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giovedì 4 luglio 2019

Arcane Voidsplitter - Voice of the Stars

#PER CHI AMA: Drone
Oltre un'ora di musica in tre brani strumentali, una super scalata da affrontare con i belgi Arcane Voidsplitter e la loro ostica proposta all'insegna di un drone dalle tinte funeral. 'Voice of the Stars' è il titolo del secondo album della one-man-band fiamminga, capitana da Stijn van Cauter, uno che suona, tra gli altri, in Until Death Overtakes Me, The NULL Collective e The Ethereal, tutte band che conosciamo bene qui nel Pozzo dei Dannati. Le danze si aprono con le tastiere cosmiche di "Arcturus", un brano che ci porta inevitabilmente verso l'infinito astrale, immersi in mille pensieri esistenzialisti e a quel concetto di finitezza umana di fronte all'immensità dell'Universo. Le melodie soffuse quasi ipnotiche dell'opener m'inducono a questo, a scollegarmi dal mero materialismo e collegarmi di contro ad una spiritualità superiore in un enigmatico flusso dronico che mi spinge a riflettere anche su un altro quesito della scienza "siamo davvero soli nell'Universo?". No, non lo credo, mi piace pensare che ci sia cosi tanto spazio a disposizione là fuori da contenere cosi tante forme di vita che nemmeno immaginiamo. Pensieri, mille quesiti, poche certezze si dipanano nella mia testa mentre scorrono le melodie droniche ancestrali dell'opening track e della successiva "Betelgeuse" che ci catapulta immediatamente sulla stella supergigante rossa che brilla nella costellazione di Orione. Le pulsazioni sonico ambientali che si scorgono in questo angolo della galassia sono piuttosto simili a quelle ascoltate sino ad ora, ma questi quasi 35 minuti di suoni stellari, che somigliano a quelle gigantesche ma minuscole esplosioni che punteggiano le stelle, servono piuttosto a raccogliere altri pensieri e suggestioni, alla ricerca di una pace interiore che sbricioli inutili paure interiori. È musica zen quella contenuta in 'Voice of the Stars', non certo metal, e nemmeno forse vuole esserlo. "Aldebaran" è l'ultimo atto di questo viaggio interstellare, una stella considerata fortunata, apportatrice di ricchezze e onori, ma che qui ci lascia avvolti in un senso di vuoto assoluto, privo di ritmi e d'intemperanze cosmiche, un senso che induce a sognare mondi paralleli, distanti solamente qualche milione di anni luce. (Francesco Scarci)

lunedì 1 luglio 2019

Tense Up! - S/t

#PER CHI AMA: Math Rock, Fantomas
Premesso che ho quasi sfasciato il cd per estrarlo dalla custodia (e questo anche il motivo perchè cui ci abbia impiegato un bel po' a recensire il dischetto), vi racconto un po' dell'EP omonimo dei Tense Up! Dall'area di Reggio Emilia, ecco arrivare un duo con le idee chiare e brillanti, che ha catturato le attenzioni della Dischi Bervisti cosi come pure la mia. Vincenzo e Luca s'incontrano, o forse meglio dire, collidono, dando alla luce questo lavoro di soli sei pezzi dove s'incrociano math rock, psych, punk e surf rock & roll, il tutto a creare una cavalcata tirata, dall'inizio alla fine, da "Mr: Memory" a "Private Traps", in un roboante e arrogante incedere di chitarre grezze, su cui si installano come uniche voci, estratti di film noir anni '60, spoken words, urla e addirittura versi di animali. Poi è un flusso di suoni angoscianti e tormentanti che si muovono su ritmiche inusuali, schizoidi ("Carrusel") e alternative, suonando a tratti davvero dissonante, e per questo, davvero avvincente. E allora, sebbene non mi ritenga un fan del genere, devo ammettere di essere rimasto ammaliato non poco dalla proposta dei due folli musicisti emiliani, la cui creatività risiedeva già nel proporre un artwork di copertina con la protagonista de 'La Donna che Visse Due Volte', ossia quella Madeleine, scelta da Hitchcock e interpretata da Kim Novak. E allora non vi rimane altro che farvi investire dai dialoghi (in inglese ma anche in italiano) inclusi nell'album che raccontano un po' di più della stravagante proposta di questi amanti del cinema, ma anche di una musica che nella sua riverberante e aberrante stravaganza, ho trovato davvero originale. Se siete degli amanti dell'imprevedibilità di casa Mike Patton, e cercate qualcosa che per una ventina di minuti sia in grado di catalizzare la vostra attenzione, beh i Tense Up! faranno sicuramente al caso vostro. (Francesco Scarci)

