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domenica 10 maggio 2015

My Home on Trees - S/t

#PER CHI AMA: Alternative/Psych/Stoner
Poche volte mi è capitato di essere colto da uno stato simil catatonico durante un concerto, infatti nella maggior parte dei casi la musica ti prende e inizia un headbanging sfrenato oppure si resta semplicemente indifferenti e si approfitta dell'occasione per consultare la lista delle birre disponibili al bancone oppure per attaccare bottone con qualcuno. Con i My Home on Trees (MHOT) è stato subito un rapimento dei sensi, una sorta di sindrome di Stendhal musicale dove la band diventa protagonista e tutto quello che ti circonda diventa ovattato e poco importante. Iniziando dal principio, il quartetto milanese è giovane come band, ma presenta idee chiare e un'ottima determinazione nell'affrontare il proprio percorso musicale. I MHOT si focalizzano poi su sonorità tra lo stoner e l'heavy blues/psichedelia, un po' sull'onda che sta imperversando in questo ultimo periodo, però la band non cerca la via facile. Infatti il risultato è un EP aggressivo, pregno di groove che nel live trova la sua miglior rappresentazione, ovvero una bomba fatta di riff, luci e ritmi alchemici. Il tutto è condito dal fatto che i quattro musicisti fanno il loro lavoro alla grande, sono rockstar sul palco e non al di fuori, cosa che molte band devono ancora capire. Un altro punto a loro favore è la vocalist, voce graffiante e bluesy che ricorda Reilika Saks (frontwoman dei Luna Vulgaris), una di quelle timbriche che ti rapisce dopo pochi secondi di ascolto e che raggiunge livelli altissimi di espressività. Questo perchè i MHOT non puntano solo all'impatto sonoro tipico del movimento stoner, ma affondano a piene mani nella storia del blues più psichedelico. "Silence" è l'esempio lampante di quanto detto: in sette minuti abbondanti la band vi cullerà, accarezzerà, lancerà nel vuoto ed infine vi darà uno schiaffo di quelli che vi rintroneranno per un bel po'. Di per sè non aspettatevi nulla di sperimentale, il brano è un classico del genere, ma è molto vario a livello melodico, gli arrangiamenti sono azzeccati e i suoni sono quelli giusti. I break sono molti e caleidoscopici, e ogni strumento ha lo spazio per esprimersi al meglio. I riff di chitarra sono sanguinei e ogni colpo di plettro vi entrerà fino all'osso, il tono è leggermente acido, ma quello del buon fuzz, mica le brutte distorsioni che imperversavano nell'etere qualche anno fa. In chiusura la chitarra si addolcisce di delay e riverbero, come un liquido caldo che scorre e cade giù, giù nei vortici del phaser. Il quarto brano dell'EP (in totale sono cinque) si intitola "Night Flower" ed è un altro assaggio del quartetto milanese. In questa traccia si apprezza una sezione ritmica trascinante, la batteria è il cuore pulsante che cresce e diminuisce in sintonia con il mood del brano, come il basso che dalla profondità delle sue frequenze serpeggia minaccioso. Qualche vena post punk traspare dagli arrangiamenti di chitarra ma non fanno che aggiungere un tocco di personalità in più che potrebbe essere la giusta via per dare maggiore respiro alla scrittura dei brani. Concludendo, questo EP omonima è un'ottima prova dei MHOT che mettono subito in chiaro che la scena si è arricchita di una nuova band che vuole bruciare le tappe. Aspettiamo con ansia il full-lenght ora. (Michele Montanari)

Iamdisease – Praznina

#PER CHI AMA: Post Metal/Hardcore
Sette brani in poco più di venti minuti, un pugno allo stomaco diretto e ben calibrato. Questo risulta essere 'Prazina', il nuovo album uscito nel 2015 via Moonlee Records, degli Iamdisease, band slovena attiva dal 2009 e dedita ad un hardcore venato di metal pesante e oscuro. Mi piace accostarli ai nostri RFT nel ricordo di un album capolavoro come 'La Cognizione del Dolore', per l'attitudine senza compromessi di un cantato efficace e urticante in lingua madre, che non lascia scampo. Un canto supportato da un sound pesante, ossessivo e pulsante che richiama la forza d'urto dell'hardcore di scuola Coalesce e Pro–Pain ed il metal estremo di band come i The Ocean o i Kataklysm. Le prime sei tracce sono di puro impatto e di corta durata, come di buon costume hardcore. Lampi e tuoni in una manciata di minuti, una scarica di rabbia e adrenalina lungo la schiena espressa in modo molto convincente Il suono è molto distinto e curato all'inverosimile, tutti gli strumenti si sentono perfettamente ed il mostro sonoro è oliato alla perfezione, così da rendere al meglio, come l'artwork di copertina. Anche le parti più rallentate e sludge, assai presenti, suonano aggressive e pesanti, potenti e dirette con quel giusto equilibrio tra pulizia del suono ed impatto che arricchisce il piacere d'ascolto dell'intero album. Il brano più lungo del lotto è il settimo e conclusivo, "Druga Narava", che offre un riassunto delle potenzialità della band anche nella lunga distanza. Il brano di apertura "Praznina", rimane comunque il mio preferito e la sua possente struttura alternativa offre alla band un solido futuro e un tocco di personalità notevole in un genere che non offre molte vie d'uscita. Ottimo lavoro! (Bob Stoner)

