Interviews

lunedì 1 febbraio 2016

Consciousness Removal Project - Tides of Blood Part I

#PER CHI AMA: Post Metal, Isis, Neurosis, Tool
È la sesta proposta questa dei Consciousness Removal Project che si concretizza in 'Tides of Blood Part I'. Se vi piacciono 'Panopticon' o 'Oceanic' degli ISIS, andrete letteralmente fuori di testa per questa “Marea di Sangue”. È il caso di riflettere sul nome della band e sul titolo del disco, che sono stati pensati e collegati con maestria. Consciusness Removal Project, la rimozione dello stato di coscienza è l’obiettivo di qualsiasi meditazione e serve a staccare l’anima dal corpo terreno per sollievo al nostro spirito imprigionato in questo corpo terreno, e 'Tides of Blood' per una mezz’ora vi permetterà di provare quest'esperienza. Antti Loponen, principale compositore ed esecutore del disco, assieme all’egregio batterista Artturi Makinen, ha ideato delle maree di sangue ('Tides of Blood' appunto) che si alzano e si abbassano a tratti lentamente e a tratti per assolvere al compito di rimozione della coscienza. A parer nostro l’esperimento è largamente riuscito! In generale, il disco alterna lunghi ambienti onirici ad efferate spinte di rabbia, una dicotomia che è ereditata dal genere e che costringe l’ascoltatore ad espandere la propria percezione. La presentazione grafica è forse l’unico punto debole di quest’opera, la scelta del font sia interno che esterno e in generale l’artwork, a mio avviso, non rende giustizia ad un’opera così bella. In ogni caso per una piccola mancanza per gli occhi, le orecchie ringrazieranno e chiederanno a gran voce un altro play. Siamo di fronte ad una composizione particolare anche nella divisione delle tracce. Troviamo due nodi principali su cui gira tutto il disco, “Beyond the Line” e "Brute Force Majeure", gli unici pezzi in cui è presente la voce. Questi due mostri di suono sono incorniciati da una breve intro che dà inizio al disco come fosse un rituale ed infine troviamo un ultimo pezzo strumentale di coda, che racchiude perfettamente lo spirito della registrazione e dà un giusto commiato all’opera. Il significato dei testi, presenti all’interno del cd, è molto profondo, seppur presentino una poetica ed una terminologia molto semplice che non sempre contribuisce a conferire più suggestione alla musica. Antti dice di non avere paura ad oltrepassare la linea perché anche se in questo modo tutto ci sembra più verde, in realtà dall’altra parte, regnerà la pace eterna. Alcune immagini che ci regalano i testi sono ben riuscite, come le linee disegnate sulla sabbia del deserto che vengono lavate via dalla marea di sangue ed altre invece sono meno efficaci ma fortunatamente è la musica in sé ad essere densa di significato tanto da farci dimenticare il significato delle parole. Tolti questi piccoli appunti, il messaggio di pace che 'Tides of Blood' porta in dote nelle sue liriche ci appare chiaro e forte ed è sicuramente da elogiare. Ora però parliamo di musica. L’opera inizia con una preghiera in una lingua sconosciuta di un monaco eremita che sembra ripreso dall’interno di una grotta, la voce del santone sfuma per atterrare dolcemente sul vacuo incipit di “Beyond the Line”. Il pezzo come detto è uno dei due pilastri del disco, e si estende per più di dieci minuti di ineffabile leggerezza e truce realtà. La chitarra di Antti a volte infligge potenti sferzate di frequenze basse e oscure e a volte si allarga in splendidi arpeggi sorretti da voci lontane. La batteria di Artturi segue con molta carica emotiva l’evolversi del pezzo ed incatena con le sue ritmiche tutti gli scenari che il pezzo offre, e sono molti. Punto di forza sicuramente la performance vocale di Antti con uno screaming basso, sporco e potente in stile Aaron Turner, inoltre la scelta delle voci di accompagnamento crea un’aura religiosa e mistica che ricorda a tratti gli OM e i Tool. Dopo un poderoso finale si apre ”Brute Force Majeure”, un’altra apocalittica composizione di quasi dodici minuti che costituisce forse il pilastro più importante del disco. Il pezzo inizia con un crescendo che trasforma la canzone da esile ed eterea a potente e rabbiosa, proseguendo con sognanti intrecci di basso e chitarra dal sapore molto Toolliano fino ad arrivare ad intensi passaggi di riff distorti e di ritmiche serrate proprie dei primi ISIS. Gli ambienti onirici sono egregiamente valorizzati da dolcissime voci femminile e spaziali interventi di lap steel guitar. Anche qui è forte la componente religioso-esoterica, efficace nel dare al tutto un sapore misterioso e primordiale. Arriviamo infine a “A Thousand Hollow Words”, pezzo di chiusura del disco introdotto da una piccola traccia di suoni malati. La sensazione è quella di essere nel mezzo di una radura in un fitto bosco ed osservare gli animali che si rincorrono, le foglie che sfregano tra loro e le nuvole che fanno il loro corso. D’un tratto il tempo si rompe, le nubi scaricano pioggia e l’ambiente diventa ostile e minaccioso. Ma un senso di protezione e forza interiore permea l’intera opera, tanto da far sentire l’ascoltatore al sicuro da qualsiasi cosa possa accadere. Consiglio ai fan di ISIS, Tool, Neurosis, Rosetta e a tutti gli appassionati di post metal, l’ascolto di 'Tides of Blood Part I', sarà un dolce naufragare in questa marea di sangue. (Matteo Baldi)

(Self - 2015)
Voto: 85