(Dischi Bervisti - 2019)
Voto: 74

https://www.facebook.com/tenseupband/

Richard James Simpson – Deep Dream

#PER CHI AMA: Alternative/Indie Rock
L'ex chitarrista e cantante della band alternativa Teardrain, sto parlando di Richard James Simpson, ci delizia con un secondo album dallo stile per nulla catalogabile. Forte di un'esperienza alternativa di tutto rispetto, il musicista americano, si immerge in un'opera, 'Deep Dream', che propone brani dalle innumerevoli fonti di ispirazione, quindi, in maniera del tutto naturale, si parte da ben quattro brani di ambient/noise/elettronica, corti e dal taglio oscuro, per approdare al post punk di "Mary Shoots'em Fist", con le chitarre che ricordano degnamente i primi Christian Death. "Free" approccia qualcosa di vintage, un sound acido e molto rock anni '70, mentre la poliziesca "Half Brother, Half Clouds", rappresenta un altro esperimento sonoro dal sapore cinematografico. L' apertura verso il grunge più occulto e malato di "Job" va a sottolineare la versatilità dell'artista statunitense, che mi ricorda molto la camaleontica fantasia compositiva di John Frusciante. Il rumore la fa da padrone in "Psychedelic Mother", "The Giver" invece riprende i ritmi ferraioli di certa dance alternativa dei 90's mentre l'immobile "Pieces of You", è psichedelia profonda alla Psychic Tv in combutta con un Jim Morrison ritrovato. Tutte canzoni lampo, veloci, suonate d'istinto e velenose, buie e sporche. "Sugar Blue Inn" rispolvera la synth wave con una finta batteria d'annata, mescolandola con una chitarra tagliente, acidissima ma calda per una breve fuga mentale in compagnia di David Lynch. "Pimrose Bob" è una fottuta, violenta parentesi noise che uccide e che precede l' esperimento di The wall have ears, il tipico brano destabilizzante che starebbe bene come colonna sonora in un film horror quanto la psicotica penultima traccia "Human (Like I Versus Like Me)", che già il titolo la descrive a dovere. In conclusione ci troviamo "Cell" che è un rock allucinato, diretto e tossico, con aperture di chitarra lanciate e gonfie. Insomma 'Deep Dream' è un lavoro stralunato che ha tutte le caratteristiche per essere odiato o amato alla follia, un album che peraltro racchiude parecchi ospiti di fama internazionale che aumentano il valore del disco, tra cui Jill Emery (Mazzy Star, Hole), Don Bolles (The Germs), Dustin Boyer (John Cale), Paul Roessler (The Screamers, Twisted Roots), Mark Reback (Vast Asteroid), Ygarr Ygarrist (Zolar X) e Geza X (Geza X and the Mommymen, The Deadbeats), un'opera molto personale che mette sul piatto del giradischi un insieme di brani introversi e trasversali. A voi, ovviamente dopo un' infinità di ascolti ad alto volume ed in solitudine, la facoltà di giudicare Richard James Simpson, valutandolo come un vero genio, in stile Anton Newcombe, oppure un musicista perduto in un caos sonoro senza capo nè coda. (Bob Stoner)

