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sabato 3 ottobre 2020

One Man Army and the Undead Quartet - 21st Century Killing Machine

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Swedish Death, The Crown
Questo è un masterpiece di bastard heavy metal. Gli One Man Army & Co. sono una band, proveniente dalla Svezia, formatasi nel 2004 per mano del frontman dei riformatisi The Crown, Johan Lindstrand, che trovò la strada per il debutto attraverso la Nuclear Blast. Le dieci tracce (in realtà suddivise in 99 frammenti) che costituiscono '21st Century Killing Machine' sono un bel concentrato di violenza e melodia fuse insieme che ci consegnano una band che riprende il sound dei The Crown e lo coniuga con il fare sporco tipico degli ultimi Entombed, aggiungendo anche un pizzico di personalità ed originalità. D’altro canto, gli artisti che suonano in questo act scandinavo non sono proprio degli sprovveduti (Runemagick, Grief of Emerald) e gli ottimi riff, l’ineccepibile perizia tecnica, le graffianti vocals e la roboante ritmica non fanno altro che confermare le ottime qualità del quartetto di Trollhättan. Gli One Man Army non inventano nulla di nuovo, però quello che hanno composto, ha uno stile chiaro e ben definito: questa è musica grintosa, con le palle, con ottimi assoli, a cura di Mikael Lagerblad. I cambi di tempo, le atmosfere malsane e diaboliche, cosi come le melodie qui presenti, riecheggiano un certo death metal scandinavo dei primi anni ’90. '21st Century Killing Machine' è un 47 minuti di mosh frenetico che lasciano annichiliti e senza fiato. (Francesco Scarci)
 

Mystras - Castles Conquered and Reclaimed

#FOR FANS OF: Medieval Black
Two thousand twenty is being undoubtedly a brilliant year for the Greek metal scene, particularly in the black field, with excellent albums coming one after another. Sometimes these new works are opuses from veteran bands and other times they represent the first work of novel bands. In any case, quality and a good taste for melodies are always present, regardless of the degree of heaviness or rawness that each project delivers. Speaking about new projects, the Greek solo project Mystras has recently released its debut album. This project was founded only one year ago by Ayloss, a talented musician behind other interesting projects like Divine Element and especially Spectral Lore, a great atmospheric black metal band which I firmly recommend. Taking into account the previous projects, it is pretty clear that Ayloss has a huge number of ideas to develop in different directions. Mystras may have inherited some influences from other projects like the aforementioned Spectral Lore, its folkish melodies, or aggressiveness but focused on a totally new and different direction.

‘Castles Conquered and Reclaimed’ is the Mystras debut album and it supposes a tremendously personal and particular fusion of pure black metal aggression with a strong medieval vibe. The interesting aspects of this impressive debut are not only found in the music, but also in its conceptual side. In fact, the lyrics are based on the medieval times but this time they take from the oblivion of common folk instead of the traditionally arrogant and powerful kings and nobles. The album consistes of nine different tracks, being divided into the black metal ones and some folk interludes which bring to us the medieval traditional music and therefore, reinforcing the medieval atmosphere included. Although this is a solo project, Ayloss was helped by other talented musicians to provide an undoubtedly beautiful representation of Ars Nova repertoire. I sincerely think that this was a wise choice as the musician shows that he wants to achieve the best possible result for the album. Even though these tracks are really nice and enjoyable, I would focus on the metal tracks to make a final and fair evaluation of this debut. ‘Castles Conquered and Reclaimed’ has a truly raw production, which may alienate fans of metal who prefer a cleaner production, but it will rejoice those who consider that black metal achieves a greater result when the production is filthy because it creates a more unique and stronger atmosphere. Nevertheless, this raw production never surpasses a limit where guitars could be unintelligible. Fortunately, composition-wise this album has certain strong points that can still be enjoyed, through the crude sound. Five are the compositions inside the realms of black metal. All of them are highly enjoyable and with a truly epic atmosphere. The songs are usually fast, though sometimes they slow the pace in order to add some variety. The guitars are powerful presenting a distorted sound, though some great melodies are introduced, making the songs more interesting. Vocals are also a strong point here, with the expected high-pitched screams, accompanied in several songs by epic choirs, so impressively solemn that reinforce the sense of epicity and majesty. In the background, we find some key arrangements which play ai important role in increasing the stateliness of these compositions. The album opening track is a nice example of this mix of influences and resources. The guitars are rude but also melodic, showing a remarkably interesting sound, that even being brutal in its execution has a great room for melody and atmosphere. Subsequent tracks like "The Murder of Wat Tyler" and "Storm the Walls of Mystras" raise the bar of majesty with a long duration, and where melodic influences, a strong epic atmosphere and relentless fury are wisely fused. The medieval vibe is obviously present in all the tracks, though I must highlight songs like "The Zealots of Thessaloniki" and the aforementioned "The Murder of Wat Tyler" as fine examples of this influence. The previously mentioned folk and ambient songs serve as a bridge between the stormy track and reinforce this sense of a mystical journey through medieval realms.

