Interviews

venerdì 9 marzo 2012

Crown - The One

#PER CHI AMA: Drone, Sludge, Post Metal
Un autentico muro sonoro, un flusso di emozioni, un mare di lava che lento e minaccioso si muove nell’improvvisato letto che si è creato, l’universo che si espande costantemente seguendo l’effetto Doppler, un tumore che si propaga metastatizzando tutte le cellule che lo circondano. Ecco, l’inaspettato effetto che il sound iper dilatato dei francesi Crown, ha suscitato in me, dopo il suo primo famigerato ascolto. Sono allibito e frastornato al tempo stesso, dall’irriverenza sonora creata da questi due loschi figuri posti alle chitarre di ques band transalpina, coadiuvati solo dalla quanto mai calda, drum-machine. Il duo di Colmar, località più famosa per l’abbigliamento sportivo che per altro, ci cinge fin da subito con la propria miscela sonora costituita da suoni industriali, drone, sludge, doom, post e chi più ne ha più ne metta, ma sicuramente sempre melodici. Si inizia con “Cosmogasm” e l’ensemble francese ci mostra immediatamente il proprio lato più ispirato, quello alle sonorità drone d’oltreoceano. La successiva title track ha un effetto ipnotico, come se mi fossi sparato dei barbiturici direttamente in vena, ma credo piuttosto che sia l’utilizzo della voce cibernetica, che si accompagna egregiamente ad un fantastico possente growling, o più probabilmente il campionamento del drumming, che finisce per creare delle atmosfere crepuscolari, ad avere tale effetto su di me. Le ambientazioni diventano molto più tenebrose e lente nella successiva “100 Ashes”, song tra l’altro intrisa di un profondo velo di malinconia. Arriviamo alla velocità della luce alla quarta “Mare”, song che esordisce in versione ambient, ma che sfodera ben presto un riffing corposo in tipico sludge/post style; un altro inquietante giro nei meandri più intimi degli abissi della nostra mente. Non mi è dato sapere di cosa trattano i testi, ma se li avessi scritti di mio pugno, di certo avrei parlato degli effetti del LSD sulla psiche. Un suono tribale apre invece la lunga e conclusiva “Orthodox” e il battito del suo drumming, il suo incedere marziale e ossessivo, lo sento vibrare nel mezzo del mio petto, soffocante, penetrante, allucinante e alla fine delirante. Mi sento a disagio, le immagini rimangono sfocate davanti ai miei occhi, la fronte madida di sudore; solo il risveglio improvviso dai miei incubi peggiori mi riporta alla realtà e alla tanto agognata calma del mio cuore completamente impazzito. Ragazzi, che diavolo mi sono fumato ieri sera, non ricordo più nulla, se non i suoni schizoidi di un duo francese; ah si ora ricordo, i Crown, peggio dei funghi allucinogeni! Sperimentali… (Francesco Scarci)

(Superstrong)
Voto: 85