Blindead - Niewiosna

#PER CHI AMA: Experimental Post Metal, Entropia
Lo dichiaro sin d'ora: sono sempre stato un fan dei polacchi Blindead, quindi potrebbe essere che la mia obiettività possa essere sporcata dall'amore che provo per questa band. Fin dalla mia prima recensione di 'Devouring Weakness', considero infatti gli amici di Danzica, una realtà musicale davvero importante nel panorama musicale europeo. Non nascondo che il vederli autoprodotti con questa nuova release, la prima con un titolo in polacco - 'Niewiosna' - mi faccia anche un pochino incazzare, però allo stesso tempo potrebbe essere un nuovo trampolino di lancio per chi in passato è stato sotto l'egida della Mystic Productions. Comunque veniamo a noi e alle cinque canzoni, mediamente lunghe, incluse in questo lavoro. Si parte subito alla grande con la title track che vede i Blindead alle prese con la lingua polacca, scelta per i testi di questo album. Il sound di "Niewiosna" si conferma come in passato, ipnotico quanto basta per avere una grande presa sul sottoscritto, ma qui forse ancor di più che rispetto ai precedenti lavori, maggior spazio è lasciato al lato strumentale e, fortunatamente, meno a quello vocale che francamente in polacco e per di più in pulito, perde un po' di interesse. Fatto sta che gli ingredienti storici dei Blindead sono sempre presenti, anzi qui forse ancor più enfatizzati. E cosi è davvero meraviglioso abbandonarsi alle fughe pink floydiane dell'act polacco, con la psichedelia che si fonde ad un post metal/sludge dalle forti tinte malinconiche. La tribalità della band cresce misteriosa in "Niepowodzenie", grazie a suoni ridondanti e ad un cantato liturgico che fortunatamente cambia spesso di tonalità e dona una certa variazione ad un tema forse alla lunga troppo stantio. La sperimentazione da sempre è parte del bagaglio dei Blindead e "Potwór Się Rodzi" lo testimonia con un cantato robotico iniziale che prepara ad un sound tra l'alternative e il post rock, in un incedere lento e suadente che sembra prendere drasticamente le distanze con quanto suonato fin qui dalla band. Ad un certo punto però ritornano i classici chitarroni post metal e pure un cantato più caustico che ci restituisce la dimensione in cui ho imparato ad apprezzare il nostro terzetto di quest'oggi. Il risultato è comunque più che piacevole oltreché dotato di una forte vena sperimentale che in questi casi non guasta mai, arrivando quasi a destabilizzare la mia mente con giri di batteria ancora una volta tribale, effluvi ritmici marziali, ripetitivi, oscuri, insani che per certi versi mi riconducono ai primi album della compagine polacca. Il disco mi piace e la band in questa sua nuova veste ancor più sperimentale, qui quasi dronica, la trovo in super forma, segno che anche il passare del tempo non usura la genialità di un gruppo di musicisti che ha fatto un passo per certi versi simili a quello compiuto dai conterranei Lux Occulta ai tempi del loro ultimo album. "Ani Lekkomyślnie, Ani Bezboleśnie" poi è un pezzo infiltrato da un industrial abrasivo che accosta i Blindead alle ultime produzioni di un altro gruppo di musicisti schizofrenici polacchi, ossia gli Entropia, segno che il nuovo vento della musica post-core sperimentale arriva da Est e non più dalle lande oltreoceano o dal nord Europa. In Polonia lo ribadisco, la scena è importante, ci sono un sacco di grandi band e i Blindead con questo piccolo gioiellino, tengono il passo o forse addirittura lo dettano. In un lavoro, in cui mi preme citare anche la partecipazione di Nihil (Massemord, Morowe) a voce, basso e chitarra, manca ancora l'ultimo tassello, "Wiosna" a chiudere, con un ambient immaginifico, un disco che ha tutti i crismi per essere una delle sorprese di questo 2019. (Francesco Scarci)

giovedì 27 giugno 2019

Sommossa - Autentica

#PER CHI AMA: Alternative Rock/Stoner/New Wave
Battesimo del fuoco per i trevigiani Sommossa, che esordiscono all'inizio di questo 2019 col loro album di debutto 'Autentica', 13 pezzi scritti tra il 2016 e il 2017, che arrivano alle nostre orecchie soltanto ora, grazie alla Overdub Recordings. Ben oltre sessantaminuti di musica, che si rifanno ad alternative rock e stoner, anche se l'opening track, "Spietata", cosi come pure "La Danza del Titubante", mi hanno immediatamente spinto ad un paragone con gli Heroes del Silencio, sia a livello vocale che strumentale, sebbene la seconda traccia sia ben più oscura e malvagia. Fatto sta che pur il genere non mi faccia brillare gli occhi, le prime due song del disco mi intrigano, soprattutto la seconda cosi darkeggiante, quasi a voler essere una versione italiana dei Fields of the Nephilim. Curioso, mi appropinquo alle successive tracce, per veder di trovare qualche altro punto di contatto con band del passato: "Putiferio" è un rock alquanto ritmato ma che nel suo ridondante incedere dice un po' pochino. "Magia" è una sorta di ballad contraddistinta da una bella linea melodica che se fosse stata cantata in inglese, avrebbe reso di sicuro di più. Siamo nei dintorni di uno stoner ragionato invece con "Se un Dio Esistesse", quasi a voler mostrare che i nostri sono ferrati anche laddove serve mostrare i denti. Chiaro è che non siamo in presenza di ritmi forsennati, ma qualche bel riffone e qualche buon testo (di derivazione "litfibiana") si ritrovano nel pezzo. I ritmi si fanno più tirati e rabbiosi con "Parto Decisamente Sfiancante", anche se il cantato in italiano cosi pulito, non dà mai quella sensazione di spaccare i culi come accade o accadde ad altre band nostrane che hanno utilizzato la lingua madre nei loro testi. Si va avanti e "La Canzone Vipera" ci fa ripiombare in ambientazioni lugubri di scuola gothic-dark, Burning Gates, tanto per citare un'altra band o per i profani, basti pensare ai Litifiba di 'Istanbul'. "Natiche" forse si lascia ricordare di più per il suo testo eroticheggiante che per la sua new wave dalle tinte plumbee. "Ferragosto Psichedelico" è un altro brano che mi fa sorridere più per il titolo che per i contenuti puramente musicali: anche qui siamo nei paraggi di un sound new wave che mi riporta malinconicamente ai favolosi anni '80. "Alternanze" sfoggia una bella chitarra ad alto contenuto depressive rock in un brano comunque dotato di una certa carica di rabbia. L'inizio della lunghissima (ben nove minuti) "Saremo di Nuovo Io e Te" sembra "Another One Bites the Dust" dei Queen anche se poi la song evolve in territori di dance elettronica che mi ha evocato la splendida "Satana" dei Nuvola Neshua. Insomma tanta carne al fuoco, che per certi versi sottolinea la vena un po' troppo derivativa dei Sommossa, che di strada da fare ne hanno ancora parecchia. Intanto 'Autentica' è un discreto biglietto da visita, a cui dare certamente una chance. (Francesco Scarci)