(Moonlee Records - 2015)
Voto: 75

https://www.facebook.com/iamdisease

Shallow Rivers - The Leaden Ghost

#FOR FANS OF: Doom/Death, Encoffination, Hooded Menace
The massive second album from Russian Doom/Death act is quite a challenging listen, but one that’s more based on the extreme length of its material than anything else of real importance or detriment to the album. Weaving gorgeous guitar-work and blazing melodic leads here that leave an impressive atmosphere of far lighter fare than the traditional features of the genre who go for darker, much more oppressive styles of atmospheric riff-work which does manage to get a lot of impressive works here. While there’s still the ever-prevalent melodies and atmospheric wandering that are placed in here, the fact is this one instead opts for the droning, melancholic atmospheric that’s quite more motivated in other sections to mesh with pulverizing guitar rhythms, churning riff-work and plenty of energetic work here that keeps the tempo far more engaging here than would normally be the case as this one becomes far more enjoyable as it goes along. Intro ‘Of Silent Winds that Whistle Death’ slowly winds away from droning riff-work and bland melodies for a rather impressive series of darkened riffing, pounding drumming and quite explosive energy throughout the running time which manages to continue on through the extreme rhythms, dynamic variation and tempo changes and the influx of twisted riff-work that makes for a solid, engaging opener. Likewise, ‘Light Upon Us, Haze Around Us’ opts for the eerie atmospheric droning intro before settling for a churning mid-tempo romp through deep, dynamic patterns, plenty of dynamic drumming and the sort of melancholic atmosphere early on not really utilized in a lot of Death Metal before unleashing the maelstrom in the later half with pulverizing double-bass blasts, frantic melodic sweeps and the sweeping aggression found there to make for a more stand-out track that really plays well with its’ epic length. Dialing back on the length, ‘Scorched, Wrecked, Torn, then Crumbled to the Sea’ still offers crushing riff-work and blasting drumming weaving through complex arrangements, blasting tempos and utterly frantic sweeping patterns that carry on the same frantic energy and dynamic rhythms that the longer tracks offered which makes for back-to-back highlights. While ‘We are Cold’ switches it up to a generally enjoyable repetitious riff played around dynamic drumming blasts and effective atmospheric influxes, the shortened length comes off as though from a different band compared to the much more engaging epics elsewhere here. ‘Snow’ feels more traditional with swirling riff-work and dynamic tempos that it really feels like a condensed version of their longer epics and is quite enjoyable with its churning riffing, atmospheric leads and pounding drumming carrying this one through. Finally, the title track goes back to the epic-ness of the rest of the material with blazing riff-work, churning melodies and atmospheric leads that let the heavy rhythms, dynamic drumming and darker works come through quite nicely here which is what makes this one so much more enjoyable and exciting by ending on another strong note. Overall, this was quite an impressive effort and really only struggles with the length of its songs for the most part. (Don Anelli)

(BadMoonMan Music - 2015)
Score: 85

https://www.facebook.com/pages/Shallow-Rivers

sabato 9 maggio 2015

Inexorable - Sea Of Dead Consciousness

#PER CHI AMA: Death Old-school, Immolation
Più si va avanti e più si torna indietro, lo avete notato anche voi? Non sto parlando solo di sonorità old-school da qui a un po' di tempo decisamente rispolverate e re-interpretate, ma anche di riesumazione prima dei vinili e poi delle cassette. Questo per dire che il nuovo EP dei teutonici Inexorable è uscito non solo in digitale, ma per gli amanti del retrò, anche in tape. Meno male che lo scorso anno, ho acquistato sia giradischi che mangianastri, altrimenti a quest'ora mi sarei già suicidato. Ecco trovarmi quindi al cospetto di questo spaventoso 'Sea of Dead Consciousness', manifesto di oscuro old-school death metal, che già avevamo apprezzato con il precedente album 'Morte Sola'. Le sonorità di questo EP di 6 pezzi (di cui 3 sono cover) non distano poi cosi tanto dall'impasto sonoro brutale e morboso del precedente lavoro, in quanto la band macina discordanti pattern ritmici grazie soprattutto a schizoidi riff di chitarra e a vocals caustiche. L'aria cupa che si respira nella release, potrebbe essere assimilabile all'immagine di parecchie città dell'ex blocco sovietico, contraddistinte da un'atmosfera severa e da un cielo molto spesso plumbeo, su cui si stagliano monolitici palazzoni di cemento. Dopo le tre nuove ferali song degli Inexorable, l'ossigeno mi sembra quasi mancare, complici le asfissianti ambientazioni e una produzione low-fi che amplifica ulteriormente un senso di disagio che pervade i pezzi di questi musicisti. Il secondo lato della cassetta, si apre con un intro acustico, e alla prima delle tre cover, la mitica "De Mysteriis Dom Sathanas" dei Mayhem, riletta in un modo forse ancor più brutale. Le velocità sostenute da cascate di blast beat trovano forse il primo rallentamento con la seconda tecnica cover, la infestante "I Feel Nothing" degli Immolation, che attesta le influenze old-school dei nostri amici tedeschi. A chiudere ci pensa "Black Magic Mushrooms" dei redivivi Mysticum, in una song death beat da brividi. Interessante esperimento che sicuramente accontenterà i fan in attesa del nuovo full length dei nostri. (Francesco Scarci)

