Interviews

mercoledì 8 gennaio 2020

Arallu - En Olam

#PER CHI AMA: Black Mesopotamico, Melechesh
Non più di un anno fa abbiamo recensito su queste pagine 'Six', sesto album degli israeliani Arallu. Autunno 2019 e i nostri tornano con un nuovo lavoro, 'En Olam' ed il loro inconfondibile sound black thrash mesopotamico. Non si scherza davvero con la rabbia distruttiva di "The Center of the Unknown", incendiaria opening track che solo dopo una martoriante parte thrash metal, dà sfoggio a quel marchio di fabbrica che da sempre rende gli Arallu e poche altre band (Melechesh su tutte) come alfieri del Mesopotamic sound, ossia di quelle melodie mediorientali abbinate al black, che rendono la proposta dei nostri cosi originale ed esotica. La title track si palesa in questa veste già dalle prime note con un sound decisamente più ritmato quasi tribale, con quelle splendide melodie che immagino accompagnare il sinuoso movimento di deliziose danzatrici del ventre. E mentre la mia fantasia mi guida verso bellissime donne, ecco che a scuotermi dal mio stato onirico, ci pensano le aguzze chitarre del quintetto israeliano. La musicalità di quel mondo antico si manifesta anche nella successiva "Devil's Child", brano dalle ritmiche serrate e dalle voci acuminate che mostra un bel break centrale a rallentare una song sin qui assai infuocata. La chiusura è affidata poi all'incisivo coro che inneggia proprio al titolo del brano. Non c'è tempo di prendersi pause, visto che "Guard of She'ol" irrompe a gamba tesa nello scorrere impetuoso di questo 'En Olam', che vede peraltro qui l'utilizzo da parte del vocalist, di un cantato pulito, per un esperimento davvero azzeccato. Parte decisamente in sordina invece "Vortex of Emotions", con un titolo del genere mi sarei aspettato ben altro: ci vogliono ben quattro minuti infatti ai nostri per provare ad aumentare il numero di giri al motore, con scarso successo a dire il vero, per un capitolo non troppo ben riuscito. "Achrit Ha'Yamim" è il classico intermezzo strumentale che ci introduce a "Prophet's Path" che mi sa tanto diventerà la mia song preferita dell'album, di certo quella più varia per la sua natura multietnica, peccato solo duri poco più di tre minuti. Le cose sembrano tuttavia progredire con le canzoni finali: davvero buona "Unholy Stone", che non so per quale motivo, riesce a trasmettermi quella sensazione di tensione e disagio che avvertii la prima volta che mi trovai in piena città vecchia a Gerusalemme. Lo stesso dicasi per la successiva e suggestiva "Trial by Slaves" che completa un trittico di song davvero interessante. A chiudere, la magia di "Spells", un gran bel pezzo all'insegna di un sound orientaleggiante che chiude degnamente il settimo sigillo targato Arallu. (Francesco Scarci)


(Satanath Records/Exhumed Records - 2019)
Voto: 74

https://satanath.bandcamp.com/album/sat266-arallu-en-olam-2019