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sabato 25 giugno 2022

Klymt - Murder on the Beach

#PER CHI AMA: Coldwave/Post Punk
Ho provato quasi un brivido di freddo quando ho fatto partire questo lavoro dei francesi Klymt. Quello incluso in 'Murder on the Beach' è infatti un asettico concentrato di coldwave che vi raggelerà il sangue nelle vene già con le sintetiche sonorità d'apertura di "Analogue Bastard", dove confluiscono turbinii industrial che ammiccano ai Nine Inch Nails. Ecco, in linea di massima su quali coordinate si muovono i nostri, che con la successiva "Blind Fish" si affidano a sonorità ancor più artificiali, ove elettronica ed EBM si prendono per mano e saturano tutta la scena. Ben più diversa invece "Mood", tra post punk e darkwave, in un compendio musicale ben più semplice da fissarsi nella testa, grazie a sonorità qui più dirette e melodiche. "Blue Song" è decisamente più cupa e marziale nel suo incedere. La voce del cantante è ben calibrata nella sua sofferenza con il contesto musicale, sebbene ogni tanto sembri fare il verso a Matthew Bellamy dei Muse e qui mi piace un po' meno. Ma la musica è sempre piuttosto convincente anche nella più delirante ed incalzante "Stay at the Bottom", furiosa nel suo martellante beat. In chiusura, l'inquietante ed enigmatica title track, dove le vocals dei due cantanti finiscono per essere sorrette da una matrice sonora fredda come quel brivido provato all'inizio del mio viaggio. (Francesco Scarci)

(Atypeek Music/KdB Records/Anesthetize Prod./Araki Records/Postghost Recordings - 2022)
Voto: 74

https://klymt.bandcamp.com/

High Castle Teleorkestra - The Egg That Never Opened

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali, Mr. Bungle
Vi sentite pronti per vivere un'esperienza folle? Lo siete davvero ad aprire quell'uovo che non è mai stato aperto? Perchè quando farete partire questo folle disco, non potrete più fare marcia indietro. Il sestetto internazionale degli High Castle Teleorkestra (in realtà la band include uno smisurato numero di comparse) vi porterà con questo 'The Egg That Never Opened', attraverso differenti palcoscenici, dal mondo dello swing ai suoni balcanici, passando in rassegna le colonne sonore dei film anni '50, '60, il jazz, l'avantgarde e infine anche il metal. Proprio da qui parte infatti la title track e da riffoni piuttosto pesanti che evolveranno/degenereranno nel giro di pochi secondi, in un fiume musicale da farvi impallidire, che potrà evocare inequivocabilmente la follia dei Mr. Bungle (sarà merito del fatto che nella band è presente anche il sassofonista Bär McKinnon dei Mr. Bungle stessi?) e ogni altro progetto firmato Mike Patton, con un melting pot esagerato di generi. Quelle tipiche sonorità romantiche della capitale francese, con tanto di fisarmonica, aprono invece "Ich Bin's", ma attenzione perchè in sottofondo si nascondo minacciosi chitarroni che continueranno a masturbarci le menti con il loro pesantissimo incedere. Spettacolare "The Aramchek Accusation", una song intanto finalmente cantata, ma che nasconde al suo interno, un'altra scala cromatica davvero assurda che ci condurrà attraverso turbolenti scenari fino alla più tranquilla e malinconica "Valisystem A", dove il tributo a Ennio Morricone sembra ancor più evidente ma che va a miscelarsi con surf pop e jazz. Quello che questi pazzi furiosi hanno fatto (ricordo che oltre a membri di Mr. Bungle, ci sono anche musicisti provenienti da Estradasphere, Farmers Market, Doc Booger e Probosci) ha alla fine del prodigioso, del suggestivo, sicuramente del delirante, frutto comunque di una competenza musicale senza confini, che aspetta solamente la vostra voglia di evadere dagli schemi e sperimentare senza paura alcuna. Il mio pezzo preferito? Senza ombra di dubbio, "At Last He Will", ove convergono sonorità metal e cinematiche, mentre una menzione d'onore spetta alla conclusiva "Mutual Hazard" e quelle sue sonorità a cavallo tra metal ed echi balcanici. Le tracce più difficili da affrontare perchè eccessivamente sperimentali? La melliflua "The Days of Blue Jeans Were Gone" e la lunga e troppo cantata "Diagnosing Johnny". Ultima segnalazione: la versione deluxe include 43 bonus track, fate vobis! (Francesco Scarci)

