Interviews

martedì 28 febbraio 2023

Svartsyn - ...His Majesty

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Old School
Incarnazione black metal del primo batterista degli svedesi Dark Funeral, Draugen (presente sul MCD di culto chiamato semplicemente 'Dark Funeral' e dopo ristampato sotto il nome 'In the Sign...' con l'aggiunta di due bonus track), questi Svartsyn ci propongono un'infernale dose di black primordiale senza troppi compromessi. I brani contenuti in questo violentissimo '...His Majesty' infatti non godono di un'ottima produzione, ma comunque tutto è chiaro e ben in evidenza. La voce è maligna ed effettata, le parti di batteria tutte veloci e massacranti e il tutto dosato ad una buona preparazione tecnica in stile svedese. Il disco suona freddo e spietato come non se ne sentiva da anni, altro che tastieroni, violini o voci femminili, qui abbiamo a che fare con dei massacratori giunti direttamente dall'inferno e '...His Majesty' rappresenta il terzo capitolo di questa band svedese rimasta a lungo nell'ombra. Il CD è uscito originariamente per la portoghese Sound Riot Records in una elegante versione con artwork bianco e nero e riproposto nel 2022 in vinile e cassetta per la Nomad Snakepit Productions. Consigliato per i soli amanti del genere.

(Sound Riot Records/Nomad Snakepit Productions - 2000/2022)
Voto: 70

https://nomadsnakepit.bandcamp.com/album/his-majesty

Moonspell - Memorial

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Gothic Metal
Ricordo di aver atteso a lungo quel momento, ero preoccupato che una delle mie band preferite di sempre, potesse deludermi e che potessi allontanarmi definitivamente dalla loro musica, ma questo capitolo discografico dei lusitani Moonspell fugò via ogni mio dubbio sulla loro classe. Freschi di contratto con la SPV, dopo anni passati alla Century Media, Fernando Ribeiro e soci sfoderano qui una grande prova, rilasciando 'Memorial' a distanza di tre anni dal discreto 'The Antidote'. Devo ammettere di aver avuto qualche dubbio sulla valenza dei quattro portoghesi dopo le non eccelse ultime uscite; avevo amato 'Sin/Pecado' e i precedenti lavori ma, da lì in poi, avevo creduto in una parabola discendente della band. Fortunatamente il settimo lavoro in studio dell’act portoghese, spazzò via tutte le polemiche che erano ruotate attorno al quartetto e qui sono i fatti a parlare: tredici grandi pezzi (più una bonus track nella limited edition) per più di un’ora di musica, musica di gran classe che non può non richiamare alla mente gli album storici 'Wolfheart' e 'Irreligious' che diedero popolarità e gloria alla band. Un’intro vampiresca apre le danze di 'Memorial', album oscuro e intenso che ci colpisce già dalle prime note per un indurimento del sound dei nostri. "Finisterra" (il singolo apripista) attacca selvaggiamente con una ritmica parossistica di vago rimando ai Rotting Christ. La voce di Fernando ha abbandonato (quasi del tutto) l’attitudine recitativa per dar sfogo alla sua rabbia attraverso il cantato growl. "Memento Mori" non fa che confermare la direzione intrapresa dal quartetto: ritmica pesante, atmosfere goticheggianti ma è la parte centrale del brano ad entusiasmarmi quando Fernando utilizza la sua splendida e calda voce in versione pulita mentre le tastiere giocano un ruolo predominante negli arrangiamenti assai ben orchestrati. Sembra quasi di ascoltare una versione gotica degli ultimi lavori dei Dimmu Borgir, una sorta di symphonic gothic metal. Un breve arpeggio e poi è il momento di "Blood Tells", brano in cui la componente sinfonica si fa sempre più forte, ma è forse con la successiva "Upon the Blood of Men" che si tocca il punto più alto del disco: la violenta ritmica si fonde alla perfezione con le tenebrose tastiere e con la voce di Fernando, vero e indiscusso protagonista dell’album; un bellissimo assolo chiude poi il brano. I Moonspell sembrano qui essere tornati quelli di un tempo e ne ho le prove con "At the Image of Pain" e la successiva "Sanguine", i brani più vicini alle prime produzioni, in cui è sempre un ispirato Ribeiro a farla da padrone e in cui le chitarre si rincorrono in armonici giochi di chiaroscuri. 'Memorial' si confermava un ottimo album, al passo con i tempi. Oscuri, malinconici e potenti, grazie soprattutto alla cristallina produzione di Waldemar Sorychta, ormai quasi quinto membro stabile del clan lusitano, questi sono i Moonspell del 2006. Vi dicevo anche della limited edition, un lussuoso digipack con 10 pagine con serigrafia argentata e la bonus track "Atlantic", da avere nella vostra collezione. Coinvolgenti! (Francesco Scarci)

(SPV Steamhammer - 2006)
Voto: 78

https://www.facebook.com/moonspellband

Jungle Rot - A Call To Arms

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Death Metal, Obituary
Very good compositions which is notorious for this band. It's not as though they're duplicating previous releases. They've been coming up with some FRESH riffs on the guitars. The vocals are about the same as they were on previous recordings. It fits well with the music. The songs are pretty tight in respect to how the riffs are catchy and brutal at the same time! I enjoyed this entire release. The leads are pretty well constructed in addition to the rhythms. I like how the tremolo picking on the guitars fit and made the songs even tighter. These guys have a lot to offer the death metal community!

I like how they were able to make the rhythm guitars flow with the voice. And the songs are very noteworthy. I liked everything about this release. The music, the vocals and the production quality. The only caveat was the duration of the album. It's only about 33 minutes.

I wouldn't be surprised if their music shows up on Ultimate-Guitar.com. The riffs are that good! And the vocals fit well, they seem to have everything going on here. The music is what I admired the most. Just all aspects of it.

As I said, the production quality was top notch making the music identifiable and clear. I'm not a huge fan of the vocals however, that's the reason for the "73" on this release. It's just an acquired taste for them. But the music was mostly moderate tempos with double bass kicking furiously. The riffs are very fresh and noteworthy (as previously mentioned) and that's what's so admirable about this release. They're not duplicating riffs in the past they made a new onslaught of songwriting this time around. This is one of their more solid releases and let's hope that they continue on this path of great making of their music! (Death8699)


The Pit Tips

Francesco Scarci

The Halo Effect - Days Of The Lost
Jours Pâles - Tensions
The Design Abstract - Transhuman Ascendant

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Death8699

Metallica - Kill‘Em All
Metallica - Ride The Lightning
Old Man’s Child - Vermin

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Alain González Artola

White Rune - Danw of the White Rune
Saor - Origins
Lustre - A Thrist For Summer Rain

 

domenica 26 febbraio 2023

Rakoth - Jabberworks

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Folk Black
I russi Rakoth mi avevano letteralmente rapito con le loro atmosfere decadenti e tristi nel precedente 'Planeshift', edito anch’esso per l’italiana Code666. Questo 'Jabberworks' è il risultato di una lunga gestazione durata ben quattro anni, dal 1996 al 2000, quando è stato registrato avvalendosi peraltro dell’orchestra russa “Grotesque Orchestra”. La musica proposta qui è sempre black folk, che funge da punto d’incontro tra il passato e quello che sarà in effetti il futuro sound della band, dove le parti più lente, riflessive e folk sono più accentuate rispetto alle parti black. Sicuramente l’uso dell’orchestra ha impreziosito ancor di più quanto fatto dai russi, e come sempre, spunta uno strumento importantissimo, il flauto, che è di una tristezza infinita. Musica che riesce a coinvolgere emotivamente quella dei Rakoth, mai banale, malinconica e sognante. Ben registrata. In definitiva, un buon secondo capitolo della saga Rakoth, che lascia presagire ancora degli ottimi spunti per il futuro.