‘Castles Conquered and Reclaimed’ is indeed an impressive debut that any fan of black metal should check out and enjoy. Fury, melody and atmosphere are the quintessential elements of the black metal genre and this album contains a great dose of all of them. (Alain González Artola)


Haneke Twins - Astronaut

#PER CHI AMA: Post Punk/New Wave
Purtroppo devo ammettere che il nuovo album degli svizzeri Haneke Twins ha una marcia in meno rispetto all'album di debutto. Non che questo 'Astronaut' sia brutto, ma presenta delle soluzioni chitarristiche che mi lasciano perplesso. Capisco la volontà di evolvere ma quando si ha nel background della band un trademark di fabbrica così marcato, quello del post punk, difficilmente si riesce ad uscirne senza danni e il loro sforzo di rendere più accessibile la musica, spostandosi verso un post punk più moderno e commerciale, di stampo Interpol, lascia alla fine un po' di amaro in bocca. La bella voce tenebrosa, con familiarità spinte verso il Peter Murphy più nero, risulta essere poco supportata da un chitarrismo troppo melodico e poco pungente. Togliere poi la classica fredda distorsione alla Joy Division alle chitarre, ha ridimensionato la forza emotiva dei brani che altrimenti sarebbero stati esaltanti, poiché costruiti ad arte, con sapienza oscura e molta cura. L'album è interessante, le canzoni viaggiano veloci, la sezione ritmica è pulsante ma manca quel mordente nelle chitarre, quel lato perverso e dark che nel debutto era stato un punto di forza, dando quella ruvidezza giusta e quel tocco sofferto in più alla musica. "Stuck in a Loop" ne è un esempio emblematico. Ritmica incalzante alla Bauhaus con sopra una deludente chitarra morbida che schiaccia tutte le aspettative, non nella tecnica, non nell'esecuzione ma nell'aggressività, in quel lato nervoso e perverso che assale l'ascoltatore nei mitologici brani del leggendario culto del post punk anni '80. La band, che nell'album precedente in un solo minuto e 47 aveva coverizzato in maniera gotica e spettacolare niente poco di meno che "The End" dei The Doors, ha tutto quello che occorre in questi termini, l'attitudine e lo stile per reinterpretarne le gesta migliori e più ardite, ma in più di un caso abbassa la guardia verso un suono troppo morbido, lasciando per strada e in solitudine, una magistrale interpretazione vocale. In questi veloci brani che compongono la ventina di minuti di questo nuovo lavoro, possiamo provare proprio questo sapore amaro di incompiuto gioiellino new wave che poteva essere per i nostalgici del genere un toccasana. La band sa il fatto suo in questo ambito musicale e speriamo in un ritorno totale alle sonorità più abrasive in un prossimo futuro. Rimarcando il fatto che 'Astronaut' sia comunque un buon album e che solo i cultori incalliti del post punk della vecchia guardia possano sentirsi un po' traditi, dico anche che gli Interpol non si possono accostare a band come Bauhaus o Joy Division per semplice differenza di spessore artistico ed emotivo. Gli Haneke Twins rimangono intanto una band dal grosso potenziale artistico, da non perdere comunque di vista. (Bob Stoner)