(Overdub Recordings - 2019)
Voto: 69

https://www.facebook.com/sommossarmata/

The Pit Tips

Francesco Scarci

Waste Of Space Orchestra - Syntheosis
Chrome Waves - A Grief Observed
The Haunting Green - Natural Extinctions

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Dominik Wehner

Vulture - Ghastly waves & battered graves
Misþyrming - Algleymi
Martyrdöd - Hexhammaren

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Alain González Artola

Jotun - Askvinter
Eluveitie - Ategnatos
Bathuska - Panihida

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Shadowsofthesun

Sumac - The Deal
Kina - Se Ho Vinto Se Ho Perso
Caterina Barbieri - Ecstatic Computation

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Michele Montanari

Adom - Self Titled
Burning Gloom - Amygdala
Duel - Fears Of The Dead

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Five_Nails

Death - The Sound of Perseverence
Visigoth - Vengeance
Judas Priest - Firepower

mercoledì 26 giugno 2019

Endimion - Latmus

#PER CHI AMA: Death/Doom, primi Paradise Lost, Autopsy
Da Concepción - Cile, veniamo omaggiati di un lavoro di death doom atmosferico, grazie alla seconda release degli Endimion, intitolato 'Latmus'. La band, attiva oramai dal 2005, ritorna a distanza di otto anni dal precedente album, con queste dieci tracce senza infamia ma pure senza troppa lode. Diciamo che la proposta del quartetto sudamericano, a parte qualche trovata particolare, non è proprio originalissima, anzi puzza quasi di stantio e obsoleto. Dicevo di qualche trovata interessante, e penso al chorus evocativo di "Palabra Vacía" (si, i testi sono in spagnolo e trattano temi che si rifanno alla mitologia greca), cosi come alla parte ritmica di metà brano, che si affida ad un paio di giri di basso interessanti, poca roba però di fronte ad una canzone che sembra perdersi in mille cambi di tempo perchè in realtà non si sa realmente dove voler andare a parare. Anche peggio la successiva "Vigilia", un pezzo che poteva funzionare nel 1990, con i primi album di Anathema o Paradise Lost, ma che qui francamente dice poco o nulla. Le cose provano a migliorare con la doomish "Espectro", almeno nella prima parte decisamente più ispirata, visto che poi si scade ancora nel già sentito e mal suonato, al punto tale da spingermi a skippare a "Efialtis", altro pezzo che poteva stare su 'Lost Paradise', opera prima dei ragazzi del Paradiso Perduto, questo per farvi capire quanto 'Latmus' sia lontano da ogni dinamica sonora attuale e quindi quanto possa essere elevato il rischio di scadere nel già sentito in almeno un centinaio di dischi usciti negli ultimi 30 anni. Mi spiace, non ci siamo per niente ed è un vero peccato considerato il background in cui sono cresciuti i nostri, visto che da quelle parti è nata gente del calibro di Mar de Grises o Clair de Lune Morte, ma ahimè siamo lontani anni luce da quelle ottime performance dedite ad un death doom atmosferico. Le cose non migliorano nemmeno quando i nostri provano a virare verso sonorità più tirate ("Arpegios de Viento") o più melodiche ("Eones de Piedra") e doomeggianti ("Naos Katara"). Di strada ce n'è tanta da fare, se l'intenzione è quella di essere ricordati nelle enciclopedie della musica, altrimenti meglio lasciar perdere. (Francesco Scarci)

(Australis Records - 2019)
Voto: 50

https://endimionband.bandcamp.com/

Inez – Now

#PER CHI AMA: Mystic Americana Desert Pop, Mark Lanegan
Secondo album per Inez, al secolo Ines Brodbeck, cantautrice basilese di origini cubane classe '81, che si muove con grazia e un piglio piuttosto sicuro in territori roots con influenze latine piú o meno marcate, nel solco tracciato da artisti quali Calexico o i Giant Sand di 'Chore of Enchantment', senza però disdegnare incursioni in scenari più contemporanei, richiamando le suggestioni cinematografiche della collaborazione tra Danger Mouse e Daniele Luppi. Sapientemente prodotto dal musicista di Tucson, Gabriel Sullivan, già membro dei Giant Sand e fondatore degli XIXA, il disco si snoda fra dieci tracce che sono quadretti dai colori intensi e i contorni sfumati, passando dal cuban blues di Guajiro Negro e Verano, ai Calexico apocrifi di 'Buchblatter', anche se i momenti migliori sono forse quelli in cui si cerca una voce piú personale, ibridando l’incedere desertico dei brani con un linguaggio meno legato ai modelli di partenza, come i chiaroscuri sporcati di synth di "Rising Sun", la sinuosa "Man from War" (che vede proprio “Mr. Calexico” Craig Shumacher come special guest), che vira verso atmosfere Coheniane, o la tenebrosa "Prophet", cantata con Sullivan, la cui voce è talmente simile a quella di Mark Lanegan da richiamare i celebri duetti dell’ex Screaming Trees con Isobel Campbell. Manca forse il guizzo decisivo o un pezzo che spicchi in maniera particolare, ma la qualità media della scrittura è evidente e il risultato finale piuttosto intrigante. Da seguire. (Mauro Catena)

