Interviews

mercoledì 8 dicembre 2010

Mechanical God Creation - Cell XIII


Avete presente la copertina di “Vulgar Display of Power” dei Pantera? Quella con l’uomo che si prende un pugno in faccia? Togliete il pugno e metteteci una mazza ferrata. Questo per descrivere la sensazione di violenza e orrore che mi ha evocato quest’album. Un disco veloce, adrenalinico, dominato dal growl e dal ritmo del doppio pedale. La melodia è roba per altri gruppi, così come la calma. Se siete deboli di stomaco, se siete in una fase un po’ depressa, se non siete sicuri di voi stessi... lasciate perdere. Pena: incubi. Io vi avevo avvertito. E anche lo band lo fa con l’incipit del disco. Fidatevi. Primo 45 giri per il combo milanese, il quintetto ci spara nelle orecchie, senza remore, senza pietà, quello che sanno fare. Nove tracce, nove note di sofferenza che tendono a confondersi, uno scotto da pagare per questo genere musicale. Appare una certa sensazione di violenza musicale fine a sé stessa, ma bisogna dire che, qua e là, qualche variazione, qualche accenno a cambiamenti compositivo-stilistici appaiono. Bravi, non è facile farli “sentire” in questi casi. Un esempio, l’attacco e l’evolversi della conclusiva “Death Business”. Prima cosa che colpisce: la voce androgina della cantante Lucy (già “Art of Mutilation”). Bravissima, mostruosa (artisticamente parlando, ci mancherebbe) poche donne cantano in gruppi simili. Lei lo fa in maniera molto convincente, sfoggiando una gamma di cantati terrificanti, da rimanerci di stucco. Riesce a mettere in secondo piano il growl dell’altro singer (anche chitarrista) della band Simo. Molto solido, ispirato, tirato, il lavoro del bassista Veon: fondamentale per l’aria insalubre di questo cd. Si stempera la buona fattura delle chitarre, forse un po’ ripetitive, ma potenti, continue, prive di fronzoli. Sono perfette per l’atmosfera grand-guignolesca. Ascoltate con attenzione “Divinity” a riguardo. Batteria, ecco la batteria, suonata a ritmi ultraveloci, dominata dall’uso del doppio pedale... forse risulta troppo piatta. Chiariamoci: non che addormenti, anzi. Non che manchi la tecnica, tutt’altro (prendete l’inizio di “2012”). Credo che in questo tipo di lavori, la parte ritmica dovrebbe cercare di dare dei cambi, dei punti di stacco marcati; così da spezzare una continuità, che potrebbe risultare indigesta verso la fine. Il platter gira via liscio e le songs non sono troppo lunghe (bravi). In generale si può trovare un buon equilibrio tra le parti cantate e quelle solo strumentali, non solo nella traccia singola, ma in tutto il lavoro. Minimalista l’artwork del booklet, ma con un’aura sinistra, giusto complemento a questo viaggio nell’orrore. Da notare l’interessante featuring dell’italica horror band Cadaveria in “I Shall Remain Unforgiven”. Grazie per averci regalato questa terrificante odissea, suonata in modo davvero convincente (e anche per aver reso insonni le notti di chi non ha seguito il mio monito iniziale). (Alberto Merlotti)

(Worm Hole Death)
Voto:75