Interviews

mercoledì 13 novembre 2013

Fyrnask - Eldir Nótt

#PER CHI AMA: Post Black, Agalloch, Deafheaven
Ecco la band responsabile del ripristino del black metal tra le mie preferenze musicali. Con l'uscita nel 2011 di 'Bluostar' infatti, ho ripreso ad assaporare questo genere estremo che ritenevo ormai morto, nella sua veste post/cascadiana. Da allora sono diventato un drogato di questa tendenza e il fatto che il buon Fyrnd sia tornato mi rende più che mai felice nell'ascoltare cosa la sua formidabile creatura ha da offrirci oggi. Seconda release targata Temple of Torturous, etichetta svedese che annovera nel suo roster, oltre ai post blacksters statunitensi Echtra, anche i nostrani Melancolia Estatica. Ma veniamo finalmente a 'Eldir Nótt', elegante cd nella sua veste grafica, che consta di quattro pezzi più un liturgico intro iniziale, un paio di intermezzi liturgici e l'outro. “Vigil” apre i battenti e conferma il tedesco come lingua di elezione per il mastermind teutonico. La foga apocalittica del sound dei Fyrnask riappare nella stessa forma in cui l'avevo lasciata. Sto parlando di un illuminato black metal dai risvolti epici che ancora una volta fa guizzare i miei sensi. L'assalto è ovviamente un feroce e caotico concentrato di suoni post black, in cui si addensano splendide atmosfere bucoliche ed eteree ambientazioni, un inedito mix tra Bathory e Agalloch, che immediatamente mi fa gridare al miracolo ed esultare per un'altra release eccellente che si candida a collocarsi nella mia personale top ten dell'anno. La potenza emanata dalle tonanti ritmiche del musicista germanico si confermano di assoluto valore con il sempre più frequente utilizzo di strumenti etnici (simil Negura Bunget) a conferire un valore aggiunto alla proposta della band. Con la lunga “Jardheldr” ci si infila diretti in atmosfere notturne, in cui ben presto calano i fendenti di una vorticosa ed efferata brutalità musicale. Il caos regna sovrano nell'impasto sonoro generato dai Fyrnask, fino a quando si palesa l'amore viscerale per intermezzi sciamanico-folklorici che spezzano un incedere a tratti caustico. Caustico e caotico, esattamente come si presenta l'epilogo di “Saltrian”, song dal ritmo convulso in cui forse a predominare è un black old school. I dieci minuti di “Síaiða“ sono altro miele per le mie orecchie, non tanto per la sua dolcezza, piuttosto perché è un sound che collima esattamente con i miei gusti musicali. È ancora la foga ancestrale a dominare i sensi, un black di primo acchito primitivo, venato di un pathos epico e al contempo glaciale, pregno di atmosfere dal sapore nordico e da quella malinconia che avvinghia le band dedite al Cascadian black metal. Che altro dire se non esortarvi ad accaparrarvi questo splendido esempio di musica estrema, non ne resterete delusi. (Francesco Scarci)

(Temple of Torturous - 2013)
Voto: 85

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