(Czar of Crickets Productions - 2019)
Voto: 70

http://inez-music.com/

lunedì 24 giugno 2019

Soundscapism Inc. - Touching Your Infinity

#PER CHI AMA: Progressive/Post Rock, Antimatter
Li abbiamo già incontrati un altro paio di volte i Soundscapism Inc., in occasione dell'uscita dei precedenti lavori. La band in realtà non è altro che il progetto solista del musicista portoghese Bruno A., trapiantatosi da qualche anno in quel di Berlino, da dove dà sfogo a tutta la sua vena creativa. 'Touching Your Infinity' è l'ultimo nato, un album di dodici tracce che include addirittura una cover di Rihanna ("Diamonds") e una dei Joy Division ("Atmosphere"). Il progetto, che vede il coinvolgimento anche di altri artisti (Usama Siddiq, Flavio Silva, Kylie Siva, Nik Laskaridis, Shara Laya), viaggia come in passato, sui binari del post rock dalle tinte progressive. Si parte con la suggestiva intro "Brace for Impact" che spiana la strada a "Kopfkino", un pezzo che riprende quanto fatto da Bruno in precedenza. Una piccola perla di rock progressivo ed intimista, in cui a cantare accanto al mastermind lusitano, c'è il cantante pachistano Usama Siddiq. Se dovessi fare un paragone, penserei agli Antimatter, anche se nella parte (relativamente) più tirata, gli ultimi 60 secondi, ci ho sentito addirittura un che dei The Ocean nella loro versione più pulita. "Tendorama" apre con una parte parlata inserita su delle tenui melodie di chitarra (acustica + elettrica). Sicuramente c'è una grande dose di malinconia nelle note di questa traccia cosi come in tutto l'album in generale, forse ancor più amplificate nei tocchi di piano della title track e nella voce calda del factotum portoghese, che ricordo aver collaborato in passato con Daniel Cardoso (Anathema) nei Vertigo Steps. E proprio pescando tra gli album degli Anathema, quelli dal mood più nostalgico, 'We're Here Because We're Here' o 'Wheather System', il disco dei Soundscapism Inc. va a trarre nuova linfa vitale nei successivi brani. Un peccato che "Headspace" sia un pezzo strumentale, con la voce di Bruno avrebbe acquisito maggior valore. Lo stesso dicasi di "Fake Storm Alerts" che, pur mostrando quel quid tipico della band inglese che avevo trovato in pezzi come "Angels Walk Among Us" o "A Simple Mistake", ha la sfortuna di non vedere la performance di Bruno dietro al microfono, fatto salvo per alcune spoken words. Le cose migliorano drasticamente con la cover dei Joy Division, ma quella già in partenza era un ottimo brano. Il disco continua a marciare verso territori ambient intimistici, sfoggiando tra le migliori performance di Bruno e i suoi ospiti, un crescendo etereo ("One Last Sip Of Night") e magico (qui c'è il violino di Shara Laya a incantare) fino al finale, un po' più difficile da comprendere, legato alla cover di Rihanna, dove a supplire nel ruolo della cantante barbadiana, troviamo Kylie Siva, in compagnia nuovamente con Flavio Silva ai cori. Insomma 'Touching Your Infinity' è un buon lavoro, che conferma l'ottimo stato di forma di Bruno A. e dei suoi Soundscapism Inc., a cui mi sento solamente di suggerire di limitare i brani strumentali, cavalcando l'onda della sua magnifica voce. (Francesco Scarci)

