendo tuttavia intatto lo spirito maligno che permea l'intero album. “Wilderness” è un'altra perla musicale: noise, suoni tribali, ambient generano ansia, frustrazione e paura. Quando le chitarre decollano e le sirene avvinghiano la mente e l'anima, turbando il mio subconscio, capisco la grandezza di questa nuova creatura creata dal mastermind britannico. Per chi come me, ama i Blut Aus Nord, qui troverà cibo per la mente. Ipnotici, suggestivi, intercorporei (cosi come suggerito dal buon Jon), i The Water Witch sono la vera sorpresa di questo mio autunno incolore. Non abbiamo ancora finito perché in “Teeth of Oak” trovano posto anche accanto agli estremismi black, suggestioni epic folk che sanciscono la grandiosità di una band che fa della propria assurda creatività, il vero punto di forza. “Asomatous Reawakening” chiude questo strepitoso album che solo pochi mesi fa è incredibilmente riuscito a trovare una distribuzione fisica. E allora care etichette discografiche, anziché perdervi nella produzione di roba da quattro soldi, aprite occhi, cuori e menti, per dare modo di esprimere il proprrio talento sconfinato a band di valore come i nostri The Water Witch. Geniali! (Francesco Scarci)

(Akashic Records - 2012)
Voto: 85

https://www.facebook.com/AndTheMistOfTheWerra

Seelengreif - ...Zum Tode Betrubt

#PER CHI AMA: German Black Metal
La Obscure Abhorrence ci ha abituato ad uscite come queste e sembra intenzionata a farle divenire un marchio di fabbrica. Cantato in tedesco, durissimo e nevrotico, drammatico e teatrale, sofferto e ostile, una musica figlia legittima del black metal che pur mantenendo la spinta iniziale del genere originale ha influenze e suoni più accessibili. Questa musica presenta sistematicamente atmosfere claustrofobiche e non è un caso che anche questa band sia di casa in Thuringia e che si stia parlando di German Black metal, una frangia del black con caratteristiche ben definite come quelle descritte in precedenza. Il sound è aspro ma ben definito e in alcuni momenti più orientato al classic metal, comunque un ibrido, con la chitarra classica nelle parti più d'atmosfera a fare in modo che il sound risulti all'ascolto malato, pieno di odio e malsana virtù. L'interpretazione vocale non può essere catalogata tanto è la sua tetra irruenza e l'espressività che punta sempre alla disperazione più profonda. La costruzione dei brani in genere è scrupolosamente ben assemblata ma non particolarmente complessa e punta a sostenere una lugubre marcia di morte che a nostro parere funziona a meraviglia. Le parti atmosferiche e doom come l' inizio di "Blanker Hass" hanno un loro blasfemo effetto e le accelerazioni, anche se non di grande innovazione, sono ben fatte e funzionali. Le canzoni sono intense, piene di foschia, nebbia e rabbia malata, di sicuro effetto gli archi e il violino di fondo che aumentano la tristezza su tappeti ritmici lanciatissimi. Di seguito, i poco più di tre minuti del malinconico solitario arpeggio classico di "Gleich der Dunklen See" creano un ponte divino e spezzano con stile il cd. Si riparte! altro brano che emula lo stile della band con screaming lancinanti e cavalcate chitarristiche in stile 80's e ancora arpeggi e atmosfere mozzafiato, sospese e diaboliche. I Seenlengreif con questo primo e unico full lenght dal titolo '...Zum Tode Betrubt' del 2011, aprono un varco e firmano un album estremo, drammatico, devastante e originale, un album che degnamente si può definire in pompa magna German Black Metal. Un lavoro inquietante, dai suoni estremamente violenti e limpidi, così velenoso sotto tutti gli aspetti che possiamo giudicarlo imperdibile!. Un lavoro che lascia se non il segno …una profonda cicatrice! (Bob Stoner)