mercoledì 30 settembre 2020

Svenia - Black Hearts

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic Metal, Sentenced
La Gothic Slam da sempre è focalizzata su prodotti inevitabilmente gothic. Li abbiamo ripresi da poco con i My Craving, li ripeschiamo con un altro vecchio lavoro, questa volta degli Svenia, altra presunta “new sensation” di gothic metal appunto, uscita nel 2005. La cosa che unisce essenzialmente le due band, oltre al genere musicale proposto, è la pessima performance dei rispettivi vocalist. Per quanto riguarda gli Svenia, trovo per lo meno un po’ più personale la loro proposta con un sound che parte si da basi gotico-romanticheggianti, ma le arricchisce di influenze che derivano dalla musica italiana anni ’70. Sembra quasi sentire un darkeggiante Bobby Solo unito a certe canzoni di cartoni animati (in particolare Daitarn III), il tutto miscelato al gothic sound finnico dei maestri del genere. Difficile rendere bene l’idea di quanto ascoltato, però vi garantisco che vi basti ascoltare l’opener "Burial in Autumn" e la terza "In the Shadow of Death in the Shadow of Love " per capire bene di cosa vi stia parlando. Gli Svenia danno così alla luce 'Black Hearts', album di debutto (rimasto tale), costituito da 10 brani i cui i testi pongono l'attenzione sugli eterni dilemmi dell'amore e della morte. La proposta di questi ragazzi non è malvagia sebbene ci siano una serie d’imperfezioni che in fase di costruzione delle song ma, soprattutto in fase di registrazione e produzione, si rivelano alquanto scadenti anche in questo caso. Auspicavo a suo tempo che la band si scrollasse quanto prima di dosso, l’ombra assai fastidiosa delle varie influenze che ne ispirano il sound, cercando di percorrere, con convinzione e duro lavoro, la propria strada. Tuttavia da 15 anni il silenzio regna sovrano, sebbene la compagine romana risulti ancora a tutti gli effetti attiva. (Francesco Scarci)
 
(Gothic Slam Records - 2005)
Voto: 62

lunedì 28 settembre 2020

Entrails - Rise of the Reaper

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Swedish Death Metal, early Entombed
I do not see why this release got such poor feedback! To me, it's at least a "B" rating. The Swedish sound is definitely there. I like the music, the riffs are well put together. Not as good as previous releases, but it is still good these guys are making music. I'd say that their previous albums are better, but this one is still good. And the vocals are quality. A well put-together and constructed album. I don't think that they really need to change much on here, maybe a little bit less on some synthesizers, though it is here in just a modicum of play on here. The tempos aren't extremely fast, but definitely good riffs here and there.

The main guitars are killer, not too many leads but some. That doesn't take away from the fact that the band is still solid. It's not a boring album, this release is filled with some good music. I'd say it's a good follow-up, but not the strongest that it could be. If they used less lead and focused more on the main guitars, I think it'd be stronger. But it is still balls out with precision. Most of the tracks on here I could tolerate, just not so much at the end. But as a whole album, it's totally a "B" rating. It just lacks the intensity like on older albums. But there are blast beasts just the intensity isn't as full throttle like previous albums.

Swedish death metal bands are all unique to me in the fact that the pedal they use to get the proper sound is rather unique. On here, it is used in a lesser degree. It is still there, the sound but not as apparent. You can tell they are Swedish based but I just would like to make the distinction that they're changing it up a little bit. All the songs on here are worthy of praise, just not towards the end (as explained). Just the fury isn't so much here, it's a milder album. But they're still death metal oriented and they didn't changed their style like Entombed did. That band, now 'Entombed AD' totally changed and it's disgusting.