Destroyer 666 - Wildfire

http://www.secret-face.com/
  #FOR FANS OF: Black/Thrash
The music on here is what takes it away. And the vocals as well. Similar sound quality to this release. It's got a slight reverb/echo to it. It makes the album sound more grim and dark. I enjoyed this whole album so I got the CD of it. I figure the sound quality will be better than the digital music. Which it is! All the songs are killer. If I were to pick a few tracks, I'd say check out "Live and Burn", "Hymn to Dionysus" and "Die You Fucking Pig!" All of the songs are good though, mostly up-tempo with a few tracks that were somewhat slow, but still catchy as all hell. The music is what took it away on here (like I previously said).

The guitars are a mixture of tremolo picking with that echo that I talked about. But it seems as though some songs are fast, yet they take a break from that speed especially on "Tamam Shud." That one is a little slower than the rest.

They've done well in their discography, being consistent the whole way though their musical career. I felt that this one is a little stronger than their latest 'Never Surrender'. I like both releases just this one seems a little tighter.

The production quality was good just the tracks have that echo I talked about which makes the release darker and more fierce. All the songs are catchy and the leads were pretty strong as well! The rhythms are what did it for me and the vocals. I think that they do really well with their musical efforts. They are aggressive and underground just the way that they want to be (I presume). I'm not much for the lyrical concepts but the music just takes it all away for me. The guitars are furious and fast and they're catchy as all hell. These guys know how to make phenomenal black/thrash metal!
(Death8699)

I'm glad that I've finally heard more of this band, 'Wildfire' is a gem in their discography! They know that their fans await every passing release!


(Season of Mist - 2016)
Score: 77

https://www.facebook.com/destroyer666page

Nocratai - Chaotic Prayer

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Industrial Black
Se il primo demo di questa one man band, 'Eternal Chill' del 1999, fu un vero e proprio bombardamento di black industriale all’ennesima potenza, questo secondo demo presenta varie differenze sin dall’iniziale “Satanicaholocaustica” che inizia con un sottofondo noise (che con campionamenti, effetti e modi diversi è presente per tutta la durata del demo) sovrastato da versi e sussurri diabolici seguiti poi da una semplice struttura ritmica dall’andamento marziale. È soltanto l’inizio del viaggio che vi offre sua maestà 4 (l’autore di tutte le liriche e delle musiche) per portarvi sempre più vicino alla fine. I vari versi, le urla e le growls di 4 vengono sempre effettate e filtrate e danno la voce appropriata a questa colonna sonora dell’apocalisse. “Our Hell Will Open” si apre con il suono di un allarme dal quale emerge un riff doomish black che esplode poi nel classico black industriale in stile Nocratai. La successiva “I Hear Only Calls From Hell” inizia con del dark ambient a cui subentra un ritmo techno intorno al quale orbitano suoni elettronici e voci campionate ed effettate per poi ripiombare nel brutale black industriale. “Purenoise666 No Life International” è uno dei brani che preferisco e inizia con dei samples (tratti da chissà quale film) sovrapposti ad una base musicale che si potrebbe adattare ad un film horror seguita da una bizzarra linea di violino campionata e ripetuta molte volte durante il pezzo; poi su sottofondo ambient/industrial si sentono dei versi diabolici (“…Satan take me!…”) e il pezzo prosegue nella follia sonora. Stupenda è “Klepoth” dove, su un inizio pseudo ambientale, compare in primo piano il miagolio di un gatto! Come vi sarà ormai chiaro, 'Chaotic Prayer' è tutt’altro che prevedibile. Il demo è una continua caotica commistione di suoni di matrice elettronica, black metal Industriale, noise e… deflagrante pazzia.

Hellfuck - Diabolic Slaughter

#PER CHI AMA: Thrash/Speed
Gli Hellfuck sono una giovane (ma solo di formazione – il 2021) band polacca che tra le sue fila vanta membri (ed ex) di Amorphous, Throneum, Christ Agony e via dicendo, insomma non di certo gli ultimi arrivati. Forti quindi di un’esperienza ultradecennale in altre solide realtà musicali, la band ha rilasciato questo ‘Diabolic Slaughter’ nel settembre 2022. La proposta del quartetto mi ha riportato indietro nel tempo di oltre trent’anni, ripensando ai primi Testament ma anche ai primi Kreator, in un concentrato thrash/speed metal coinvolgente, sicuramente non troppo originale, ma di certo onesto e che non farà troppi prigionieri. Dieci indiavolate tracce che spingono il piede sull’acceleratore sin dall’iniziale “Religious Scum” fino alla conclusiva “Despise the Priest”, passando attraverso interessanti capitoli di un disco che, probabilmente non avrà troppo da chiedere, ma che vi investirà con tutta la sua dose di melodica brutalità, tra saliscendi chitarristici, galoppate thrash di scuola anni ’80, rasoiate solistiche, blast beat furibondi (“Reigning in Hell “ ne è un lampante esempio, in quella che alla fine risulterà essere la mia song preferita) e le vocals di Skullripper che evocano il primo Chuck Billy. Insomma, il classico tuffo in un passato malinconico che avrà anche modo di scomodare Slayer o Sadus ma che nei suoi 32 minuti di durata, di sicuro non vi spingerà a cambiare canale. Quindi, non vi rimane altro che stare connessi, allacciarvi le cinture e lanciarvi in questa scorribanda indietro nel tempo. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions – 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/diabolic-slaughter

sabato 25 febbraio 2023

Fleshcrawl - Into The Catacombs of Flesh

#PER CHI AMA: Death Old School
Another good release by these Germany death metal-ers. Still have that guitar pedal which accents the Swedish tone. The riffs on here are fantastic. But the album is just shy under 40 minutes in length unfortunately. The whole album is magnificent. The vocals compliment the guitar riffs. And the leads are solid and wicked. I enjoyed this album immensely. Their riffs are top-notch. The tremolo picking and fast paced rhythms are dynamite. These guys know exactly how to construct this style of death metal and they're like an ever flowing stream of metal (in the vein of Dismember).

These guys have been around since 1991 making magnificent metal with that Swedish tinge. They keep coming up with wicked riffs on the guitars. And the leads have quite a bit of echo/reverb to them. The music is pretty fast the whole way through. The rhythms incorporate bar chords and tremolo picking galore. I enjoyed this one immensely!

The production quality was top notch. I don't see anything wrong with it all the instruments are mixed well. The vocals sounded great, typical Swedish style though they're a German act. Their influences are all there and they've continued on this great path of death metal topping (to me) bands like Entrails they don't overly use that Swedish pedal for the guitars. They're in a league of their own in the songwriting capacity. I like this one a lot I mean, what's not to like?! The music on here is top notch metal and the vocals go well with the guitars. Everything seemed to fit on here. Nothing I would change.

