Interviews

giovedì 16 novembre 2023

Wojtek - Petricore

#PER CHI AMA: Sludge/Hardcore
Li avevamo lasciati nel 2021 con 'Does This Dream Slow Down, Until It Stops?', li ritroviamo oggi con un album nuovo di zecca, 'Petricore', dietro al quale si cela una metafora legata alla sensazione olfattiva di quando la pioggia viene a contatto con la terra arida da tempo, metafora che evoca temi etici ben più profondi che vi invito ad approfondire. I veneti Wojtek, freschi di una rinnovata line-up, arrivano quindi con sei nuovi caustici pezzi che si muovono nei paraggi di uno sludge/hardcore, anche se l'opener "Hourglass" sembra dirci altro del quintetto patavino. Si parte con una galoppata al fulmicotone tra voci abrasive e ricami di chitarra che oltre ad affiancare un rifferama sferzante, danno una parvenza di melodia a un pezzo che potrebbe invece risultare alquanto indigesto. Invece, dietro alla furia velenosa dei nostri, mi sembra addirittura di percepire un tono malinconico, sia nelle linee delle sei corde che nella voce del frontman. La medesima sensazione l'avverto anche nella successiva "Dying Breed", song che palesa subito in apertura un chorus che va a confermare questa mia ipotesi, anche se poi il brano abbraccia influenze più post hardcore oriented, mostrando qualche tiepido rallentamento verso metà brano, da cui ripartire più ritmati che mai, e dove a mettersi in luce è il growling incisivo di Riccardo Zulato, grazie a degli urlacci ben assestati, coadiuvato poi da altri cori. "Now That You Are Gone" si presenta invece decisamente più intimista: le cupe atmosfere sono straziate dalla disperata voce del vocalist, le melodie si palesano in sottofondo in una progressione che porta le chitarre a gonfiarsi, l'aria a dilatarsi fino a lasciare le sole chitarre a ringhiare solenni nell'etere, prima che gli altri strumenti tornino a unirsi alle ambientazioni sludgy costruite dall'ensemble italico e sfoggiare sul finale, una specie di primordiale assolo chitarristico. "Giorni Persi" rappresenta il singolo del disco, rigorosamente cantato in italiano (una prima volta per la band questa), sembra essere una miscela tra punk, hardcore e ancora rallentamenti sludge, anche se il muro ritmico appare mutuato dal riffing possente degli IN.SI.DIA, periodo 'Istinto e Rabbia'. La song poi evolve, nella sua brevità, verso lidi emo/post hardcore. Si torna a durate più consistenti (stabili sempre tra i sei e i nove minuti) con la melmosa "Inertia Reigns" e un sound pachidermico che non fa troppi prigionieri nella sua psicotica progressione musicale che tocca il doom più ipnotico nel suo corso e che la suggellano a mia song preferita del disco. La chiusura è affidata al noise disturbato ed ipnotico di "Hail the Machine", costituita da un paio di riff che s'intersecano con una voce sempre più convincente e un drumming marciante, interrotto solo da un brevissimo break acustico, poi costantemente accompagnato dall'acidissima prova gutturale di Mattia Zambon e dai cori di Morgan Zambon e Riccardo Zulato, che chiudono una prova sicuramente convincente dei Wojtek, che potrebbe aprire a una certa internazionalizzazione della band nostrana. Bene cosi. (Francesco Scarci)

(Flames Don’t Judge/Fresh Outbreak Records/The Fucking Clinica/Dio Drone/Shove Records/Violence in the Veins/Teschio Dischi - 2023)
Voto: 74

https://diodrone.bandcamp.com/album/petricore