I found this album at a local record store and thought it'd be good to show support for the band especially since I collect CD's. And own a CD player not like a lot of my friends. I would say to buy the physical copy, but pretty much all metalheads are doing the digitally based gig. If you have a CD player, buy this show that you're still supporting the scene or if you don't want the CD, Bandcamp I'm sure has digital downloads if you'd like to hear this album. It's a good release, I cannot stress that enough! It's not their greatest album, but it's still worth getting. Don't listen to the naysayers about this one, it's quality! (Death8699)


(Metal Blade - 2019)
Score: 76

https://entrails666.bandcamp.com/

Requiem - Government Denies Knowledge

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Grind, Malevolent Creation
Mi mancava un album capace di trapanarmi le orecchie come questo dei Requiem. Dalla terra del cioccolato approdano ecco approdare alla tedesca Massacre Rec. questi baldi giovani al loro secondo lavoro, 'Government Denies Knowledge', titolo che credo, derivi da una frase del famoso agente dell’FBI, Fox Mulder di X-Files. Direi di partire, partendo dalla bellissima e funesta copertina del cd, la fine del mondo?! Per ciò che concerne la musica, siamo al cospetto di 35 minuti di furia esplosiva di chiara matrice statunitense. E dire che se non avessi letto la provenienza della band (la Svizzera appunto), avrei scommesso 100€ che il quartetto provenisse dagli States. Comunque sia, i Requiem ci mitragliano addosso tutta la loro rabbia: colate di riff violentissimi, gorgheggi dall’oltretomba, una brutale e veloce batteria, rarissimi inserti melodici e chi più ne ha più ne metta. Le influenze sono assai palesi, con i Malevolent Creation in testa, ma in generale, è tutto il death “made in USA” ad influenzare quest’album, che certamente non potrà non piacere agli amanti del death tritura budelle, mentre agli amanti di sonorità più alternative od originali, suggerisco di astenersi dall’ascolto di questo lavoro. C’è ben poco da segnalare di questo lavoro, data la pochezza e la scarsa originalità delle idee messe in musica. Un’ultima raccomandazione: questi Requiem sono quelli svizzeri e suonano death, da non confondere con le band omonime colombiana e finlandese! (Francesco Scarci)
 

