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mercoledì 16 febbraio 2022

Thumos - The Republic

#PER CHI AMA: Post Metal Strumentale
I Thumos sono una misteriosa creatura di cui non ho trovato troppe informazioni. Certo la Bibbia Metal Archive dice che sono americani, si sono formati nel 2018, ma poi non si sa quanti e quali membri costituiscano la band, o di quale città siano realmente originari. Dopo una serie infinita di demo, split, EP e compilation, il gruppo nordamericano arriva finalmente in questo 2022 al tanto agognato full length d'esordio. 'The Republic' è un lavoro di dieci pezzi dediti ad un post metal che supera l'ora di durata. La sua peculiarità? È interamente strumentale, sebbene il disco voglia essere una sorta di rappresentazione musicale de 'La Repubblica', l'opera filosofica in forma di dialogo, del filosofo greco Platone, la quale ebbe una enorme influenza nella storia del pensiero occidentale. Quantomeno stravagante. Il disco si apre con i toni cupi di "The Unjust" che rivela subito la direzione musicale intrapresa dai nostri. Le chitarre infatti sono quelle tipiche del post metal, tuttavia le ambientazioni tendono a farsi, nel corso del pezzo, estremamente rarefatte e paranoiche, complici una serie di rallentamenti dal mood asfissiante. Un filo più tirata "The Ring", dove comunque mi preme sottolineare il piacere nella band di produrre break in cui affidare lo stage ad un singolo strumento. Accadeva con la batteria sul finire del primo brano, accade qui con largo spazio concesso alla chitarra e da qui ripartire con un piglio costantemente in bilico tra post e doom, profumato anche da derive progressive e da qualche accelerazione che ammicca al black. Il disco non è proprio facilissimo da digerire, però non appare alle mie orecchie scontato come tanti altri lavori che ho ascoltato in ambito post, forse per questa capacità di variare il tempo, di inferocire la componente ritmica, cosi come di renderla più mansueta in altri frangenti come accade nella più delicata e melodica "The Virtues" che potrebbe ricollegarsi al IV libro di Platone e alle virtù in esso citate, la sapienza, il coraggio e la temperanza. Più tortuosa invece "The Psyche", d'altro canto con un tema del genere era lecito aspettarsi qualcosa di simile. Si tratta di un brano pesante che si muove su una ritmica lenta e ossessiva, caratterizzata da giri di chitarra sparsi qua e là alquanto bizzarri e da un incedere comunque pachidermico nella sua seconda metà. Si arriva intanto a "The Forms" e al suo sconfortante incipit che evolve in un pezzo che per certi versi mi ha evocato lo spettro dei Cult of Luna di 'Somewhere Along the Highway', quelli più glaciali e desolanti, sebbene le tastiere provino a smorzare i toni e a sopperire all'assenza di un vocalist. "The Ship" è il brano più corto del disco che attacca con un rutilante incedere ritmico. Bordate di piatti e rullante, chitarre super distorte vicine più al death metal che al post, ed una serie di schiaffi in faccia ben assestati. L'oscura "The Cave" non mi lascia alcun dubbio sul fatto che affronti "Il Mito della Caverna", una delle più conosciute allegorie del filosofo greco. Il pezzo è fondamentalmente orientato sulla falsariga dei precendenti almeno fino a quando, poco prima di metà brano, divampa la miccia di un black furibondo che ci accompagnerà, tra rallentamenti e accelerazioni improvvise, fino al termine. "The Regimens" è un'altra song che parte da toni pacati ma con una linea di chitarra un po' più sghemba rispetto alle precedenti. Anche qui il break di batteria non tarderà a materializzarsi, quasi il battito ritmico di un cuore in mezzo al petto, comunque ostico e nevrotico. Un delicato arpeggio apre "The Just", che mi ha colpito per la sua intrinseca malinconia dettata probabilmente dall'utilizzo degli archi che donano una certa solennità a quello che è il pezzo più evocativo del disco, quello che ammicca anche maggiormente al post rock, quello meno originale ma che forse riesce più a toccare la componente emotiva di chi ascolta. In chiusura "The Spindle", la traccia più lunga del lotto, quella che attacca anche in modo più minaccioso con delle chitarre multistratificate che non lasciano presagire a nulla di buono, quasi un black norvegese di altri tempi. In realtà non ci troveremo di fronte a nulla di cosi spaventoso o feroce, sebbene il drumming ogni tanto sembri voler aumentare i giri del motore, ma da qui alla fine ci sarà spazio per qualche accenno di accelerazione, qualche sporadico blast beat e poco altro che si concretizzerà in un pianoforte che chiude delicatamente un disco inaspettato, intrigante e complicato. (Francesco Scarci)

(Snow Wolf Records - 2022)
Voto: 75

https://thumos.bandcamp.com/album/the-republic