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giovedì 6 ottobre 2016

Radar Men From the Moon - Subversive II: Splendor of the Wicked

#PER CHI AMA: Psych Rock, Kraut Rock, Amon Düül II, Gond, Can
Questo non è un disco, è un’esperienza musicale. Gli olandesi Radar Men From The Moon (che definiscono il loro genere ‘psych-house’) confezionano un lavoro splendido, sospeso tra kraut-rock, psichedelia ed elettronica strumentale. Ipnotico, ossessivo, straordinariamente ritmico pur nella sua capacità di costruire mondi lontani. Un disco che, sparato a tutto volume in cuffia, vi farà dimenticare dove siete, che giorno sia e persino come vi chiamate. L’opening “You Filled The House With Merciless Sand” è esattamente l’inizio che ti aspetti: una lunga introduzione di synth che respirano fuori dal tempo, fino all’improvvisa apertura electro-rock dal sapore vagamente retrò – sembrano i Can che suonano con la strumentazione dei Depeche Mode. Basso e batteria guidano incessantemente il passo anche in “Splendor Of The Wicked”, dove i RMFTM dimostrano di non disdegnare una pesante post-produzione dei suoni. Gli oltre 11 minuti della traccia fanno girare la testa annebbiando i sensi tra bassi distorti, batterie oscure, synth dissonanti e la fortissima sensazione di ascoltare un disco dub digerito dagli Amon Düül II. “Masked Disobedience” viaggia veloce, retta da un arpeggio di synth indovinatissimo su cui basso, chitarra e batteria riempiono ogni battuta disponibile. È qui che ci si accorge che i RMFTM non si limitano a ripetere riff e pattern, ma aggiungono variabili ad ogni battuta: un colpo di charleston in più, una nota di passaggio, un accento più vigoroso. Straordinari. L’andamento apparentemente marziale di “Rapture” è la scusa per costruire una canzone assai più poetica, con lunghe code di strings e morbidi synth dallo spazio. Chiude “Translucent Concrete”, con la sua ritmica decostruita e scomposta – persino industrial nei suoni meccanici e potenti – che nasconde atmosfere rarefatte sullo sfondo e prosegue mesmerizzante fino all’esplosione finale. Questo 'Subversive II' (che arriva, ovviamente, dopo un 'Subversive I' del 2015 e 'Decadence' dello scorso aprile) è un disco maturo, difficile, ipnotico: una perla nell’universo talvolta sempre uguale a se stesso della musica di oggi. È il tentativo di smontare e rimontare la concezione di un gruppo e della musica stessa, rimuovendo l’idea di una forma canzone preconfezionata, e pescando a piene mani da un passato (quello del kraut-rock, della psichedelia suonata) che ha ancora moltissimo da offrire – per poi ripresentarlo, rinnovato e contemporaneo. (Stefano Torregrossa)

Voto: 85

Arriva questa volta da Eindhoven la proposta che non ti aspetti, dalla band dal nome atipico e dalla copertina alquanto psichedelica. Signori, questi sono i Radar Men From the Moon (RMFTM) e 'Subversive II: Splendor of the Wicked' dovrebbe essere addirittura il quinto lavoro dal 2011 a oggi, mica male per questi ipnotici ragazzi olandesi, che devono aver scritto questo disco sotto strani influssi psicotropi. Il lavoro, che fa parte di una trilogia di suoni mossi ad esplorare, destrutturare e capovolgere il processo creativo, consta di cinque brani dalle durate importanti, che apre con l'ambient di "You Filled The House With Merciless Sand". Dopo un approccio, forse un po' troppo prolisso di synth, il quartetto tulipano attacca con un rifferama compatto che fa della ripetitività delle sue ritmiche il punto focale del proprio sound, in quell'incedere tipico del kraut-rock che ha portato a coniare il termine "motorik" per descrivere i tempi in 4/4 utilizzati. E la ridondanza di suoni è la caratteristica di fondo su cui poggiano i RMFTM come rettificato anche nella seconda "Splendor of the Wicked". L'effetto ottenuto? Potete immaginarlo voi stessi, angosciante; sembra quasi essersi calati un qualche trip e camminare in una disco con fastidiose luci stroboscopiche, a volumi disumani in mezzo ad una calca di gente, e in tutto questo macello non capirci davvero un cazzo. Delirante, non c'è che dire, le influenze IDM, EBM, minimal, si fanno sentire e conducono pericolosamente ad effetti indesiderati per la psiche, per cui dovrebbe essere messo un warning bello grosso sulla copertina del disco perché la proposta di questi folli, rischia di nuocere seriamente alla salute mentale. Ubriacato da questa serie di suoni che hanno perso del tutto la loro vena rock per far posto a quella elettronica, riesco ad arrivare incredibilmente all'ascolto della terza disturbante "Masked Disobedience", che mostra quasi un approccio post punk iniziale prima di orientarsi a nuove fughe lisergiche annienta neuroni. Ripetitivi fino alla morte, per lo meno in questo caso la band si limita a soli sei minuti di suoni ubriacanti; cercate di non ascoltarli in auto, se foste astemi, rischiereste di farvi trovare positivi dalla polizia al controllo del vostro tasso alcolemico. "Rapture" ci dà forse il colpo di grazia con un sound tribale, sciamanico, che ci conduce al centro della pista e ci lancia in un ballo in pura trance ipnotica, crivellati dai colpi penetranti di questi quattro criminali. Industrial, campionamenti vari, noise vanno a fondersi nell'ultima "Translucent Concrete", l'ultima tappa danzereccia di un pauroso viaggio, da cui sarà difficile fare ritorno. Pericolosi. (Francesco Scarci)