(Unholy Prophecies - 2015)
Voto: 65
 

giovedì 7 maggio 2015

The Pit Tips

Larry Best

Heidevolk - Velua
Ensiferum - One Man Army
Sonata Arctica - Ecliptica

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Claudio Catena

Unreal City - Il Paese del Tramonto
Tool - Lateralus
Faith no More - Motherfucker

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Mauro Catena

Pile - You’re better than this
Curtis Harding - Soul Power
Riley Walker - Primsore Green

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Francesco Scarci

Himinbjorg - Wyrd
A Forest of Stars - Beware the Sword You Cannot See
Moonspell - Extinct

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Yener Ozturk

Death - The Sound of Perseverance
Neurosis - Through Silver & Blood
Amenra - Mass III

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Michele "Mik" Montanari

Ozric Tentacles - Paper Monkeys
Bantoriak - Weedooism
Deafheaven - Roads to Judah

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Don Anelli

Mentally Defiled - Aptitude for Elimination
Et Moriemur - Ex Nihilo in Nihilium
Unmercenaries - Fallen in Disbelief

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Bob Stoner

Deviate Damaen - Retro - Marsch Kiss
Callisto - Secret Youth
Haiku Funeral - Nightmare Painting

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Philippe Perez

Love of Diagrams - Blast
Anto Pascoe - To Escape
Octo/Leagues - Beat Tape

mercoledì 6 maggio 2015

Himinbjorg - Wyrd

#PER CHI AMA: Pagan Black Progressive, Enslaved
Li ho persi di vista per parecchio tempo, lo devo ammettere, addirittura dal 2005 quando uscì 'Europa'. Sono trascorsi 10 anni e neppure mi sono accorto che fosse stato rilasciato nel 2010 'Chants d'Hier, Chants de Guerre, Chants de la Terre...', un lavoro quasi totalmente trascurato dalla critica, ma che ho fatto mio quanto prima, per rimediare alle mie mancanze. Tornano gli Himinbjorg, che io ho imparato ad amare con 'Haunted Shores' (al pari di 'The Mantle' degli Agalloch), con il loro settimo full length, dal semplice titolo 'Wyrd'. Ci rituffiamo quindi alla scoperta di tempi lontani, in cui la fierezza dei popoli si manifestava in guerre di conquista per assoggettare popoli rivali. Ecco in sintesi la proposta pagana del quartetto transalpino, che si muove tra le linee di un viking black epico e maestoso. Una breve intro e poi "The Sword of Dignity" apre le danze richiamando i Bathory più ispirati, gli Enslaved più potenti e il duo Falkenbach/Agalloch nella loro veste più bucolica. La proposta del combo di Chambéry è più che mai convincente, alternando rasoiate estreme, coadiuvate da vocalizzi abrasivi (stile Immortal) a frangenti in cui è la solennità della musica a ergersi sopra a tutto. Suscitano notevolissimo interesse i ragazzi della regione del Rodano-Alpi, anche quando attaccano inviperiti con un rifferama mordace, quello di "The World of Men Without Virtue - The Circle of Disillusion", song che trova la sua summa quando è una visione più evocativa dei nostri a prevalere e lo screaming cede il passo a eroici chorus o declamanti parole in francese, mentre sul fondo, le meravigliose melodie vengono disegnate da tipici strumenti folk, che creano naturalistiche atmosfere. Un break acustico mi rimanda all'impareggiabile 'Haunted Shores', per non parlare poi dello splendido assolo che chiude una traccia che ha lasciato solo brividi sulla mia pelle. Un inizio alla Primordial per la quarta "The Circle of Warriors", song assai ritmata, una sorta di inno alla guerra che richiama nei suoi cori gli ultimi Enslaved, forse la band a cui i francesi tendono maggiormente col proprio sound. Splendido il finale poi, affidato alle melodie delle cornamuse. Si torna a picchiare che è un piacere con "Initiation", ove la furia imperversa sovrana attraverso vertiginose scorribande black e in cui il dolce suono di un flauto si palesa a metà brano e duetta con quello delle vibranti cornamuse, mentre le chitarre impreziosiscono una prova già di per sé meravigliosa. Coadiuvati da una eccellente produzione, gli Himinbjorg si affidano al black progressive di "The Mirror of Suffering - The Circle of Ghosts" per stupire i propri fan (e i nuovi che verranno): la song è oscura e minacciosa con Zahaah alla voce, che sembra abbandonarsi quasi a un rituale sciamanico. Quell'effetto sciamanico che rivive anche e soprattutto in "The Shamanic Whisper", cosi come indica il titolo, ed esalta l'animo guerriero dei nostri in una traccia dai contorni iniziatici. Un bell'intermezzo strumentale etno-folk con "Another Shore" e si arriva alla conclusiva "The Eternal Light", pezzo mid-tempo che decreta il ritorno in grande stile degli Himinbjorg, per cui prometto fin d'ora di non perderne più le tracce. Voi fate altrettanto e ascoltate senza esitazione 'Wyrd', una vera e propria epopea sonora! (Francesco Scarci)

