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sabato 29 febbraio 2020

Void of Silence - Criteria ov 666

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Apocalyptic Doom
Ricordo di aver atteso con grande trepidazione il nuovo lavoro dei Void Of Silence, band capitolina che nel 2001 si era già resa protagonista di un debutto esaltante, quel 'Toward the Dusk' che per alcuni è passato inosservato ma che rappresenta tutt'ora un esempio sporadico ed eccellente di come la musica estrema possa ancora rinnovarsi attraverso sonorità di matrice metal. Dopo il cambio di etichetta, da Nocturnal Music a Code666, il secondo album dei nostri, 'Criteria ov 666', rappresentò un lavoro che proseguiva nella direzione stilistica intrapresa dall'esordio e ne accentuava in modo palese la componente sperimentale, abbracciando a tratti la corrente del folk-apocalittico. La struttura portante su cui si appoggia questo disco, resta ancorata ad un doom-metal dalle ritmiche estremamente pesanti e dilatate mentre le contaminazioni di ambient industriale, costituiscono una base sempre presente, che rende unica e sublime la formula proposta dal trio romano. Il pesantissimo muro di suono creato dalle chitarre di Ivan Zara viene accompagnato dalle tastiere evocative di Riccardo Conforti, il quale si cimenta anche nell'uso di inserti disturbanti che sfiorano spesso, come nell'intro, il rumorismo di certa power-electronics. L'effettistica usata, pur non avendo un ruolo predominante, contribuisce però, a rendere terribilmente claustrofobica e angosciosa l'atmosfera dei brani e ricrea l'ideale tappeto sonoro per la voce "malata" di Malfeitor Fabban (Aborym). I rantoli sofferenti di Fabban e le sue urla cariche d'odio, affondano nella carne e la lacerano come un coltello affilato: una prestazione vocale estrema e terrificante che ricorda, in alcuni frangenti, i Katatonia di 'Dance of December Souls'. 'Criteria ov 666' rende attoniti davanti a tanta negatività, è capace di annientare, lasciando spazio unicamente al dolore e a sensazioni di morte... un'opera certamente agghiacciante, ma questa è la musica dei Void Of Silence, una delle realtà più credibili ed inquietanti che il nostro suolo può ancora vantare in ambito estremo. (Roberto Alba)

Theatres des Vampires - Suicide Vampire

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic, Tristania
La seria caparbietà che ha sempre contraddistinto i Theatres des Vampires, accompagnata dalla ricerca di una crescita costante, face compiere alla formazione italiana un altro passo avanti nella direzione artistica che fu intrapresa all'epoca di 'Bloody Lunatic Asylum'. Ad un primo ascolto 'Suicide Vampire' rivelò immediatamente gli intenti perseguiti dai nostri vampiri, che decisero con questo lavoro di non discostarsi di molto dal suono del precedente album cercando invece di focalizzarsi sul miglioramento degli elementi che hanno reso la loro musica così particolare ed inconfondibile agli occhi del pubblico. Il gothic metal suonato dai Theatres des Vampires rimane in questo album quindi caratterizzato da strutture poco dissimili dalle passate composizioni, ma viene arricchito e valorizzato da partiture sinfoniche maggiormente articolate e cori polifonici più complessi ed austeri, che in questa occasione sono stati arrangiati e condotti dai membri del coro dell'Accademia di Santa Cecilia (Roma). L'album non ricerca nell'innovazione la propria "carta vincente" ma sembra voler giocare tutto sulla melodia orecchiabile e la varietà dei brani, passando da momenti pomposi, come "La Danse Macabre du Vampire" o "Tenebra Dentro", ad altri dalla vena più malinconica, come la titletrack, dove spiccano le linee di violino di Elvin Dimithri (primo violinista dell’orchestra Filarmonica di Tirana). Le tastiere di Necros rivestono ancora un ruolo di primaria importanza nella musica dei Theatres des Vampires, mentre viene relegato in secondo piano il lavoro delle chitarre, delle quali ho avvertito un po' la mancanza; forse una diversa scelta dei suoni sarebbe riuscita a dare maggior risalto alle sei corde e a rendere ancor più magniloquente e d'effetto il risultato finale dell'opera. Nel complesso 'Suicide Vampire' è un album comunque piacevole e riuscito, che mi sento di consigliare a chi apprezza la sontuosità gotica di gruppi come Tristania e The Sins of thy Beloved. (Roberto Alba)