I hope that they're in the works of another full-length. They're just about due for one. It's been almost 4 years since this was released. We'll just hope for the future is only Fleshcrawl's utopia! Be sure to check this out It's amazing! (
Death8699)

Morgue - Lowest Depths of Misery

#PER CHI AMA: Death/Grind
Ho passato venticinque anni ad ignorare completamente i francesi Morgue, me ne scuso. La band transalpina certo non è tra le più prolifiche del pianeta e poi, a mio discapito, c’è da dire che i nostri si siano presi una pausa di sette anni dalle scene. Comunque, quello di oggi, ‘Lowest Depths of Misery’, è il loro quarto album, il primo rilasciato per la Godz ov War Productions. La proposta del duo dell’Occitania, che abbiamo avuto modo di recensire anche sotto il moniker di Corrupter, è all’insegna di un death grind senza troppi fronzoli, in grado di radere al suolo tutto ciò che gli si pari davanti. Certo, non è tutto estremismo sonoro quello che ci capita tra capo e collo, visto che dopo il caustico inizio affidato a “Transcend the Acheron”, ci imbattiamo in una più doomish e sofferente “Polar Aftermath”, che non si fa mancare ovviamente delle acuminate ritmiche incandescenti, cosi come ascoltato nella opening track. Quello dei Morgue non sarà certo un album innovativo, riuscirci in questo ambito avrebbe ormai del miracoloso, però è un disco che si lascia ascoltare soprattutto da chi ama band in stile Anaal Nathrakh o Disfear. Sia chiaro, non c’è una sola nota in questo disco che non avrete già sentito in una moltitudine di altri dischi. E allora meglio far finta di niente, lasciarsi imbrigliare dagli estremismi sonici delle più brevi (sotto i tre minuti) “That Which Does Not Live” e “Hug and a Stab in the Back”o farsi maciullare dal mortifero sound di “Safe in Gods Care”. Sappiate che da qualunque lato inizierete ad ascoltare questo disco, ne uscirete comunque con le ossa rotte. Segnalazione infine per la partecipazione come guest star di Meyhna'ch alla voce e un ultimo plauso per la morbosa copertina di Paolo Girardi, la sola solida conferma nell’inflazionato mondo underground. (Francesco Scarci)

Caladbolg - Cosmic Restorer

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Celtic Black Metal
Buon esordio di Celtic black metal per i nostrani Caladbolg. Inneggianti alla battaglia, i nostri sfornano un potente e ben suonato demo tiratissimo, urlato, molto epico e distruttivo. Parti veloci si alternano anche a parti più lente e ritmate, senza cali di tensione o dispersioni di vario genere, con una voce sempre grezza e aggressiva. La loro dedizione per i miti celtici si vede nei testi ben fatti, completi e comprensibili per chi volesse approfondire la tematica. La comprensione delle canzoni si vede anche dalla loro linearità, dal momento che pur non scendendo nel semplicismo, viaggiano nel modo giusto senza stufare l’ascoltatore. Anche la produzione è nella norma per fa si che il lavoro risulti alla fine buono.
 
(Self - 1999)
Voto: 66 
 

Druid Lord - Relics of the Death

#FOR FANS OF: Death/Doom
Totally brutal and intriguing at the same time! I love their death/doom genre(s). The music is slow, but it's catchy and admirable. I loved this whole album. I thought that they had everything covered on here. The music first and foremost and the vocals are SICK. They fit well with the gloomy guitar riffs. The leads are solid as well. Overall, a monument of an album. The tempos are just moderate but the musical aspect is what's to admire on here. They totally kick ass! They know exactly what they're doing in the musicianship of the band. They seem to have it all down. The songwriting, vocals, guitar and production.

I liked the fact that not only were depressing type of metal to play, but even some of the synthesizers played a part in the grim compositions. They had some reverb to the guitars and the guttural vocals leads the way to this ear throbbing death/doom. The tempos are like that of say Draconian but slower and all death metal vocals. The music is like no other. They use a lot of tremolo picking but the drums double bass kicking goes well with those riffs. There were even some acoustic guitar riffs but not for entire songs. They were mainly intros to the what's to be brutal/doom types of songs.

The sound quality was rather good and I have no complaints in that respect as well. They did the music justice. I would say that there's many highlights to this album. Most the music and vocals. I'm not sure about the lyrical concepts but that doesn't really matter. I've found this band to be at the utmost of intriguing music. There are two guitars that play somewhat of harmonies but it doesn't take away from the brutality of the songs. These guys are nothing overly special, they just know how to write good songs. I mean, I respect this band, but I feel like they could've done better with some of the riffs.

There's many good songs and songs that you can't go wrong with. Here's some of them: "Mangled as the Hideous Feed", "Immolated Into Ashes", and "Monarch Macabre." I think all of these songs are catchy and to the point. There's nothing I would change on here because all of the tracks are worth mentioning. These guys have been around for over a decade and it seems like you can't go wrong with any of their releases. They are just on top of their game musically. Like I said, they just know how to piece together good underground music. A release in 2022 that you shouldn't overlook! (Death8699)


venerdì 24 febbraio 2023

Stillborn - Cultura de la Muerte

#PER CHI AMA: Black/Brutal Death
Non fatevi ingannare da un titolo in spagnolo, gli Stillborn arrivano infatti dalla Polonia con tutto il loro carico di odio. ‘Cultura de la Muerte’ è il loro sesto album in una carriera che ha affonda le sue radici addirittura nel 1997 e da sempre è votata ad un black brutal death old school. Ecco, forse sta proprio qui il limite del terzetto di Mielec, una sorta di staticità nel genere proposto che fa risuonare anche questo lavoro come stantio in un ambito estremo che sta ancora provando ad evolversi per sfuggire da quell’immobilismo sonoro in cui si è arenato parecchio tempo fa. Per carità, il trio polacco si applica per fare il proprio lavoro, muovendosi nei meandri di un brutal death di americana memoriana, che affonda le proprie radici negli anni ’90 e che forse, se fosse uscito 25 anni fa, avrebbe attenzionato maggiormente le masse. Oggi ‘Cultura de la Muerte’ è un disco di otto tracce che potrebbero esclusivamente ammaliare chi ha una certa propensione a uscite di questo tipo, gli altri si astengano. Non basta pigiare sull’acceleratore, esssere veloci e incazzati più che mai, lanciarsi in galoppate furenti (“Profanacja i Bluźnierstwo”) tra blast beat, killer riff e growl animaleschi, serve anche un minimo di cuore in un genere cosi estremo come il brutal, che qui in tutta franchezza, faccio fatica a percepire. Posso sottolineare una solida preparazione tecnica, un desiderio di distruggere qualunque cosa si ponga davanti, ma poco altro per farmi emozionare all’ascolto di un album simile. Ripeto, probabilmente il disco farà la gioia di chi ha ancora una certa avidità nell’ascoltare nuove release in questo ambito, per quanto mi riguarda invece, lo trovo alquanto noioso. (Francesco Scarci)


Brutal Faith - In the Mouth of Suffering

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death/Thrash
Professionalissimo questo demo su CDR autoprodotto di chiara matrice death-thrash proveniente dalla provincia dell’Aquila. Questo demo ci mostrava una giovane band con tanta voglia di fare e di suonare, la proposta era buona direi, sia sotto il punto di vista musicale che da quello grafico. La tecnica strumentale direi che c’è (ce ne fossero state di bands emergenti come i Brutal Faith), tuttavia ero convinto che la band potesse fare di più in termini di songwriting. Non che ci fosse qualcosa di grosso che non andava, poi la band parlava chiaro con il proclama “This is an anti-trend recording” all’interno del booklet, ma c'erano ancora molti riffs sentiti e risentiti, che creavano pezzi ascoltabili, ma che non conferivano moltissima personalità all’intera produzione. Ripeto, la band sembrava molto valida, ma se fossero riusciti a fare quello che bands come i Coram Lethe hanno fatto, credo che si sarebbe potuta spezzare quella monotonia classica del genere alle prime armi. Peccato solo che si siano sciolti dopo questa release.