domenica 27 settembre 2020

Solkyri - Mount Pleasant

#PER CHI AMA: Post Rock/Math
Quando si parla di Bird's Robe Records è inevitabile pensare immediatamente a qualche realtà australiana dedita ad una qualsiasi forma di post strumentale. Non mi sbaglio quando infilo il cd dei Solkyri nello stereo e mi ritrovo una band originaria di Sydney (ma questo l'avevo già letto nel flyer informativo) che propone appunto un post qualcosa senza avere un vocalist. Questo è quanto lascia trasparire la song in apertura di 'Mount Pleasant': "Holding Pattern" è infatti una miscela irrequieta di post e math rock, che lascia spazio a ritmiche sghembe nella prima parte e si concentra in suoni più intimisti nella seconda. "Potemkin" inizia graffiante tra ritmiche infingarde e stop'n go, in un rutilante incedere non proprio cosi armonioso e melodico come mi aspettavo. Sono alquanto ostici questi quattro ragazzi della East Coast, sebbene abbia l'impressione che loro si rendano conto di poter tirare fino ad un certo punto la propria proposta ma poi essere costretti a dover mollare, dando più spazio ad un sound melodico e pulito che qui si mantiene però criptico e nervoso. "Pendock & Progress" sembra più shoegaze oriented (solo nella prima metà però), un tema quello della malinconia, che tornerà anche nelle successive "Meet Me in the Meadow" e "Time Away". La musica dei nostri è sicuramente piacevole e chi apprezza questo genere di sonorità non dovrà certo lasciarsi scappare questo lavoro che per lo meno mostra meno prevedibilità rispetto a tanti altri dischi analoghi. Quello che lamento ovviamente io, Don Chisciotte del 2020 che lotta contro i mulini a vento, è forse che un elemento fondamentale come la voce non dovrebbe mai mancare, in quanto caratterizzante la proposta di una band, in male o in bene sia chiaro, ma a volte bisogna prendersi certi rischi. Però, che volete che vi dica, io mi infilo le cuffie, inizio ad ascoltare, ma dopo un po' mi subentra comunque una grande noia, per cui devo interrompere e pensare di riascoltare in un altro momento. Mi è capitato anche qui lo devo ammettere, sebbene i buoni pezzi non manchino. Penso alla già citata "Meet Me in the Meadow", emblema proprio shoegasiano, o ancora alla spettacolare "Summer Sun", il mio pezzo preferito: inizio tiepido quasi si trattasse di una melodia da tramonto di fine estate. Poi la traccia evolve, acquisisce dinamicità, potenza, verve forte di quei riverberi spettacolari di chitarra e pulsioni tooliane che la rendono decisamente diversa dalle altre e anche più abbordabile ed interessante. In chiusura, un altro pezzo degno di nota, "Gueules Cassées", una cavalcata roboante di poco più di sette minuti che avrebbe certamente meritato un vocalist a piazzarci quattro urlacci in mezzo per avvalorarne ulteriormente la qualità. Insomma, della serie chi si accontenta gode. (Francesco Scarci)

(Bird’s Robe Records/Dunk!records/A Thousand Arms - 2020 )
Voto: 72

https://solkyri.bandcamp.com/album/mount-pleasant

In Cauda Venenum - G.O.H.E.

#PER CHI AMA: Symph/Post Black
Incontrati già in occasione del loro omonimo debut album e nello split in compagnia di Heir e Spectrale, fanno il loro ritorno sulle scene gli In Cauda Venenum con il secondo lavoro, 'G.O.H.E.', il cui acronimo non mi è ancora dato di sapere. La nuova release del trio transalpino evolve ulteriormente, attraverso le sue due tracce, in un flusso profondo di post black dalle forti venature post rock. Questo quanto si evince dal flyer informativo della label, un po' meno dalle note iniziali della deflagrante "Malédiction", che apre il disco con i suoi 22 minuti di musica possente, tonante poi per quelle sue inequivocabili ascendenze sinfonico-orchestrali che rappresentano verosimilmente la vera novità dei nostri in questo 2020. La traccia è davvero notevole proprio per i suoi traccianti black permeati di grande melodia e poi da quelle sublimi atmosfere che ne ammorbidiscono una ritmica impastata e comunque furiosa, spezzettata qua e là da ottimi passaggi tastieristici, rallentamenti improvvisi e giri di violoncello, come quello che si registra al minuto 13.40, che ci catapulta immediatamente in una lounge room. Tutto questo sottolinea una rinnovata vena sperimentale da parte di Ictus, N.K.L.S. e Raphaël Verguin, i tre musicisti che compongono la line-up degli In Cauda Venenum. La seconda parte della song viaggia su questi binari più sperimentali (fatto salvo lo screaming onnipresente) in una sorta di sound che potrebbe essere accostabile a quello degli ucraini White Ward. La seconda traccia si affida ai quasi 22 minuti di musica di "Délivrance", un pezzo che costitutisce la naturale prosecuzione del primo brano tra ritmiche strutturate, break acustici in cui compaiono spoken words, frangenti ambient, pomposi momenti sinfonici, solenni momenti affidati agli archi (stile Ne Obliviscaris - ascoltate anche qui il fatidico tredicesimo minuto) in un turbillon emotivo davvero entusiasmante, che non concede comunque adito a pensare ad un ammorbidimento del sound dei nostri (viste le arrembanti ritmiche post-black che popolano anche questo secondo gioiello). Penso piuttosto che al solito, la Les Acteurse de l'Ombre Productions ci abbia visto giusto nel mettere a suo tempo sotto contratto questi estrosi musicisti, per cui vi invito caldamente a dargli un'occasione, non ci sarà nulla di cui pentirsi. (Francesco Scarci)

