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domenica 2 febbraio 2020

Yatra – Behind The Great Disguise

#PER CHI AMA: Prog/Alternative Rock/Grunge
Viaggiare, esplorare, affrontare l’ignoto: una delle più antiche pulsioni dell’uomo, che ne ha plasmato l’evoluzione e che lo ha spinto a cercare costantemente nuovi traguardi. Ci troviamo però in un’epoca dove anche questa esperienza può essere comodamente soddisfatta con pochi clic del nostro, semplici gesti che bastano ad aprirci le porte delle destinazioni più esotiche, al punto che una foto scattata a Singapore o a Vancouver potrebbe non suscitare più entusiasmo di una vecchia cartolina da Alassio o Milano Marittima.

La nostra società sempre più dedita all’edonismo si è appropriata anche di questa esperienza, trasformandola da occasione di crescita interiore (tramite il superamento di difficoltà e il confronto con ciò che è estraneo) a mera occasione per collezionare souvenir e selfie, e forse è stata proprio questa riflessione ad aver ispirato il nome degli Yatra, parola sanscrita che indica il viaggio nella sua accezione più spirituale, vale a dire di “pellegrinaggio”. È infatti un percorso mutevole e impegnativo quello intrapreso dalla band emiliana, attiva solamente dal 2017 ma in grado di ritagliarsi in poco tempo una buona visibilità, un cammino che li vede esplorare territori musicali variegati e al tempo stesso maturare giudizi critici sul materialismo che domina le nostre vite, aspetti che contraddistinguono il loro primo full-length 'Behind the Great Disguise'.

Si tratta di un album squisitamente rock, definizione che potrebbe risultare ambigua considerato l’universo che si cela dietro questa etichetta, ma che ben riassume il contenuto di questi otto pezzi, nei quali il quintetto saggia le diverse inclinazioni del genere: la durezza del grunge e la raffinatezza del progressive-rock, suggestioni shoegaze alternate a poderose deflagrazioni metal-oriented.

L’opera è caratterizzata dalla continua alternanza di brani ad alto dosaggio di gain come “Unworthy” e “Awakening”, dominate dai riff distorti delle chitarre e da percussioni martellanti, e i momenti più intimi riscontrabili in “Ego Illusion” e “Struggle”, dove prevalgono cascate di arpeggi e ritmiche più ragionate, quasi a voler rappresentare con questo roller coaster di intensità un cammino aspro, pieno di ostacoli e momenti di riflessione sul mondo che ci circonda (come nella title-track, in cui viene stigmatizzata l’importanza dell’apparenza nella nostra società). Filo di Arianna che ci guida attraverso questa giungla sonora è senza dubbio la voce di Denise Pellacani, la cui carismatica prova al microfono è da lodare per la capacità di esprimersi al massimo nei contesti più disparati.

La formula proposta dagli Yatra, bisogna ammetterlo, non è particolarmente innovativa, così come la varietà di soluzioni sviscerata nei poco meno di quaranta minuti di 'Behind the Great Disguise' può rappresentare sia un elemento di forza che di debolezza: se da un lato strizza l’occhio ad una platea più ampia (obiettivo che, in questi tempi di magra per i musicisti underground, non è criticabile), dall’altro dà l’impressione che la band per il momento sia più focalizzata sul “viaggio” che sulla destinazione, ossia un equilibrio tra le varie spinte stilistiche (che per altro fa capolino in “Reborn, Rebuilt”, non a caso il pezzo più convincente del disco) su cui sviluppare un sound più personale.

L’esordio ad ogni modo è positivo e mette in mostra tutte le doti del gruppo: gli Yatra hanno tecnica, grinta e soprattutto un cammino ancora lungo di fronte a loro, pertanto vedremo in futuro quali strade decideranno di intraprendere. (Shadowsofthesun)

((R)esisto Distribuzione - 2019)
Voto: 70

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