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domenica 12 luglio 2015

Mother Engine - Absturz

#PER CHI AMA: Kraut/Stoner/Space Rock strumentale, Color Haze, Can
Sulla pagina Bandcamp dedicata ad 'Absturz' si legge: “Questo album è interamente registrato live dai Mother Engine mentre jammavano nella stessa stanza. Per riprodurre al meglio le dinamiche e il suono, vi consigliamo di suonare il disco […] al massimo volume possibile”. L’inizio è promettente: non molti possono permettersi di rinunciare ad editing digitali, sovramissaggi, aggiunte e rifiniture in post-produzione. In effetti l’attitudine alla jam del trio tedesco era già nota: allo Stoned From The Underground Festival del 2013 non erano in scaletta – ma si sono portati gli strumenti e hanno allestito un set live nel campeggio (geniale!), facendo il pienone e diventando gli idoli del pubblico. Preparatevi ad un viaggio spettacolare: a guidare la nave spaziale c’è il chitarrista Chris Trautenbach. Virtuoso ma senza esagerazioni, sempre in equilibrio costante tra grasse distorsioni fuzz e tonnellate di delay, flanger, wah ed effettistica vecchia scuola. È lui a tracciare le linee e il riffing di ogni pezzo: sempre originale nei suoni e nelle melodie – mai una sbavatura, mai una scelta banale, mai un passaggio noioso o scontato: non sentirete minimamente la mancanza di una voce. A co-pilotare la nave, Cornelius Grünert alla batteria (bravissimo con dinamiche, fantasia e tocco) e Christian Dressel al basso: sono loro a costituire di fatto il motore portante di 'Absturz', su cui la chitarra costruisce poi architetture strumentali sempre nuove. Grazie alla registrazione come jam in presa diretta, il lavoro è estremamente fluido: un vero viaggio tra atmosfere strumentali psichedeliche di delay e riff caleidoscopici e groovy (ascoltate la opening “Nebel”, come esplode dal minuto 4 in avanti; o le ritmiche veloci di “Relief”, soprattutto nel finalone da headbanging), tra arpeggi soffici e distanti, costruzioni prog, immense aperture di crash e distorsioni (“Wüstenwind”), lunghe improvvisazioni e calde sonorità avvolgenti. Indimenticabile il main riff di “Lichtung”, a costruire una connessione naturale tra la tradizione stoner americana (Karma To Burn, Pelican, ma anche certi Kyuss) e il kraut rock di Can e Color Haze. Misuratissimi i due interventi vocali da guest, nel finale di “Relief” e nella coloratissima “Sonne” – con una voce femminile che canta in lingua tedesca tra partenze e ripartenze della musica. Se anche voi rimpiangete una certa naturalità della musica, la capacità di far immaginare scenari solitari e viaggi spaziali, la tecnica finalizzata all’emozione, la dinamica e i lunghi delay, pur senza rinunciare all’aspetto più groovy, rock e ai riff spaccacollo – spolverate i vostri bong e non perdetevi questi 60 minuti di meraviglia tedesca.(Stefano Torregrossa)

(Gebrüllter Schall - 2015)
Voto: 90

https://www.facebook.com/MotherEngineRock