Interviews

sabato 1 settembre 2012

Kayleth - The Survivor

#PER CHI AMA: Stoner Rock, Psych/Doom Metal, Orange Goblin, Sleep
Il deserto è tornato. La sabbia sugli stivali, uno scorpione che si nasconde tra le rocce e finalmente la sagoma di una città che si staglia all'orizzonte. Miraggio, realtà, non importa. La gola arsa reclama un whisky ghiacciato e del buon fuzz. I Kayleth ritornano dal deserto per regalarci il loro nuovo lavoro e con l'obiettivo di bissare il successo del precedente "Rusty gold". “The Survivor” è un EP con cinque pezzi inediti e una cover (The Nile song), che inizia con un messaggio in codice Morse e subito lascia posto alla prima traccia "The Anvil". Di nome e di fatto, questi tre minuti si abbattono pesanti come granito e veloci come un treno senza controllo. La ritmica è infatti il pregio maggiore di questa canzone, con un paio di stacchi che comunque non rallentano la corsa forsennata e mi lasciano stordito. Bel pezzo. "Desert Caravan" è un brano meno veloce, ma dall'aggessività inaudita, con un 'intro che alterna una strofa cantata molto minimalista ad un'esplosione di chitarra grossa e arrogante (come solo il fuzz può fare), batteria e basso. La traccia continua poi sullo stesso tema, dove la voce di Wiko (tutto rigorosamente in inglese) urla al cielo tutta la propria rabbia. Passiamo alla mia song preferita, "The Survivor". Dopo una breve intro di synth, la batteria di Pedro scandisce uno dei ritmi doom più violenti che io abbia mai sentito negli ultimi tempi. Il Dalla (chitarra) e Zancks (basso) creano una trama all'unisono, con diversi assoli caratterizzati dall'immancabile delay, wah e phaser. Sembra quasi una ballata in onore al dio Cactus, con una bolgia di corpi che danza intorno al sacro totem del deserto che brucia nella notte più lunga. Psichedelia, doom e stoner fusi in un unico capolavoro, da assaporare lentamente, come il mezcal che scende giù per la gola e ci regala immagini oniriche. Piacevole anche la cover finale dei Pink Floyd, ottima reinterpretazione di un vecchio pezzo fine anni ‘60, quando la pantera rosa aveva altre sonorità. Quindi, procuratevi questo EP prima che diventi sold out e se vi capita, andate a vederli dal vivo. L'adrenalina scorre a fiumi e i volumi vi faranno ricordare di essere vivi. Bel lavoro ragazzi, complimenti. (Michele Montanari)

(Self)
Voto: 85