Thyrane - Hypnotic

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Black/Thrash
Devo dire di essere rimasto un po' deluso dal 'Hypnotic', terzo album del 2003 dei Thyrane, tuttavia trovo giusto dar loro spazio con questa recensione, dal momento che fin dal primo demo 'Black Harmony', ho seguito con grande interesse l'evoluzione di questi blackster finlandesi. Ricordo che rimasi entusiasta quando anni fa acquistai il loro debutto 'Symphonies of Infernality' (uscito per Woodcut Records nel 1999) e credo che ancora oggi quell'album non abbia perso nulla del suo impatto e della sua potenza, ancor più se paragonato alle uscite particolarmente scadenti che hanno successivamente invaso il mercato del metal estremo. Al tempo non furono certo in molti a riconoscere le qualità del quartetto finlandese, con il risultato che i Thyrane sono rimasti un nome minore ed il rammarico sicuramente c'è, se penso che quanto proposto proprio in 'Symphonies of Infernality', era una formula di symphonic black metal dannatamente valida ed estremamente più convincente di qualsiasi produzione dei Dimmu Borgir. Con il secondo lavoro 'The Spirit of Rebellion' è ancora un sound violento ed incredibilmente efficace a caratterizzare la musica del gruppo, sebbene i brani risultino in questo lavoro orientati maggiormente verso il death metal. È però con 'Hypnotic' che i Thyrane compiono il loro più significativo cambio di rotta, semplificando pesantemente le proprie composizioni e alleggerendone la struttura in maniera forse troppo spinta, tanto da ottenere una collezione di brani innocui e un po' privi di mordente. La voce di Blastmor rimane feroce e le chitarre si concentrano su lenti riff di stampo thrash metal che trovo buoni, ma è l'effetto complessivo che non convince appieno e la sensazione che si ottiene, è quella di ascoltare delle canzoncine semplici che coinvolgono poco. Con 'Hypnotic' anche i Thyrane si fanno sedurre dalle tentazioni elettroniche e questo lo si avverte immediatamente dall'uso dei synth, che forse costituisce il punto di maggior interesse nell'album, per la presenza discreta di gradevoli loop ed orchestrazioni che si ricollegano a quanto fatto anche nei primi due lavori. Grazie a questo taglio moderno, alcuni brani come "Dance in the Air" e "Phantasmal Paranoia" risultano piuttosto indovinati ma il giudizio di 'Hypnotic' rimane quello di un album riuscito a metà, dove la comprensibile e lodevole voglia del cambiamento non è bastata a confezionare un prodotto all'altezza del nome della band. (Roberto Alba)

(Spikefarm Records - 2003)
Voto: 61

https://www.facebook.com/thyraneofficial/

Kawir - Adastreia

#FOR FANS OF: Epic Black
The Greek scene is undoubtedly one of the most prolific one, not only in quantity but especially in the quality. The national scene goes way further from the most famous bands like Rotting Christ or Septic Flesh, just to mention the most obvious ones, where you can find excellent bands, both new and old ones. If we focus on between the veterans who deserve more attention, the Athens based Kawir will be one of those for sure. This project was founded back in 1993 by Therthonax with the support of Stefan Necroabyssious and Eskarth the Dark One, who recorded their first track. Nevertheless, this project´s true leader has been always Therthonax, he is the only original member who has remained from the inception of the band to these days. As expected, Kawir’s line-up has suffered of many changes during its existence. The current line-up consists of five members and it has been quite stable during the last five years. Anyway, these numerous changes haven´t been a definitive impediment for this project to release seven albums, some splits and its newest opus, entitled ‘Adastreia’, or in its Greek spelling, ‘Αδράστεια’.

