Interviews

lunedì 10 settembre 2018

Antisoph - S/t

#PER CHI AMA: Avantgarde/Progressive, Ved Buens Ende, Ulver
Con alle spalle una serie di esperienze in molteplici band (Kerbenok e Vnrest) e una passata storia col moniker Orb, giungono a noi i tedeschi Antisoph con questo primo lavoro targato Geisterasche Organisation. Il cd consta di sette tracce che sin dall'opener "Karmaghoul", lascia intuire che non ci troviamo al cospetto di una band estrema propriamente convenzionale. Questo perchè a fronte di un'irrequieta tempesta musicale di stampo black, poi a comparire sono vocals che mi evocano Ved Buens Ende, Ulver o addirittura Voivod. La musica degli Antisoph è a tratti devastante con sfuriate in blast beat o schitarrate in tremolo picking, ma quello che entusiasma sono quei vocalizzi puliti che ricordano per l'appunto Carl-Michael Eide, frontman delle due band norvegesi citate sopra e membro (o ex-) di un quantitativo esorbitante di realtà quali Aura Noir, Satyricon, Dodheimsgard, Fleurety, tanto per fare qualche nome. E forse proprio a qualcuna di queste imprevedibili realtà musicali norvegesi che il nostro terzetto di Schleswig-Holstein prova a guardare, mischiando le carte, e tra sparate estreme, ci piazzano mirabolanti trovate progressive, come i bravi Enslaved insegnano. Basti ascoltare l'assolo finale dell'opening track per trarre questa banalissima conclusione oppure trovare piacevole conferma in altri pezzi: "Hypnoroom" suggerisce qualcosa degli Ulver dei tempi di 'Blood Inside', concimandolo con un black'n roll furioso e psicotico con tanto di cavalcata sincopata a livello ritmico. Una corsa che lascia senza fiato tra ritmiche dissonanti e riff di scuola "vektoriana". "Distant Scream" è un notevole esempio di estremismo progressivo, non posso etichettare come black o death perchè qui di voci scream o growl non c'è traccia, però le sventagliate ritmiche sono portentose e fanno molto più male di realtà ben più estreme dei tre teutonici che qui si dilettano non poco con rincorse paurose al limite del parossismo, smorzate da inattese divagazioni jazzate che mettono in luce una notevole preparazione tecnica e una capacità mostruosa a livello compositivo. Nulla è scontato in questo cd anzi, il rischio di incorrere nell'eccesso di voler sorprendere ad ogni costo l'ascoltatore, ne penalizza addirittura l'ascolto vista una scarsa orecchiabilità per brani al limite del geniale. Il disco mi piace, soprattutto nei frangenti più estremi e penso alla cavalcata post black negli ultimi minuti della terza traccia; talvolta però non è cosi semplice digerire la scarsa linearità musicale dell'ensemble e la voce che emula anche i Vulture Industries nelle tonalità più alte, sembra andare leggermente in difficoltà. Tuttavia insisto, l'album è notevole oltrechè ostico, ma se riuscirete a prendere le giuste precauzioni anche voi non potrete non apprezzare le tortuose e urticanti ritmiche di "Death" e quel suo break centrale che ammicca anche agli ultimi Opeth e al contempo si concede un'altra sfuriata black nel suo epilogo. "Teleport Maze" dà un'altra dimostrazione di spiccata personalità con suoni e voci che chiamano in causa a caso Opeth, Arcturus, Cynic, ma anche il math di Between the Buried and Me o dei Follow the White Rabbit, in una assalto sonoro difficile da gestire perchè cosi frastornante e deviante. Con "Ghostking", il trio prova a rallentare un po' le velocità disumane a cui ci ha abituato sin qui, ma come sempre con questa band dovete aspettarvi sempre di tutto di più, e quindi via ad orpelli blues rock di chitarra, un break progressivo, un bell'assolo, per quello che in definitiva sembra essere il momento più pacato del disco. A chiudere ecco l'acustica delicata di "Rejoice" che rappresenta in questo caso, la meritata quiete dopo una spaventosa tempesta. (Francesco Scarci)

(Geisterasche Organisation - 2018)
Voto: 80

https://antisoph.bandcamp.com/