(LADLO Prod - 2020)
Voto: 82

https://www.facebook.com/incdvnnm/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Intig - Utfryst
Olhava - Ladoga
Break My Fucking Sky - Blind

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Alain González Artola

Mesarthim - The Degenerated Era
Incantation - Sect of Vile Divinities
Katavasia - Mangus Venator

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Death8699

Blood of the Wolf - III - Blood Legend EP
Cardiac Arrest - The Day That Death Prevailed
Fusion Bomb - Concrete Jungle

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Shadowsofthesun

The Ocean: Phanerozoic II - Mesozoic - Cenozoic
Deftones - Ohms
Collars - Tracoma

My Craving - No Mercy For Broken Hearts

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic, Sentenced, HIM 
La proposta musicale del sestetto piemontese è un gothic rock dalle tinte romantico-malinconiche. Formatisi nel 2003, i My Craving con 'No Mercy For Broken Hearts', ci propinano sette brani (per un totale di 34 minuti), che non sono altro che il demo uscito nel 2004 più tre nuove canzoni e che grazie al contratto con la Gothic Slam Rec., è stato ristampato con una miglior veste grafica. Dunque, c’è da dire subito una cosa: il disco a me non dispiace poi tanto, anche se trovo pessima la performance del vocalist Traci Blackstar, vera mente del gruppo, ma non proprio bravo nel trasmettere le emozioni che un album del genere dovrebbe infondere. Sarebbe stato più indicato infatti in una band hard rock stile Van Halen, ed è tutto dire. Inoltre una pessima produzione che privilegia principalmente la voce di Traci a discapito degli altri elementi del gruppo, di certo non agevola la riuscita di questo lavoro. La musica coglie a piene mani dal tipico sound finlandese di HIM e Sentenced (tanto per citarne solo un paio), proponendosi quindi come un gothic dai tenui colori autunnali fatto di melodie ruffiane, tastiere ispirate, sprazzi di buona musica e godibili assoli. Quello che proprio non digerisco è appunto la voce del frontman che mal si adatta ad un sound che dovrebbe essere invece intimista e che richiederebbe quindi un vocalist più adeguato. Ripetendo quanto detto all’inizio della recensione, questi ragazzi avrebbero dovuto rimboccarsi le maniche e lavorare sodo per scrollarsi di dosso le palesi (talvolta fin troppo ingombranti) influenze dei gruppi nordici sopra citati, migliorare la produzione e cambiare le corde vocali al cantante. Ma dopo questo lavoro, datato 2005, i nostri si sono squagliati come neve al sole. (Francesco Scarci)