Kawir plays a quite epic and barbaric form of pagan black metal. The band´s career is full of excellent albums and ‘Adastreia’ is another fine example of powerful black metal, rich in melody and battling atmosphere. The new album contains six songs, being one of them a very nice folk song with a clear ritual tone, where the female vocals of Lindy Fay Hella play a major role. It is a very nice song, which can be considered a moment of calm during a ferocious battle. Apart from this track, the rest of the album is the expected carnage, with five ferocious songs of pure pagan black metal, not devoid of a great amount of excellent melodies and majesty. This epic touch can be immediately felt with the opening melody of the first track "Tydeus". An epic choir accompanied by acoustic guitars are immediately followed by aggressive black screaming vocals and some great riffs, whose melodies are tastefully composed and place through the whole song. The intensity goes higher with the next track, entitled "Atalanti", which has some faster sections of pure black metal. Anyway, the pace of the songs is never monotonous, as they varies it in a very natural way, from the typical pagan metal mid-tempo to blast beasts. The guitars play a very important role with inspired riffs which fit both the most straightforward sections, where the black aggressiveness reigns, and the pagan parts, where they have a more barbaric tone with a mid-tempo pace looking to work properly. Furthermore, the band enriches its sound adding some excellent folk touches during those more pagan black sections, using instruments like the flute or the bagpipes, which increase the sense of being immersed in the ancient Greek history. These additions are not everywhere as they are tastefully placed here and there like a bonus, which makes the album more interesting. The excellently composed and executed mixture of rawness, strength, melody and grandeur makes this album a pleasant listening and its length, around forty minutes, increases the need of listening to it again and again. The album closer, entitled "Medea", is not only the longest song, but also the perfect track summarizing all the aforementioned attributes, that make this album a great album. The song flows between the speedy sections, full of fury, to the most melodic ones, always leaving a room to atmospheric and folk sections, for a great ending!

In conclusion, ‘Adastreia’ is not a work released by a tired band, if anything it's the opposite by a band that still breaths passion in this music. This album is an impressive example of how pagan black can still sound fresh, inspired and grandiose. A must for every metal fan. (Alain González Artola)


(Iron Bonehead Productions - 2019)
Score: 90

https://ironboneheadproductions.bandcamp.com/album/kawir-adrasteia

The Pit Tips

Francesco Scarci

Clouds - Departe
Holy Fawn - The Black Moon
Rosk - Remnants

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Shadowsofthesun

Postvorta - Porrima
Envy - The Fallen Crimson
Ulver - Shadows of the Sun

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Alain González Artola

Midnight Bethrohed - To Follow Your Spirit Into The Night...
God Dethroned - Illuminati
Mavorim - Axis Mundi

mercoledì 26 febbraio 2020

Graham Bonnet Band - The Book

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Hard Rock
Un melodic griffato Frontiers ("Welcome to My Home", "Strangest Day", la consueta sfilza di cognomi napoletani nei crediti), ma non soltanto. In apertura, per esempio, una spiazzante fucilata power - l'avreste detto? - i cui pallettoni finiscono conficcati nel prosieguo, per esempio in "Dead Man Walking", dove emerge invero un certo retrogusto Rainbow. I Rainbow, già. Quelli di "Rider", sparata giusto "Straight between the eyes" (sì, sì, cantava Turner, lo so), quelli di 'The Book' trascinati nuovamente 'Down to Earth' dall'eccellente, nervosissimo, riffettismo del giovane Conrado Pesinato, una specie di John Petrucci delle caverne. I Rainbow di 'Down to Earth', l'album più sovraesposto ("Since You've Been Gone", "Lost in Hollywood", "All Night Long", "Eyes of the World"... ma dov'è finito quel riff laser di tastiera che arrembava il pre-finale?) e al contempo sottoesposto (non avreste risentito almeno anche "Love's no Friend"?) dell'intero disco due, quello delle reincisioni: sedici insignificanti riproposizioni fotocopia sovente affaticate (il "Wanna make you miiiiine!" di "All Night Long", ma risentitevi anche il Bruce Dickinson asmatico di "Earth's Child" sul disco uno). Due grahambonnettosissime ore in tutto a coprire un'intera carriera quasi cinquantennale. Eccetto, ovviamente, gli imbarazzanti Marbles. Ve li ricordate? No? Domandatevi il perché. (Alberto Calorosi)

(Frontiers Records - 2016)
Voto: 60

https://www.facebook.com/grahambonnetmusic/

Heidi for President - Nostrils

#PER CHI AMA: Indie Rock
Inizialmente, forse erroneamente, l'ombrosa propaggine wave che emana il singolo "Whom" si rifrange nelle architetture complesse di 'Nostrils', le narici che annusano il mondo, la canzone forse più volitivamente empatizzante del disco. O nei toni più inneggianti esplorati a suo tempo da gente come U2 e Talking Heads, espressi qui nell'introduttiva "Dreaming State of Jackson". Avete presente gli Okkervil River? Nel prosieguo prende il sopravvento una certa insistenza bluegrass, ma solo nei toni, quella dei primi (e anche unici) Mumford and Sons (e penso a "Mr. Hubert Cumberdale" o a "Growing Green Time"), e una (in)temperanza acoustic-progressive marcatamente ("Portrait of the Artist as a Young Dog") o ancora più marcatamente Decemberists ("Nasty Tasty Blow"). Ve lo ricordate quell'imprescindibile monumento sonoro intitolato "The Island"? Sta su 'The Crane Wife' dei suddetti, era l'anno domini 2006. Ah, il 2006, il 2006. Arcade Fire, Band of Horses, The Crane Wife... Che anno il 2006! (Alberto Calorosi)