domenica 23 giugno 2019

Hunternaut - Inhale

#PER CHI AMA: Hard Rock/Post Grunge, Alice in Chains
Terminata l’eterea intro di sintetizzatori, ammetto di aver pensato per un attimo di aver inserito per sbaglio un disco degli Alter Bridge nello stereo! Scherzi a parte, il riff introduttivo di “Oxidize”, con quell’intreccio della doppia linea di chitare whammate, lascia percepire da subito certi richiami al quartetto di Orlando nel disco, soprattutto nelle parti chitarristiche di ispirazione piuttosto Tremontiana. L’impronta Hunternaut emerge comunque in un hard rock solido, ma dalle sfumature tetre allo stesso tempo, quasi ancorate a certe cose dei Tool. Certo giungono ad alternarsi anche sezioni meno grevi (“Soap Bubbles”, “Out There”), funzionali più per orecchi non abituati a volumi troppo alti, ma comunque piuttosto piacevoli. Le linee vocali abbastanza melodico-italianizzate, coniugano poi la potenza propria del gruppo a questi momenti di ristoro, dai toni più leggeri, rendendo il climax complessivo abbastanza altalenante. Forse proprio per questo gli otto brani di 'Inhale' ci portano anche a qualche spunto riflessivo, più di quanto ci si aspetti di primo acchito. Il quartetto di rockers si era presentato al mondo musicale con "Hundreds of Scars", versatile singolo estratto da quest’album d’esordio, uscito nell’aprile di quest’anno per la (R)esisto Distribuzione. Nonostante la giovane età, i quattro musicisti bresciani dimostrano comunque una notevole attenzione agli arrangiamenti, supportata poi dal mordente e dalla passione tipici, che si concretizzano in questo debut dalle diverse chiavi di lettura, senza estremismi o leziosità, ma adatto a tutte le tipologie di ascoltatori, anche i meno attenti. Le potenzialità ci sono, soprattutto perché questi ragazzi hanno una strada lunga davanti, per poter stupire con qualche bel colpo. Restiamo in traccia. (Emanuele "Norum" Marchesoni)

((R)esisto Distribuzione - 2019)
Voto: 68

https://www.facebook.com/HunterNautBand/

Zambra - Prima Punta

#PER CHI AMA: Post-hardcore/Post-metal, Breach
Soffocare e resistere. Soffocare nel cemento di periferie infinite, negli scarichi di auto incolonnate lungo dedali di superstrade, nelle folle di centri commerciali sempre più grandi e numerosi. E resistere a questo fiume in piena fatto di rifiuti, indifferenza e degrado che è la nostra società in corsa verso il baratro. 'Prima Punta', primo long playing degli Zambra, è tutto questo: un hardcore plumbeo e soffocante, brutalizzato da influenze metal e contaminato da escursioni post-rock e noise, tanto in grado di far soccombere l’ascoltatore sotto il peso del disagio esistenziale, quanto di suscitare un acuto desiderio di ribellarsi a questa deriva.

L’artwork del disco, raffigurante un’oscura boscaglia in contrasto con bianche montagne sullo sfondo (il cui profilo aguzzo non a caso richiama anche il logo della band di Sesto Fiorentino), potrebbe essere interpretato come un tentativo di esorcizzare le malsane atmosfere urbane che caratterizzano i brani, tuttavia l’andamento a zig-zag dei picchi ci fa pensare anche alla rappresentazione grafica di una tendenza dall’esito funesto.

Ed eccoci ai pezzi: i maestosi riff di “Metano”, una miscela tossica di post-hardcore e sludge,ci accolgono a cazzotti in faccia con quella che potrebbe essere la colonna sonora per una prognosi infausta urlata ad un paziente che non ne vuole sapere di ascoltare i consigli del medico. Comprendiamo che il carburante di 'Prima Punta' non siano i veleni che inquinano l’aria delle nostre città, quanto la rabbia e la frustrazione espresse dall’alternarsi di slanci hardcore dal sapore marcatamente anni novanta e deflagrazioni post-metal degne dei Neurosis di 'A Sun That Never Sets': queste sensazioni generano la scintilla che mette in moto la marcia implacabile di “FoscO” e trasudano dalle ritmiche laceranti di “Ambra”, mentre gli spasmi nervosi di “Rimaggio” evocano suggestioni post-apocalittiche.

Grinta e dinamiche incazzate dunque non mancano nell’album, ma è da sottolineare l’eclettismo degli Zambra nel non appiattirsi unicamente sulla pesantezza sonora e ricercare costantemente intrecci più elaborati, benché sempre al servizio di atmosfere decadenti ed introspettive: ne sono un esempio l’inquietante esperimento noise\ambient di “Yanusz”, l’ipnotica e rituale “Oca Bianca” e lo straziante inno di sofferenza e disillusione che è “Lottarox”. Chiude “Sun Chemical”, brano di oltre sei minuti che ci lascia una triste fotografia del nostro probabile futuro, fatto di tramonti nascosti dai fumi delle ciminiere, dal cemento di squallidi palazzi e dall’acciaio di gru puntate verso il nulla.