(Gothic Slam Records - 2005)
Voto: 58

https://www.metal-archives.com/bands/My_Craving

venerdì 25 settembre 2020

Left Sun - Tidal Flow

#PER CHI AMA: Progressive Metal, Riverside
Sembra ormai una sentenza: per tutti i dischi che mi arrivano dalla Ethereal Sound Works pare sempre più incasinato trovare qualche informazione relativa alla band. Gli ultimi in fatto di tempo approdati sulla mia scrivania sono questi Left Sun, compagine che in realtà avevamo già conosciuto in occasione del loro disco omonimo nel 2016. I lusitani tornano con una release nuova di zecca, intitolata 'Tidal Flow' che ci consegna una band in stato di grazia che prosegue postitivamente sulla scia del debut album, combinando pertanto progressive, alternative e post metal. Forti della presenza di Flavio da Silva dietro al microfono e la meravigliosa Clara Campos al violino, il quintetto sciorina attraverso le nove tracce qui incluse, tutti gli eterni dilemmi dell'uomo, le sue paure e speranze. Il tutto contrappuntato da un sound che, dall'iniziale "Devotional" alla conclusiva "Soaring", mostra una grande progressione rispetto al passato e soprattutto ama coinvolgerci nel suo flusso magnetico che chiama in causa sin dall'opening track, i Porcupine Tree ma che in realtà nel corso di questo liquido viaggio astrale, ripercorre anche le orme di Anathema, Riverside (l'influenza principale a mio avviso), A Perfect Circle e Pink Floyd, in un'alternanza musicale davvero efficace. E allora perchè non lasciarsi abbindolare dai suoni elettronici di "All Roads" o dalle calde e caleidoscopiche visioni strumentali della suggestiva title track. Altrove è la voce di Flavio in primo piano a fare bella figura ma nel retrobottega si nascondono in realtà le eccelse qualità di musicisti competenti, dotati peralttro di grande gusto per le melodie. I pezzi sono tutti in realtà interessanti anche se è ovvio che non brillino proprio di luce propria. Forse non ho apprezzato particolarmente il sound più vintage e scontato di "Cold", di contro l'apertura in acustico di "Waiting" (diamine sembrano gli Oasis), le intemperanze ritmiche di "Celebrate" o le melliflue atmosfere di "Hide" (con tanto di magnifico violino), mi fanno apprezzare non poco questa nuova nuova fatica targata Left Sun. Provare per credere. (Francesco Scarci)

(Ethereal Sound Works - 2020)
Voto: 74

https://www.facebook.com/LeftSunOfficial/

Queen Elephantine - Tribute to Atrophos Vol I

#PER CHI AMA: Avantgarde/Psych/Jazz
Il Covid-19 è tutt'ora fonte di grande dolore ma è stato anche innesco di diverse opere artistiche (libri, dischi, cortometraggi). I Queen Elephantine sono tra quelli che hanno sfruttato il momento di difficoltà proponendo i rilascio di nuovi EP in formato digitale. Il collettivo di Hong Kong, originario però dell'India e con base oggi a Philadelphia, ha rilasciato ad aprile, nel pieno della prima ondata di coronavirus, il cui presente 'Tribute to Atrophos Vol I', primo (di tre?) EP votati all'improvvisazione totale. Li avevamo lasciati sul finire del 2019 alle prese con 'Gorgon', li ritroviamo oggi più stralunati che mai con quattro nuovi eterei pezzi che miscelano casualmente psych e kraut rock, avanguardistico, jazz, drone e stoner con un'alchimia sciamanica misticheggiante. Questo almeno quanto trasmesso dalla trascendentale opening track, "I Alone Am Right", che per undici minuti entra nel mio cervello e con la sua infima retorica cervellotica, insidia i pochi neuroni residui nella mia materia cerebellare, con un sound lisergico e desertico. Ancor più complicata "I Am Left Alone", proprio perchè sa di jam session a tutti gli effetti, quasi che il collettivo indiano si sia messo li un angolino a strimpellare in attesa di far uscire le idee migliori da registrare. Quindi, non è il caso di aspettarsi nulla di travolgente visto che si tratta di pura improvvisazione dettata dalla noia che sembra per lo meno cresca in intensità perchè si è trovata la giusta chiave per costruire una song. E anche con le seguenti "Surfacing" e "Sunk", il canovaccio della estemporaneità non cambia. La prima delle due song ha un andamento oscuro quasi dronico, bloccato in un ipnotico loop di chitarra astrale. La seconda invece è più noise rock oriented (sebbene qualche accenno in sottofondo alla musica indiana), con chitarra e batteria lasciate come cani sciolti a cazzeggio per quattro minuti di puro divertimento. (Francesco Scarci)

Vader - Solitude In Madness

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Death/Thrash
This is vintage Vader, pity that it's only about 30 minutes long. I'd say that the riffs are more catchy than anything else. And the production quality top notch. That's what makes the instruments more endurable and their straightforward songwriting capabilities. Peter did an awesome job here both on vocals and musically. This sounds more death metal oriented than thrash, even though they fall in between these two genres. I'd say that the music is what makes this one stand out more than anything else. The tempos aren't extremely fast, just interesting and unrelenting blasts in your face. The vocals go well with the music. Everything here goes smoothly.

