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venerdì 31 maggio 2024

L'Ombra - Soli

#PER CHI AMA: Alternative/Post Rock
Una band di Chambéry, un quartetto formato da basso, chitarra, batteria, e una cantante di origine italiana, canzoni cantate in entrambe le lingue madri delle due nazioni cugine. Una musica dal forte accento teatrale ma non predominante, un post rock d'ampio respiro nel suo apparire, ma usato come paravento per nascondere altre mete e contaminazioni, tra cui un fondo jazz, la canzone d'autore francese e il mondo alternativo già esplorato dagli italiani C.F.F. e il Nomade Venerabile, con accenni di Amaury Cambuzàt e i suoi Ulan Bator, riabilitato in maniera più romantica e decisamente con meno tensione. Il disco è interessante ma difficilmente farà presa su un pubblico abituato al rock più generico, sicuramente, al contrario, sarà parecchio apprezzato da chi è avvezzo a derive Neo prog. La canzone "Soli", divisa in due parti, dona il titolo all'opera, giocando sul doppio significato fonetico della parola in italiano. In "Tissu", appare persino uno sfogo alternative dalle tinte prog metal, un po' come lo intendevano i Porcupine Tree e molte atmosfere potrebbero addirittura accostarsi alla band britannica se non fosse per l'interpretazione vocale di Giulia Romanelli, che condiziona e direziona fortemente l'operato del gruppo in maniera poetica, e dove una morbida malinconia quotidiana, fatta di piccoli momenti di vita, è divisa tra il personaggio sognante del film Amelie, e l'astratto che vive nel brano "Milady" dei Matia Bazar. Un'idea di ricerca di libertà, che ben si associa a una visione francese, positiva e sognante, vitale dal punto di vista artistico, propositiva, lontana dal decadente bohèmien e così distante dagli attriti politici e sociali di oggi. Colpisce molto il lavoro ritmico del basso, anche se devo dire che tutti i brani sono ben gestiti da abili musicisti. In particolare "L'Hirondelle" mostra un aspetto molto più ampio e veritiero delle possibilità della band, risultando il più complesso e dall'impatto meno jazzato, guidato da una chitarra cristallina in una sorta di evoluzione tipica di band come gli Airbag, che lascia il fiato in bocca, con una melodia triste e un finale drammatico dallo stile cinematografico. "Amigdala" riporta un concetto più cabarettistico e qui Giulia mescola le due lingue con stile e scioltezza. "Plume" ha uno forma che ricorda certi brani della psichedelia pop anni '60, ovviamente rivista con gli occhi e lo stile di questa band, e devo ammettere che il cantato in francese ha un suo fascino particolare e quel tocco di magia in più, anche quando la Romanelli usa l'italiano, un timbro personalissimo che ricorda Rossana Casale, e il suo modo di esprimere il canto jazz. Ho apprezzato poi tanto "Nonni", il cui testo mi par di intendere che sia di qualche dialetto regionale del nord Italia, e mi si perdoni l'ignoranza se non riesco a decifrarne la zona geografica certa (immagino il piemontese), e questo rimarrà per sempre un mio vuoto, anche se noto una somiglianza di accento con alcune cose di Mara Redeghieri. In realtà, mi piace molto il loro stile teatrale, legato a una poetica che li eleva dal panorama del solito rock e anche se li accostassimo al mondo del progressive, suonano troppo diversi ed eterei, per rinchiuderli fra il perimetro di questo genere; forse il post rock potrebbe essere il posto in cui collocarli, se proprio volessimo classificarli, anche se questo posizionamento rimarrebbe comunque riduttivo. Un lavoro tuttavia complicato, che deve essere ascoltato più e più volte per essere apprezzato veramente, un disco che fa un balzo in avanti dal precedente omonimo album, per qualità e varietà compositiva, per la bellezza della sua copertina, come per la migliore produzione, un disco fatto per ascoltatori aperti alle mille sfaccettature del rock d'autore contaminato e in continuo movimento. (Bob Stoner)

Bones - Sons of Sleaze

#FOR FANS OF: Death/Crust
These guitars (which I notice the most of) have good bar chords/tremolo picking in the reminiscent to vein of Usurper. They're groove oriented and not overly technical but some quick parts as well as some grind pieces. The drums go along well with the guitars. As a highlight, the experimental guitars and vocals are different yet unique. I'd like to say that the music is aggressive, full of blast beats (sludge), a raw production sound and solid lead guitar.