(La Rivolta Records - 2017)
Voto: 63

lunedì 24 febbraio 2020

Eternal Storm - Come the Tide

#FOR FANS OF: Melo Death, Insomnium
As the melodic death metal scene collapsed after some years of success, it was clear that the surviving bands or the new ones were going to struggle to gain the same recognition. The positive aspect of this fall in disgrace was that the new projects were actually going to try to forge their own sound, without being obsessed to copy what the leading bands were doing at a certain moment. A fine example of one of these interesting projects is represented by the Spanish band Eternal Storm. This project was founded in 2009, though the band members have needed ten years to release their debut album. In this period of time the band has released an EP and a split album. Moreover, as often happens, the project suffered several line-up changes, which are always problematic. Anyway, the hard work has paid off and the band managed to catch the attention of the underground label Trascending Obscurity Records releasing in 2019 its first effort entitled ‘Come the Tide’.

Eternal Storm proposes a pretty elaborated form of melodic death metal with a strong atmospheric touch in the vein of bands like Insomnium, one of the finest examples of how melodic death can still be an interesting and touching genre. ‘Come the Tide’ is a long album clocking almost one hour of time, with songs around 6 minutes. This detail clearly shows that the band likes to compose songs with variety and interesting structures. The band´s compositions flow between the most aggressive sections, with fast drums, powerful riffs and remarkably strong growls performed by Kheyron, who sadly is no longer in the band, and calmer sections which are tastefully introduced. The high and lows in the song’s pace sound awesome and make the songs a very exciting experience. Technically speaking, the band members sound very skilled, as the guitar patterns have some elaboration and richness, fluctuating tough different ranges of riffing styles. We could say the same about the drums which sound technically impeccable and varied. One doesn´t need to seek deeply in the album to fine great examples of this technicality and quality, as the album opener itself, called "Through the Wall of Light Pt.I (The Strand)" shows the impressive potential of this band. The calmest sections can appear as a bridge between different heavier sections, commonly in the form of delicate guitar chords, or as an introduction of the song. This happens with the second track, where we can even listen to a saxophone, a surprising add which works fine in my opinion. In this as per other compositions, we can listen to some clean vocals, which are also pretty solidly performed. It seems that the band has used some guests in order to enrich vocally this album, complementing the aforementioned excellent growls, which nevertheless play a major role on this album. Even though I wouldn´t define this band as progressive, the clean vocals, some guitar chords, especially those we can listen to in certain tranquil sections, and looking how the songs evolve, it´s undeniable that the band has a progressive nature in its music. This progressive touch is present in the way how they try to create songs with an evolving and rich nature.

In conclusion, although Eternal Storm spent a long time to release this first opus, ‘Come the Tide’ is unquestionably an impressive first album due to its variety, quality and richness in its compositions, with a tasteful balance between a straightforward fury and a melodic and atmospheric mood. Therefore, this album should appeal not only all the melodic death metal fans, but all the metalheads who want to enjoy an inspired and excellent metal album. (Alain González Artola)