venerdì 24 giugno 2022

Varathron / Ungod - Apocalyptic Mysticism - split 7" EP

#PER CHI AMA: Black Old School
Due band che a modo loro hanno fatto la storia del black, s'incontrano sullo stesso EP. Sto parlando dei greci Varathron e dei tedeschi Ungod. Un 7" questo 'Apocalyptic Mysticism', targato Iron Bonehead Records, un'etichetta da sempre attenta a questo genere di sonorità underground. E ancora underground è lo spirito intatto dei Varathron, una band che segnava i primi passi a fine anni '80 e ora si diletta con questa canzoncina, "The Mystic Papyrous"che mantiene intatto lo spirito ellenico heavy black thrash di quegli anni anche perchè la song sembrerebbe essere stata concepita nel 1993. Ancora più marcescenti gli Ungod e la loro "Sinister Forms of Fallen Stars", un brano che sembra provenire direttamente dagli inferi, richiamando gli esordi ferali dei Bathory, con tanto di chitarre low-fi, produzione scarnissima, ritmiche tiratissime, quanto le screaming vocals del frontman per un lavoro consigliato ai soli aficionados di black old school. (Francesco Scarci)

Glenn Hughes - Resonate

#PER CHI AMA: Hard Rock
Appartenenza e mistificazione. Appartenenza. Il perentorio riff heavy di "Heavy" in apertura di album indubitabilmente identificativo di un chitarrismo blackmoriano (con echi che si rifanno a "Sixteenth Century Greensleeves"), contrapposto al funkytarrismo iperliquido di "Landmines", più o meno collocabile dalle parti dei Living Colour più bidonari (vedi il fottutissimo Invisible Tour inverno 2016). Mistificazione. Il riff paleo-stoner di derivazione ovviamente sabbath/iana che dilania "Flow", magari contrapposto al deliquio iperhammondiano di "Steady" (il polidattiliaco in questione è un certo Lachy Doley), al cui confronto Jon Lord vi sembrerà un cicisbeo imbellettato alla corte di Luigi XV. Appartenenza: la (eccessivamente) autocompiaciuta ambivalenza funky vs. rock vi consentirà oltretutto di reinterpretare la (comunque pessima) copertina. Mistificazione: se appartenete alla schiera di coloro che condividono il pensiero di Sergio Leone su Clint Eastwood, allora divertitevi a suddividere le canzoni di questo album in con-hammond e senza-hammond. L'andamento pop saltellante di brani come "My Town" e "Stumble and Go" testimoniano la occulta presenza di Chad Smith (Red Hot Chili Peppers) a pestare sui tamburi, ancorché in tracce differenti. Ascoltate questo album domandandovi per quale ragione la traccia più interessante, "Nothing's the Same" è solo sulla deluxe. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2016)
Voto:70