Parahuman - Affliction

#PER CHI AMA: Metalcore/Groove Metal
Ultimamente il sottosuolo polacco brulica di un quantitativo smisurato di band. L’ultima in ordine di tempo ad essersi palesata fra le mani risponde al nome di Parahuman che arriva con ‘Affliction’ al tanto agognato debutto su lunga distanza, dopo aver rilasciato dal 2016 a oggi, giusto un EP e un paio di singoli. La proposta del quartetto di Varsavia è all’insegna di un metalcore sporcato da venature grooveggianti, per un risultato però che non fa certo gridare al miracolo. Se le chitarre di “Signal”, che segue a ruota l’intro omonima, potrebbero farvi tornare alla mente i primi Dark Tranquillity, è la performance dietro al microfono di Olgierd Gontarczyk a non convincermi pienamente, con una voce acida, graffiante ma mai francamente all’altezza. Musicalmente la band non è malaccio, proponendo tuttavia un canovaccio che ormai inizia a suonare un pizzico scontato, nonostante una continua ricerca di vincenti partiture melodiche e costanti cambi di tempo. L’inizio di “Loop” lo potreste infatti scambiare per altre 1000 canzoni analoghe per architettura ritmica, e questo mi fa intuire che più di tanto la proposta dei nostri non possa impressionarmi. Il bagaglio tecnico viene sicuramente messo a disposizione per migliorare il livello qualitativo proposto, soprattutto a livello solistico con certi assoli da urlo (la stessa “Loop”), ma quella che fatico a digerire alla fine continua ad essere la prova vocale del frontman o la scontatezza di certe porzioni di brano. Le variazioni al tema non mancano e il basso in apertura a “Feedback” viene in mio aiuto a tal proposito. Peccato poi che quella voce, che sembra affetta da una forte raucedine (cosi strozzata in gola), e quando pulita, rischia addirittura di fare peggio, vista la sua stonatura, che rovina quanto di buono possono proporre i Parahuman. Poi nello spaccare culi, i quattro musicisti sembrano cavarsela molto bene, con raffiche di chitarra a mo’ di mitraglietta, blast beat schizzati, o break melodici, ma la voce no, proprio non ci siamo, soprattutto quando dice “follow my voice…”. Eppur si muove diceva il buon Galileo Galilei, e si muove ondeggiando anche la proposta dei Parahuman, laddove decidono di rischiarsela di più e infarcire il tutto con una componente elettronica (“Inanity”), nel solo di “Antisocial” o nelle ritmiche progressive deathcore di “Divided”, che ci regalerà anche l’ennesimo strepitoso assolo. Più canonica “Sober”, dove il cantante prova a modulare le proprie corde vocali con risultati altalenanti. Alla fine dei fatti, mi piacerebbe dare un voto disgiunto, che vedrebbe un 7.5 per ciò che concerne la componente solistica e un 6 scarso per quel che riguarda il compartimento vocale, che mi porterà alla fine alla soluzione compromissoria che vedete sotto. Da rivedere alcune cose, poi i Parahuman potrebbero anche regalarci cose degne di nota. (Francesco Scarci)

Deliverance - Neon Chaos in a Junk​-Sick Dawn

#PER CHI AMA: Black/Sludge
Sei tracce per oltre sessanta minuti di musica, pronti a sostenerle? La proposta del quartetto parigino, al terzo atto con questo ‘Neon Chaos in a Junk​-Sick Dawn’, è un black variegato che si muove tra sfuriate di una violenza inaudita, intermezzi elettronici e parti decisamente al limite dello sludge. Tutto questo è quello in cui vi imbatterete nell’ascolto di questo disco, condito poi dalle graffianti vocals di Pierre Duneau e da una buona e costante dose melodica. Parlavo poco fa di black/sludge, ed è ciò che avrete modo di saggiare già dall’iniziale “Salvation Needs a Gun”, song che parte feroce, veloce, melodica ma che ad un certo punto del suo corso, tirerà la migliore delle inchiodate (termine gergale tipico delle mie parti per identificare una super frenata) per poi proseguire verso un finale tutto in salita, interrotto ahimè troppo prematuramente. Si riparte poi con le stralunate chitarre di “Venereal”, una traccia dal piglio più criptico e sinistro. I pezzi forti del disco mi sembrano tuttavia rappresentati dalle due maratone, affidate ai 18 minuti di “Odyssey” e agli oltre 17 di “Fragments of a Diary from Hell“, che combinate tra loro, costituiscono oltre la metà del disco, in fatto di durata. I contenuti? Molteplici, dal dark rock iniziale di “Odissey”, in cui anche la voce di Pierre assume sembianze pulite, ad una musicalità decisamente più orecchiabile e minimalista, visto un lungo break atmosferico poco prima di metà brano. Poi i nostri, in un percorso quasi orrorifico, aumentano i giri del motore, almeno per quanto concerne la potenza delle chitarra e, infarcendo il tutto di una buona dose di psichedelia, post metal e sludge/doom, sfoderano una prova davvero interessante. Almeno quanto il secondo interminabile capitolo, la lugubre “Fragments of a Diary from Hell“, che per quasi sei minuti tiene banco con quelle sue atmosfere ambient-droniche di pink floydiana memoria, per poi dirottare verso suoni sludgy, responsabili della chiusura del disco. In mezzo invece le più ordinarie (si fa per dire) “Up-Tight” e “Neon Chaos”: la prima nella sua andatura sludge sfoggia dapprima un lisergico break e poi fendenti black; la seconda invece, mostra un cantato quasi robotizzato in un contesto ancora sludge e post metal. Alla fine quella dei Deliverance è una proposta a tratti assai originale, che necessita tuttavia di molteplici ascolti per essere immagazzinata nel migliore dei modi. (Francesco Scarci)

Old Man's Child - In Defiance of Existence

#FOR FANS OF: Black/Thrash
Another good one in the making recognized 20 years later but Galder has not expired as founder of this one-man-band. This was a good follow-up to 'Revelation 666...'. I think that the guitars are solid making solid sounds beget admirable compositions. Galder doesn't seem to let-up in making good releases. All of the instruments and vocals go well alongside one another. Some tinge of acoustic work here too, but very briefly. This album is mostly hardcore melodic black metal. Galder's vocals don't shift much as they are pretty much screaming voice throughout the album. Not much variation to them.

I especially like how the music goes well with the synthesizers. I'm not one that is a favorite of these things co-existing but Galder makes it work. I enjoyed this album the whole way through. All the songs are good. Everything seemed to work on a whole!

I would think it's safe to say that all Old Man's Child releases are solid. But this is a key release for the band. It shows not only maturity, but the progression in the melodic black metal arena and how Galder is a pivotal person in the metal community. Not only has he brought his own unique style to this genre but creativity and undying metal. It's good that he's staying active here in this arena of the genre providing key sounds to his uncompromising aggression. This album features Cradle of Filth's drummer Nicholas Barker. The whole album again turns out good making it an "75" in my book for a rating!