These guys sure as hell CONQUER. I like the guitars and vocals the most. The guitars are ambient and unique. The vocals are pretty brutal, but they sound good alongside the rest of the music. That's what makes this release so dominating. Not only are they different as a band, they also have a great deal to contribute to the scene. I wasn't really sure what genre sludge meant in the metal arena, but now it makes sense. The only element that fell a little bit short is the production quality. Aside from that, everything is pretty solid. The music was very original and didn't sound like anything that I've heard from before. They're in their own zone, therefore that's what makes them the most dominating. All the songs are unique, they pack a punch and therefore leave the listener in awe.

They put on quite a stage presence and on this studio performance out in 2013 was well constructed. As I say, they sound just like they do, which is in their own capacities. I like all the songs and think that they show what a band they are, unique and resilient. The music dominates the most, with the guitars in their own. And the vocals yelling but thoroughly tolerable.

This is the first sludge oriented band that I've ever heard. The tremolo picking and bar chords show what a devastating band they've woven their way into. A full annihilation as it became constructed into this whole recording. They deserve positive feedback from me because they are such a valuable band! Check this out! (Death8699)


mercoledì 29 maggio 2024

Seth - Divine–X

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
E mentre è in dirittura d'arrivo il nuovo disco dei francesi Seth, andiamo a riscoprire il terzo fenomenale album per questa appassionante black metal band. 'Divine-X' non smentisce le loro capacità e non gli fa smarrire l’impronta black apprezzata sui primi due lavori. Qui i nostri si presentano più intricati di atmosfere, ritmiche e cambi di tempo, e l'album ha un tono a tratti, tetro e spesso drammatico, quasi ipnotico. La varietà delle canzoni mostra perizia tecnica e una intensa ricerca musicale brillantemente evidenziata da una registrazione nitidissima, per cui tutti gli strumenti e la voce (quasi gracchiata, in altri momenti sussurrata, urlata e soffocata, parlata) si distinguono durante i loro complessi percorsi che si sfiorano e si distaccano, non perdendo forza e pesantezza, accogliendo dolcemente le tristi melodie dei brani, ampliandole col passo della batteria e accelerazioni gridate come gli strilli in principio strozzati. Alcuni arrangiamenti elettronici ricamano le canzoni lievemente, mentre la batteria palesa qualche deriva death metal in qualche sporadico stacco. Il fascino per l’oscurità e il mistero, in sue moltissime sfaccettature e compenetrazioni, viene sviluppato lungo otto ottimi brani, il cui unico difetto, sembra essere la scarsa durata.

(Osmose Productions 2002/2022)
Voto: 74

https://www.facebook.com/innomineseth

Trail of Tears - Winds of Disdain

#PER CHI AMA: Symph Death
Toh, chi si rivede? Dopo oltre dieci anni di silenzio in cui la band si era addirittura sciolta, ritornano sulle scene i norvegesi Trial of Tears, band che si era accodata a un genere, il gothic symph death, tanto in voga a fine anni '90, con band del calibro di Tristania, Theatre of Tragedy o primi The Gathering. Parecchi album positivi, fino al canto del cigno, quell''Oscillation' con cui avevano dato addio alla scena. Oggi, i sei scandinavi tornano, dopo qualche cambio di line-up, e sembrano essere più determinati che mai, con un disco bello tosto a livello ritmico, e le chitarre dell'opener "Winds of Disdain", title track dell'album, sembrano dimostrarcelo con un riffing robusto a cavallo tra il thrash e il death metal, l'immancabile vocione di Ronny Thorsen (ex Blood Red Throne), questa volta accompagnato dall'eteree vocals della gentil donzella di turno, la catalana Ailyn, ex Sirenia, e sempre ottime melodie, che trovano conferma anche nella successiva "Take These Tears", il brano più breve dei quattro, ma forse anche quello che meglio si ficca nella testa, complice anche un brillante assolo conclusivo. Si passa poi a "No Colours Left", apparentemente più ruffiana, ma il growling minaccioso del buon Ronny ristabilisce quei toni aspri che abbiamo avuto modo di apprezzare nelle prime due song. Poi ovviamente, come il genere vuole, ecco a far da contraltare la splendida voce da soprano di Ailyn, ma il riffing è bello bastardo (a tratti, al limite del black), con la song che si muove tra continui cambi di tempo che ne rendono l'ascolto piuttosto vario e interessante, con il comparto solistico a farla da padrone ancora una volta, quasi a riportarmi ai fasti di un tempo. Chiaro poi, che non stiamo ascoltando nulla di realmente innovativo, ma la proposta dei rinnovati Trail of Tears si mostra più solida rispetto al più recente passato che si era andato ammorbidendosi pericolosamente. L'ultima traccia di 'Winds of Disdain' è rappresentata da "Blood Red Halo" che prosegue sulla falsariga delle precedenti, con il tipico alternarsi tra growling vocals e gli ammiccanti vocalizzi della cantante catalana, forse qui più presenti che negli altri brani. Insomma, un gradito ritorno, nell'ottica di un disco più lungo e strutturato. Ora sono curioso di sentirli sul full length. (Francesco Scarci)