https://www.glennhughes.com/

Árstíðir - Tvíeind

#PER CHI AMA: Electro/Indie
Arrivano con la medesima ineluttabilità del tuono che segue il lampo, o del sorrisino che segue la scorreggia: prima i bagliori di visibilità internazionale e poi le roboanti collaborazioni, nello specifico con artisti della nuova electrowave islandese (Ruxpin e Kippi Kanínus) e russa (Iamthenorning, Veell). E, infine, l'inevitabile raccolta di reingegnerizzazioni musicali. Accade così che l'immaterialismo celtico di "Ljóð í Sand" trasmuti in un ipercinetico quasi-jungle mix con ampie aperture space-age, una sciamannanza da inizio '00, se ci pensate, o che "Lost in You" acquisisca certa iperdrammaturgia stile Anathema per pop-morbidirsi successivamente nella seconda parte, o ancora che "Days and Night" venga permeata da quell'elettronica glaciale da ?syntax-error che ricordavate nei primi dischi dei Sigur Rós, o infine che "Á Meðan Jörðin Sefur" (reinterpretata da una anodinica vocina femminile) e "Shades" acquisiscano, seppure in modi assolutamente differenti, certe sinestetiche sensazioni metereologiche poi ampiamente esplorate nel successivo 'Hvel'. Accade, sì. E non ci puoi fare niente. (Alberto Calorosi)

Obituary - S/t

#FOR FANS OF: Death Metal
This is a solid album, not monumental like 'Cause of Death', but still a great effort by these Floridian based death metal veterans. I can say that they're still making good music! The songs are a little bit more up tempo than a lot of their older releases. A lot of energy here, and deathly vocals by John Tardy. I don't know, I liked them with James Murphy on lead guitar but that was just for maybe one album (COD). Their new members are still kicking ass in the lead department though. And the riffs are heavy and thick. Good stuff! Songs are a little bit longer than the usual Obituary but still killing it!

I liked the production quality on here. It's well mixed as well. Tardy's vocals just spew out utter hatred. The riffs are a little groove-laden, but cool. I like the songs on here and the approach. Really good songwriting style on here. And they seem to never lose the intensity or vibe to the songs. It's totally them on here unlike I felt 'Inked In Blood' was a little shallow. Here the production has it more solid than that release I mentioned. Not every song on here is fast but still quality. I liked the whole album all the way through they kick serious butt. The riffs are catchy and heavy as all hell! Death is now!

As I talked about the production and the quality it has than with previous releases, it really did the band good. All the tracks on here are sickly. Behind the set Donald does a good job as well. Both of the Tardy brothers sure as hell rip it up on here. Cannot mistake the Tardy voice though it's one of a kind! I like the song structures how they make way towards total noise annihilation. There isn't a song on here that I disliked. They all were good. A lot of double bass by Donald right alongside that tremolo picking in the guitar department. These Florida veterans are still making good music!

Check this album out on YouTube or just buy the physical CD. The album is worth buying. You get a better sound (to me) on CD. But to each their own. If this review hasn't convinced you to contribute to metal and to the band, then I didn't do my job on here. I'm not sure if this is available to Spotify users but Bandcamp they should be on. Support this band! Their death metal is right on and 30 years in making albums this one is a step up from some mediocre ones. (Death8699)