(Trascending Obscurity Records - 2019)
Score: 88

https://eternalstorm.bandcamp.com/album/come-the-tide-death-metal

Medenera - Oro

#PER CHI AMA: Atmospheric Black, Summoning
Medenera è una one-man-band italica di formazione abbastanza recente, nata infatti nel 2017 ma con già due album alle spalle. L'ultimo arrivato è 'Oro', un disco suddiviso in quattro sezioni a loro volta divise in tre parti. Il disco si srotola per quasi settanta minuti di musica evocativa che sin dalle iniziali parti tastieristiche chiama immediatamente in causa un nome, i Summoning. Di fronte a simili manifestazioni artistiche, la prima cosa che faccio, e accade di rado, è chiudere gli occhi e immergermi totalmente nelle atmosfere magiche che band inserite in tale filone, sono in grado di creare. E sembra che la voce femminile della prima terzina intitolata "Aurea", sia lì apposta per guidarmi in questo epico viaggio in un fantastico mondo lontano. Le melodie sognanti di questa prima lunga suite rapiscono la mia fantasia con quel loro ritmo cadenzato accompagnato da spettacolari synth che arricchiscono la base ritmica del misterioso factotum italico, che si sente cantare solo in piccole porzioni, lasciando alla musica il compito di riempirci le orecchie di splendide emozioni. Il trittico scivola delicato anche nella seconda parte tra sussurri, eteree atmosfere ma anche saltuarie sfuriate, in cui a venir fuori sono le screaming vocals del frontman. E il nostro ascolto prosegue cosi come le immagini che mi si parano avanti sembrano quelle di un Frodo Baggins che passeggia imperturbato a Hobbiton, immagini felici e di quiete che vengono spezzate da sporadiche accelerazioni black e dal cantato arcigno del mastermind. Con "Splendor" si apre un altro trittico di song che sembrano introdurci in un nuovo mondo fatato, complice un cantato femminile differente da quello ascoltato in principio. La musica invece prosegue con il suo incedere raffinato, in cui ampissimo spazio è concesso alle tastiere ma anche ad un drumming quasi tribale, che insieme costituiscono un lungo cappello introduttivo a quel riffing efferato che verrà fuori più avanti. La musica dei Medenera è in costante evoluzione, come se si trattasse di un racconto e la musica ne vada a rappresentare la spettacolare colonna sonora in un coordinato movimento stilistico in base a quanto narrato. Ovviamente a dischi del genere sono collegate storie legate a mondi immaginari e alla natura che vi appartiene, come quei luoghi narrati appunto da Tolkien nella sua epica saga. La terza parte raggiunge il massimo splendore espressivo, affidandosi nuovamente a delle spoken words femminili e ad un'ispiratissima ritmica. Il flusso sonoro come dicevo, è in costante mutamento e dalle arrembanti ritmiche in un batter d'occhio ci si ritrova in un ambient dalle tinte decadenti quasi ci si trovi di fronte al preambolo di uno scontro spaventoso. L'affacciarsi di una voce operistica in sottofondo, cosi come l'utilizzo di uno strumento di difficile identificazione, stemperano però quella tensione che si era creata in un cosi breve tempo. Nel frattempo si entra nel terzo episodio, "Ver Aeternum" e si palesa subito un cantato dai tratti esoterici come novità di questa terzina. La musica si conferma ispirata con le tastiere ormai elemento portante dell'intera release, sia in chiave ritmica che ambientale. La soave voce della gentil donzella di turno fa poi il resto cosi come la tribalità etnica del drumming va ad impreziosire ulteriormente una release già di per sè notevole che vede peraltro anche un flauto far capolino. A "Flumina Nectaris" è affidato l'arduo compito di chiudere la release e l'esordio è di quelli portentosi con un rifferama accompagnato da un maestoso tappeto tastieristico. Di nuovo però un rallentamento nella storia, un flashback, una digressione, un sogno sospeso, delicati tocchi di piano, eteree e folkloriche melodie che troveranno un nuovo risveglio nella seconda parte della song, ove la cantante, che sembra utilizzare una lingua inventata, va ad affiancarsi al growling del polistrumentista nostrano, qui in grande spolvero e che si prepara a chiudere la release con un pezzo all'insegna del dungeon synth. Ora, prima di lasciarvi alla sentenza finale, mi domando solo come sia possibile che le etichette italiane si siano lasciate sfuggire una simile release e abbiano obbligato i Medenera a chiedere asilo in Russia. Abbiamo forse trovato i degni eredi dei Summoning? Ascoltatevi il cd e fatemi sapere. (Francesco Scarci)

(GS Productions - 2019)
Voto: 82

https://medenera.bandcamp.com/album/oro

The Glad Husbands - Safe Places

#PER CHI AMA: Math/Post Hardcore, Botch
Se l’abito non fa il monaco, il nome di un gruppo può trarre in inganno. Potevano essere i cugini italiani di qualche gruppo indie-folk del Midwest americano, invece i The Glad Husbands si rivelano l’ennesimo prodotto della rumorosissima fucina cuneense, già culla di tanti nomi importanti che imperversano nella scena noise, stoner e hardcore nostrana.

Il loro ultimo disco, 'Safe Places', non si discosta molto dalla proposta dei loro “vicini di casa” Cani Sciorri, Treehorn e Ruggine (tanto per citarne alcuni), se non per una maggior vocazione nel mischiare punk e math-rock a scapito della produzione in massa di riff pachidermici, come testimonia il sound meno ingolfato di basse frequenze, il risalto dato al cantato urlato di Alberto Cornero e le strutture complesse di questi nove tiratissimi pezzi.