(Obscure Abhorrence Productions - 2011)
Voto: 75

http://www.myspace.com/seelengreifband

sabato 2 novembre 2013

Milanku - Pris à la Gorge

#PER CHI AMA: Post-metal, Isis, Cult of Luna, *Shels
Era da parecchio tempo che non ascoltavo qualcosa di veramente interessante in ambito post-metal. I canadesi Milanku mi sono venuti in aiuto e poco importa se “Pris à la Gorge” sia uscito nel 2012, io li ho scoperti ora. Si comincia timidamente con “La Chute”, song più orientata al versante post-rock del genere, per quelle sue atmosfere soffuse, i suoi frangenti acustici, le luci tenue (stile *Shels) che mi permettono di rilassarmi e mettermi a mio completo agio, prima che irrompano nel tessuto musicale, i portentosi riffs di chitarra e la violenza quasi hardcore del vocalist. Song perfetta, meriterebbe un 10 e lode. “L'inclination” apre con il sound tribale del drumming, le luci si confermano flebili, ampio spazio viene concesso alla componente strumentale. Quando entrano in scena i pesanti riffs e le arcigne vocals, i nostri mi rievocano le ultime cose dei Cult of Luna, peccato che i Milanku abbiano creato queste song un anno prima della “saga” “Vertikal”. Potrete pertanto capire il mio stupore di fronte a questo sound, considerato che sono un grande fan dei gods svedesi. I Milanku hanno già pienamente conquistato il mio fedele supporto. Ancora post-rock in apertura di “Inhibition”, il quartetto di Montreal fa decisamente sul serio, di classe ce n'è da vendere e se questo è il loro debut, i presupposti per diventare leader mondiali in questo genere, sono davvero elevati. Echi dark che si rifanno addirittura ai Cure, affiorano deliziosi nelle note di questa splendida traccia per tre quarti strumentali, prima della violenza conclusiva. Sempre più esterrefatto dalla proposta del combo del Quebec e dubbioso su quale voto finale concedere, mi lancio all'ascolto di “Antalgìe”. Il brano, abbastanza minimalista, sprigiona fiumi di malinconia dal suo incedere quasi marziale, fino alla consueta esplosione configurata dal roboante suono delle chitarre e dalle urla selvagge del suo vocalist, qui alle prese anche con vocalizzi posti in sottofondo. È il turno de “La Nausée”: l'atmosfera è cupa, compassata, è la classica quiete prima della tempesta che si appresta ad abbattersi violenta sulle nostre teste. La tensione palpabile sale progressivamente, e non preannuncia sicuramente nulla di buono, ma continua a rimanere strozzata nei loop di chitarra acustica e batteria, senza mai colpire realmente. Quasi intorpidito passo a “Dopamine”, che in realtà non mi convince appieno, un po' più piatta rispetto alle altre. Con “Hypomanie” mi aspettano 10 minuti di catarsi sonora da affrontare: avvio ambient, i richiami agli Isis non mancano, il mio cuore inizia a batter forte come i colpi inferti dal drummer. Poi una meravigliosa struggente melodia avvinghia i miei sensi, penetrando nelle mie orecchie, cortocircuitando le mie sinapsi e innescando profonde scariche elettriche che raggiungono tutti i rami più periferici del mio corpo. Eccolo l'apice emozionale di questo disco racchiuso in questa stupefacente song. “Antigone” è l'epilogo del disco a cui non presto neppure tanta attenzione in quanto dentro di me risuona ancora l'eco imperturbabile della penultima traccia, che pone i Milanku in cima alle mie preferenze di questo finire di 2013. (Francesco Scarci)