(Relapse Records - 2017)
Score: 73

https://www.obituary.cc/

Il Wedding Kollektiv & Female Friends Play Soup

#PER CHI AMA: Elettronica/Alternative
Devo ammettere che i remix in genere non mi hanno mai appassionato. Ricordo brani di The Cure e Killing Joke stravolti al punto tale che mi era difficile trovarne un senso, anche se, e ne sono sicuro, una spiegazione artistica ci deve essere, sempre e comunque, in queste strane operazioni di restyling. Ecco spiegata in breve la mia allergia per i remix su vasta scala. Qui però parliamo del progetto di Alessandro Denni, che poco più di un anno fa, usciva a nome de Il Wedding Kollektiv, e rilasciava un'ottima opera prima dal titolo 'Brodo', che abbiamo recensito a pieni voti e abbiamo apprezzato parecchio. Oggi l'artista italico torna con un moniker più lungo, ll Wedding Kollektiv & Female Friends, insieme ad una schiera di ospiti (Eva Geist, Munsha, Francesco Galdieri, Sadi & Sam Barreto Cardoso Bertoldi, Foria) che marchiano a fuoco i brani dell'album con un tocco più elettronico, con tendenze alla musica da club, cambiando le coordinate delle canzoni in maniera anche molto aggressiva. A mio avviso, questo toglie quel sentore di IDM totalmente libera e originale che il disco portava intrinseco tra le sue note. Comunque, l'aumento ritmico è centrato, funzionale, gli innesti elettronici si fanno più pesanti e pulsano a dovere, la voce si frantuma e si ricompone ma l'intima aura di elettronica, avanguardia, no wave e pop cantato in italiano, era meglio percepita nel disco d'origine. Ascoltate la differenza emotiva tra le due versioni di "A Proposito del tuo Candore", e avrete chiaro il taglio stilistico differente, che nel nuovo disco prende una piega sommariamente più orecchiabile e commerciale, che non è male di per sé, ma che non eguaglia il suo predecessore. D'altra parte una voce splendida come quella di Tiziana Lo Conte, la si può ascoltare per ore in qualsiasi contesto senza smettere mai di amare il suo modo di cantare e la sua teatralità. Tornando al nuovo disco, bella la riedizione de "L'Astronomo (super bass remix)" con quelle frasi estrapolate ad effetto e usate in un contesto più claustrofobico, ed anche "Ciò che Resta del Fuoco", che non perde l'atmosfera creata dalle parole di un testo molto suggestivo. In generale, Soup, resta un gran bel album, da apprezzare a sè stante, staccato dalle tracce originali. Tutto è più duro, i suoni, gli accenni alla new wave più accattivante e pop degli 80's, le voci trattate e distorte sono un buon frullato di musiche moderne, pulsanti e ossessive. Il brano che mi ha veramente colpito? L'inedita "Piccola Suite per Lavare i Pavimenti", è splendida nel suo impasto di generi, tra dark wave/etnica e accenni jazz, una vera e propria perla oserei dire, ed anche se sposto ancora una volta il mio gusto personale verso il suo predecessore, devo ammettere che il Il Wedding Kollective, in questi due anni di vita, ha generato musica di altissima qualità e carica di originalità, dischi di musica intelligente che dovrebbero fare la differenza nel disastrato mondo sonoro in cui viviamo. (Bob Stoner)

lunedì 20 giugno 2022

Ninhursag - Rite Of Initiating Blessing Part II

#PER CHI AMA: Black/Death
Non è cosi prolifica la scena croata, ed imbattersi in una realtà proveniente dai Balcani che tratta di antico Egitto e tavole sumere, potrebbe anche rivelarsi un'esperienza musicale significativa. La creatura di oggi si chiama Ninhursag (dal nome di una divinità sumera) e si tratta di una one man band guidata da Enshag che con 'Rite of Initiating Blessing Part II', propone il secondo capitolo di un lavoro iniziato nel 2020. Due soli i brani a disposizione però parecchio lunghi, che si aprono con le sinistre melodie di "Words Spoken by Him Whose Names Are Hidden", una traccia che esploderà in vorticose ritmiche black tra blast beat furenti, partiture sghembe e acidissime screaming vocals. In questo marasma sonoro non mancano nemmeno le melodie, non proprio evidentissime, ma comunque un filo conduttore in sottofondo si sente ed è apprezzabile. Certo, se non avessi letto l'origine del mastermind di quest'oggi, avrei pensato ad un che di transalpino per queste similitudini con gente del calibro di Deathspell Omega. La song non concede troppa tregua con quel suo assalto incalzante e brutale, che si conferma anche nella successiva "The Hymn of the Fifty Names of Marduk", altri nove minuti e mezzo di ipnotiche sonorità black che trovano pace in sporadici rallentamenti dal piglio tribale. Mi piace l'approccio musicale del polistrumentista croato che, pur non inventando nulla di originale, ha per lo meno il coraggio di mettersi in gioco con sonorità frenetiche interrotte solo da un brevissimo ed inquietante break, prima di una nuova feroce ripartenza che vedrà comunque il suono ondeggiare tra ulteriori sfuriate black e rallentamenti occulti, come quelli che chiudono il brano. Insomma, un buon lavoro, ma ho aspettative ben più alte dal futuro dei Ninhursag. (Francesco Scarci)