“Out of the Storm” traccia subito la rotta: intrecci turbinosi di basso e chitarra si susseguono aggrappandosi al tempo imposto dalla batteria, andando a comporre una sorta di marcia per plotoni di soldati in preda ad un attacco isterico. Isterico come gli sviluppi di “Where Do Flies Go When They Die?” e “Spare Parts”, brani in chiave mathcore che potrebbero essere stati partoriti con l’intercessione spirituale dei Botch, e dove, pressati dai riff convulsi e le ritmiche serratissime, iniziamo a chiederci quali possano essere i “posti sicuri” citati nel titolo dell’album. Forse in “Things That Made Sense” e “The Jar”, pezzi la cui struttura più varia ci concede qualche attimo di decompressione prima di rituffarci nei vortici sonori.

Finita qui? Macché: “Midas” scompagina tutto con la sua anima agrodolce, fatta di strofe nervose in procinto di esplodere, ma l’irruenza di “Cowards in a Row” e la travolgente “Meant to Prevail”, dove si possono cogliere riferimenti ai primi Mastodon, ci riportano nell’occhio del ciclone. La nostra corsa forsennata si conclude con “Like Animals”, dopo circa quaranta minuti di sconvolgimenti strumentali, ritmici ed emotivi.

I The Glad Husbands ci regalano una prova decisamente convincente e di personalità, riuscendo a risaltare in un mercato già bombardato di proposte e a farmi sperare di vederli al più presto trasmettere in sede live la carica mostrata su disco. Non male per il presunto gruppetto indie-folk del Midwest. (Shadowsofthesun)


(Antena Krzyku/Entes Anomicos/Longrail Records/Vollmer Industries/Atypeek Music/Tadca Records/Whosbrain Records/Scatti Vorticosi Records - 2019)
Voto: 75

https://the-glad-husbands.bandcamp.com/album/safe-places

Nairobi - S/t

#PER CHI AMA: Experimental Rock, Jesus Lizard
I Nairobi sono un trio sperimentale di Venezia che si potrebbe catalogare come puramente post rock, ma relegarli ad alfieri di questo genere sarebbe a mio avviso un grosso errore. Alla band veneta piace infatti uscire dagli schemi e costruire una propria personale interpretazione del genere, fatta di atmosfere a tratti più energiche e cariche di quel groove del post rock “canonico”, arrivando ad associare i nostri ai Jesus Lizard, i Primus ma anche agli Slint e ai Pink Floyd. I pezzi sono corti ed ermetici, pregni di un’energia e un’urgenza espressiva davvero encomiabili. Forti di una solidissima sezione ritmica e di una chitarra capace di tessere trame vibranti e ipnotiche, i Nairobi riescono a convincere pienamente già con questo primo disco d’esordio. Ogni atmosfera a cui la band si approccia è sviscerata ed esposta nella miglior maniera possibile, il pezzo "Tricky Traps" è un buon esempio di questa ecletticità del trio, dapprima con una scrosciante cascata di riff fangosi e ruvidi per poi passare nella seconda parte del pezzo ad una ritmica dimezzata ed una chitarra sognante, di uno di quei sogni strani che sono incubi ma non lo sembrano, quei sogni da cui ti svegli un po’ turbato, disorientato senza nessun apparente motivo. I pezzi si susseguono come onde oceaniche che si abbattono sulle scogliere verticali di pietre affilate, inarrestabili nella loro marziale foga, fino ad arrivare allo spartiacque onirico e sintetico intitolato "Turbo Pascal". Dopo questa breve pausa, i toni si fanno, se fosse possibile, ancora più sperimentali nei due pezzi di chiusura ("Megalopolis" e "Oh Guns Guns Guns!"), dove troviamo atmosfere lisergiche preponderanti, sebbene la fiamma del sacro riff rimanga sempre viva e presente e non smetta di ardere. Un disco ruvido, arrogante ma al contempo raffinato ed atmosferico, una composizione magistrale così come la sua esecuzione, una corsa contro il tempo passando per il vuoto completo, attraverso tempeste, spietati rovesci di grandine, in grado di elargire un’incredibile energia a chi lo ascolta. Consigliatissimo, per cui aspettiamo con ansia altra musica targata Nairobi. (Matteo Baldi)

