Wood Fest (Lodi) – 20/07/2012
E' tardi, molto tardi, troppo tardi. Il ritrovo era al
parcheggio di Vicenza Ovest alle 18 ma sono qui sotto il sole ad aspettare
impazientemente, e sono passate le 19 oramai, ma per fortuna arrivano i miei
compagni di viaggio, neanche il tempo di un saluto che li esorto alla fulminea
partenza alla volta del lungo tragitto che ci porterà al Wood Fest. Arrivati a Lodi per le 22, dopo una lunga ed estenuante
camminata, giungiamo finalmente al Parco Belgiardino, l'area ove si svolge il
festival. Sì, la location è veramente un bosco. Appunto per questo si chiama Wood Fest.
Appena mi addentro tra la folla, sento subito nell'aria l'alta concentrazione di
importanti presenze dell'underground musicale italiano come i bravi ragazzi dei
Solo Macello, gli axemen dei Forgotten Tomb, un solo membro dei Carcharodon ed
un tizio che ha approvato la mia maglietta dei Calendula. Tra gli alberi si
erge un minuscolo palco dove la batteria e la backline occupano metà spazio,
e dove sopra stanno finendo di esibirsi i Morkobot con il suono inverosimilmente
elevato. Purtroppo il mio arrivo in ritardo mi
ha fatto perdere alcune band, cosa che mi dispiace enormemente, dato che cerco
sempre di scoprire nuovi gruppi promettenti e buona musica della scena. Do
un'occhiata intorno durante il check dei Weedeater; anche se il parco è immenso,
lo spazio utilizzato per l'area del festival è relativamente piccola, trovo
solo uno stand per il cibo/bevande e tre-quattro bancarelle compreso il
merchandise dei gruppi e la postazione con le stupende locandine di Steuso, c'è
persino una half pipe dove dei baldi giovani si prodigano nell'uso dello
skateboard ed anche una rampa per il lancio del boccale. Qualcuno vomita dagli
speaker, segno che la band dal North Carolina è pronta a cominciare, mi
riavvicino al palco impreparato a quello che sta per accadere. Come già
accennato la filosofia è quella dei Sunn O))) ovvero “maximum volume yields
maximum results” e le prime note esiliano completamente le mie percezioni,
lasciandomi trascinare nel pit dove accadono le peggio cose: dalla birra che
non si sa come ti piova in testa, i petardi che scoppiano sotto i piedi (siano
sempre maledetti), alla sabbia che si infiltra su in ogni orifizio e non ti fa
respirare. Il sound è così putrido che fa quasi male ascoltare e le distorsioni
sono sature di malessere, ma lo spettacolo non si limita a ciò, perchè Dixie è
una cosa spaventosa. Penso sia l'incarnazione dello sludge metal, anch'io fra
una decina d'anni aspiro ad essere come lui (ero anche sulla buona strada prima
che smettessi di bere), salta cercando di mangiare le zanzare, tracanna Jim
Beam dopo ogni canzone, ingoia il microfono mentre canta, ogni tanto stoppa i
piatti, continua a saltare goffamente urlando tutto il tempo, insomma è il
numero uno. Sotto il palco c'è un gran movimento di pubblico sottoposto a quei
suoni non convenzionali e sono esaltato a mille dal lasciarmi trasportare da
questa fantastica band.
Tocca ai Red Fang, già visti quando son passati per
Vicenza, non sono stato deluso dalla loro performance, ma non fremevo molto dal
rivederli, ero più attirato dai Weedeater. Ora mi guardo in giro e denoto che
sono circondato da splendide donzelle, e qui mi sorge qualche dubbio, perchè è
dalla quantità di esseri femminili che trovi ai concerti che capisci
l'andamento di una band. Con folgorante entusiasmo il quartetto dall'Oregon
apre le danze e subito la folla davanti al palco si comprime nelle prime file e
gioisco nel vedere che non ci sono più i petardi. La band suona con imponente
sobrietà e determinazione ed il pubblico si lascia andare nel devasto più
totale tra stage diving e spintonamenti vari. I suoni, anche se un leggermente
alti permettono di cogliere perfettamente la musica prodotta dal gruppo
statunitense che non perde un singolo colpo anche se John Sherman è in
stampelle. Con “Prehistoric Dog” si chiude la loro performance prima
dell'encore e ricordo bene che durante quella canzone c'era la morte sulle
prime file e perfino il sottoscritto che volava sopra la gente. Dopo pochi minuti il combo
stoner torna sul palco per chiudere definitavamente la propria esibizione, i fans
non sono stanchi e continuano ad sostenere la band che da prova di una fin
troppo cieca professionalità non lasciandosi andare a divagazioni e chiudendo con
un breve saluto al pubblico. Sinceramente non so che ore si sono fatte, mi tocca perdermi
l'afterparty per arrivare ad un orario decente a Vicenza e così mi incammino
all'auto che ho stupidamente parcheggiato in città. Posso tranquillamente dire e felicemente confermare che
questo Wood Fest è stato un enorme successo: l'ingresso gratuito, la location
stupenda, la musica di enorme qualità, hanno reso questo un evento imperdibile,
certo il problema è tornare pieno di sabbia, con le gambe a pezzi e una
stanchezza micidiale, ma ne è valsa veramente la pena. (Kent)