In concluding, don't expect anything but the finest melodic black metal in 2003. This guy is the force behind extreme music. He's done a great job in both his band and Dimmu as well. Let's hope he'll continue to make great music in the up and coming years! (Death8699)


Haven of Echoes - The Indifferent Stars

#PER CHI AMA: Progressive Rock
Ci siamo distratti un attimo e puff, ecco spuntare fuori dal nulla questi teutonici Haven of Echoes, nati da una costola dei Frequency Drift. Bella scoperta quindi per chi ama band del calibro di Riverside, Haken e Porcupine Tree. ‘The Indifferent Stars’ arriva con sei nuovi brani e quasi 45 minuti di musica a deliziare i palati più fini e delicati. Le danze si aprono con la semi-ballad “Sirensong” e, alla stregua di un canto di sirene, tanto per parafarase il titolo, ci abbracciano con un sound emozionale, in cui lo spettro della musica progressive viene inquinato da suoni malinconici. Quello che mi sorprende è il background musicale di alcuni membri della band, visto che il cantante Paul Sadler era parte dei deathsters inglesi Spires e qui veste nuovi panni con una voce a dir poco soave e suadente. Oscura e ipnotica l’incipit della successiva “The Orator’s Gift”, un brano dalla cadenza comunque delicata nel suo incedere costantemente in bilico tra sonorità decadenti e altre più frizzanti, con la prova del drummer Wolfgang Ostermann sempre in bella mostra. In generale, la prova dei quattro musicisti, che includono Nerissa Schwarz all’arpa elettrica nei brani “Stasis” e nella drammatica “The Lord Giveth...” e Andreas Hack (per tutti gli altri strumenti), risulta comunque estremamente convincente. Certo, non è sempre tutto oro quel che luccica, perchè se dovessi trovare un difetto a questo ‘The Indifferent Stars’ potrebbe essere correlato ad una certa mancanza di mordente in taluni frangenti, nel senso che a volte preferirei che i brani prendessero una piega diversa, forse più robusta, ma in realtà la componente più “hard” dei nostri, stenta a palesarsi. Per carità, gli Haven of Echoes sono fantastici musicisti, abili soprattutto a creare splendide atmosfere dal piglio “pink floydiano” e penso a “Stasis” ad esempio, ma a mio avviso, avrebbe giovato avere una componente più aggressiva nelle note di questo disco, dove però vorrei ancora sottolineare la super introspettività di “Endtime” e la conclusiva “Let Them In”, 12 minuti che avvicinano più che mai gli Haven of Echoes ai Riverside, e che qui finalmente riescono a sfoderare anche qualche riff più robusto accanto all’utilizzo di un flauto, di una spinetta e di un insieme di strumenti che conferiscono quasi un tocco orchestrale al pezzo. Per non parlare poi dello splendido assolo che evoca un che dei Porcupine Tree e al contempo degli Opeth, in una prova davvero eccellente. Un finale pianistico in stile Muse, chiude un disco ricco di sfaccettature indicato a un pubblico esigente e dalle orecchie sicuramente raffinate. (Francesco Scarci)

venerdì 17 febbraio 2023

Frozen Dawn - The Decline of the Enlightened Gods

#FOR FANS OF: Swedish Black, Dissection
The Spanish trio Frozen Dawn, founded in Madrid in 2006, hasn’t been tremendously prolific in releasing new albums, although we can’t complain as every single opus met our expectations. Since its first album, 'The Old Prophecy of Winterland', the band showed some serious talent and clear ideas. The evolution of this project has been as solid as its music and managed to catch the attention of an increasing number of fans, and finally a deal with an international and respected label as Transcending Obscurity Records. Releasing a new album with a such active label can always be the milestone of a project, in its seek for success and a higher attention. After six long years and, I guess, a remarkable amount of work and dedication, the trio finally released the new opus, 'The Decline of the Enlightened Gods'.

The first thing I would like to remark is the eye-catching artwork, a captivating painting created by the Polish artist Mariusz Lewandowski. I have always said that a good artwork is the first key element to draw the attention of the fans, especially in these times where a ton of new albums overwhelm us. But let’s focus on the most important thing, the music. Frozen Dawn’s music is unmistakably and firmly rooted in the black metal, and more particularly in the melodic black subgenre. The production isn’t particularly clean, or at least it isn’t too polished, something I am quite sure that many fans will approve. Both the vocals and the guitars have a slightly dirty touch, like a particular raw touch that I find quite adequate as it makes them sound heavier and darker, something that the genre should never lose. Musically, the album is an authentic beast. The pace is quite fast and the songs sound truly heavy and relentless. From its very beginning to its end, 'The Decline of the Enlightened Gods' is a real punch in the face. We obviously will find some exceptions, as the title track for example, where the pace is slower in its greater part. The guitars truly shine in these slower sections, even though it must be mentioned that their work is faultless in every single song. The riffing is pure melodic black as legendary bands like Necrophobic (of which you will enjoy an excellent version), Dissection, or early Watain can come to your mind. The aforementioned influences are quite clear in the album opener "Mystic Fires of Dark Allegiance". These raging vocals, the tasteful melodic yet heavy riffs, which lead the song in every moment, and the super solid rhythmic base create an addictive song, which brings us back the best of the genre. Things go even heavier with the second track "Spellbound". A devastating composition with a faster pace yet keeping the omnipresent melodic yet biting guitars. Albeit the pace is generally fast, there are small ups and downs in the pace, which are very precisely and wisely placed small changes through the song. The variations make the composition interesting, as it never becomes a succession of monorhythmic sections that would make it sound too predictable. "Frozen Kings" is probably one of my favourite tracks of the whole album. A particularly catchy melody accompanied by a very headbanging inducing pace, makes it a truly highlight, as this track will remain in your brain from the very first time you listen to it. "Oath of Forgotten Past" contains a great solo guitar, which proves that apart from a relentless dose of incredible riffs, the band also knows to introduce solid solos without making it sound out of place. As you may imagine from this description, each song has something that makes it unique, even though the ingredients are the same in all the album. This proves that a band which has inspiration and works hard, can mix the same elements, and still create compositions with its own personality, although they apparently sound quite similar. The level is very high in the whole album and even the already mentioned cover doesn’t disappoint, as it is a devote homage to the band and the genre itself.

All in all, 'The Decline of the Enlightened Gods' is an awesome work by the Spanish band Frozen Dawn. The full thing sounds inspired, focused, and full of greatness in all its elements. Every single fan of the genre should check out this opus and I wouldn’t be surprised if it appears in may top lists of this year. (Alain González Artola)

