Interviews

mercoledì 6 giugno 2018

Tusmørke - Fjernsyn I Farver

#PER CHI AMA: Psych/Space Rock, Yes, King Crimson
Il traguardo del sesto album non è cosa da poco. Ci sono riusciti i norvegesi Tusmørke con questo 'Fjernsyn I Farver' (che starebbe per "Televisione a colori") e il carico di musica folk psych prog rock che esso si porta. Sei i brani a disposizione dei nostri per cercare di stupirci con le loro melodie funamboliche che sembrano provenire direttamente da fine anni '60. Lo dimostra immediatamente la title track posta in apertura al disco, in cui flauto, percussioni varie e un cantato stravagante (in lingua madre) irrompono e dichiarano apertamente l'amore della band per i signori del calibro di King Crimson, Yes o Jethro Tull (ma più per un'assonanza legata all'utilizzo dei flauti), giusto per citare alcuni degli act più famosi ai quali i Tusmørke si ispirano. Notevoli i giochi di luce che l'ensemble riesce a creare, tra rallentamenti e accelerazioni psych rock, in cui il pallino del gioco è tenuto costantemente dai synth e da una voce non poi cosi facile da digerire. "Kniven I Kurven" conferma l'importanza del flauto nell'economia della band: esso apre infatti la song, mostrando un'ampia sinergia con le percussioni e un sound in generale che mi proietta indietro nel tempo di almeno una cinquantina d'anni, ove le chitarre sembrano invece relegate in secondo, anzi terzo piano. La traccia ha un incedere che potrei definire banalmente allegro, tuttavia manca di una spinta che la riesca realmente a rendere cooinvolgente. Il quintetto di Oslo prosegue con la propria proposta in "Borgerlig Tussmørke", un brano che appare come l'ideale colonna sonora di una fiaba, anche se il coro a metà brano sembra preso in prestito da "Hey Jude" dei Beatles. Che i nostri non siano degli sprovveduti lo si evince anche dalla debordante e sabbatiana "3001", una canzone che prende le distanze dalle altre song, sebbene l'intro risuoni come un videogames anni '80. La traccia si snocciola come un classico dei Black Sabbath, con addirittura la voce del frontman a voler emulare quella del buon vecchio Ozzy e un break a poco più di metà brano, che fa sprofondare il sound dell'act scandinavo in una porzione psych doom. Molto in stile Carlos Santana invece l'inizio di "Death Czar", cosi caraibica nei suoi suoni fragili e psichedelici, soprattutto a livello percussivo, con un finale più rock oriented che ne rigenera le sorti. "Tøyens Hemmelighet" è l'ultimo pezzo di questo disco, che vuole raccogliere una mistura di suoni funk e folk, evocandomi un che dei Carnival in Coal nel loro album 'French Cancan' ed in particolare nella cover di "Fucking Hostile" dei Pantera. Ascoltare per credere. (Francesco Scarci)