(European Tribes - 2015)
Voto: 85

martedì 5 maggio 2015

Unreal City - Il Paese del Tramonto

#PER CHI AMA: Progressive Rock
È veramente con tanto piacere che scrivo di questo lavoro dei nostrani Unreal City, gruppo dedito, fin dagli esordi nel 2008, ad un bel progressive piuttosto classico cantato in italiano. Reduci dalla pubblicazione di un EP prima, e di un debutto sulla lunga distanza poi, questo secondo album si presenta in tutta la sua imponenza: 71 minuti di ottima musica, atmosfere che cambiano in continuazione e testi degni di un'opera di tale importanza, disegnano il quadro di quello che 'Il Paese del Tramonto' ha da offrire all'ascoltatore. Per uno come me, cresciuto con il sottofondo dei vecchi vinili di prog anni '70 di mio papà, questo CD ripresenta un genere per il quale l'Italia ha avuto di che potersi vantare. Sarebbe davvero inutile e superfluo nominare i tanti gruppi che hanno contribuito a rendere il prog una vera e propria pietra miliare del sound creato nei '70s. Inutile perché in queste righe voglio rendere giustizia agli Unreal City, che nonostante la giovane età, hanno saputo creare un disco che potrebbe far bella mostra di sé sugli scaffali accanto ai mostri sacri del genere. Cambi di tempo molto naturali, mai nessuna forzatura, poche sviste a mostrare ad ogni costo l'ottima preparazione dell'act di Parma che comunque è presente, ma sempre a servizio della canzone. I passaggi jazzistici tipici del prog ci sono, piacevolissimi “discorsi” tra chitarra e tastiera ci accompagnano lungo le 7 tracce, con la suite “ Ex Tenebrae Lux”, posta in chiusura e divisa in quattro parti. Il CD è registrato divinamente, i suoni sono limpidi e ben si amalgamano alla voce di Emanuele Tarasconi che divide il “lavoro” con Francesca alla chitarra, Dario al basso e Federico alla batteria, tutti musicisti che meritano i complimenti, bravi sul serio. Come per tutti gli album “importanti”, bisogna ascoltare varie volte il disco prima di apprezzarne le molteplici sfumature e finezze, ma fidatevi che non è per niente un sacrificio, anzi. Soprattutto, bisogna considerare 'Il Paese del Tramonto', come un'opera da comprendere nella sua totalità, cercando di evitare l'ascolto di una singola traccia; solamente in questa maniera la musica verrà fuori in tutta la sua bellezza, in un crescendo di emozioni e atmosfere che renderanno i 70 minuti d'ascolto, talmente veloci da sembrare perfino pochi. Ed è anche per questa ragione che non riesco ad esprimere la mia preferenza per una singola traccia, anche se “Lo Schermo di Pietra” presenta una struttura che potrebbe avvicinarsi all'ipotetico potenziale “singolo” del disco. Un lavoro ben costruito e ben realizzato che rende giustizia ad un gruppo valido come gli Unreal City, che entra di diritto nella mia TOP 5 per ciò che concerne il 2015. Solo applausi per questi quattro ragazzi, che si meritano le platee del Tour Europeo che sta toccando e che toccherà svariate località in lungo e in largo per il vecchio continente. Sono sicuro che al mio applauso, se ne aggiungeranno tanti altri. (Claudio Catena)

