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giovedì 23 dicembre 2021

District Unknown - Anatomy of a 24 Hour Lifetime

#PER CHI AMA: Prog/Groove Metal
Al di là degli ineludibili significati (affatto) sovrastrutturali, l'album d'esordio della prima e forse unica metal band afghana fornisce inedite topologie musicali, specialmente negli episodi più lisergici/desertici ("Whisper in a Dream," lo strumentale introduttivo "Modern Nature", caotico quanto una tempesta di sabbia e a tratti quasi groove, oppure i panorami psych/esplosivi di "Two Seconds After the Blast", approssimabili a certe cose lunghe dei The Doors, o anche il doom stupefatto di "Struggle" con tanto di stupefacente(mente lunga) intro elettronica) o psych/prog ("Portraits", lo strumentale "A Cancer by Design" ha forse qualcosa dei Genesis di 'Foxtrot'? O dei Beatles di 'Abbey Road'?). Eclettico e funzionale il sound, conseguenza di una produzione per niente amatoriale, ma decisamente debole il cantato in pulito ("Joy Versus Sorrow" e ancora in "Portraits"). Costituiti in piena era taliban, per un certo numero di anni i District Unknown si sono esibiti in patria clandestinamente e col volto coperto così da sfuggire alle persecuzioni. Poi pensi a quei cretini di fascistelli svedesi provvisti di chitarre-mitra e batterie-carrarmato che giocano a fare la guerra sul palco, sì, ma sempre restando ben fuori tiro. O a quegli altri idioti metallari multimiliardari dei miei coglioni spelacchiati provenienti dall'Iowa che giocano a fare i serial killer di questa beneamatissima fava. Gente che a Kabul non durerebbe più di dieci minuti cronometrati. (Alberto Calorosi)