(Tokio Jupiter - 2013)
Voto: 85

https://www.facebook.com/milankuband

Waning - Feeding of Fragments

#FOR FANS OF: Melodic Black metal, Dissection, Abyssos
Sweden's Waning have released their "Feeding of Fragments" EP earlier this year in September. This coming after 2 full-length releases, 2008's "Population Control" and 2012's "The Human Condition". The four song EP is a precursor to the upcoming, yet to be titled third full-length due at the end of 2013 or early 2014. Waning play a type of melodic black metal reminiscent to that of Dissection and Abyssos. Although, not as melodic as the aforementioned bands, the similarities can be drawn. Where it differs is in the over all cold and desperate feeling. "Feeding of Fragments" opens with the blazing "When Spawned". Fast paced and very melodic from the start, it hits it's peak between 1:34 to 2:20 when the melody varies and the vocals go from high pitched screams to a gurgling death metal style approach. The best track on the EP is "Not Among Them". This song shows the full potential of the band. A slower to mid-paced tune that displays that cold and desperate feeling I mentioned earlier. There is also the varied vocal approach here as Robert Arntsen moves from his common high pitched shrieks to a lower, not quite death metal growl (think Gorgoroth). As the song moves along it picks up momentum as it crescendos into fury of sick and twisted faster riffs. This track is also the longest of the four. That makes me think they knew they had something a little more special here. "With a Back of Sorrows Bent" is pretty standard issue and quite boring. The final track "Faceless in Line" which starts out with a nice little dissonant riff, meanders off into just ordinary black metal. I had high hopes for this when it started but it left me feeling like they just gave up on the song. Waning's strengths are guitarists Anders and Andreas. They compliment each other well and play some of the coldest and bleakest riffs that the genre has to offer. In genre where cold and bleak are staples, they succeed and exceeded my expectations. Their melodies keep this EP listenable throughout. The weakness of this band are the vocals. At times Robert Arntsen shows that he has the ability to do great things, however he seems to get stuck in the all too ordinary high pitch shrieks that take away from the music. Over all "Feeding of Fragments" isn't bad, but it does fall short of greatness and there is nothing here that's groundbreaking. If you enjoy melodic black metal with a slight, and I mean slight hint of post black metal, then this worth checking out. I hope that on the upcoming full length they write more songs like "Not Among Them" which is easily the stand out here and shows that these guys have the ability to craft original and memorable songs. (Brian Grebenz)

venerdì 1 novembre 2013

The Pit Tips

Filippo Zanotti

Maeth – Oceans into Ashes
Endorphinia – Follow the White Rabbit
In Lingua Mortua – Salon Des Refuses
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Francesco “Franz” Scarci

Milanku - Pris à la Gorge
Blindead - Absence
Anathema - Universal
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Roberto Alba

Oranssi Pazuzu - Valonielu
Necrophobic - Womb Of Lilithu
Inquisition - Obscure Verses For The Multiverse
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Alessio Skogen Algiz

Throne of Agaz - Nifelheim
Tymah - Transylvanian Dreams
Forest of Souls - Contes et Légendes d'Efeandayl
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Michele “Mik” Montanari

Pearl Jam - Lightning Bolt
Orchid - Heretic
Black Mountain - Year Zero
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Mauro Catena

Pearl Jam - Lightning Bolt
Fine Before You Came - Come Fare a Non Tornare
Anders Parker - Songs in a Northern Key
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Kent

Dismember - Like an Everflowing Stream
Tons/Lento - Split 12'
Harakiri For The Sky - Harakiri For The Sky
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Brian Grebenz

Blood Ceremony - The Eldritch Dark
Steven Wilson - The Raven that Refused to Sing (And Other Stories)
King Diamond - Them
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Claudio Catena

Motorhead - Aftershock
Monster Magnet - Lost Patrol
Carcass - Surgical Steel

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Bob Stoner

Grimfaith - Preacher Creature
Monster Magnet - Last Patrol
Tengger Calvary - The expedition