(AMS Records - 2015)
Voto: 85

Sol Sistere - I

#PER CHI AMA: Post Black, Wolves of the Throne Room, Alda, Addaura
Questa volta la Pest Productions è andata a pescare in Cile, più precisamente nella capitale, Santiago. I Sol Sistere è un terzetto formato da membri ed ex- di altre band che abbiamo già incontrato qui nel Pozzo, Bauda e Animus Mortis, tanto per citarne un paio. La proposta dell'act sud americano è un post black atmosferico (tanto per cambiare) che nelle tre song contenute in 'I', trova modo di citare gli Addaura, gli Alda o i decisamente più conosciuti Wolves of the Throne Room. Gli amanti del black cascadiano troveranno qui nuove scintille illuminanti di un black metal che vive di sussulti furibondi e onirici frangenti atmosferici, come già la opening track, "Relentless Ascension", ha modo di offrire. Sebbene melodici e decisamente piacevoli da ascoltare, il genere inizia a essere sovrassaturo di entità di questo tipo. È già infatti giunto il momento di dare una netta sterzata ad un sound che negli ultimi due-tre anni ha regalato ottime perle musicali (Deafheaven su tutti), ma che, ora come ora, inizia anche a stancare, poiché già povero di soluzioni. E 'I' giunge proprio nel momento sbagliato perché poco ha da regalare di nuovo. Non bastano le cavalcate di "Egregorian", lo screaming animalesco di C. o le notturne sterzate post-rock di "Reborn", per gridare al miracolo; rimaniamo lontani anni luce dai gods americani, che peraltro dovranno inventarsi nuove soluzioni per svecchiare il post black. Superflui. (Francesco Scarci)

(Pest Productions - 2014)
Voto: 60

lunedì 4 maggio 2015

No Return - Fearless Walk to Rise

#FOR FANS OF: Death/Thrash Metal, Loudblast, Vader
Making it to album number nine here, these French Death/Thrashers are certainly well aware of their place and legacy being one of the forerunners of the scene in general as well as being one of the first extreme metal bands to emerge from the country. As befits their legacy at this point, the band simply offers yet another crushing version of their signature sound here as the merging between the two genres is clear and straightforward. Plenty of energetic Thrash-based riffing, dark chords and the occasional interjection of melody seem to be the order of attack here, and this ends up creating rousing, up-tempo tracks with strong riffing and tight rhythms that remain a hallmark of both genres. The keyboard melodies featured are a lot more atmospheric than the other melodies as those are based more on the guitar prowess displayed throughout here. The problem with all this is the fact that it all tends to feel routine as if there’s nothing out-and-out dynamic about the material. Rarely does it ever feel like they’re about to wallop you over the head with their charging attack, instead staying a bit more low-key which ends up making this feel a lot less vicious and intense. It’s well-played and certainly never gets flat-out boring, which is a testament to their veteran instincts but this could certainly stand a few more killer, go-for-the-throat type of tracks. Instrumental intro ‘Ascent’ features moody atmospherics and dynamic drumming marching through grandiose arrangements that set the stage perfectly for proper first track ‘Stronger Than Ever,’ which features crushing drum-blasts and scorching melodic riffing turning into tight, mid-tempo patterns and hammering drumming through the frantic thrash chugging with atmospheric interjections of melody for an impressive first offering. ‘Submission Fails’ brings along a few more dissonant riffs into the mix but still features enough crushing leads, frenzied double-bass blasts and some nice melodies enjoyably crushing effort. The scorching ‘Sounds of Yesterday’ blasts into tight, crunchy riffing and blazing drumming through up-tempo, ravenous paces with a series of swirling keyboard melodies spiced up among the barreling riff-work for a true album highlight, as well as containing what is probably their best soloing on the album. ‘Paint Your World’ is another pretty heavily-leaning atmospheric melody-driven effort but drives hard riffs and plenty of tight drum-work into another strong back-to-back track. Opting out of the straightforward thrashers, ‘Face My Dark’ is the album’s most melody-heavy offering which tends to run throughout the whole track and taking a few minor interjections for some intense riffing but mostly that just falls away for the melodies for a strangely decent if unspectacular effort. ‘Bloodbath Legacy’ runs a little more intensely with a stronger series of riffs and plenty of dynamic drumming that keeps the energy up throughout the momentary melodic interjections for a much stronger and enjoyable thrasher. Going into longer territories, ‘Sworn to Be’ uses steady, melodic riffing among the tighter rhythms swirling around the raging rhythms and tight riffing carrying the melodic leads along for an enjoyable offering that never really gives off any sense of its true length. Holding back on the melodies altogether, ‘Fearless’ features raging frenzied riffing and pummeling drumming plow through up-tempo sections blazing with furious riffing and dexterous drum-work that continue on throughout here with minimal interjections for the album’s best effort. Lastly, ‘Hold My Crow’ brings strong crunchy melodies and pounding drum-work along a steady mid-tempo pace with strong melodies throughout as the crushing rhythms carry this one through for a strong lasting impression here. Still a good album, but one that could’ve gone a little darker and more intent on dishing out the intensity. (Don Anelli)

