Interviews

mercoledì 11 maggio 2016

Funeral - In Fields Of Pestilent Grief

REISSUE:
#PER CHI AMA: Death/Doom
Ho avuto il piacere di ascoltare una recente ristampa di 'In Fields Of Pestilent Grief', album del noto gruppo norvegese Funeral, risalente all'anno 2001. Si tratta del secondo full-length per i nordici veterani del doom metal, che negli anni hanno spaziato e sperimentato all'interno di diversi generi, perseguendo differenti strade stilistiche nel corso della loro carriera. Il disco in questione, appartiene alla fase doom melodica della band, che si era già assestata con il debut 'Tragedies'. La peculiarità di questo periodo è la presenza dietro al microfono di una voce femminile, Hanne Hukkelberg, che senza dubbio contribuisce enormemente a forgiare lo stile caratteristico dei Funeral. Voci acute e spettrali apportano infatti quel giusto tocco gotico al doom pesante dei norvegesi, che tuttavia mantiene anche ricchi passaggi e linee vocali (quasi) melodiche. Il muro sonoro creato da chitarre e basso pesantemente distorti pare infatti impenetrabile, salvo poi aprirsi in fraseggi e passaggi in cui aleggiano melodie taglienti, come nello stacco chitarristico dell'opener “Yeld To Me”, o addirittura sezioni acustiche e pulite. Fanno la loro comparsa persino degli intermezzi strumentali (la title-track e la chiusura "Epilogue"), completamente pianistico il primo, mentre nell'atto conclusivo si articolano orchestrazioni tastieristiche, che terminano l'opera con una leggera sfumatura, in un'atmosfera da brivido. Le ritmiche vengono mantenute lentissime ed inesorabili e il loro incedere straziante è ciò che origina la mesta atmosfera di decadimento e tristezza che pervade l'intero album. Questo trascinarsi di cupe emozioni è acuito anche dalle vocals acutissime e tetre, che sovrastano l'energia e la potenza dell'impianto “Funeraliano”: queste rappresentano il tocco finale, la ciliegina su quest'ottimo lavoro compositivo. Nonostante la monoliticità del genere esplicata attraverso tempi estremamente lenti possa indurre a una certa ripetitività, le notevoli abilità compositive della band fanno si che ciò non accada. Anche nelle situazioni che possono sembrare più monotone e scarne, si avverte come i Funeral riescano a garantire fantasia e varietà ad ogni passaggio, pure con estrema semplicità. Ricche variazioni sul tema sono apportate da molteplici elementi, dalle orchestrazioni cupe delle tastiere, dagli assoli melodici di chitarra, o dai fraseggi mistici ripetuti fino allo sfinimento, senza tuttavia mai annoiare. Basti ascoltare “The Stings I Carry“, in cui il tema chitarristico viene instancabilmente trascinato dall'inizio alla fine, come l'eco di un perpetuo lamento. Altro pezzo notevole è “When Lights Will Dawn” che ci dimostra appieno quanto appena detto: il suo tema onnipresente seguito dai chorus e dagli acuti della Hukkelberg, le ritmiche inesorabili, gli assoli conclusivi e quella costante atmosfera quasi epica, sospesa a metà, contribuiscono a donare una sensazione di ascensione dall'oscurità opprimente. Si tratta del brano più lungo del disco e sicuramente anche del più impegnativo e riuscito dal lato musicale-compositivo. Un brano un po' diverso dagli altri è invece la nona traccia, “Vile Are The Pains”. La definisco differente perché è l'unica dell'album a non essere cantata dalla brava Hanne, ma è eseguita interamente dal tastierista Ottersen. Al termine di questa special edition, si trovano due tracce bonus, altro non sono che le vecchie demo version dei pezzi “When Lights Will Dawn” e “The Stings I Carry”, anch'essi cantati da voce maschile in una versione alternativa davvero pregevole. Penso non serva aggiungere altro per descrivere un disco del genere, che sicuramente ha rappresentato un capitolo estremamente significativo nella storia dei Funeral, band simbolo per tutta la scena doom da vent'anni e più a questa parte. (Emanuele "Norum" Marchesoni)