(The Circle Music - 2024)
Voto: 70

https://www.facebook.com/trailoftearsofficial/

lunedì 27 maggio 2024

The Pit Tips

Francesco Scarci

Finterforst - Jenseits
Rotting Christ - Pro Xristou
Milanku - A l'Aube

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Alain González Artola

Moonscar - Withered Sacred Soils
Ophanim - Tämpelskläng
Stilleklang - Tränen der Vergangenheit - Part III

domenica 26 maggio 2024

Jours Pâles - Dissolution

#PER CHI AMA: Dark/Black/Gothic
Terzo album per i francesi Jours Pâle e terza recensione da parte del sottoscritto per i nostri. Il duo, che originariamente era un trio che inglobava membri provenienti da Stati Uniti e Svezia, ha profondamente cambiato la propria line-up con l'uscita di scena dei due "stranieri" e con l'ingresso di Stéphane alla chitarra, lasciando al buon Spellbound la gestione di tutto il resto (anche se c'è da segnalare la presenza di due turnisti). La band, transalpina fino al midollo, si può dedicare ora con questo 'Dissolution' a quella che in realtà sembra essere la normale prosecuzione dei due precedenti lavori, continuando cosi a proporre un black melodico multisfaccettato, pregno di significati lirici e musicali, che mantiene tuttavia quella complessità tecnico compositivita che avevamo potuto apprezzare in precedenza. Nove le tracce per cercare di convincerci, per la terza volta, della bontà della proposta dei due musicisti di Auvergne, con l'incipit affidato a "Taciturne", un pezzo che in realtà di black metal ha ben poco, se non qualche accelerata post. Voci pulite (un filo teatrali e costantemente proposte in lingua madre), chitarre pulite, un sound che si muove tra gothic, dark, post punk e una buona dose di malinconica intrisa in realtà in tutto il lavoro, caratterizzano infatti il brano. E cosi il pezzo si lascia ascoltare piacevolmente, in un'altalenante danza tra partiture heavy metal e roboanti accelerate post-black, che poco si discosta dalle mie parole precedentemente scritte per 'Tensions'. Più cupa la successiva "La Reine de Mes Peines (Des Wagons de Détresses)", dove si palesano anche vocals più estreme e disperate, mentre il suono delle chitarre si schiude attraverso uno stridore insano, accompagnato però da eleganti tocchi di pianoforte, e dove la tensione delle ritmiche viene stemperata da un delicato break atmosferico e da uno splendido assolo che chiosa un bombastico finale rutilante. Mi piace e devo ammettere che al primo ascolto, avevo fatto parecchia fatica a digerirli, complice probabilmente la mancanza di quell'invisibile filo musicale che possa in un qualche modo legare tutti i brani. Brani che in realtà sono si legati da molteplici aspetti, ma che ai primi ascolti non sono cosi facili da individuare. E cosi, ascolto dopo ascolto (si, ne servono davvero parecchi), ecco che il disco prende quota e cresce nella sua logica perversa, cosi anche in emotività, robustezza (ascoltare la selvaggia "Noire Impériale" per credere, con l'ospitata alla voce di Torve degli Ascète), credibilità (non che non ne avessero nei precedenti lavori, sia chiaro), creatività (stravagante la proposta inclusa in "Les Lueurs d'Autoroutes", con la presenza anche di una voce femminile, che ritornerà anche nella title track). 'Dissolution' vola via tra cavalcate post-black, inserite in un contesto gotico, ma con dei magnifici assoli (ad opera del buon Stéphane), che elevano la qualità del disco. Tra gli altri brani che ho apprezzato sottolineerei poi la sferzante componente estrema di "Réseaux Venins", spezzata da una straziante componente vocale che mi ha evocato, per certi versi, "Ifene" dei nostrani Deadly Carnage. Altra segnalazione la merita "Limérence" e la sua poetica musicale estremamente nostalgica, mentre se dovessi utilizzare la classica matita rossa, lo farei con la conclusiva "Terminal Nocturne", un brano che non ho amato particolarmente per il suono iniziale delle sei corde e per un finale forse interrotto prematuramente, ma che comunque non penalizza il mio giudizio finale nei confronti dei Jours Pâles. Alla fine infatti, "Dissolution" si dimostra come un lavoro maturo, che merita ancora una volta, tutta la vostra attenzione nei confronti di questa ottima band francese. Bravi! (Francesco Scarci)