I've never been a huge Vader fan myself, but some of their releases are decent. This is definitely a step-up from their previous. In many ways, I should say. This is probably the best produced Vader album that I can say. And the music is just monumental. I'll use that interchangeably with sublime. I don't think there's a better Vader release than this one for a while. It just smokes. The riffs are probably the highlight of this album. I think most of the riffs are entirely unique. Some fast tremolo picking and some just flat-out bar chord chunkiness. The leads are good, too. They're pretty cool, not sloppy just unique.

I think aside from the production and mixing, this one is definitely done right! These guys kill it in every aspect! Peter's vocal outbursts I think are intriguing. His voice alongside the music is outstanding. I think he's at his peak here, and a pinnacle in the songwriting as well as the lead guitar work. Technical as fuck! These guys worked hard to getting this one to be a better era for the band. I wouldn't say that they're veterans but maybe close to it! Out of the few albums by them, this one by far is the best. I wouldn't disclose this to be their absolute best release, but close to it. Very close to it. And the songwriting, VERY GOOD!

Do the band some justice and purchase the physical CD! You can always check it out on Bandcamp or YouTube before you figure that this is for you or not. If you're a hardcore Vader fan, I'm sure you'll get the physical CD in no time! These guys did a good job for 2020 releases. It's a shame that the album isn't longer than it is, like I mentioned but it sure is something to keep in mind that even then it's still worth getting! Some people don't have CD players anymore so the digital download would be sufficient. But yeah, one of the best Vader releases I've heard, at least for a while that is! Long live the death/thrash legends! (Death8699)


giovedì 24 settembre 2020

Biohazard - Means to an End

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Punk Hardcore/Thrash
Allarme, allarme rosso: una sirena annuncia l’inizio di questo album dei Biohazard (il decimo della loro discografia includendo il 'Live in Europe' e la raccolta 'Tales from B-sides'). L'act di Brooklyn è da sempre fautore di un certo hardcore e 'Means to an End' continua quel percorso musicale intrapreso con il precedente 'Kill or Be Killed', dopo il mezzo passo falso di 'Uncivilization'. È innegabile l’importanza di questa band nel panorama hardcore mondiale, alla luce anche degli anni di militanza nell'underground metallico e da quelli già trascorsi dall’omonimo debut che fece furore nel 1990. Questo disco di Evan Seinfeld e soci ci consegna poco più di mezz’ora di musica selvaggia, un mix tra hardcore, thrash e punk. Le song sono veloci, brutali e dirette, prive di quelle contaminazioni nu/rap che avevano influenzato il già citato 'Uncivilization'. I Biohazard ritornano qui ai vecchi fasti di un tempo: brani come “Killing to Be Free” e “Filled with Hate” sono vere e proprie mazzate nello stomaco. Rabbia, odio, violenza e vitalità sono gli aggettivi che si possono tranquillamente attribuire a questo lietissimo comeback della band di New York City. 'Means to an End' è una breve ma intensa cavalcata che riporta alle radici una band granitica nelle sue idee e nella sua proposta musicale. Che goduria sentire Graziadei e Roberts graffiare con i loro killer riff e quegli assoli in pieno Slayer style. Gli echi di 'Urban Discipline' (secondo album della band) sono forti e captabili lungo tutto il corso del disco a riprova che l’energico hardcore dei Biohazard è qui più incazzato che mai ed esige un vostro ascolto! (Francesco Scarci)