Interviews

martedì 6 giugno 2017

Dome La Muerte E.X.P – Lazy Sunny Day

#PER CHI AMA: Garage/Alternative Country, Calexico, Cramps
'Lazy Sunny Day' è il nuovo progetto di Dome La Muerte, cantante e chitarrista italiano che ha attraversato il rock alternativo, di matrice hardcore e punk, già a partire dai primissimi anni ottanta. Se nomi leggendari come Cheetah Chrome Motherfucker e Not Moving non vi dicono nulla, poco importa: questa recensione non ha lo scopo di lucidare le medaglie che il buon Dome potrebbe appuntarsi al giubbotto quanto piuttosto di valorizzare il suo presente. E la miscela vincente che ci propone in 'Lazy Sunny Day' è fatta di brani epici caratterizzati da chitarre western e amplificatori grondanti di tremolo e vibrato, sapientemente dosati a valorizzare le parti strumentali. Si parte con “Never Surrender”, uno strumentale asciutto e polveroso come un duello sotto il sole, accattivante quanto basta per catturare l’attenzione dei fan di Calexico e Friends of Dean Martinez. La successiva “No Justice” riprende il refrain del primo brano alzando il ritmo e anche la manopola del riverbero. “Sick City”, terzo pezzo in scaletta, aggiunge agli elementi western anche un piglio garage nella sua esecuzione. L’elemento di novità si manifesta a partire dal quarto brano dove un sitar intreccia sonorità beat per portarci in territori più mistici ed evocativi. “Drawning a Pink Mandala” e la successiva “Divinity” sono due canzoni in cui il sitar la fa appunto da padrone. Nella successiva “Amsterdam 66”, forse il capolavoro dell’intero album, Dome La Muerte riesce a coniugare le sonorità garage tipiche di gruppi come i Fleshtones ad efficaci virate mistiche caratterizzate da un sapiente mix dell'onnipresente strumento indiano e organo hammond. Il disco prosegue alternando brevi strumentali ancora a base di sitar con canzoni più definite nella loro struttura e dalle sonorità più garage-western. “Eternal Door” si caratterizza per un buon uso del dobro mentre la successiva “When the Night is Over” è puro twang di frontiera. Le due canzoni che chiudono il disco, “Vision of Ashvin” e “L.S.D. (Little Sun Dose)" mantengono alto il tiro portando il suono nei territori noti ai fan di band di culto quali ad esempio Gun Club e Cramps o anche i più recenti Go to Blazes. In conclusione, quello che abbiamo tra le mani è un disco piacevole, sicuramente atipico per il mercato italiano, suonato con l’esperienza di chi ha calcato migliaia di palchi e si è lungamente abbeverato alla fonte del garage a dell’alternative country. Alimentate la vostra curiosità spingendovi oltre la frontiera del garage punk nei territori battuti da Dome La Muerte E.X.P: questo disco vi accompagnerà nelle vostre pigre giornate di sole estive. (Massimiliano Paganini)