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Maeth - Oceans into Ashes

#PER CHI AMA:  Post/Stoner/Sludge, Cult of Luna, Isis, Pelican
Entusiasmo, punto. Non serve spendere altre parole per questa band del Minnesota. Bastano le note marine della spendida intro "Prayer", quindi l’attacco e la disarmante melodia di "The Sea in the Winter" a fare da ponte verso la monumentale "Nomad" (forse il miglior capitolo dell’abum)... cosa posso dirvi: tutto è perfettamente incastrato, armonico, dinamico, un macchinario dall’anima morbida e suadente, ma vivace allo stesso tempo, pronto ad inghiottirvi in un sol boccone, e siamo solo al terzo brano! Credetemi, una volta entrati nel mondo dei Maeth non se ne esce più, così come il loro disco che sta compiendo innumerevoli giri nel mio autoradio è destinato a rimanervi ancora per molto, perché ad ogni ascolto emerge qualcosa di nuovo, non notato in precedenza, mentre la sensazione di estasi aumenta nota dopo nota, riff dopo riff. Intendiamoci, i padroni di casa non hanno inventato nulla di nuovo, ma sono riusciti a fare quello che molti altri non hanno potuto o voluto, vale a dire trovare la perfetta quadratura del cerchio, rimodellando e plasmando la grandissima lezione lasciata da Isis, Cult of Luna, Pelican (data l’attitudine alle composizioni per lo più strumentali, dove la voce compie rare ma azzeccatissime incursioni, sia sporche che di grande coralità come nell’attacco di "Eulogy") e regalandoci qualcosa che suona terribilmente post, ma con tutta l’accezione positiva del termine: forse oserò troppo, ma mi piace pensare che i Maeth ci stiano regalando tutto quello che avremmo voluto sentire dai gruppi succitati e che per svariati motivi non sia mai uscito dai loro strumenti, qui evoluto e portato sino alle più alte sfere del sublime sonoro, con sprazzi di psichedelia arricchita da momenti ambient e tribali, popolati da tamburi e flauti notturni, a dare il personale tocco che rappresenta ormai un vero e proprio marchio di fabbrica (basti dare un ascolto all’altrettanto valido e magnetico EP d’esordio "Horse Funeral", altro must have). Insomma, resta solo da chiedersi cosa ci daranno in pasto in futuro, perché esordire col botto a volte può rivelarsi una lama a doppio taglio, ma in tutta onestà sono convinto che, quando si trasuda qualità e talento a tali dosi, la percentuale di insuccesso si attesti su valori molto bassi. Per intanto godiamoci questo capolavoro. Bravissimi! (Filippo Zanotti)

The Canyon Observer - Chapter II: These Binds Will Set You Free

#PER CHI AMA: Funeral Doom, Sludge, Post Metal
Ecco l'album perfetto d'ascoltare la notte di Halloween. Che maestosa sensazione infilarsi le cuffie, spegnere la luce e ignorare quei bambinetti che suonano alla porta con il loro fastidioso ritornello “dolcetto o scherzetto?”. Meglio abbandonarsi alle tenebre sonore generate dal sound degli sloveni The Canyon Observer. Funeral, sludge e doom ovviamente a deliziare le mie orecchie, il tutto spruzzato di venature post. “Part I: As We Surrender to Lust” è un delirante viaggio nella notte: atmosfere rarefatte, chitarroni ultra ribassati e lenti su cui poggiano le acidissime e corrosive vocals del cantante. Con “Part II: And the Pleasures of Pain”, sprofondiamo negli abissi: da brividi l'atmosferico incipit, un po' stile Neurosis ma con maggiori influssi funeral, dovute ad un ritmo che stenta a decollare e che rende l'ascolto particolarmente asfissiante. Poi un bel giro di chitarra/basso, corredato da vocals malefiche, spezzano il loop malsano che lentamente mi stava prendendo la testa e ricama misantropiche melodie. Con “Part III: We Can Descend Into the Unknown” i nostri non si perdono tanto in chiacchiere: il ritmo è più spedito, uno squarcio di luce inizia ad emergere nelle note, e il post metal/sludge assume una maggior preponderanza sui suoni funeral iniziali. Le vocals oscillano tra il growling profondo, le urla disumane e il clean, mentre uno splendido break centrale dalle tinte post rock, assume il comando delle operazioni da qui alla fine del pezzo, cullandomi con i suoi delicati suoni. “Part IV: And Drift Away” chiude paurosamente la mezz'ora di ottima musica messa in scena dai nostri nuovi amici sloveni, con una song dal forte feeling malinconico. Ottima scoperta questi The Canyon Observer, da tenere assolutamente monitorati in futuro. (Francesco Scarci)