(Mighty Music - 2015)
Score: 80

venerdì 1 maggio 2015

Chapter V:F10 - Syndrome

#PER CHI AMA: Black/Doom, Dissection, primi Katatonia
Seguo Astaroth Merc e i suoi Raventale, sin dal debut album del 2006. Da allora sei lavori all'attivo per il musicista ucraino. È dal 2012 però che se ne sono un po' perse le tracce e oggi finalmente il mastermind di Kiev torna a dar segno della sua esistenza con un nuovo progetto, i Chapter V:F10. D'accordo il nome lascia un po' a desiderare, ma badiamo al contenuto di questo 'Syndrome'. Si tratta di un album di sei tracce, edito dall'etichetta BloodRed Distribution, in cui Astaroth Merc trova un nuovo fido compagno alle vocals, tal Howler. Andiamo ad immergere quindi le nostre orecchie nel demoniaco sound della neonata band ucraina. Si parte con le graffianti chitarre di "Progression" e il turbinio sonoro creato dall'impatto feroce dei nostri è una sorta di armageddon sonoro che inghiotte tutto ciò che lo circonda. I ritmi sono convulsi, le chitarre acuminate e le screaming vocals diaboliche. Echi di Dissection e Unanimated trovano ben presto conforto in un approccio un po' più pacato che accenna ai Katatonia di 'Dance of December Souls'. Che ne dite, vi interessa la proposta? A me sinceramente parecchio, ma si sa che io sia un nostalgico di quelle sonorità, in bilico tra una brutalità sopraffina e una marea intrisa di malinconia. "Reclaim" conferma l'approccio black doom dell'oscuro duo, con ritmiche nere come la pece e un cantato malvagio. Basta l'inizio di "Nectar" a mettermi i brividi per il suo incontenibile impeto sonoro e le sue linee melodiche da incubo, cosi come per la sua divampante carica energetica, che automaticamente la eleggono mia song prediletta dell'album. La furia prorompente dei Chapter V:F10 dilaga in "Hollow", traccia dall'incedere aspro ma che mantiene comunque inalterata la melodia di fondo che costituisce la matrice sonora dei nostri. "Mercury" è ancor più orientata al versante death metal con una ritmica infernale che solo nelle taglienti chitarre in background, mantiene inalterato il suo legame con lo swedish black metal. Il risultato è decisamente accattivante anche quando i due indiavolati toccano vertiginose velocità corredate da un drumming stile contraerea degna dei cieli di Bagdad durante la guerra del Golfo. Il disco sembra non trovare sosta e anche con la conclusiva "Ending", si tornano ad esplorare i meandri del miglior black doom "katatonico", sebbene in una versione strumentale. Che altro dire se non suggerirvi l'ascolto di 'Syndrome', gran bel lavoro dei Chapter V:F10. Ben tornato Astaroth! (Francesco Scarci)

(BloodRed Distribution - 2015)
Voto: 80

https://bloodreddistribution.bandcamp.com/album/syndrome

?Alos – Matrice

#PER CHI AMA: Sonorità Avantgarde/Noise/Sperimentali
Sono sempre felice di ritrovarmi tra le mani un nuovo disco di Stefania Pedretti, la ragazza dalla folle e geniale arte con i dreadlock lunghissimi, chiamata ?Alos, la mitica performer/artista/sperimentatrice e musicista che condivide anche l'arte degli OvO con Bruno Dorella. Questo suo nuovo album, realizzato con l'aiuto di Lorenzo Stecconi e intitolato 'Matrice', è uscito per la Cheap Satanism Records nel 2015, e sonda terreni cari alla sperimentazione tout court basata su rumori e disarmonie creati ad arte, dal groove molto nero, teso e spettrale. L'interpretazione dei brani è comandata da un istinto primitivo nevrotico. Le evoluzioni canore di ?Alos toccano vertici drammatici e asprissimi che sfiorano le malate alchimie vocali di Diamanda Galas fino quasi a ricercare il plagio come devoto omaggio. Il tutto si svolge all'insegna di quel suono freddo, a metà tra l'ambient e l'industrial, la rumoristica urbana dei primissimi Einsturzende Neubauten ed il suono desolante e metallico dei Les Tambours du Bronx che fanno scuola. Musica velata quella di Stefania, da una oscura tendenza dub ipnotica e da una manciata di distorsioni dal sapore sludge/doom che riportano le composizioni dell'intera collezione ad un più attuale stato di modernità. Il lotto si apre con "Ecate" ed espone subito l'innata propensione ad un suono luciferino e negativo, carico di spettri e fantasmi tanto caro alla corrente sperimentale di un certo depressive black metal. Molto bello il suono realistico delle tracce, con un effetto quasi live, che nel brano "Luce/Tenebre", guidato da sonorità che renderebbero felici anche gli Electric Wizard e i droni Sunn O))), sembra riesumare una nuova versione senza batteria né chitarre di "Religion II" dei PIL in una versione indemoniata e apocalittica, stracarica di stupefacenti, e cantata con lo stesso spirito del Rotten dell'epoca ma con lo stile della musa ispiratrice Galas. "Ignis Rede Elixer" è la song più violenta e buia, che ricorda le sperimentazioni degli AMM in una veste più oscura, ai confini canori con certo black metal d'avanguardia e distorta come lo erano gli Atari Teenage Riot ai tempi d'oro del digital hardcore. L'incedere lento di 'Matrice' si fa notare per quella sua cadenza rallentata e la lunga durata, per il sound cosmico, decadente e mistico, quasi fosse un demone impegnato in un rito sacrificale. Il disco si chiude con "Hyle", ed è sperimentazione pura tra jazz d'avanguardia (Naked City), drone music, le lontane percussioni di memoria 'Flowers of Romance' (PIL) ed i sussulti della nostra eroina a emulare 'The Litanies Of Satan' (Diamanda Galas) in maniera del tutto personale e tanto ispirata. Musica di nicchia, non per tutti, da ascoltare decisi ed interessati. Astenersi perditempo. (Bob Stoner)