'Prima Punta' è un disco istintivo, genuino e che va dritto al sodo, proprio per questo vi entrerà nel cuore. È un grido disperato nella cacofonia di rumori urbani, lo sfogo per il fardello di insofferenza che tutti ci portiamo dentro e di cui vorremmo liberarci: prendiamo esempio dagli Zambra e forse qualcuno inizierà a chiedersi il perché di tutte queste urla e forse non sarà troppo tardi per invertire la rotta. (Shadowsofthesun)

(Black Candy Records/Coypu Records - 2018)
Voto: 86

https://zambra.bandcamp.com/album/prima-punta-lp-2018

giovedì 20 giugno 2019

Vous Autres - Champ du Sang

#PER CHI AMA: Black/Post-core, Blut Aus Nord
In Francia non si sbaglia un colpo. Hanno vinto l'ultimo Mondiale di calcio, la Champions femminile di calcio negli ultimi quattro anni, primeggiano un po' ovunque, soprattutto nella musica estrema, che vede affacciarsi sulla scena i Vous Autres e il loro debut album, 'Champ du Sang'. Nove inni di pura malvagità all'insegna di un black metal contaminato da post metal, industrial, dark e doom. Questa è almeno la sensazione che scorgo durante l'ascolto dell'opening track, "Sans Lendemain", quasi nove minuti di sonorità sofferenti e malefiche, sorrette da atmosfere spettrali, screaming vocals, ma anche ritmiche tirate che mi spingono ad individuare in gente tipo Blut Aus Nord o Deathspell Omega, le principali influenze di questo duo originario tra Nantes e Parigi. "Pauvre Animal, Simple Pantin" prosegue sulla falsariga, provando a sgretolare certezze consolidate di chi ascolta, alimentandone invece paure e angosce. Colpa, senza ombra di dubbio, di quelle meravigliose atmosfere da castello infestato, generatrici di mostri ed incubi, create dalle sinistre keys e da un tappeto roboante di percussioni e chitarre graffianti. Non è possibile rimanere impassibili nemmeno di fronte alla notte più buia espressa in "En Souffrance Devant Dieu", cosi come dal deflagrante e marziale incedere di "Vos Erreurs Consternantes" che schiude ad un'altra influenza dei nostri, quella dei conterranei CROWN. Un disco multiforme questo 'Champ du Sang', un disco ove immergersi nel fangoso ed oscuro sound, fatto di riverberi, suoni ipnotici, splendide melodie soffuse, bombe ritmiche, vocalizzi dannati e ambientazioni minimaliste, decisamente rarefatte. Penso a "Tes Jours Passés" ad esempio, dove ampio spazio viene lasciato ad una lenta malinconica musicalità, con tanto di voci cerimoniali in sottofondo, quasi ad evocare lo spettro dei mai dimenticati (almeno per il sottoscritto) Decoryah per poi virare verso ambiti più orrorifici. Il disco alla fine è notevole, suonato con meticolosità e sagacia, sospinto da una buonissima vena creativa e vede ancora alcuni episodi di grande interesse. Uno di questi è lo sgangherato rifferama di "Le Gouffre est Devant", dissonante, sghembo, disarmonico, ma sempre estremamente ispirato, nella più pura tradizione transalpina. L'altro è rappresentato dalla lunghissima "La Tristesse de Tes Déboires", dieci minuti che si aprono con landscape desolati (chi ha detto Godflesh?) che coprono metà del brano, e lasciano poi posto ad una mistura di dark, black e post-core, davvero da brividi. Che altro dire se non invogliarvi all'ascolto di questo magnifico ed evocativo album, rilasciato da questi maestri di enigmatici suoni tenebrosi. (Francesco Scarci) 

(Sleeping Church Records - 2019)
Voto: 80

https://vousautres.bandcamp.com/album/champ-du-sang

martedì 18 giugno 2019

Ysengrin - Réincrudation

#FOR FANS OF: Occult Black Metal, Mortuary Drape
Ysengrin is a French band founded in Normandy back in 2005. Currently, the band consists of three musicians, being Guido Saint Roch the only founding member of this band. Ysengrin began as a solo project, but Guido has traditionally been accompanied by other two musicians in order to complete the line-up. The current bass player, known as Alrinack and Inkantator Kour, who shares the duties of playing the keys, performing the vocals and other stuff with Guido, are involved in many other underground projects. So in practice Ysengrin continues to be Guido´s personal project.