(Brigadisco Records/Wallace Records - 2020)
Voto: 82

https://brigadiscorecords.bandcamp.com/releases

sabato 22 febbraio 2020

Ironflame – Blood Red Victory

#FOR FANS OF: Heavy/Power
So the mighty Ironflame have returned with their third album in less than three years; with their sophomore effort being released just sixteen months after the debut. Andrew D’Cagna has this incredible ability to consistently write songs that give me those same feelings that I got the first time I heard Halford, Dio or Dickinson. As he writes and records everything, there is a true consistency to the music without being the same album over and over again. While the sophomore was much more ambitious in the song writing. 'Blood Red Victory' sees the direction of the songs more in line with the debut. This time he also seems more focused; and the result is nothing short of amazing.

One thing that I noticed immediately was that the solos were no longer being supplied by Wheeling, West Virginia shredder extraordinaire Jim Dofka. His solos on the sophomore were beyond brilliant. Instead, this time D’Cagna decided to go with the two shredders that are part of his current touring band; Jesse Scott and Quinn Lukas, the latter being with D’Cagna in the Pittsburgh veteran melodic metallers Icarus Witch. That was a really smart move. Both guitarists are brilliant live so it was great to see their actual input into the songs. Each solo on this album is brilliantly thought out and take each song to the next level.

The songs themselves are just metal as fuck. The riffs, the melodies, the solos, and those unforgettable vocals. Andrew D’Cagna’s vocals are just brilliant and I truly believe he set the bar for the modern true metal vocalist. The opener, “Gates of Evermore” has an opening riff that sets the tone for the song. It kind of reminds me of 'Glory to the Brave' era HammerFall. The melodies are catchy and the choruses are infectious. These are heavy metal anthems that can stand rightly along side any of the classics. I dare you to listen to “Honor Bound” and not get that feeling like you are hearing metal again, for the first time. “Blood Red Cross!” That “OHHHH” during the bridge is fucking brilliant! I could listen to that song over and over again. The song builds to this incredible solo three quarter the way in….I got goose bumps!

I don’t know how this guy keeps pumping out quality heavy metal; all along with playing bass and writing songs with stoner rock band Brimstone Coven as well as being full time vocalist for Icarus Witch. “Graves of Thunder” has that melodic metal feel of an Icarus Witch song while still having that Ironflame sound. “Grace and Valor” take it right back to epic power metal with some incredible dual harmony riffs driving the verse. Brilliant! “Night Queen” is the longest song on the album and reminds me of “Shadow Queen” off the debut…could even be a sequel. Nonetheless, none of that take away from the sheer brilliance of the execution. The song sucks you in with the melodies and hooks. The perfect album closer.

Classic heavy metal is making a comeback and there are some really great bands and some incredible metal coming from this resurgence. Ironflame have set the bar, quite high I might add for this movement. Three consistently incredible true metal albums loaded with everything that made me obsessed with metal to this day. Keep ’em coming Andrew!! (The Elitist Metalhead)