Jours Pâles - Tensions

#PER CHI AMA: Depressive Black
Avevo recensito il primo album dei Jours Pâles, trio transalpino, i cui membri arrivano da realtà similari quali Asphodèle e Aorlhac. 'Tensions' è il loro secondo lavoro edito dalla lunga mano della Les Acteur de l’Ombre Productions e ingloba nove nuovi pezzi all’insegna di sonorità estremamente orecchiabili (basti ascoltare la super ruffiana "Jour de Pluie, Jour de Fête" in apertura, per avere una vaga idea della proposta dei nostril qualora non li conosceste). Melodie frizzanti, voci pulite e qualche growling vocals sparata qua e là (con testi rigorosamente in francese, come accadde anche in 'Éclosion'), qualche intermezzo atmosferico affidato a porzioni arpeggiate di chitarra e il gioco è fatto. I Jours Pâles sono pronti a prendere il volo anche se probabilmente non saranno i fan più estremisti dell’etichetta transalpina quelli che si avvicineranno ai nostri, visto l’interesse per realtà più death/black oriented. Con la successiva "Saint-Flour Nostalgie", l’aura sembra farsi più malinconica, e accanto a questa tendenza depressive, il terzetto accosta anche qualche breve sfuriata black che rinforza quanto di buono avevo avuto modo di ascoltare in passato. E la schizophrenia black si palesa anche nelle note iniziali della terza "Ecumante de Rage" che oltre a dar sfoggio di estremismi sperimentali, quasi di scuola Pensees Nocturnes, si dipana in splendidi giri di chitarra e sonorità che potrebbero evocare l’eleganza blackgaze degli Alcest nei giri forbiti di pianoforte, ma è comunque la struttura globale del brano, cosi asservita a continui cambi di tempo, tra rallentamenti ed epiche galoppate, che la renderanno alla fine anche il mio pezzo preferito. Forse perchè nel corso dell’ascolto troveremo qualche altro brano davvero interessante: dalla tumultuosa title track a "Saturnienne Lassitude", che fa l’occhiolino ai Les Discrets nel suo portamento cosi drammatico e decadente, ipnotico e quasi avanguardistico, ma dal finale di scuola tipicamente classic metal. Non ci si annoia di certo durante l’ascolto di 'Tensions', soprattutto quando tempeste ritmiche si affiancano a delicati break strumentali ("Hâve") o se a fare la sua comparsa è una qualche guest star come accade in "Ode à La Vie (Chanson Pour Aldérica)", dove incontriamo le sinuose vocals di Natalie Koskinen dei mitici Shape Of Despair in un pezzo dai tratti soffusi che avrà modo di evocare un che dei nostrani Novembre lungo la sua traiettoria sonora. Ultima menzione per il post punk di "Dose(s)" e delle spettrali melodie della lunga e conclusiva "Les Feuilles Tombent". Diavolo, stavo poi per dimenticarmi dello splendido artwork di copertina, a cura del buon Niklas Sundin dei Dark Tranquillity che testimonia come 'Tensions' sia un lavoro ispirato che sottolinea le ottime qualità dei Jours Pâles, e soprattutto di una dose di personalità da vendere. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2022)
Voto: 78

https://ladlo.bandcamp.com/album/tensions

Terrorizer - Hordes of Zombies

http://www.secret-face.com/
#FOR FANS OF: Death/Grind, Napalm Death
Brutal and fast, this full-length covers it all. With a female guitarist that whales on the riff-writing. She didn't appear on their newer release the 'Caustic Attack' which is unfortunate. The vocals are totally guttural and fit well with the music. They're definitely grind on here with death metal vocals. The riffs are dynamite and spellbinding. The music is what hits home with me. I've found the riffs not only fast, but catchy as well. They set the tone for the whole album. And Pete behind the set is right on target (as usual). They don't call him "Commando" without reason. He's way dynamite on here as well!

The sound quality was top notch on here as well. I'm surprised that they didn't get higher ratings on this one. It's a a lot like older Napalm Death of the 90's. The riffs sound a little like those of Napalm back then before they just turned to noise-core.

The music is what took it away for me. The songs are just fast and ferocious as well as noteworthy! I like the voice mixed with the guitar. They knew what they were doing in an approach to this record. They are without Jesse (RIP 2006) and Oscar who forgot all the lyrics so I've heard. I'm not sure if he does vocals for any metal bands anymore. I don't really have any complaints about this release. I'm just bummed that their status is "On Hold" meaning basically they're done. I'm giving the album a "73" and I said in my previous review of their newer release 'Caustic Attack' the same rating. Both are pretty much equally good.

If you're a fan of death/grind then this album is for you. It has all the elements and characteristics of what a death/grind release is supposed to sound like. And not discounting female guitarists she was really good and tight. Wish that she played on their follow-up! (Death8699)


ACOD - Cryptic Curse

#PER CHI AMA: Symph. Death/Black
Non ho fatto in tempo a recensire 'Fourth Reign Over Opacities and Beyond' che mi ritrovo per le mani un nuovo lavoro dei marsigliesi ACOD. Era ottobre 2022 quando recensivo quel disco, eccomi qui oggi a distanza di solo qualche mese a parlarvi di questo EP intitolato ‘Cryptic Curse’. Il nuovo arrivato contiene giusto tre song che sembrano tuttavia richiamare in tutto e per tutto ‘Fourth Reign…’ e dare una certa continuità al percorso intrapreso dai nostri, ossia quel black/death orchestrale che avevo trovato davvero convincente, pur senza rinnegare un passato dalle tinte thrash. Lo si evince dalle roboanti trame ritmiche dell’iniziale "The Hourglass Slave" per poi proseguire con eccellenti risultati anche nelle successive "The Mask of Fate" e nella title track. Oggi, a differenza della precedente recensione però, manca forse per me quell’effetto sorpresa che avevo avuto modo di saggiare all’epoca, ma non posso certo nascondere la bellezza di alcuni assoli, del prestante growling del bravissimo Fred o dell’oscure linee di chitarra che Jérome sciorina nella seconda traccia, tutti elementi che, affiancati ad un’ottima preparazione tecnica, ad un ricercato gusto per le melodie e ad una perfetta registrazione da parte di Tony Lindgren ai Fascination Street Studios, rendono questo breve (17 minuti) capitolo della saga ACOD, di un certo interesse. (Francesco Scarci)

(LADLO Productions - 2023)
Voto: 73

https://ladlo.bandcamp.com/album/cryptic-curse

Il Wedding Kollektiv & Andrea Frittella - 2084

#PER CHI AMA: No-wave/Alternative/Electro/Avantgarde
La collaborazione tra Il Wedding Kollektiv e Andrea Frittella, giovane fumettista romano, porta alla realizzazione di questo nuovo lavoro della band di Alessandro Denni, di cui abbiamo già recensito i precedenti due ottimi lavori. Questa volta l'opera si adorna, sia nella versione cd che in quella in vinile, di un booklet illustrato da Mr. Frittella, con otto tavole originali a tema, per ogni brano del disco, cosa che contribuirà certamente a rendere l'album, una preda ambita dagli amanti di materiale sonoro, unico e originale da puro collezionismo. A livello di sound poi, la band italiana traslocata da tempo a Berlino, si destreggia con le sue solite carte vincenti. Scarna new wave teutonica, new jazz, elettronica e avanguardia, sono delle armi affilate che Il Wedding Kollektiv sa usare perfettamente. Inoltre, troviamo un'attenzione particolare verso i testi e la bella voce di Tiziana Lo Conte, la quale, rende tutto così attraente, con un fascino retrò sempre proiettato in un futuro surreale. Si parte con "Quando i Residents si Tolsero le Maschere", e già il titolo si fregia di una fitta rete di avanguardia, poiché i Residents, vengono citati a parole ma anche nell'atmosfera del brano, con degli splendidi fiati sintetici e una vena di moderna musica neoclassica, che richiama davvero l'astrattismo di certe opere della mitica band statunitense. "Noi che abbiamo visto il volto dei Residents, crediamo solo negli anfibi ai nostri piedi..." recita il testo alla fine del brano, sottolineando quanto questo progetto sia concettualmente proiettato in avanti, anche nella forma compositiva dei testi. "Tentacoli" è un brano più no-wave che mette insieme molte anime come fosse una rivisitazione delle intuizioni del Forward Music Quintet nei lontani anni '80, e anche qui, compare verso la conclusione del brano, in un contesto quasi alla 'The Catherine Wheel' di David Byrne, ovviamente reinventati in chiave attuale, una frase che recita: "L'architettura sociale disegnava i nostri comportamenti, i sorveglianti sono sempre impuniti..." e credetemi, è una frase che fa molto effetto. Parlare di musica intelligente e non nominare il brano intitolato "Il Modello di Sviluppo", che con il suo incedere da ballata elettro/space/ambient, dal testo veramente riflessivo ed impegnato, con uno sguardo a ciò che la civiltà sta diventando, sarebbe una carenza imperdonabile. La chiusura di questo disco è affidata a "Tra il Futuro e l'Incendio", che all'inizio si avvale di un vago richiamo a "L'Astronomo", brano presente nel precedente lavoro 'Brodo', con un cantato soffocato in uno stralunato e velocissimo intro jazz, per poi lasciare la scena ad un'elettronica più sofisticata, vicina ai Portishead ma con un'ottica rivolta al minimalismo elettronico d'avanguardia, colto e mirato nei particolari. Ottimo l' artwork di copertina e il parallelo del titolo, '2084', con il libro di Orwell, '1984'. Come dissi per il loro debutto, se questa fosse la musica che primeggia nelle classifiche pop italiane, l'Italia sarebbe un paese assai diverso. Gran bel disco. (Bob Stoner)

