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martedì 14 maggio 2024

Pinhdar – A Sparkle in the Dark Water

#PER CHI AMA: Dark Wave/Alternative
Ascoltare questo disco mi ha posto di fronte a un bel quesito. Può esistere di fatto, una linea di contatto sonora tra Portishead, Kirlian Camera e Chelsea Wolfe? Cosi ho provato a estraniarmi, come da modus operandi del Pozzo dei Dannati, da tutto quello che ho trovato in rete, come il fatto che la band milanese abbia collaborato in precedenza con Howie B (uno che ha lavorato con U2 e Bjork, giusto per citarne un paio/ndr), che abbia registrato in UK e che l'autore della copertina sia il fondatore dei Gallon Drunk, e ho cominciato a sezionare quest'opera senza farmi troppo influenzare da altre varianti. Il disco si muove costantemente attraverso atmosfere sospese, fluttuanti, ma toccate da una malinconia astratta, elevata, quasi ossessiva, ritmi lenti ed essenziali, uniti a una cura peculiare dei suoni. In generale, l'effetto ci porta sulla strada dei Portishead ("Murderers Of A Dying God") anche se i Pinhdar hanno un suono più freddo e tagliente, usano l'elettronica in maniera più vicina alla dark wave, e questo li avvicina molto, agli ultimi lavori della band di Elena Alice Fossi ("In the Woods"), anche se è la voce che crea i rimandi più suggestivi e porta sempre l'ascoltatore verso una piacevole catarsi uditiva, parecchio coinvolgente. La voce della cantante Cecilia Miradoli è prioritaria e non delude mai, intensa ed emotivamente viva, mostra le sue potenzialità brano dopo brano, instaurando un perenne duello con il passo lento e ipnotico di una chitarra eterea e notturna, sulla scia di "Nightvision" di Hugo Race, che riesce a mantenere comunque, pur trattandosi di musica elettronica, un ottimo contatto con il mondo del rock. Il fatto di rinchiuderli in un unico calderone chiamato trip hop, lo vedo molto riduttivo, in quanto li trovo anche divisi tra new wave e dark wave ("Cold River"), electro rock psichedelico e freddo alternative rock. Certo, non si fanno mancare attitudini e affinità raccolte dai classici, Massive Attack, Tricky, gli stessi Portishead, e Mandalay ("Humans" o la conclusiva "At the Gates of Down"), ma ripeto sono suggestioni, belle suggestioni, poiché alle composizioni del duo meneghino, manca la componente che rese unico il trip hop, ovvero il lato caldo della black music. È molto attivo invece quel lato sonoro psichedelico e oscuro, che li avvicina di fatto alle atmosfere di Chelsea Wolfe, magari di "The Graim and the Glow", oppure "Pain is Beauty", con una veste più docile, meno folk apocalittico e più elettronica, meno aggressiva e più raffinata ed evanescente. I Pinhdar si spingono molto in alto in quanto a composizione, con l'ambient elettronico di "Solanin" e "Abysses", che portano nell'animo una vena ritmica tribale molto marcata, che peraltro riesce a mostrare concretamente, che la linea di contatto tra Portishead, Kirlian Camera e Chelsea Wolfe, può essere di fatto tracciata, ascoltando questo brano. In sostanza, 'A Sparkle in the Dark Water' è un disco che richiede un'immersione a fondo, per non incorrere a facili resoconti di somiglianza, che potrebbero ingannare al primo ascolto. Musica notturna e riflessiva, atmosfere profonde, attimi di sospensione eterni, infiniti che rendono questa release una delle migliori uscite per una band in continua ricerca e crescita stilistica. Ascolto consigliato. (Bob Stoner)