(Cheap Satanism Records - 2015)
Voto: 80

https://www.facebook.com/signorinaalos

Space Project - S/t

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Post Rock
Benvenuti all’ascolto degli Space Project. Invito lor signori e lor signore a premunirsi d’un guardaroba variegato. Non me ne vogliate, non è una questione di forma. È una necessità sonora per vivere appieno quest’album fatto di ambientazioni che spaziano da un tempo all’altro. “Atlantis” apre le danze. L’esordio è in grande stile. Vestiamoci anni ‘30 e prepariamoci a farci condurre da frange che ondeggiano ritmicamente al batter di batteria, al diteggiare di trombe, allo schioccare di dita, al danzare di ballerine abbellite da perle e luccichii. Le strumentalità sono prorompenti, ma conservano un retrò style che affascina. Rallentate, frenate, fermate la vostra Rolls Royce. Siamo al cambio d’abito. Comodi, ma non casuali. Abbiate cravatte slacciate su camicie sbottonate, così come tacchi su vestiti che fanno intuire, ma non rendono giustizia. Non c’è forma in questa “Breathe”. Non c’è forma, ma c’è stile ancora. Gli Space Projet non deludono. Una voce dipana da una soglia prima invisibile, ora tracciabile, descritta da un fondo accennato di fiati e di piano. Ascoltare talvolta è apoteosi al descrivere. Fiati ancora. Soffusi di suoni ancora. Una chiusura che spazza il dubbio che questo pezzo sia stato dolcezza, imprimendo la propria rabbia nostalgica nella musica. Eppure, abbiamo sognato. Ora avrei bisogno di un ibrido alcolico di sapori, forte. Con “Horizon” non c’è che da staccare un biglietto di sola andata per… Chiedetemi la destinazione del nostro viaggio e vi risponderò che questo pezzo vi farà viaggiare a costo zero. Sonorità fatte di Marocco e di sete veleggianti. Per pochi istanti la schizofrenia di “Horizon” chiama i Deep Purple, poi la tromba e la batteria corrono allo stile ska che fa di sè e della penisola iberica il proprio emblema. Il brano non ha un epilogo. È se stesso. È sporcato da se stesso, invaso, confermando la propria identità sino alla fine. Eleganza prego nel vostro abbigliarvi ora. Siete invitati ad un capodanno atemporale. “Wanderer”. Fatemi assaporare questo riff, prima di dirvi che quest'album, giunto all’epilogo, ha bpm che fanno del proprio battere un climax bipolare ascendente, goliardico, ingannevole. Il pezzo induce postumi seducenti. Dopo il primo minuto le sonorità sono evanescenti, insolute, memori di anni '80-'90 con moti pregevoli che ricordano la sacralità dei Rolling Stones e dei Pink Floid. Lasciatemi bere l’ultimo sorso di questo dialogo tra elettriche, trombe, batterie metalliche. E l’ascolto è per pochi estimatori. Il soffondere per tutti. Per me c’è un altro album ora da mandare on air nelle mie serate. (Silvia Comencini)