giovedì 9 febbraio 2023

Voyage in Solitude - The Isle of Death and Rebirth

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Li avevo recensiti a inizio 2021 in occasione dell'uscita del loro disco di debutto, 'Through the Mist with Courage and Sorrow'. Ora i Voyage in Solitude, il progetto della one-man-band di Hong Kong capitanata da Derrick Lin, torna con un nuovo secondo album, 'The Isle of Death and Rebirth'. Due anni fa avevo particolarmente apprezzato la proposta dell'artista originario dei Nuovi Territori dell'ex colonia britannica, dedita ad un post black atmosferico. Cinque nuovi pezzi oggi per il polistrumentista dell'estremo oriente con il lunghissimo incipit strumentale affidato alle melodie graffianti di "Set Sail for the Isle", che per nove minuti e mezzo ci delizieranno anche con atmosfere soffuse ed intriganti, e chitarre che, nel corso del brano, si paleseranno in modo assai simile alla forma in cui Burzum ci aveva abituato ai tempi di 'Hvis Lyset Tar Oss'. Non si tratta però di una ritmica cosi ferale, ma sicuramente tra un arpeggio e l'altro, di punti di contatto con l'artista norvegese ce ne sono parecchi. Con la seconda "Wrath of Nature" (singolo apripista per questo cd) la ritmica si fa decisamente più tirata e, finalmente, fa anche la sua comparsa il latrato animalesco di Derrick in un contesto feroce dal primo al quinto minuto, quando il frontman decide di tirare il freno a mano e, accanto al classico arpeggio di chitarra, proporre il raffinatissimo e deprimente suono di un violino che per quattro minuti ci coccolerà in eteree soluzioni atmosferiche prima dell'attacco frontale conclusivo che ci martorierà le orecchie per un altro minuto quando invece a fare la sua comparsa troveremo un altro drastico e repentino cambio di tempo. Suoni nord europei (chi ha detto Sarcasm?) si manifestano in "Miasma", un'epica cavalcata black che ricorda sicuramente anche i Windir ma che nel corso del brano, saprà palesarsi anche in modo più personale, con una ritmica stralunata, quasi di estrazione Blut Aus Nord. Il pezzo è tuttavia bello lungo e nei suoi 11 minuti avrà modo di investirci con le sue raggelanti melodie di scuola Dissection, prima di un folklorico break acustico e una successiva e più orchestrale porzione strumentale (quasi da colonna sonora) che conferma le eccellenti doti stilistiche del bravo Derrick. "Night Trek to Phoenix Mountain" è il pezzo più breve del lotto (quasi cinque minuti e mezzo) e forse anche quello più normale, vuoi anche la sua natura puramente strumentale, una sorta di ponte che ci condurrà al finale rappresentato da "And Meditate Through the Clouds", gli ultimi otto minuti e poco più, in compagnia del sound ricercato dei Voyage in Solitude. Credo sia un flauto quello che apre timidamente il pezzo, prima che la brezza chitarristica faccia il suo ingresso nella song, che meglio rappresenta la componente malinconica di Derrick, complice anche il tremolo picking delle chitarre e il suono (credo) di un violoncello che compensano la mancanza dell'ispirato screaming del frontman. Un peccato aver relegato la voce solo ad un paio di song, avrebbe meritato sicuramente più spazio. Alla fine, 'The Isle of Death and Rebirth' conferma quanto di buono avevamo già ascoltato in occasione del precedente lavoro; sono certo che se adeguatamente supportati, i Voyage in Solitude potrebbero regalare splendide perle in futuro. (Francesco Scarci)

Damnation Gallery - Enter the Fog

#FOR FANS OF: Death/Thrash/Horror
Quite a unique release from these guys first time ever hearing them and what their gig is like. They have some darn good riffs and the vocals are an acquired taste. But good! I'm surprised that they haven't been really reviewed before. I'm glad that they found me because they're looking for press. I believe that this one ('Enter the Fog') is their strongest release to date. They're totally dark musically and the sound quality is sub-par but I like the music on here. And do dig the vocals for what they're worth on this recording. It's moderate metal, moderate in the sense of heaviness. But the album is 51 minutes and I really think this band has a bright future.

They have some variations to their riffs some songs really slow or clean as a song called "Erased." What a gem that one is! But for the most part, this album is somewhat brutal musically. Just they change it up but the riffs are pretty slow distortion except for that one (outro track). The vocals were actually pretty clean. Reminds me a little bit of "Planet Caravan" by Pantera only female vocals.

These guys have a whole helluv a lot to offer the metal community. I wasn't convinced the first few songs I heard but this one grew on me. Not a great deal of lead guitar work and that's OK. I think their riffs are catchy and somewhat melodic. They knew how they wanted this to turn out and did a great deal to make it underground. These guys have a good career ahead of them. And again, I'm glad they reached out to me! I only have nothing but good things to say about this release. Loved the guitars and vocals. But I must warn you, it make take time to grow on you as it did to me. I appreciated this much more on repeated listens to.

Some good songs that I've found to be besides the one I mentioned above are "Angomarcia", "Never Say Goodbye" and "Fog." Interesting band and they're going to make one helluv a career in the metal genre! (Death8699)


Decrepit Birth - Polarity

#FOR FANS OF: Brutal Death
Very first hearing this band and what a monument! I love the technical aspect that they put into this album. It's totally surreal. Every track on here is good. I'm sure Archspire derived some influence from this band in terms of harmonies and overall musicianship. The riffs really speak to the listener and the vocals are just brutal. But not over-the-top brutal. It suited the direction they were taking to this release. I was blown away by the music on here. They really played from the heart with these songs. It isn't just one or two songs ok and that's it. This whole album is phenomenal. The music is what just took it away with me. These guys knew what they were doing with the recording. Such an amazing record and it seems as though they're still active, but on hiatus unfortunately.

From what's speaking to me are the guitar riffs. They put a lot of technicality into the mix, but the riffs are way melodic. That's what grabs me on here. There actually is an ever changing heavy rhythm guitar. What does it for me are the melodies and harmonies, as previously stated.

There aren't a great deal of technical death metal bands that I'm really into. Now I can say I'm a fan of this band after hearing 'Polarity'. They seem to put their heart and soul into the music. For an extreme band, they're not brutal for the sake of being brutal. I think that they put a lot of thought into their songwriting which is crucial to this genre.