(Divebomb Records - 2020)
Score: 100

https://ironflame.bandcamp.com/

Cannibali Commestibili - S/t

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Grunge
Cosa attendersi da una band dal nome poco attraente, con una copertina poco interessante e troppo colorata e floreale per una rock band, e tante descrizioni in rete che la vogliono far passare a forza per una stoner band quando all'ascolto non lo è? Direi nulla. In realtà nella musica non bisogna mai fermarsi alla prima impressione e, come in questo caso, epurata dalle congetture stoner, la band trentina (l'unico richiamo alla musica del deserto è un certo sound distorto che ormai è di moda dopo la venuta dei Queen of the Stone Age) mostra una certa originalità e buona personalità nel territorio del rock italiano, quello ben fatto e figlio delle orgogliose realtà italiche che furono i Karma e i Timoria (magari quelli di 'Speedball 2020'), con un tocco di psichedelia e una buona dose di conoscenza dei '70s. Il modus operandis dei Cannibali Commestibili ha il richiamo al rock italiano di classe, fatto con gusto e impatto, studiato nei particolari per stare in equilibrio tra alternative e post grunge, in questo caso, e se proprio vogliamo categorizzarlo, con venature blues, mai maligno, acido, coinvolgente e con una sfrontatezza moderata che colpisce in ogni sua traccia. Niente canzoni di rock politicizzato alla Teatro degli Orrori bensì emozioni e istinti umani diretti, messi in musica sotto la bandiera del rock con la R maiuscola, una sorta di ultimi Stone Temple Pilots con il suono che si apre verso l'energia sbilenca dei Mudhoney del loro omonimo album, ovviamente filtrati da un suono attualizzato e focalizzato sui trend del momento in ambito stoner. Prodotto in maniera eccellente con un sound caldo e avvolgente, potente e abrasivo, il cd vola che è un piacere e merita di essere ascoltato e amato per le capacità tecniche e la sua orecchiabile ruvidezza. Il canto in lingua madre dona poi molto alle composizioni rendendolo più appetibili all'ascolto. Da molto tempo non sentivo un disco rock cantato in italiano che fosse così ben fatto. "Gordon Pym" sdogana i fantasmi di E.A. Poe anche con un ottimo video visibile in rete, "Qualche Corpo" è il mio brano carnale preferito, "L.A." è acida, "Nylon" un blues di plastilina, "Ingranaggio Fragile" è adrenalina pura mentre la conclusiva "Luna di Cenere" è, in poche parole, puro rock. Nove brani per un album (uscito via Overdub Recordings, distribuito da Code 7/Plastic Head) da ascoltare a tutto volume, per un prodotto musicale di ottima qualità, compositiva e stilistica. Un cd che serve al panorama musicale italiano, che da tempo vive in sofferenza, soggiogato da trap e vari San Remo di turno. Un disco dedicato a tutti coloro che pensano che il rock in Italia sia morto e defunto, i Cannibali Commestibili rappresentano la giusta risposta. (Bob Stoner)

(Overdub Recordings - 2019)
Voto: 76

https://cannibalicommestibili.bandcamp.com/releases

Dos Cabrones - Accanimento Terapeutico

#PER CHI AMA: Stoner/Grunge Strumentale, Melvins
Ok, a parlarci chiaro ci si capisce meglio, utilizzando perfino le immagini ed i suoni di questo duo bolognese di sola chitarra e batteria che si definisce mescaline noise grunge, che ha un teaser video di presentazione pieno di scene forti, teschi, denti e quant'altro, che mostra un artwork di copertina con un prevedibile caprone dal tono satanico ma che con una strizzatina satirica ti sbandiera in faccia un titolo pesante e duro come 'Accanimento Terapeutico'. L'immagine della band attrae i fans dei Melvins più viscerali e a pensarci bene, questa manciata di tracce completamente strumentali, tranne qualche inserto sporadico di voci filmiche o rumori (molto belli peraltro), riecheggiano un che dei fasti migliori dei Karma to Burn e qualcosa pure dei primi due album dei 35007, nel modo di costruire quelle ritmiche circolari e trascinanti. Non mi trovo d'accordo con l'accostamento agli Helmets e mi piace quando nel terzo brano, "Cabron!" i Dos Cabrones si aprono ad un punk alternativo più scanzonato, sempre influenzato dal grunge e perchè no, da certo stoner rock, quello rimbalzante e meno fumoso. Tante belle idee che però, pur rimanendo interessanti, si manifestano a mio avviso solo a metà e avrebbero anche più possibilità se la band avesse un organico più ampio, con un basso e soprattutto una voce che darebbe al tutto molto più risalto. Comunque al netto della mia impressione, il disco è piacevole e diretto, a suo modo anche sofisticato nel riprendere il filo di musiche di confine, trattandosi di Shellac o Unsane, certamente ben realizzato e studiato a puntino, anche se, scusate se insisto, in "Hell of a Trip", mi mancano proprio un basso pulsante che ci starebbe divinamente sulle esplosioni di batteria e chitarra, ed una voce sulle parti più, diciamo, silenziose. Uscito per la DeAmbula Records, questo album si ricopre del fregio di album di nicchia, per amanti dei trend rock più sotterranei e sperimentali, coscienti del fatto che pur essendo oggettivamente piacevole all'ascolto, risulterà difficile l'apprezzamento totale del grande pubblico. Ben prodotto, con suoni azzeccati e caldi, l'approccio sperimentale e rumoroso sempre dietro l'angolo, una buona esecuzione per sei brani di media lunghezza di per sè molto ruvidi e sanguigni, polverosi e roventi. Una manciata di pezzi che faranno la gioia del pubblico più impavido e aperto ad altre, alternative, personali visioni del mondo rock. Un buon debutto per i "due caproni", scontroso e quanto mai coraggioso, un disco tutto da scoprire! (Bob Stoner)

(DeAmbula Records - 2019)
Voto:70

https://doscabrones.bandcamp.com/releases