Unmercenaries - Fallen in Disbelief

#FOR FANS OF: Doom/Death Metal, Funeral Doom Metal, Dysphorian Breed
This debut release from the Russian/German trio Unmercenaries manages to really get some unique tastes here as this is yet another band that really seems to play quite well with the expectations of their chosen genre. The fact that the band decides not to just to go with Doom Metal infused with Death Metal touches but rather for Funeral Doom Metal to be a big operating factor here means that the music is even slower, more monolithic and meaty which makes for an all-around more crushing and oppressive experience. The riffs are just crushing, agonizingly slow and heavy, the drumming leaves this feel like a subterranean nightmare and the whole experience evokes that perpetual feeling of dread and darkness that only the best Doom Metal can muster, just buoyed ever-so-often with thick Death Metal riffing and the occasional atmospheric keyboard influx. While this is certainly a fantastic effort in this particular genre, the fact that there’s just no amount of impressive riffing that can ignore the fact that all this means is that the band is certainly just plodding along with snail-like paces, dragging tempos and endless rhythms that drag songs out far longer than they really should which seems to be due to the constraints of the genre rather than anything to do with the music itself which his enjoyable enough. Intro "Among the Stars" moves past the opening bass drones for some thick, heavy bass-lines amid the churning riff-work and oppressive atmosphere featured here as the heavier riffing gives way to lighter acoustic work and celestial keyboards throughout the finale that really offers a fantastic cross-section of the two chosen genres morphed together for a wholly enjoyable opening. "A Portal" mixes crashing guitar riffing with plodding, droning drumming that lets the dark, oppressive atmosphere of the riff-work sink in while weaving the melancholic patterns, dirge-like pacing and heavy atmosphere throughout wailing solos and gurgling vocals for another altogether impressive offering. The first of the two massive epics, "Circles of Disbelief" starts extremely slowly but soon picks up with some crushing riff-work, pounding drumming and that ever-present atmosphere of dread and oppression that meanders throughout out that tends to make this seem all the more dark and daunting to sit through makes it the better of the two with perhaps some trimming from the beginning and the deletion of the banal celestial atmospherics to render an even better effort. "A Beggar's Lesson" gets some decent use out of the rather atmospheric acoustic work on display as well as the effectively crushing riffing on display that lets the length work to its advantage by letting it slowly build-up to an effective advantage but it’s filled with droning riffs that have all been heard before on here which means it’s effective at being enjoyably repetitive. That’s just about the biggest problem here, the length of the tracks tends to wear on listeners far more often than it really should. (Don Anelli)

(MFL Records - 2015)
Score: 75

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Haiku Funeral – Nightmare Painting

#PER CHI AMA: Electro Black/Avantgarde, Dodheimsgard
Fingere che un album simile non debba rientrare negli ascolti dovuti sarebbe da ipocriti come dire che questo duo transalpino, formato da Dimitar Dimitrov (electronics, keyboards, vocals) e William Kopecky (bass, vocals), non abbia creato un piccolo capolavoro sotterraneo. L'ibrida creazione sonora di 'Nightmare Painting' tocca vette sovrumane di originalità, costruita prendendo il meglio di tanti sottogeneri del metal e dell'elettronica alternativa. Sul lettore la carrellata di brani scorre che è un piacere. Tra i suoni troviamo un delizioso senso di perversione molto caro al black d'avanguardia e un'elettronica oscura che ricorda i pionieri Renegade Soundwave ed il Gary Numan più contorto e gotico. Dietro alla musica, c'è tanta passione per la new wave meno nota degli eighties come i gloriosi In Excelsis; il basso è dominante in molti brani e quando strizza l'occhio alle ritmiche più funk, la somiglianza con le sperimentazioni nella world/etno music del compianto Mick Karn, mette i brividi. La genetica di queste composizioni è tanto complessa e vitale che ci porta ad apprezzare una band trasversale ad ogni costo, affetta da una voglia conpulsiva di mescolare, unire e disgregare tutto ciò che fino ad ora è già stato ascoltato. Il buio sintetico e la voglia di stupire degli Haiku Funeral ricordano le cose migliori di Coldworld, Ulver e Dodheimsgard, che collegate alle sonorità elettroniche dei Project Pitchfork dei tempi migliori, ci fanno scoprire una band in piena forma creativa. Mescolando la new wave con l'ambient più decadente, la cadenza doom alla sperimentazione black, l'industrial alla psichedelia plastificata, ci si rende subito conto fin dal primo ascolto di quanta fantasia compositiva ci sia dentro queste canzoni bilanciate da un perfetto equilibrio. Il cd ha un lato commerciale invidiabile, una pregevole produzione ed una buona orecchiabilità che non guasta le potenzialità incendiarie più heavy, volgendolo sempre ad una platea d'ascolto di ampio raggio. Sebbene uscito nel 2012 per la Aesthetic Death, 'Nightmare Painting' risulta essere tutt'ora l'ultima opera di una splendida unione artistica tra due musicisti illuminati, aperti ad ogni sensazione sonica, in grado di captare, catturare e destrutturare le basi della musica estrema fino a farla apparire accessibile, mantenendo intatte le radici progressive ed estreme della band. Difficile radiografare una per una le tracce dell'album per giudicarle, in quanto il cd va messo sul lettore ed ascoltato fino in fondo come fosse un'unica immensa composizione. Esperienza sonora totale, una fucina di idee...grande prova! (Bob Stoner)

(Aesthetic Death - 2012)
Voto: 90

http://www.haikufuneral.com/