Interviews

sabato 9 aprile 2011

Owl - Owl

#PER CHI AMA: Brutal Death
Christian Kolf deve essere una fucina di idee e soprattutto deve avere parecchio tempo a disposizione per potersi permettere di avere cosi tante band: Island, Valborg, Woburn House, Orbo, Slon, Centaurus-A, Kosmos Wald e ora questa ultima creatura, gli Owl. Ancora una volta aiutato dal fido Patrick Schroeder, batterista di turno in diverse delle sue imprese, il buon Christian partorisce questa volta un disco che si getta nel death metal più oscuro, claustrofobico, intransigente e ostico da ascoltare, forse anche a causa delle interminabili durate di alcuni brani. Si parte già con “Conquering the Kingdom of Rain” e i suoi 13 minuti di sonorità estreme giocate su mid-tempo tetri, angoscianti e alla fine striscianti come un pericolosissimo boa costrictor che sta per minacciare e quindi afferrare la sua preda. In tutto questo ossessivo incedere di chitarre in realtà mai troppo pesanti, sono forse i dissonanti suoni delle chitarre a contribuire all’incupimento delle atmosfere già di per sé oscure, per non parlare poi delle vocals gutturali, che rendono la proposta ancora più opprimente. Nulla è di facile ascolto qui, fatevene ben presto una ragione, altrimenti anche voi finirete per rimanere stritolati nella morsa letale del boa. Del ”gufo” questa release ha probabilmente solo quei suoni notturni che si ritrovano nel finale della opening track che lascia posto al suono cupo, brutale e martellante di “Lost in Vaults Underneath the Melting Mountain of the Saints”, una sorta di psicotica versione dei Nile, uniti alla delirante sagacia musicale dei visionari Deathspell Omega, mentre i cavernosi vocalizzi di Kolf continuano tormentare i nostri peggiori incubi. La proposta degli Owl si dimostra sempre più mortifera man mano che si avanza con l’ascolto e le mie povere orecchie sono messe a dura prova anche dalla terza lunga traccia che continua a rendere palpabile la sensazione di morte che si respira in questo fetido platter. Alla quarta “Spell of the Ignis Fatuus That Lead to the Impalpable Altar of Beasts”, caratterizzata dai iper veloci blast beat, penso quasi di averla fatta franca perché solo un brano mi separa dalla conclusione di questo pesante cd, ma ben presto realizzo che la conclusiva “Threnodical Ritual at the Spectral Shores of the Eternal Sunset” dura 30 minuti. Terrorizzato dinanzi questa scoperta, faccio un bel respiro e mi immergo nelle gelide acque putride che aprono il pezzo: triste scoprire invece, che in realtà questa mezz’ora sia costituita solo da sonorità ambient, quasi fosse uno di quei cd da libreria del tipo “il suono del mare”; sconcertante scoperta che destabilizza ancor di più l’ascolto di questo controverso lavoro. Purtroppo non mi sento di consigliare l’ascolto di questo omonimo album ad un pubblico assai vasto, ma solo a chi ama sonorità death metal estremo, salvo poi rimanere deluso per l’epilogo ambient. Non so, difficile giudicare un album cosi psicotico, ma d’altro canto, da un tipo controverso come Christian Kolf, che potevamo aspettarci? (Francesco Scarci)

(Zeitgeister)
Voto: 65