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lunedì 17 aprile 2017

Raptor King - Dinocalypse

#PER CHI AMA: Metalcore/Math
C’è chi costruisce elaborati concept album per raccontare serissime vicende personali, viaggi fantascientifici o futuri distopici. E poi ci sono i Raptor King, che si presentano con un packaging imbarazzante, un video in cui un tizio vestito da dinosauro con gli occhiali da sole viene in faccia ad una sosia di Rey dall’ultimo 'Guerre Stellari' ed una storia quanto mai improbabile e ridicola. In questo secondo EP 'Dinocalypse', si racconta di King Raptor V, un dinosauro potentissimo e senza rivali, che governava il mondo 74 miliardi di anni fa. Grazie ad un portale interdimensionale, King Raptor V viaggia nel tempo e arriva nella periferia parigina nel 2015. Assolda due improbabili scagnozzi (il chitarrista illusionista Nightsmoke e il batterista Don Coco) e decide di conquistare il nostro mondo fondando una band: i Raptor King appunto. Musicalmente parlando, siamo di fronte ad un frullato di generi e stili difficilissimo da catalogare. L’opening è affidata alla title track “Dinocalypse”, un assalto deathcore di casse e rullanti, su cui un basso tossico e le chitarre in palm-mute, costruiscono un groove intricato sullo stile dei The Dillinger Escape Plan. Pregevole il lavoro alla voce, gorgogliante e brutale. Cala la luce in “The Witch”, guidata da un riffing lento e oscuro, sabbathiano, quasi doom in certi versi, capace però di inaspettate aperture in blast-beat e accelerazioni metalcore. Sulla successiva “The Long Way To Rock (Pom Pom Pom Pom Pom)” non potrete non muovere la testa: un mid-tempo perfetto e un groove contagioso a cavallo tra rock e metal fanno da tessuto ad una canzone in grado di dare spazio alle capacità tecniche di ciascun membro. “Fight’n’Roll” accelera nelle corde di un metal più contemporaneo, violento e potente, dove King Raptor urla come un punk fatto di adrenalina, ma si ammorbidisce sui ritornelli più catchy. Chiude “Lonesome Raptor”: un blues lento e malato, melodicamente impeccabile, con una voce rauca che ricorda Tom Waits. Un lavoro talmente eterogeneo e sconnesso da spaventare, ancor di più se consideriamo l’assurda ironia dei testi e dell’intero concept. Ma i Raptor King sanno suonare, eccome: se cercate un approccio competente ma ridicolo al metalcore contemporaneo, questo gruppo fa per voi. (Stefano Torregrossa)

(Self - 2017)
Voto: 65

http://www.raptorkingrocks.com/