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giovedì 13 febbraio 2014

I Shalt Become - Louisiana Voodoo

#PER CHI AMA: Black Ambient, Burzum, Xasthur
La musica degli I Shalt Become potrebbe essere la perfetta colonna sonora de "Il Pozzo dei Dannati". Le sonorità del duo dell'Illinois infatti, che con questo album giunge alla sesta fatica, incarna perfettamente quanto di dannato ci sia nel nome del nostro sito. La musica dell'ormaai ex one man band statunitense, torna ad offrire il proprio delirante e quanto mai inquietante sound, che partendo da una base prettamente di musica classica, offre poi tutta una serie di sonorità spettrali e dall'aura malsana, che solo nelle screaming vocals trova il suo punto di contatto col black. Fatto sta che il sottoscritto ha già un brivido che corre lungo la schiena. "Strangers" e "Total Perspective Vortex" sono i primi due splendidi capitoli di 'Louisiana Voodoo', in cui il signor Holliman ci riconsegna tutto l'armamentario tipico degli I Shalt Become. Parlavo di musica classica all'inizio, e il tessuto musicale su cui si imbastisce tutta l'opera, sono appunto quei famigerati e raggelanti tocchi di pianoforte, su cui poi si innestano le oscure vocals, i melodici giri di chitarra al limite del depressive e le lisergiche atmosfere. La title track è una song tenebrosa, costruita sullo stesso ossessivo giro di chitarra/tastiere per un effetto finale al limite del drone/doom. "Drowning" è più vicina all'ambient/noise che al black, non fosse altro per le abrasive e zanzarose chitarre poste in sottofondo e qualche ululato lontano del frontman americano. "Rain" è una delicata ninna nanna dal forte influsso suicidal-depressive, un infuso mortale di droghe catalettiche. Con "Riot" invece si ritorna ad una sorta di pomposo metal orchestrale che fonde un po' tutti gli insegnamenti derivanti dalla prima ondata black ambient (Burzum e Xasthur su tutti) che ci fa perdere nuovamente in loop ipnotici di catatoniche ritmiche. Pur non essendo il top della tecnica o non offrendo nulla di cosi dinamico e adrenalinico, a me 'Louisiana Voodoo' piace parecchio, perchè mi permette di apprezzare una forma di black metal molto accessibile e rilassante, cosi come solo gli australiani Germ sono riusciti ultimamente a fare. A chiudere il disco ci pensano gli abissali 19 minuti di "The Rats in the Walls", soffuso esperimento di black dalle venature elettro-industriali, con vocals gracchianti, che mimano vagamente quelle di Attila Csihar, e sprazzi di musica al limite del tribale. Ottimo comeback discografico, dopo tre anni di silenzio. (Francesco Scarci)

(Inspired Hate Records - 2013)
Voto: 75

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