Always positive things to say about this release. I thought that they covered all aspects of metal here with the vocals, guitars, and drums. The production was solid as well. There seemed to be some triggered drums though, they were just on hyperpaced mode. Everything fit together on here no complaints really. These guys know how to make good extreme music! I wish I didn't wait so long to check out this band. I figured that I hadn't heard much about them really until yesterday. What a great album! Don't wait around on this, it's worth looking into immediately if you haven't already! (Death8699)


(Nuclear Blast/Agonia Records - 2010/2019)

mercoledì 8 febbraio 2023

Batsalsa Experience - Astrea

#PER CHI AMA: Punk/Hardcore
Secondo album uscito per Grandine Records, della band bolognese Batsalsa Experience, che inaspettatamente suona più convincente del precedente, segnando un buon passo avanti per il quartetto. Chiarisco i fatti. Il primo album, seppur suonato molto bene, risultava leggermente più acerbo, mentre questo disco, intitolato 'Astrea', ha una omogeneità più concreta. Partendo dal cantato e dai testi, che sono molto interessanti e che riportano alla mente molte band del circuito punk/hardcore italiano di fine anni '80, dissacranti, disillusi e impegnati nella battaglia della vita quotidiana, dei veri inni da combat rock di strada, con l'accento tipico di provenienza, che ricorda piacevolmente gli Skiantos. Musicalmente, i nostri continuano con quest'originale e caratteristica sonorità, incentrata nelle sole ritmiche di basso e batteria, aiutate in alcuni frangenti, e in maniera minimale, da un synth, che poco cambia le sorti del sound globale, ma che fanno ben sperare per un'evoluzione del suono per il futuro della band. Il disco fila via veloce ed è interessante il senso da combattimento che il cantato infonde, come in "Aria", che è un vero e proprio inno, rapportato ai difficili tempi attuali, quelli che abbiamo passato e che stiamo passando, domande senza risposta e tanta rabbia e ribellione, in una forma poetica molto urbana e diretta. In tutto questo mi chiedo il motivo del come mai il quartetto emiliano non abbia ancora pensato di ampliare il range dei propri suoni con l'introduzione magari di una chitarra, ma non voglio giudicare la loro scelta come una lacuna, visto che in realtà il lavoro nella sua interezza, non mostra debolezze in nessuna delle sue tracce. Ovvio che il risultato sia un po' ostico, e che in alcuni momenti sembra di sentire certe ritmiche dei Rage Against the Machine senza Tom Morello, ma in fondo, lo speleopunk dei Batsalsa Experience, ha un suo motivo di esistere concepito così, ritmicamente esasperato, un sound ricercato, scarno e pulsante, a tutti gli effetti assai sanguigno. Musica di protesta sociale senza mezzi termini in chiave poetica e drammatica come in "Spitrock Maddafakka", oppure nella buia, "Ribellione". Musica dai temi forti e dal sound originale e particolare, violenta e ruvida, che comunque si lascia ascoltare, quel tanto da condividere gli intenti sovversivi di questi brani e farli parte della propria vita. Musica fatta con spirito d'altri tempi, che ha un suo valore intrinseco sempre e comunque, che non sarà di gradimento alla massa ma che infonde una grande voglia di gridare a squarciagola tutta la rabbia che ci teniamo dentro... in effetti, lo spirito continua! (Bob Stoner)

(Grandine Records - 2022)
Voto: 74

https://grandinerecords.bandcamp.com/album/astrea

mercoledì 1 febbraio 2023

Harvest Gulgaltha - Ancient Woods

#PER CHI AMA: Death/Black/Doom
Da Phoenix Arizona è in arrivo una tempesta di sabbia nera come la pece, pronta a oscurare il cielo. Colpa dell'enigmatico terzetto degli Harvest Gulgaltha che pur essendo in giro dal 2012, ne ignoravo l'esistenza. 'Ancient Woods' è il loro secondo album che esce a distanza di cinque anni da 'Altars of Devotion' e di otto da una compilation uscita nel 2014. La proposta dei tre misteriosi musicisti statunitensi è all'insegna di un black/death dalle forti tinte funeral doom che non inventa, al solito, nulla di nuovo, ma lascia lividi sul viso e anche nell'anima, complici cupe e dannate sonorità che s'insinuano profonde pronte a scavarci e alimentare paure ed insicurezze. Mi sarei aspettato un simile album rilasciato dalla Sentient Ruin Laboratories e vederlo per la Godz ov War Productions, non può che farmi piacere, essendo l'etichetta polacca per lo più attenta a sonorità tipicamente death/black. Il lavoro si snoda poi attraverso sette mefitiche tracce che dall'iniziale "From the Depths of Acosmic Light" arrivano alla conclusiva "Chaos Among the Dead (Will of the Flame Pt. 3)" in un percorso articolato, claustrofobico, negromantico e sepolcrale, che non vi lascerà ahimè scampo. Complice poi una registrazione lo-fi, voci che sembrano provenire dall'oltretomba, delle chitarre scarne ma profonde, 'Ancient Woods' potrebbe essere la colonna sonora ideale per un tour sull'Acheronte con il traghettatore di anime Caronte come vostro ospite. Mortiferi. (Francesco Scarci)

(Godz ov War Productions - 2022)
Voto: 70

https://godzovwarproductions.bandcamp.com/album/ancient-woods 

Toehider - I Have Little To No Memory of These Memories

#PER CHI AMA: Prog/Opera Rock
È decisamente singolare la scelta dei Toehider di rilasciare un album con un'unica song della durata di 47 minuti e 47 secondi che nel minuto e mezzo iniziale sembra essere una sintesi dei Queen di "Bohemian Rhapsody", tra cori e suoni che evocano la famosissima hit della band britannica. Terminata la messinscena, parte il lavoro che non ti aspetti, ma a dire il vero, noi la one-man band australiana la conosciamo fin dal 2012, quando recensimmo 'To Hide Her' e già sottolineavamo le eccelse qualità del geniale progetto di Michael Mills. Qui non possiamo far altro che confermare tutti gli aspetti positivi di quella che è a tutti gli effeti un moderna opera rock, che percorre 50 anni di musica prog rock e metal, narrando la storia di un uomo, una donna, un enorme pennuto, uno stupido alieno e due barche modificate per un confronto spaziale. Tutto chiaro no? Ecco, se queste sono le basi liriche di questo album, potrete immaginare anche quanto possa essere imprevedibile il contenuto musicale, tant'è che l'artista australiano ha previsto addirittura due finali alternativi dell'opera, uno su cd e l'altro nel vinile. Un fottuto genio. Un genio che sarà in grado di coinvolgerci in un viaggio sonico che farà sicuramente la gioia di tutti quelli che amano sonorità alla Devin Townsend o che adorano gli Ayreon, senza dimenticare poi le assonanze vocali con certe cose dei Queen e ancora, echi retrò alla Yes, colonne sonore, rimandi a Ronnie James Dio (minuto 18, ditemi che ne pensate), ruffianate di ogni tipo, passaggi folk, garage rock, tuffi in un passato davvero lontano, omaggi vari agli anni '80, riffoni djent sorretti da orchestrazioni sinfoniche, techno death (con tanto di voce growl) e ancora, una serie infinita di mash-up che inglobano appunto 50 anni di musica di ogni tipo e che mi spingono semplicemente ad invitarvi a mettervi comodi, indossare le cuffie e lanciarvi in questo viaggio nel tempo e individuare poi il finale che più vi aggrada. (Francesco Scarci)