(Ladlo Productions - 2024)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/dissolution

Imago Mortis - Mors Triumphalis

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine 
#PER CHI AMA: Raw Black Metal
Ho seguito gli Imago Mortis sin dal primo demo. Anche nell'immaturità del loro stile, si rivelavano una buona band, priva di fronzoli o di noiosi e pesanti arrangiamenti di alcun tipo. 'Mors Triumphalis' è un sincero inno black metal. Forse non saranno dei mostri di tecnica, ma chi se ne frega! Quando qualcuno mi dà modo di ascoltare la musica che più mi piace non mi fermo a pensare alle capacità tecniche. Il loro black metal non è avvezzo alla velocità ma è più cadenzato e mid-tempo, prediligendo l'aspetto più plumbeo e criptico del genere. Sicuramente la band bergamasca ha studiato alla scuola norvegese. Forse avrebbero dovuto curare un po' di più alcune parti come alla fine di "The Eternal Struggle of the Time", dove sembra che si affrettino un po' troppo a concluderla. Forse la produzione poteva essere meglio curata, ma alla fine è soprattutto la batteria che non mi ha convinto sotto il profilo della registrazione. Tutto sommato l'ascoltatore saprà sorvolare su questa e piccole altre sbavature, perchè il risultato è ciò che conta. Imago Mortis, black metal, un connubio perfetto. Forse basta sapere questo per capire che questa band non ci deluderà, per continuarla ad apprezzare ancora oggi.

(Self/Drakkar Records - 2001/2007)
Voto: 70

https://imagomortis.bandcamp.com/album/mors-triumphalis

Ordo Draconis - The Wing & The Burden

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Symph Black
Ci risiamo, un'altra band di black metal sinfonico... Era il 2001 e i nostri si presentavano con solenne e misteriosa oscurità fin dall'intro, "Paris 1574", per poi subito passare ad attaccare con un classico black metal sinfonico appunto, pure fin troppo classico. Questi olandesi non mi convinsero molto, mi sembrava infatti che la band fosse parecchio fiacca in alcuni punti, seppur salvando comunque tracce come "Wreckage" e "Necropolis". Interessante la voce del cantante, più che altro per la sua stranezza. Sicuramente i nostri avevano una tecnica di alto livello, il chitarrista era davvero bravo così come il tastierista, e a proposito di tecnica, questa a volte tende a prendere il sopravvento, portandoli in direzioni un po' inusuali. "The Crimson Dawn" è la traccia più bella del cd, la versione originale appariva già sul loro primo demo 'When the Cycle Ends', con le parti di flauto e chitarra acustica a donare un'atmosfera sognante, che però andava via via perdendosi con questo nuovo arrangiamento. La produzione si attesta su livelli medi e forse chi ne risente maggiormente è la batteria. Concludo dicendovi che questo cd vi piacerà sicuramente se amate i Dimmu Borgir, giusto per farvi un esempio, perchè gli Ordo Draconis tutto sommato mostravano spunti interessanti (qui e forse ancor di più nei successivi due album/ndr) rimanendo nel limite del symph black. Gli altri vadano avanti. De gustibus non disputandum est.