The Ysengrin´s sound is usually defined as “hermetic dark metal” and it can hardly be restricted to only one subgenre. The band´s peculiar and primitive style flows between the boundaries of doom, death and black metal. Conceptually, the music is strongly influenced by esoteric and occult themes, which play a major role in the forge of Ysengrin´s very personal creations. The ambience is dark and suffocating and the production has been traditional raw, yet very atmospheric. Ysengrin´s core sound is clearly represented in the album 'Réincrudation'. This is in fact not a new work, but a compilation of the remastered old demos 'Archivum MMV-MMX' and 'Alchimëte'. 'Réincrudation' portraits the very personal sound of Ysengrin in its purest form. The compositions have a primarily slow pace, very doomish and atmospheric. The first half of the album contain tracks like “Abstinence”, which have a pretty repetitive pace with very simple drums and riffs with a quite raw and crushing tone. The variety only comes in form of interludes, which strengthen the mysterious atmosphere of the whole work. Anyway, the most interesting tracks come at the last part of this compilation. A remarkable example would be “Antéros”, which has more diverse structures. Vocally speaking, the band combines the typically death metal growling vocals with a clean one. The growls are quite primary and remind me the most traditional and underground death metal scene. On the other hand, the clean ones have a distinctive occultist touch, as they sound like a sorcerer invoking a demon. The peak of 'Réincrudation' is undoubtedly the longest and most elaborated track entitled “Mystéres De L ´Artifex”. The production in this track seems to be better balanced and cleaner, yet still rasping. It combines the aforementioned harsh and clean vocals with better structured guitars riffs. The track flows more naturally and it has a more coherent structure, less weird, which could be worse for some people, but it is much better in my opinion. It also contains some interesting keys in the background and even some bells who add a mysterious touch. Experimentation and weirdness don´t disappear as Ysengrin still introduces some dissonant guitars riffs which reinforce this gloomy and occult ambience.

Ysengrin´s music is in fact not an easy one to digest. Though I must admit that the 65 minutes that this work lasts have been a hard tack for me, there are still some good points to highlight, which save the album for me. When the tracks are better composed and have a more varied touch Ysengrin´s occult metal can have some interesting details and remarkable sections as it happens in songs like “Mystéres De L´artifex", for example. This is obviously a demo compilation, a fact which makes understandable that the band had yet some aspects to polish. Last tracks, as I have mentioned, mark the correct path for the band so it would be interesting to see what Ysengrin can offer in 2019. (Alain González Artola)

(I, Voidhanger Records - 2019)
Score: 55

https://i-voidhangerrecords.bandcamp.com/album/r-incrudation

Rancorum - The Vermin Shrine

#PER CHI AMA: Death Old School, Entombed, Morbid Angel
Se la francese Les Acteurs de l'ombre Productions è focalizzata nella promozione di band del proprio paese, ecco che un atteggiamento analogo viene perseguito anche dall'etichetta rumena Loud Rage Music, attenta nello scovare band interessanti nel proprio nutrito sottobosco. E cosi, ecco arrivare da Bucarest i Rancorum, moniker che non mi fa proprio impazzire, ma che a livello musicale, non appaiono proprio degli sprovveduti. Alfieri di un death metal old school, il quintetto rumeno esordisce con 'The Vermin Shrine', sei mortifere tracce che presentano vari rimandi nel proprio tortuoso sound. Se ascoltiamo l'opener "Voidification", è inevitabile non pensare ai Morbid Angel nei saliscendi ritmici imposti dai cinque musicisti. Ritmica solida, massiccia, poco spazio alle melodia, in un brano ritmato che mette in mostra certamente un bravo vocalist dietro al microfono, un'ottima produzione, bella potente ma poco altro. Con "Bedlam of Saints" ci trasferiamo invece in Svezia, Stoccolma per l'esattezza, per godere di quei riferimenti musicali che resero grandi gli Entombed nel periodo d'oro tra 'Left Hand Path' e 'Clandestine'. Certo non si raggiungono le velocità vertiginose di quei due album, ma i nostri Rancorum ci deliziano con un sound massiccio, assai ritmato che rievoca proprio i gods svedesi e i loro compari Grave e Dismember, il trittico delle meraviglie per ciò che concerne il death metal scandinavo. La musica non cambia poi di molto anche con le successive "Nadiral" e "The Shining", due brani che vanno dritti per la loro strada senza proporre troppi stravolgimenti alla proposta del combo rumeno, solo che questa volta nelle linee di chitarra ci sento un che di 'Testimony of the Ancients' dei Pestilence. Peccato solo manchi quella delirante componente progressive che rese grande l'ensemble olandese, sebbene non abbia nulla da obiettare nei confronti dei Rancorum per ciò che riguarda il livello tecnico-esecutivo. Il limite di 'The Vermin Shrine' sembra essere alla fine la sua eccessiva monoliticità che non apre neppure a qualche sprazzo melodico. Questo ne rende l'ascolto probabilmente poco entusiasmante, necessitiamo infatti di parecchi ascolti per assimilare la proposta della band. Si prosegue intanto con la veemente "Towards Below" che con la conclusiva title track, hanno ancora da regalarci quindici minuti di suoni percussivi, assai ritmati nel primo caso, che a metà brano sembra quasi avvicinarsi al death doom, ma che finalmente regala un tagliente assolo finale. Con l'ultima "The Vermin Shrine" ci caliamo negli abissi per un pezzo che ha ancora modo di evocare l'essenza di un mostruoso a tre teste formato da Morbid Angel, Entombed e Pestilence. (Francesco Scarci)

(Loud Rage Music - 2018)
Voto: 70

https://rancorum.bandcamp.com/